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Autore: determamfidd    22/03/2015    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I giorni passarono lentamente. Due Nani che erano morti durante la Battaglia delle Cinque Armate (come la chiamavano ora) si inchinarono a Thorin quando lo incontrarono, e almeno altri sei gli tirano un pugno dritto in faccia. Suo nonno gli diede delle pacche sulla spalla per consolarlo.

«Avresti dovuto vedere questo posto dopo Azanulbizar» fu tutto ciò che disse.

Gli venne mostrata un'area di lavoro nelle forge, e anche se i metalli erano i più belli e puri con i quali avesse mai lavorato, non aveva molta voglia di creare. Il mithril e l'argento lo rendevano malinconico, e la vista dell'oro lo riempiva di una vergogna tale che ne poteva sentire il sapore in bocca. Solo a rame, acciaio o ferro riusciva a dare forma. A volte Thráin lavorava accanto a lui, anche se parlavano poco.

Frerin non veniva alla fucina. Sua fratello evidentemente si era accorto che a Thorin serviva del tempo dopo ciò che avevano visto, e lo lasciò ai propri affari. Quando non era in forgia Thorin passava il tempo coi suoi nipoti. Fíli e Kíli lo fecero sorridere di nuovo, anche se era tirato. Sua madre gli dava conforto come nessun altro poteva, le sue dita abili sulla sua arpa quando suonava vecchie canzoni pacifiche della sua infanzia, non toccate da alcun dolore.

Alla fine, però, Thorin non poté più rimandare, e tornò nella Camera di Sansûkhul per tuffarsi nuovamente tra le stelle annegate.

Andò da sua sorella per prima. Dís piangeva ancora. Lui non riusciva a raggiungerla attraverso il suo lutto. Rimase seduto con lei per lunghe ore, guardando il suo magro viso grigiastro che diventava sempre più magro e sempre più grigio, e la pregava di mangiare. Le non lo fece.

Lui se ne andò, il cuore pesante.

Ad Erebor, c'era un funerale. Thorin guardò mentre l'Archepietra veniva posata sul suo petto freddo e morto, le sue dita avvolte attorno all'elsa di Orcrist, e il suo corpo e quelli dei suoi nipoti chiusi nella tomba.

Bilbo pianse amaramente tutto il tempo.

Quando la pietra bianca passò sopra al corpo martoriato e rigido di Fíli, Thorin si coprì la bocca con le mani, premendole così forte contro le sue labbra esangui che poteva sentire la forma dei denti al di sotto di esse. Con un'imprecazione chiuse gli occhi e fuggì da quella vista.

Li riaprì per vedere una taverna nelle sale di Ered Luin. Lì, triste e confuso, guardò il suo giovane cugino rosso che si ubriacava alla grande. Gimli cantò e ballò, bevve e rise, e si sedette mollemente dietro al suo boccale con la testa fra le mani. A un certo punto diede un colpo poderoso direttamente nei denti di un altro Nano per qualche commento fatto contro la Compagnia di suo padre. I due alla fine barcollarono fino a casa a braccetto cantando una canzone volgare che il ragazzo decisamente non avrebbe dovuto conoscere alla sua età. Rispetto alla desolazione cupa e desolata di Erebor, Gimli sembrava scoppiare di vita, pieno di vigore e forza giovanile. La sua energia era contagiosa, e Thorin riemerse dalle acque stellate sentendosi in qualche modo più leggero.

Ritornò in forgia e piegò la sua lavorazione con volontà rinnovata. Finì una spada. Il suo lavoro migliore.

Poi preparò il proprio cuore e si rituffò nella vasca.

Dís non piangeva più. Sedeva ferma come la pietra sulla sedia ad Ered Luin, approvando carico di bagagli dopo carico di bagagli e convoglio dopo convoglio che partivano per Erebor. Non lo percepiva. I suoi occhi erano come schegge di ghiaccio nel suo volto.

Thorin la pregò di ascoltarlo, ma lei era irraggiungibile come la luna.

I lavori procedevano in fretta alla Montagna. Ovunque Thorin guardasse poteva vedere la devastazione causata dal drago e dagli eco della sua follia. Anche se il Regno si stava lentamente liberando del proprio lutto, Thorin poteva a malapena guardare i suoi compagni viventi senza vedere la luce della malattia dell'oro che un tempo danzava nei loro occhi. Nessuno era stato perduto così completamente come Thorin, certo, ma li aveva trascinati tutti dietro di sé nella sua follia lo stesso.

Vedere il senso di colpa e l'angoscia nei loro volti fece crescere i propri finché gli sembrò di avere una catena di pietra attorno al collo.

Bifur visse. Sotto le cure di Bofur e Bilbo, iniziò lentamente a migliorare. La cicatrice sulla sua fronte era una cosa orrenda, una grande incavatura profonda pollici. Non parlava assolutamente, e persino l'Iglishmêk gli sfuggiva a volte. Ogni tanto si bloccava a metà di un movimento, e la frustrazione sul suo volto era quasi furia.

Bombur avrebbe zoppicato per il resto della vita. Ci sembrava rassegnato, e si impegnò ad intagliarsi un enorme bastone da passeggio. Aveva molti compartimenti intelligentemente nascosti nei quali teneva spezie, forchette, dolci e biscotti.

Ori fu fuori dal suo letto di malattia il momento stesso in cui Óin gli diede il permesso, anche se una tosse tremenda continuava ad assillarlo. Iniziò immediatamente ad aiutare Nori a re imparare a camminare. L'ex ladro era di pessimo umore mentre sferragliava per le loro stanze. Con un braccio attorno alle spalle di ognuno dei suoi fratelli, gemeva e imprecava con ogni passo rumoroso finché alla fine iniziò ad urlare di rabbia e risentimento. Ori non si fece intimidire, tutta la sua timidezza e incertezza bruciate via nei fuochi della battaglia. Affrontò la rabbia di suo fratello con calma finché Nori non fu esausto, e poi lo aiutò a tornare sulla sua sedia. Dori faceva tazza di tè dopo tazza di tè, labbra bianche e rigide, prima di pettinare con attenzione i capelli castano-rossastri dello svuotato e silenzioso Nori nelle sue trecce elaborate. Poi i Fratelli Ri strinsero forte le mani di Nori finché lui non riuscì a piangere.

Dáin diede subito a Glóin, Óin, Balin e Dwalin posizioni di potere. Balin divenne il Siniscalco e Primo Consigliere, Glóin il Tesoriere, Óin diventò un Consigliere e a Dwalin andò il comando dell'Esercito, almeno quanto ne rimaneva nel suo stato ridotto e patetico. Ci furono alcune lamentele dal popolo dei Colli Ferrosi, ma Dáin li incenerì col suo sguardo rigido finché non furono silenti.

Quando la barba di Balin era quasi ricresciuta, la sua Compagnia disse addio al loro Scassinatore, Bilbo era serio e il suo volto tirato mentre li abbracciava tutti a turno e disse loro di chiamarlo se mai fossero stati dalle parti della Contea. Sorrise debolmente. «Il tè è alle quattro, ma voi siete i benvenuti ad ogni ora!»

Óin diede delle pacche sulla testa del piccoletto, e Dori spinse un fagotto di tessuti abbelliti e piegati nelle mani di Bilbo «Cos'è?» disse lui, e ne aprì uno prima di scoppiare a ridere «Fazzoletti da tasca!»

«Beh, non si sa mai quando possano servire» disse Ori, e piegò la testa, tossendo. C'era una nuova cicatrice di un rosso vivido che correva lungo il lato della sua morbida faccia giovanile.

«Viaggia con sicurezza» disse Balin, prima di trascinare lo Hobbit in un altro abbraccio «Sarai sempre uno di noi, Bilbo Baggins, khazâd-bâhel, Amico dei Nani. Che tu possa stare bene.»

Il mento di Bilbo tremò, e lui si aggrappò alla veste di Balin con dita tremanti. «Vorrei...» disse con una voce piccola.

«Lo so, ragazzo» mormorò Balin «Lo vorremmo tutti.»

Con un sospiro, Bilbo si separò e si raddrizzò la sua piccola giacca e cintura della spada. Le dita di Thorin si mossero verso il viso dello Hobbit, e anche lui avrebbe voluto, oh quanto lo voleva.

Bofur gli diede un colpetto sotto al mento, e poi prese il suo cappello distrutto e lo lasciò cadere sulla testa riccia di Bilbo. «Ecco» disse «Tienimelo. Passerò a prenderlo uno di questi giorni.»

Bilbo fece un sorriso acquoso e passò un dito sulla tesa. «Lo farò.»

«Hobbit» disse Dwalin, e schiarì la gola «Non so se qualcuno te l'ha detto» Poi si inchinò davanti allo Hobbit stupefatto e disse, in tutta sincerità:

«Grazie»

«Aye» - «Grazie ragazzo» - «Non ti ringrazieremo mai abbastanza» anche il resto della compagnia si inchinò profondamente. Bilbo sembrava nervoso ed imbarazzato.

«No, non dovete» disse, e gesticolò con le sue piccole mani «No, per piacere, amici miei...»

Balin si rialzò e fece l'occhiolino a Bilbo. «Khazâd-bâhel.»

«Oh, per carità» esclamò Bilbo, e si asciugò gli occhi con uno dei suoi fazzoletti nuovi «Nani! Melodrammatici, tutti voi! Oh, mi mancherete terribilmente.»

«Bilbo» disse Gandalf gentilmente «Tempo di andare.»

Bilbo si girò verso la grande macchia viola che era Bosco Atro e le spire delle Montagne Nebbiose nella distanza. «Andata» disse piano «e ritorno.»

Poi si girò verso ciò che rimaneva della Compagnia di Thorin e li indicò col dito. «Mi piacerebbe non avervi mai incontrato» disse, e rise tristemente «Siete stati un'influenza terribile. Cosa diranno di me, a casa? Chi sarò ora?»

«Sei il nostro Scassinatore» disse Dwalin burbero, e molti altri gli fecero il coro «Ti danno fastidio, mi mandi un corvo. Ci penserò io a loro.»

«Dove troverò un corvo addestrato nella Contea?» sbuffò Bilbo «A parte tutto, penso di essere in grado di badare a me stesso, ora. Ma grazie dell'offerta!»

«Passerò di lì tra un anno o due» promise Glóin «Tornerò alle Ered Luin per prendere la mia famiglia. Anche Bombur verrà. Ci fermeremo a salutarti. Non dimenticartelo!»

Con una spinta da Dori, Bilbo si arrampicò sul suo pony. «Nasconderò i miei piatti in maniera particolare» rise «Addio, amici miei! Scrivetemi ogni volta che potete!»

«Va via, ragazzo, o staremo qua fuori tutto il giorno» borbottò Nori, la sua faccia terribilmente triste.

«Sì, direi» mormorò Bilbo, e giocherellò per un attimo con le redine «Brutta cosa, i viaggi. Sì, prima parto prima finisco.»

«Uccidi un goblin o due per me!» disse Bombur.

«Oh, ma non ti avvicinare troppo!»

«Aye, e stai attento ai Troll!»

«E ai giganti!»

«E ai fiumi!»

«E ai ragni!»

«E agli Elfi!»

«Mandami una copia del tuo libro di erbe, se non ti dispiace!» quello era Óin.

«E la ricetta della torta alla frutta di cui parlavi» aggiunse Bombur.

«Oh, e se puoi, qualsiasi cosa abbia a che fare con la storia degli Hobbit e della Contea!» e quello era decisamente Ori.

«Addio!» e con questo, Bilbo fece girare il suo pony – era ancora un cavaliere atroce – e iniziò a trottare via, lo Stregone e l'Uomo-Orso dietro di lui.

Thorin guardò per l'ultima volta il loro piccolo coraggioso Scassinatore a cui doveva così tanto. «Addio, Bilbo Baggins, rispettabile gentilhobbit della Contea» disse a se stesso «Addio, saggio e gentile figlio dell'Ovest» Bevve nella vista della testa riccia, il piccolo mento pelato, le piccole orecchie simili a foglie, gli occhi furbi e la lingua affilata, mani svelte e grandi piedi pelosi. «Mi dispiace» aggiunse, la sua voce quasi un sussurrò.

Bilbo si fermò di colpo e si girò verso la Montagna, e i suoi occhi erano luminosi per le lacrime. «Addio, Thorin Scudodiquercia» disse, alzando il viso «E Fíli e Kíli! Che il vostro ricordo possa non svanire mai!»

Thorin fece un salto indietro come se fosse stato colpito, e poi chiuse i suoi occhi in fretta. Quando si risvegliò nella Camera di Sansûkhul, barcollò attraverso l'arco intarsiato di perla e via nel buio, caldoconforto della sua camera, dove sedette con le mani e gli occhi serrati per ore.


«Zio?»

«Fíli» disse Thorin, e posò il coltello che stava dettagliando; un set con la spada. Il pomolo gli stava dando dei problemi. «Cosa c'è?»

Fíli si tirò nervosamente una delle trecce dei baffi. «Frerin mi ha detto qualcosa.»

Thorin sospirò. «Devo colpirlo?»

Fíli si accigliò. «Molto forte. Ripetutamente.»

Frerin e suoi nipoti stavano discutendo. Frerin aveva tentato di convincere Fíli e Kíli a chiamarlo “zio” come facevano a volte con Thorin, ma loro si dimenticavano di continuo. Come si era lamentato Kíli: «Non posso chiamare un Nano di trent'anni più giovane di me zio. Sembra sbagliato e basta!» Frerin però non desisteva, e ai suoi nipoti venivano riservate tutte le delizie dell'abitudine più fastidiosa di suo fratello minore – tormentare. Inutile dirlo, si stavano irritando piuttosto in fretta. Thorin aveva scommesso con Gróin che Kíli avrebbe tirato il primo colpo.

«Davvero?» Thorin fissò Fíli con uno sguardo severo che lui conosceva bene, e il Nano più giovane trascinò i piedi sul pavimento.

«Beh. Possibilmente. È sempre così fastidioso?»

«Peggio di Kíli quando aveva venticinque anni?» offrì Thorin, e Fíli rabbrividì.

«Non può essere possibile»

«A parte tutto questo, cosa ti ha detto?» Thorin si pulì le mani, e si appoggiò contro il tavolo.

«Ha detto...» Fíli esitò, e poi esplose «Ha detto che puoi parlare con loro. Che a volte ti sentono, nei pensieri dormienti sotto quelli svegli.»

Thorin si congelò, e mise giù lo straccio lentamente. «Sì» disse «Sì, Mahal mi ha dato un dono.»

«Perché a te?» urlò Fíli «Perché a te sì e non a me o a Kíli?»

Avvicinandosi a suo nipote, Thorin gli afferrò le spalle. Fili si aggrappò a lui, e Thorin poteva sentirlo tremare. «È per via di vostra 'amad?» disse Thorin piano.

«Piange e piange» disse Fíli, la sua voce tesa e scura «Quando non piange, non è altro che un guscio, una statua. È così sola, Thorin, e lo odio!»

«Anch'io» Thorin si portò la testa di Fíli sotto il mento «Ho provato, nipote. All'inizio mi sentiva un poco, nella tempesta più fresca di dolore. Ora è di pietra e non sente altro che la propria solitudine.»

«Non aiuta nulla?» disse Fíli, suonando molto piccolo.

Thorin accarezzò i folti capelli biondi di Fíli. «Nulla che io conosca.»

«Perché Mahal ti ha dato questo dono?» disse Fíli «Un dono che nemmeno funziona?»

«Penso che possa essere stato perché gli ho urlato contro» disse Thorin pensieroso, e a Fíli scappò una breve risata.

«Hai urlato contro il nostro Creatore» disse, e scosse la testa contro la spalla di Thorin «A volte sei incredibile.»

Un sorriso sghembo gli tirò le labbra. «Così mi è stato detto da ottime fonti. Comunque, gli ho urlato contro e lui disse che per via dell'ingiustizia delle nostre morti e dell'amore che ebbe per me, mi avrebbe dato un modo per raggiungerli per fare ammenda. È incerto e incostante, ma lui non può attraversare la barriera della morte più di così. Alcuni mi sentono meglio di altri. Io credo che sia perché conoscono se stessi molto bene e sono in pace col proprio cuore.»

«Uhm» disse Fíli, e si raddrizzò per fissare suo zio «Chi ti sente?»

«Dáin, ogni tanto. A volte anche Balin, Dori e Glóin, e Dwalin abbastanza frequentemente. E Gimli più di tutti»

«Gimli?» la bocca di Fíli si spalancò «Il nostro cuginetto Gimli?»

«Non è più tanto piccolo» disse Thorin, alzando le sopracciglia «Il ragazzo ha più barba di Bofur, è più robusto di Nori ed è decisamente più alto di te, anche se non quanto Kíli. Direi che abbia superato i quattro piedi e sei pollici e debba crescere ancora.»

«Lo so, lo so, ma per me sarà sempre il piccolo Gimli con un temperamento tremendo» disse Fíli, scuotendo la testa «Gimli ti sente! Beh, questo è uno shock» Gli occhi di Fíli si illuminarono. «Oh!»

«Conosco quello sguardo» disse Thorin con sospetto «Non è uno sguardo rassicurante.»

«Gimli è ancora ad Ered Luin, sì?» Fíli afferrò la tunica di Thorin in eccitazione «Dove sta anche Mamma! Potresti fare in modo che la consoli! Sono cugini, lui ci conosceva, e lei non sarà così sola, sono sicuro che aiuterebbe, oh, parlagli – ti prego, ti prego prova!»

«Non “farò in modo che” faccia niente» esclamò Thorin, e scrollò Fíli «Ho finito con la guida e il comando, Fíli. Ho provato di non esserne degno. E poi, non influenzerei il ragazzo a fare nulla che non farebbe normalmente. Quella sarebbe la forma più bassa di coercizione, e cose del genere sono un grande male.»

«Gimli la aiuterebbe se sapesse!» pregò Fíli. Stava praticamente tremando dalla disperazione, e il suo respiro era piuttosto veloce. «Sono morto, tu sei morto, Kee è morto, tutti siamo morti! Non posso essere lì per lei, e nemmeno tu – ma qualcuno deve. Gimli è là, e per quanto la parentela sia lontana, è sempre un Durin, sempre famiglia; l'unica famiglia che le rimane in Ered Luin. Era nostro amico! La chiamava Zia! Sono entrambi così soli, e potrebbe rimediarvi! Ricordagli di lei, è tutto. Farà lui il resto, so che lo farà! Aiutala. Aiutali. Limitati... Limitati a provarci! Se non per me, allora per Mamma. Per favore?»

I loro occhi si incontrarono.

Thorin abbassò la testa. «Per l'amore che ho per te, e il male che l'Ombra ti ha portato» mormorò, e sospirò profondamente. Certo che avrebbe fatto ciò che Fíli chiedeva. Doveva al ragazzo tutto e anche di più, dopo tutto ciò che gli aveva rubato.

«Lo farai?» Fíli si chinò in avanti, con la speranza che gli brillava in volto.

Thorin si strofinò il volto con dita deboli. «Sì» disse, e poi allungò la mano e mise gentilmente una delle trecce di Fíli dietro il suo orecchio «Sì, lo farò. Per te e tuo fratello, e per Dís.»

Fíli esultò e corse verso la porta, i suoi stivali rumorosi contro la pietra. «Vado a prendere Kee! Non andare nella luce stellare senza di noi, veniamo!»

Thorin lo osservò con lo stomaco in una morsa, e si chiese che cosa esattamente aveva accettato di fare.

Fíli tornò dopo pochi minuti, Kíli dietro di lui. I loro volti erano luminosi di speranza, e Kíli disse subito: «Davvero? Possono sentirti?»

Thorin si passò una mano fra i capelli. «È vero, ma-»

Kíli urlò di gioia e diede un pugno all'aria in trionfo.

«Ma» ripeté Thorin «Non possono sentire le mie parole direttamente. Le nebbie che dividono Arda ed Aman non possono essere attraversate così facilmente. Mi sentono solo nel loro subconscio, e anche allora in molti non mi percepiscono.»

«Ma alcuni sì» disse Kíli.

«Alcuni» fu d'accordo Thorin, la sua espressione controllata.

«Gimli lo sente» interruppe Fíli senza fiato «E Gimli è in Ered Luin.»

«Cosa stiamo aspettando?» Kíli fece un altro grido deliziato e prese il polso di Thorin «Andiamo, andiamo, andiamo

Thorin tirò indietro, usando il proprio peso più grande che lo teneva fermo contro gli strattoni entusiasti di Kíli. «La mia forgia...»

«Sarà ancora qua quando torniamo» disse Fíli con impazienza «I fuochi non sono accesi, e il coltello non ha le gambe. Hai promesso, Thorin.»

Thorin dibatté con se stesso se era il caso di far notare che a dire il vero, non aveva promesso, e decise di non farlo. Permise che venisse trascinato nella Camera di Sansûkhul. Kíli si stava mordendo le labbra eccitato mentre osservava le acque del Gimlîn-zâram, e la faccia di Fíli era pallida ma impaziente. Con un altro sospiro, Thorin prese le loro mani e permise alla luce stellare di calmarlo.

Quando la luce svanì stavano guardando Dís. Il respiro di Kíli si fermò, e la bocca di Fíli si assottigliò, ma nessuno dei due parlò. E non ne avevano nemmeno bisogno. La schiena di Dís era rigida e le sue mani ferme e sbiancate mentre sedeva immobile al suo tavolo da gioielliera. Nessuna gemma o pezzo rotto era di fronte a lei, e lei fissava gli avvolti di velluti che contenevano i suoi attrezzi con occhi vuoti.

«Siede lì e basta» disse Thorin senza emozione «Siede e siede» Fíli gli strinse la mano.

«Cerchiamo Gimli» disse Kíli, la sua voce stranamente cupa, e Thorin chiuse gli occhi, costringendo la visione della sua sorella perduta e distrutta a svanire.

Riaprendoli, si trovò ad osservare il giovane Nano in questione. Si accigliò. Non era mai stato in grado di dirigere le acque del Gimlîn-zâram verso un Nano particolare prima, e girandosi verso Kíli lo trovò ugualmente perplesso.

«Forse è perché siamo in tre e tutti vogliamo vedere lo stesso Nano?» suggerì.

Fíli scrollò le spalle. «Forse.»

Gimli era nel bel mezzo di un duello pratico. Il suo opponente era un Nano più vecchio più o meno dell'età di Balin, che Thorin riconosceva vagamente.

«Bravo, ragazzo» ansimò il vecchio Nano «Ma il vecchio qua ha ancora un paio di assi nella manica che potresti non aver mai visto.»

«Non aspetto altro che vederli» ritorse Gimli, e la ascia divenne un movimento sfocato attorno a lui. Era davvero dotato, l'ascia si muoveva negli stretti archi rotanti che richiedevano coordinazione, finezza ed estrema forza muscolare.

«Bene!» lo complimentò il suo avversario quando Gimli parò un brutale colpo dal basso e lo rivolse al contrario, scattando immediatamente all'attacco. «Ma conosci questo?» E le sue mani si mossero rapide, l'ascia girava verso il collo di Gimli.

«Ah, Náli!» ringhiò Gimli, e portò l'impugnatura della propria arma di fronte al viso. Lo schianto fu assordante. «Dovrai fare meglio di così! Dwalin mi avrebbe sconfitto e messo a lavare i dormitori a quest'ora!»

«Non è una sfida sufficiente per te, nidoy?» Náli alzò un sopracciglio e rise. Poi fischiò agli altri studenti che aspettavano sulle panche intorno al cerchio di addestramento. «Lóni, vieni qua! Insegniamo al nostro giovane guerriero una lezione!»

Gimli fece un passo indietro, occhi attenti mentre soppesava la propria ascia. Un altro giovane Nano si alzò e si mosse all'interno del cerchio di addestramento. Era più pesante del loro giovane familiare, con una massa di folti capelli castani in testa e la barba tagliata quadrata. Ghignò. «Stavolta ti batterò finalmente, figlio di Glóin» disse.

«Aye, e i fiumi scorreranno al contrario e gli Elfi vivranno sottoterra e i Nani salteranno fra gli alberi, figlio di Laín» rispose Gimli, abbastanza maleducatamente. Fíli e Kíli scoppiarono subito a ridere, e Thorin sorrise nonostante tutto.

«Capisco cosa intendi quando parli del suo temperamento» mormorò Fíli, che gli fece un rapido sorriso.

«Quell'idiota non lo batterà» disse Kíli, prima di lanciare un'occhiata a Thorin «Vero?»

Thorin ci pensò su. Gimli era il migliore con l'ascia, ma Náli aveva più esperienza e l'altro giovane, Lóni, aveva il peso e la distanza dalla sua parte. «Non so. Vediamo cosa succederà.»

Kíli non si sarebbe dovuto preoccupare. Gimli scagliò l'ascia verso i loro piedi, e loro dovettero saltare per schivarlo. Náli inciampò, e Gimli fu sopra di lui in un secondo, picchiando il piatto della lama contro la testa del suo insegnante. «Morto» disse allegro.

«Aye, ma lo sei anche tu» ringhiò Lóni dietro di lui, e Fíli urlò senza volerlo quando l'ascia di Lóni arrivò ruotando verso la testa di Gimli. Il Nano rosso si abbassò e girò su se stesso, e la sua ascia danzò quando ne spedì l'impugnatura direttamente nella pancia di Lóni, togliendogli tutta l'aria dai polmoni.

«Ti arrendi?» chiese Gimli, la lama premuta contro la gola di Lóni.

Lóni annuì, il suo volto depresso.

«Ha combattuto bene» disse Thorin, mentre Gimli rimise la propria ascia contro la rastrelliera delle armi. Poi andò verso un tavolo dove c'erano degli stracci piegati per gli studenti, e pane e birra aspettavano Náli. Lì prese un asciugamani e iniziò a strofinarsi la faccia sudata. «Combattuto molto bene. Frerin aveva ragione per quanto riguardava il suo talento.»

«Mi chiedo come se la cavi con una spada» disse Fíli, inclinando la testa pensieroso «Mi piacerebbe – attento!»

Perché Lóni si era tirato su dal pavimento e si era lanciato contro la schiena di Gimli, l'ascia tenuta alta sopra la propria testa per scagliare un colpo potente. «Sudûn!» ruggì Thorin, perdendo il controllo di sé per la rabbia. «Shekith!»

Gimli si mosse istantaneamente. Afferrò un boccale di birra e si girò, lanciandola tutta in faccia a Lóni. Mentre l'altro ragazzo sputacchiava, Gimli scattò con un pugno e lo prese dritto sul naso.

«Ikhuzh!» gridò Náli, e Gimli si congelò, la mano alzata per un altro colpo. «Gimli, Lóni, cosa sta succedendo?»

Lóni, tenendosi il naso insanguinato, mormorò: «Volevo finire il duello.»

«Il duello era finito!» Náli si avvicinò ed afferrò l'orecchio del Nano più giovane «Ti sei arreso contro Gimli, e quindi hai perso la sfida. Attaccare un Nano disarmato con la schiena voltata è una mossa da codardo, e ti ho insegnato meglio. Laín ne sentirà parlare, tienilo a mente!»

Lóni gemette. Gimli incrociò le braccia. «E io?»

Náli lo fulminò. «Lo avresti potuto disarmare facilmente, ma nonostante questo hai deciso di colpirlo. Un guerriero non si bea della debolezza del proprio avversario solo per divertimento. E nemmeno si dà a basse vendette!»

Lo sguardo di Gimli era inferocito.

«Gimli, pulisci il disordine che hai fatto. Lóni» e Náli tirò l'orecchio che teneva tra le dita «Avrai il turno di notte per una settimana, e vedrò tutti voi all'alba» Un lamento collettivo si alzò dalle file degli studenti. «Il resto di voi possono ringraziare questi due per doversi svegliare presto! Che questo vi insegni a pensare prima di comportarvi con tale sconsideratezza in futuro. Sono stato chiaro?»

Entrambi i ragazzi abbassarono il capo. «Sì, Náli.»

«Allora dimostratelo» disse Náli, e lasciò l'orecchio di Lóni per andarsene. «Al levar del sole, ricordatevelo.»

Il gruppo di giovani si mosse dietro di lui, e molti sguardi scuri erano indirizzati a Gimli e Náli mentre se ne andavano. Gimli rispose agli sguardi prima di girarsi verso il suo avversario, che ancora si stringeva il naso sanguinante.

«Va bene, scusa» disse senza convinzione, e prese un altro straccio «Tieni. No, non tirare la testa indietro, ingoierai il tuo sangue e ti farà star male. Portati in avanti, si fermerà da solo alla fine. Nel nome di Mahal, cosa stavi facendo?»

«Volevo vincere per una volta» borbottò Lóni, ma lasciò che Gimli gli premesse lo straccio contro la faccia «Ho una certa abilità, ma nessuno lo può vedere all'ombra della tua.»

«Sei un idiota» disse Gimli diretto «Sei bravo, sì, ma comunque un idiota. Sei più grosso di me, e mi avresti potuto battere se mi avessi tenuto a distanza. Guarda, perché non facciamo pratica assieme? Potrebbe farmi comodo un avversario più alto. Voglio fare una sorpresa a Dwalin quando lo rivedrò.»

Lóni rise tristemente. «Non sono certo Dwalin.»

«Sarai alto quanto lui, quindi non vedo perché no» disse Gimli, e scosse la testa «Idiota.»

«Sì, me ne rendo conto» ringhiò Lóni «Non ho bisogno che tu me lo ripeta di continuo.»

«Tieniti il naso, devo pulire questa birra» Gimli diede un'occhiata alla confusione e prese un altro straccio prima di abbassarsi in ginocchio e iniziare ad asciugare la birra versata. «Non mi scuserò per essere bravo» disse mentre puliva, soffiandosi una ciocca di capelli infuocati via dagli occhi «E nemmeno mi sentirò in colpa per un Nano che ha cercato di colpirmi con l'ascia mentre ero di spalle! Ma un compagno di addestramento con più forza e portata di me – ora, quello può interessarmi. Puoi prenderti il riconoscimento a cui tieni tanto quando mi fai cadere di schiena lealmente. Che dici?»

Gli occhi di Lóni si erano illuminati dietro al suo straccio insanguinato. «Aye, come dici, è interessante» rispose.

«Quindi abbiamo un accordo» Gimli si sedette dritto e gettò via dal cerchio lo straccio fradicio, prendendone un altro. «Ah, puzzo come una distilleria e non ho ancora bevuto una goccia! Questo lavoro fa venire sete a un Nano. Se il tuo naso si è asciugato, ti va di andare a prendere un boccale da Borin?»

«Non dovrei» disse Lóni, e le sue spalle caddero «Ho il turno di notte.»

«Ah, già. Un'altra volta allora. Muoviti, va a lavarti. Inizieremo domai, se per te va bene?»

Lóni annuì, e poi cercò di sorridere. «Grazie Gimli. Mi dispiace.»

«Aye, dovresti, dopo che mi hai fatto versare questa buona birra. Un vero spreco!» Gimli rise, e salutò con la mano mentre Lóni se ne andava.

«La vecchia taverna di Borin c'è ancora dunque?» chiese Kíli, e poi si fece piccolo sotto lo sguardo scuro di Thorin. Fili fece una risatina finta e mise una mano sulla bocca di Kíli.

«Solo... un interesse accademico, Thorin»

«Sì, noi non ci abbiamo mai messo piede» disse Kíli, attutito dal palmo di Fíli.

«O rotto un tavolo»

«O una lampada»

«O i denti di Borin»

«Menzogne e congetture»

«Devono essere stati altri due Nani che ci assomigliavano»

«Sì, e con gli stessi nomi. Impostori, senza dubbio»

Thorin alzò gli occhi al cielo e pregò che gli venisse data pazienza.

Gimli continuò a strofinare le pietre bagnate, le sue spalle contratte. Si fermò a un certo punto per grattarsi la corta barba rossa, prima di attaccare nuovamente il pavimento. Thorin fece un passo avanti, vedendo un'opportunità.

«Gimli» disse, e si bloccò in cauta sorpresa quando Gimli si fermò momentaneamente, la sua testa piegata come se stesse cercando di ascoltare qualcosa appena fuori portata. Thorin guardò Fíli e Kíli, che annuirono impazienti.

«Gimli» disse ancora, e ancora una volta Gimli si bloccò. Stavolta, però, il ragazzo si tirò su sulle ginocchia e aggrottò le sopracciglia.

«C'è qualcuno?»

«Barufûn» disse Thorin, e si inginocchiò davanti al giovane «I tuoi cugini sono con te, Gimli figlio di Glóin. Fíli, Kíli e Thorin. Siamo qui.»

Gimli batté le palpebre, e poi scosse la testa. «Di certo non posso ubriacarmi solo per un po' di fumi» si disse, e Kíli rise.

«Non sei ubriaco, ragazzo» disse Thorin, e scosse la testa incredulo «Siamo qui.»

Gimli socchiuse gli occhi, guardando dritto attraverso Thorin. «Devo avere le allucinazioni. Non posso essere ubriaco e non credo di essere pazzo...»

Fíli si colpì la fronte col palmo.

Thorin resistette alla tentazione di fare lo stesso. «Neanche pazzo, cugino. Mahal ci ha permesso questo, possiamo vederti attraverso il velo. A me ha dato un dono più grande. Alcuni possono udirmi.»

«Sono della Linea di Durin» continuò Gimli, la sua fronte piena di rughe di preoccupazione «Potrei essere pazzo. Sono ancora troppo giovane, però.»

«Calmo» disse Fíli piano, mettendo una mano sulla spalla di Thorin mentre lui tremava di rabbia e vergogna.

«Non sei pazzo» disse «Solo molto, molto ottuso

Gli occhi di Gimli si socchiusero, e iniziò a guardarsi attorno. «Se questo sei tu, Lóni» ringhiò «Devo dire che è davvero di pessimo gusto!»

«Oh per carità di Durin!» esclamò Kíli.

«Neanche uno scherzo» Thorin si massaggiò la base del naso e tenne sotto controllo la propria irritazione «Sono Thorin, figlio di Thráin. Sono stato ucciso tre mesi fa e passai oltre i limiti della Terra di Mezzo. Le Sale di Mahal accoglieranno me e i figli di mia sorella fino alla fine del mondo. Da questo luogo possiamo osservare i nostri amici e familiari quando lo desideriamo – e siamo in piedi di fronte a te, giovane idiota!»

Gimli scattò in piedi, tutto il colore che svaniva dal suo volto. «Re Thorin!» sussurrò, e poi si massaggiò la testa. «Perché... perché l'ho detto?»

«Attento, Zio» disse Kíli con un tono teso.

Lui annuì, e poi prese le mani dei suoi nipoti prima di dirigere tutta la sua concentrazione sul ragazzo confuso di fronte a loro. «Gimli, ricordati di Lady Dís. Ricordati la donna che chiamasti Zia, e ora siede da sola. Ha perso molto più di te, parente. Ricorda Lady Dís.»

«Era suo fratello» sussurrò Gimli, e poi si tirò i suoi capelli accesi «Oh, sono un tale idiota! Certo che la mia coscienza non mi avrebbe dato riposo finché io non fossi andato a trovarla. Io ho perso i miei cugini, ma lei ha perso tutto ciò che le rimaneva. Non ubriaco, non pazzo, non preso in giro, ma certo un idiota cieco ed egoista!»

«Lui... Lui pensa che tu sia la sua coscienza» disse Fíli.

Thorin lo guardò impotente.

Gimli si morse il labbro e poi si guardò la tunica e pantaloni macchiati di birra. «Non posso indossare questi per andare a visitare una Principessa» mormorò, e, prendendo gli stracci bagnati e la sua ascia dalla rastrelliera, uscì deciso dal campo di addestramento.

Seguendolo, i tre Nani morti furono in grado di vedere quanto vuota fosse diventata Ered Luin. Gimli li guidò attraverso gallerie e corridoi che un tempo esplodevano di attività. Ora sembrava che le Sale di Thorin si stessero svuotando nuovamente; solo i giovani e i vecchi sembravano essere rimasti. Gimli si fermò di fronte a un gruppo di appartamenti che Thorin riconobbe come di proprietà di Glóin, e aprì la porta. «Madre!» urlò quando entrò «Gimrís? Dove sei?»

«Gimli!» sibilò una voce femminile, e la moglie di Glóin Mizim tirò fuori la testa da dietro una porta. «Cos'è questo trambusto, entri di fretta ed urli!»

«Quella è la moglie di Glóin?» disse Kíli, stupefatto.

«Aye, il gioiello d'argento di Glóin. Vi ha detto molte volte che era una famosa bellezza, o sbaglio?» Thorin sorrise. Mizim aveva spezzato molti cuori prima di trovare il suo Uno in Glóin. Persino Thorin aveva fatto un paio di sospiri per colpa sua. La sua figura era ancora forte, robusta ed orgogliosa e i suoi occhi erano ancora squisiti, anche se linee sottili ne tracciavano ora gli angoli e i suoi capelli e barba pallidi erano screziati di bianco.

«Come ha fatto uno sgorbio con la faccia da sasso come Glóin a finire con una Nana come quella?» disse Fíli, ad occhi sbarrati.

«Era gentile, onesto e rispettoso» disse Thorin «E la faceva ridere.»

Gimli spinse via le mani di sua madre. «Non ora, 'amad, mi serve la mia tunica buona! Mi serve la spilla per capelli d'oro che mi ha fatto Nonno! Dove li tieni?» Gimli lanciò gli stracci fradici nel fuoco ed iniziò a rovistare dentro a scatole e intagliate e sopra alle mensole «Gimrís? Posso prendere in prestito la tua spazzola?» urlò mentre continuava a cercare.

Una giovane Nana di forse cinquant'anni entrò nella stanza, strofinandosi gli occhi. I suoi capelli erano infuocati come quelli di Gimli, e il suo volto era amabile quanto quello di sua madre, anche se era accigliato.

Fíli cadde in silenzio immediatamente, e la sua bocca si spalancò.

«Sono innamorato» dichiarò Kíli con fervore.

«L'ho vista prima io» ringhiò Fíli.

Thorin strinse i denti. «Siete entrambi morti

Kíli gli lanciò uno sguardo ferito. «Quello era un colpo basso.»

«Fratello» ringhiò la ragazza «Spero che tu abbia un'ascia con te, perché dopo avermi svegliata ti servirà

«Gimrís, non ora! La spazzola, per piacere – devo avere il mio aspetto migliore.»

«Puzzi come una taverna» disse Mizim annusandolo sdegnata.

Gimli ringhiò. «Non ho bevuto neanche un bicchiere! Ho lanciato la birra di Náli in faccia a un idiota testa calda – oh, non importa, troverò tutto da solo!»

«Va bene allora, orso con un pessimo carattere, puoi usare la mia spazzola. Qual'è la grande occasione?» disse Gimrís.

Gimli fece una piccola esclamazione di soddisfazione e tirò fuori una tunica formale blu chiaro decorata da fili oro e nero. Guardò su. «Devo vedere la Lady Dís» disse seriamente «Ho trascurato un dovere.»

Le sopracciglia di Mizim si aggrottarono. «La Lady Dís non desidera vedere nessuno, e quale dovere?»

«Beh, forse non un dovere allora, ma una gentilezza» disse lui, levandosi la tunica e lottando per entrare in quella nuova. Era leggermente troppo piccola, ma Gimli non se ne accorse o non se ne curò. «Mi sono reso conto che siamo la sua sola famiglia da questa parte delle Montagne Nebbiose, e ricade su di noi il dovere di darle conforto. Abbiamo perduto il nostro Re e i nostri Principi, ma lei ha perduto suo fratello e i suoi figli. Con tutto ciò che ha perduto, non è una sorpresa che si rinchiuda tranne che per le udienze mattutine. Lei è completamente sola, e io penso che dovrei vederla. Fíli e Kíli erano miei amici, e loro avrebbero voluto che lo facessi.»

«Te l'avevo detto» mormorò Fíli. Thorin grugnì.

Mizim sembrava incerta, ma il volto di Gimrís si schiarì quando comprese. «Pensi che anch'io dovrei venire?» chiese.

«Sei vuoi» disse Gimli, scrollando le spalle «Ma forse è meglio un Nano per volta? Non desidererei una folla se fossi in lei.»

«È molto gentile, Gimli» iniziò Mizim «ma pensi che lei vorrebbe vederti? Non ha parlato con te da quando eri piuttosto giovane.»

«Aye, ed io la chiamavo “Zia” e lei mi faceva rimbalzare sul suo ginocchio, mi ricordo» disse Gimli, e si gettò dell'acqua sul volto «Se non desidera vedermi, allora riproverò in un altro momento. È stata lasciata da sola per tutto questo tempo e quindi lei deve rendersi conto che è sola. Dovrebbe sapere che le pensiamo ancora e che a qualcuno importa ancora di lei in quanto Nana, non solo come Reggente delle Sale di Thorin. Io non sono suo figlio o suo fratello, ma sono della famiglia e mi importa. E anch'io volevo loro bene.»

Nel silenzio che seguì, le stretta delle mani di Fíli e Kíli su quelle si Thorin aumentò fino ad essere dolorosa.

«Bene, andrò la prossima volta» disse Gimrís, e poi scosse la testa guardando la criniera bagnata e selvaggia di suo fratello. «Sei ridicolo. Siedi e li pettinerò per te, sembri un pony che è stato fuori con la pioggia.»

Gli angoli delle labbra di Gimli si inarcarono, e poi lui guardò verso sua madre. «Potrei non essere a casa per cena» disse.

«Suppongo tu debba fare come ti sembra di dovere» disse Mizim, e poi baciò la fronte di Gimli prima di raddrizzargli la tunica sulle spalle «Sei un bravo bambino, figlio mio.»

Lui si allontanò, scacciandola con mani bagnate. «Mamma, tra poco avrò sessantatré anni! Non sono un bambino!»

Lei sbuffò. «Sei un tale bambino, Gimli. Ti troverò i tuoi fermagli. Spero che tu entri ancora nei tuoi stivali incisi.»

«Andiamo, pagliaio, rendiamoti un po' meno orrendo» disse Gimrís, brandendo la sua spazzola. Gimli le lanciò lo sguardo seccato di un fratello maggiore prima di sedersi di fronte a sua sorella. Lei iniziò a intrecciare i suoi capelli in lunghe trecce spesse che seguivano la sua spina dorsale. «Grande Mahal, Gimli, cos'hai qua dentro? Sembra un nido!»

«Ho avuto gli allenamenti!» disse lui, accigliato.

«Devi aver combattuto contro un cespuglio di spine. E qui pantaloni non stanno neanche bene con quella tunica. Non riuscirai a metterla ancora a lungo, sai. Le tue spalle stanno per strappare le cuciture.»

«Non è colpa mia» disse Gimli sulla difensiva «Sono cresciuto troppo in fretta.»

«Hai mangiato troppo, vuoi dire» disse lei, e lui le spedì un gomito dritto nello stomaco.

«Dovevo mangiare, stavo crescendo!»

Lei gli tirò i capelli come vendetta. «Ne sono sicura. Mettiti i pantaloni neri, quelli con dei motivi cuciti lungo gli orli. Volevi indossare i tuoi orecchini da lobo d'acciaio?»

«Dovrei, erano un regalo da parte del Cugino Balin» disse lui, e fece scorrere una mano curiosa sulla propria testa. Lei gliela colpì con la spazzola.

«Non finché non ho finito» esclamò lei «Tieni giù le tue zampe.»

«Gimrís, sei una tiranna» borbottò lui «Pensi che riuscirò ancora ad entrare nella cintura con i granati?»

Lei ridacchiò. «Solo se te la mettessi intorno alla tua testa grassa. Sta fermo, piantala di muoverti! Li stai facendo annodare tutti.»

Anche Fíli e Kíli stavano ridendo, e persino Thorin non poté fermare il piccolo suono di divertimento che gli sfuggì alla vista del volto estremamente irritato di Gimli.

Con un sospiro Gimli si arrese, strofinando i suoi pollici sulle macchie di birra sui pantaloni. Mizim tornò, le sue mani pieni, ed insieme madre e figlia misero una serie di fermagli avvitabili d'oro nei capelli accesi di Gimli. Poi Gimli lottò per infilarsi un nuovo paio di pantaloni neri (anch'essi leggermente troppo piccoli) e si levò i propri orecchini da lobo semplici e pratici e li rimpiazzò con un paio che Thorin riconobbe come il lavoro familiare di Balin. Seguì un paio di caldi stivali ricoperti di pelliccia con le protezioni per le dita intagliate, e la cintura venne trovata e immediatamente scartata.

«Vado bene?» disse Gimli, aprendo le braccia.

Mizim gli sorrise, e mise due perline d'oro sulle corte trecce sporgenti della sua barba. «Hai davvero un bell'aspetto» gli disse.

«Per un troll» aggiunse Gimrís allegra.

«Gimrís!» esclamò Mizim. Sua figli alzò gli occhi al cielo.

«Va bene, scusa. Hai un bell'aspetto, fratellone» poi gli diede un pugno sul braccio «Sembra che tu non sia un completo spreco di spazio; stai facendo una buona azione. Posso mettermi i fermagli d'oro la prossima volta, vero?»

«Solo se io posso pettinarti i capelli» disse Gimli, una luce malvagia negli occhi. Mizim fece il sospiro di pazienza di tutti i genitori.

«Muoviti prima di diventare del tutto troppo grande per i tuoi vestiti» disse «Ti lascerò pane e formaggio nel caso tu torni a casa tardi senza aver mangiato, va bene?»

«Pane e formaggio?» disse Gimli con aria di supplica, e poi si raddrizzò sotto lo sguardo divertito di Gimrís. «Volevo dire, grazie, Mamma. Grazie ad entrambe!»

Con questo se ne andò, camminando a grandi passi via dagli appartamenti di famiglia e verso la città attraverso i livelli più bassi. Non esitò. «Dove siamo?» sibilò Thorin, seguendolo da vicino «Non riconosco questa parte delle Sale.»

«Non dirmi che ti sei perso!» disse Kíli.

Fíli nascose un sorriso dietro la mano. «Le miniere di ferro iniziano sulla nostra sinistra, e le camere delle udienza sono davanti a noi. Le nostre vecchie stanze non sono lontane, ma questi passaggi in genere non vengono usati se non dai minatori. Gimli deve aver lavorato qui.»

«Un minatore?» Thorin aggrottò le sopracciglia «Suo padre è un Signore. Non gli serve estrarre per vivere.»

«Thorin, tutti hanno lavorato, te compreso. Tu hai deciso di essere un fabbro, io ero un gioielliere come Mamma, e Kíli costruiva archi. Senza dubbio Óin ha portato Gimli nelle miniere; so che cura ancora le ferite dei minatori a volte.»

Thorin si ricordò che all'inizio Óin aveva danneggiato il suo udito in un'esplosione in miniera. «Ah. Ma un minatore? Non sembra che abbia la pazienza per estrarre il ferro e raffinarlo.»

«Voleva essere un supervisore o un scalpellino quando eravamo piccoli» disse Kíli «Gli piacciono le caverne le rocce.»

«Andrebbe in estasi per la Camera di Sansûkhul» fu d'accordo Fíli.

«Uhm» Era inusuale. «Non ha un'arte, dunque?»

«Ci sarà abbastanza tempo per seguire una vocazione quando sarò vecchio e non più in grado di usare un'ascia» mormorò Gimli, facendoli sobbalzare tutti «C'è così tanto da imparare sul mondo. Perché dovrei pormi dei limiti prima di aver scoperto cosa mi rende più felice?»

«Shhh!» sibilò Kíli.

«Per la barba di Durin, ti percepisce così chiaramente» disse Fíli, e si passò una mano nella barba «Non lo avrei mai creduto se non lo avessi visto.»

I corridoi diventarono nuovamente familiari, e un senso di agitata apprensione iniziò ad artigliare l'addome di Thorin. Gimli si fermò di fronte a un porta dolorosamente conosciuta e si tirò giù la sua nuova tunica, prima di prendere un respiro profondo. «Eccoci qua» si disse, e bussò.

Si aprì, e un Nano con le asce incrociate delle guardie sulla schiena tirò fuori la testa per guardare Gimli. «Sì?» grugnì.

«Gimli, figlio di Glóin» disse Gimli con un inchino educato «Sono qui per vedere la Lady Dís, se lo desidera.»

«La Signora non vede nessuno» disse brevemente il Nano, ed iniziò a chiudere la porta. Si fermò contro il pesante stivale intagliato di Gimli, e il Nano più giovane fece un sorriso piacevole alla guardia.

«Annunciami» suggerì «Forse farà un'eccezione.»

«Sei sordo, ragazzo? La Signora non vede nessuno» disse la guardia con impazienza, e tirò un calcio al piede di Gimli.

«Forse dovrei rendermi più chiaro» disse Gimli, sempre sorridendo «Gimli della Linea di Durin, qui per vedere sua cugina, se lei lo desidera.»

Il ghigno della guardia cadde come una pietra. «Vi annuncerò.»

«Vedi di farlo»

«Va bene» disse Thorin «Ora riesco a credere che il ragazzo sia imparentato con me.»

La risata di Kíli fu un po' acuta e stridula.

Gimli aspettò, muovendo le dita sopra le decorazioni sull'orlo della tunica troppo piccola. Ciuffi di corta barba folta stavano già iniziando a scappare dalle perline d'oro, e lui si mordeva il labbro inferiore distrattamente. La guardia tornò con un'espressione perplessa sul volto, e guardò Gimli con sospetto.

«Vi vedrà» disse «Ma non vi aspettate che sia piacevole.»

«Non mi aspetto che lei sia null'altro di ciò che è» disse Gimli con una calma ammirabile «Qual'è il tuo nome?»

Il Nano alzò un sopracciglio. «Anchar figlio di Borchar.»

«Grazie, Anchar»

L'altro sopracciglio della guardia si alzò. «Prego, ragazzo.»

«Gentile, quando desidera esserlo» mormorò Thorin, ricordando le parole di Frerin «Aye, e pronto a perdonare.»

Anchar guidò Gimli in una stanza accanto alla camera delle udienze, e aprì la porta. «Gimli figlio di Gróin, Signora» disse con rispetto, e fece segno al ragazzo di entrare.

«Veramente, è Glóin» borbottò Gimli «Gróin era mio nonno.»

«So chi sei, bambino» disse una voce «Entra.»

Dei tre figli di Thráin, dicevano, Mahal aveva donato ad uno la voce di un tuono dorato, ad uno la voce di campane d'argento, ma alla terza – la terza aveva una voce di mithril e diamanti, più bella delle voci degli Elfi e pura quanto la neve sciolta dal picco della Montagna.

La bellissima voce di Dís era morta. Suonava senza vita e vuota, la sua voce un'eco spenta di ciò che era stata una volta. Gimli entrò con un'occhiata alla guardia, e Anchar annuì prima di chiudere la porta. Dís era seduta accanto al fuoco, i suoi occhi fissi sulle fiamme. Non guardò su quando la porta scattò chiusa dietro la guardia.

Ci fu un silenzio spiacevole, e Gimli venne più avanti nella stanza, i suoi occhi spalancati. «Ciao, Zia Dís» disse alla fine.

«Molto tempo è passato da quando mi chiamavi così, figlio di Glóin» raspò Dís.

«Vero» disse Gimli «Sono troppo grosso per starti sulle ginocchia ormai.»

Lei sorrise, ma senza calore. «Hai ragione, non sei più un bambino. Perché sei qui?»

Gimli sbatté le palpebre, e poi guardò le proprie mani. «Non sei mia Zia» disse lentamente «Sei mia cugina. E noi... noi abbiamo perso parte della nostra famiglia. Ci siamo solo io e Gimrís e te ora, perché tutti gli altri...»

«Sono morti» gracchio Dís, e finalmente alzò gli occhi dal fuoco «Tutti sono morti. La mia intera famiglia, tranne che dei cugini come te. I miei figli, il mio ultimo fratello, il mio Uno, mio padre... eravamo così orgogliosi, e forti. Pare che infine Mahal ci abbia puniti per il nostro orgoglio.»

«No!» esclamò Gimli, e fece un paio di altri passi rapidi verso di lei «Non tutti sono morti!»

«Tu?» Dís rise. Era completamente insopportabile da sentire. «Tua sorella? Balin, Dwalin, tuo padre e tuo zio? Non siete la mia famiglia. Siamo parenti, nulla di più. No, la mia famiglia è morta e sepolta. La Linea di Thrór è finita.»

«Non sono tutti morti» ripeté Gimli, e alzò i propri occhi verso quelli di lei «Ci sei tu.»

Lei si congelò, e poi si afflosciò. «Me.»

«Ed è per questo che sono qui» disse Gimli,e fece un altro passo «Perché ci sei tu. Non sei mia madre o mio padre o mio zio o mia sorella. Non siamo vicini. Ma sei della mia famiglia, ed un tempo ti chiamavo Zia. Ti chiamerei ancora Zia, se tu me lo permettessi.»

Fíli prese un respiro corto e improvviso. «Attento, cugino» sussurrò.

«Questa è pietà?» Dís si alzò, e i suoi capelli le ricaddero sulle spalle. Sembrava una donna selvaggia, i suoi occhi scuri arrossati e duri «Pietà per una vecchia rimasta da sola? Puoi tenertela!»

«Non pietà» disse Gimli, stando fermo con aria di sfida «Non oserei avere pietà per te, Signora.»

«E allora cosa?»

Lui esitò, e poi esplose. «Non lo so. È difficile dirlo a parole. Gli altri – alle mie lezioni di addestramento – non parlano nemmeno di loro. Ma erano miei amici, miei cugini, e mi mancano! Vorrei essere andato con loro; vorrei che mio padre me lo avesse concesso. Sono solo un cugino lontano, non un Principe, non un guerriero, non sono importante – ma ho un po' di abilità, avrei potuto fare qualcosa! Avrebbero dovuto vivere. Avrebbero dovuto vivere per vedere la loro casa ripristinata!»

Dís lo fissò per un lungo momento, perdendo tutto il colore dal volto quando notò le sue guance rosse e mento alzato, i suoi pugni serrati, e il tremito rabbioso della sua voce. Poi barcollò all'indietro e collassò nella sedia.

«Madre!» urlò Kíli, e si girò verso Thorin «Aiutala!»

«Aspetta» disse Fíli duramente «Aspetta»

Gimli agì immediatamente. Scattò in avanti e le versò una tazza d'acqua dalla caraffa su un tavolino e si inginocchiò di fronte a lei, tenendola su. «Lady Dís?» disse, la sua voce più dolce di quanto Thorin avrebbe mai potuto immaginare venir fuori dalla bocca di questo giovane Nano impetuoso «Mi dispiace. Prendi.»

Lei prese la tazza con dita tremanti. «Sei in lutto per loro» disse debolmente «Sei in lutto per loro, non i tuoi Principi. I tuoi amici.»

«Aye» disse Gimli, ed abbassò gli occhi «I miei cugini. E, nonostante tutto ciò che hai detto, la mia famiglia.»

«Kíli ti tirava i capelli» mormorò lei «Fíli nascondeva i tuoi giochi.»

«Ed io a mia volta gli tirai un calcio negli stinchi per quello» disse Gimli, e sorrise guardandosi i piedi «Mi mancano. Fíli mi nascondeva i giochi, ma mi mostrava le sue spade nuove quando finiva i suoi allenamenti, e mi insegnò ad usare l'ascia da lancio, e come riconoscere i difetti di una gemma, e tutti i modi diversi per fare un nodo in una corda. Kíli mi tirava i capelli ma mi dava anche i suoi vecchi attrezzi da rifinitura quando aveva finito di usarli, e mi ha mostrato come suonare il violino e come intagliare e accordare un arco. Erano loro che mi portarono a bere per la prima volta e fu Fíli a guidare i miei passi e Kíli a tenermi indietro i capelli quando stetti male. Si presero cura di me. Ero il loro cuginetto rumoroso che li seguiva sempre, ma loro si prendevano curo di me. Io li ammiravo.»

«Ti volevano bene» disse lei con voce rotta. Gimli alzò la testa e i loro occhi si incrociarono – due paia di occhi scuri, gli occhi di Thráin, occhi scuri ereditati da Náin Secondo, ultimo Re di Khazad-dûm.

Gli occhi di Kíli.

«Tuo fratello mi fece la mia prima ascia, per il cinquantesimo giorno del nome» ricordò Gimli, e Dís sbuffò.

«Semplice quanto poteva esserlo, senza dubbio»

«Non una singola decorazione sull'impugnatura o sulla lama» fu d'accordo Gimli «Ma perfettamente equilibrata»

«Grazie» riuscì a dire Thorin attraverso una gola bloccata dal proprio cuore.

«Non ha mai avuto molta pazienza» disse lei, i suoi occhi distanti «Ha potuto aspettare un secolo per un segno, ma odiava dover sprecare il tempo a farsi più di tre trecce nei capelli.»

Gimli rise. «Oh, i capelli di Kíli.»

Per la meraviglia di Thorin, lei rise – ruvida e non usata da molto, ma una vera risata. «I dannati capelli di Kíli. Lottavo con lui ogni mattino per riuscire almeno a levarglieli dagli occhi. Mahal solo sa come faceva a mirare a un bersaglio attraverso quella tenda.»

«Credo che dovrei sentirmi offeso» disse Kíli.

Fíli gli fece un mezzo sorriso. «La verità non offende nessuno se non te, fratello.»

«Non guardare me» aggiunse Thorin «Ricordo i capricci che facevi quando tua madre tirava fuori una spazzola.»

«Mi mancano» disse ancora Gimli, e sospirò pesantemente «Nessuno capisce perché sono così arrabbiato o perché mi alleno ogni giorno finché sono esausto. Ho colpito un altro sul naso oggi, e dovrei essere più maturo di così, anche se lui non lo è. Non sono andato nelle miniere da settimane. Mi sono seduto al tavolo da Borin dove Kíli e Fíli bevevano con me. Le battute sono ancora intagliate nel legno, e i denti di Borin sono ancora mancanti. Mi sembra quasi di poter allungare la mano e toccarli, tanto vicina è la loro presenza. Ma loro se ne sono andati, e io sono qui, e non dovrebbe essere così.»

«Ha sentito una presenza?» disse Kíli,e batté le palpebre.

«Tu andavi da Borin con Gimli?» sibilò Fíli, e Thorin si mise un'espressione innocente sul volto. Apparentemente non era molto convincente, perché Fíli sbuffò. «Vecchio ipocrita.»

«Mi ero dimenticata che c'erano altri che li conoscevano» disse Dís assente, le sue dita serrate intorno alla tazza «Non come gli eredi della Linea di Durin, ma come Fíli e Kíli, figli di Víli e Dís.»

«Fíli e Kíli, miei cugini e amici» disse Gimli in una voce bassa «Sarei dovuto essere stato lì.»

«Non avrei usato la tua vita per comprare la loro» disse lei, e la sua mano si allungò a toccare i folti capelli rossi di Gimli «Non essere così frettoloso nel gettarla via, nydoyith.»

Lui sorrise senza allegria. «Non lo sono, davvero. Ma cos'è un minatore, il figlio di un banchiere, rispetto a un Principe? Cos'è la mia vita rispetto a ciò che le loro hanno portato?»

«Un minatore, un figlio di un banchiere» disse lei «può avere un cuore grande. Un minatore e figlio di banchiere crescerà per fare grandi cose, Gimli figlio di Glóin.»

Lei mise giù la sua tazza d'acqua, e prese le mani di Gimli. «Mi piacerebbe se tu mi chiamassi Zia di nuovo» disse lei piano.

Gimli non disse nulla, ma le sue mani si strinsero su quelle di lei.

Lei si piegò in avanti finché la sua fronte non si poggiò su quella di lui brevemente, e poi si tirò indietro. «Mi dirai di più?»

«Ne sarei felice» Gimli si mise comodo ai suoi piedi e si lanciò nella storia di tre Nanetti e un martello “preso in prestito” da Dwalin. Dís ascoltò con attenzione, e rise della situazione terribile in cui si ritrovarono i tre; dei piani furbi messi in atto che resero solo il problema dieci volte peggiore; della rabbia di Dwalin quando il martello venne ritrovato e della terribile ingiustizia della punizione (pulire tutte le armi che possedeva finché non brillarono). I suoi occhi erano umidi, ma non piangeva più. La sua mano rimase sui capelli infuocati di Gimli, e ogni tanto li accarezzava distrattamente.

Infine Gimli terminò, e la guardò. «Zia Dís?»

«Uhm?»

«Gimrís ha detto che le sarebbe piaciuto venire la prossima volta. Ti farebbe piacere?»

Lei batté le palpebre come se si fosse appena svegliata, e poi sorrise. Era ancora toccato dal suo dolore senza fondo, ma lei aveva smesso di sembrare o suonava più morta che viva. «Sarebbe piacevole. Quanti anni ha tua sorella ora?»

«Cinquantaquattro» disse Gimli con un brivido.

«Ah, cinquantenni. Come capisco la tua povera madre, con due Nani sotto i settanta in casa sua»

«Io sono molto maturo!» protestò Gimli, e Dís rise piano.

«Lo sei. Porta Gimrís, e vi racconterò di quella volta che io e i miei fratelli rubammo l'Olifante giocattolo preferito di Dwalin.»

Gimli si soffocò con la sua saliva, e poi rise forte e felicemente. «Aye, quella sembra una storia che non deve essere persa!»

Lei si alzò, tirandolo in piedi, e poi toccò le cuciture che tiravano sulle sue spalle. «Sei cresciuto troppo per questa tunica. Forse una di Fíli - » lei si bloccò sul nome di suo figlio e chiuse gli occhi, stringendo le labbra.

«Dagli la mia, Dís» disse Thorin improvvisamente «Tieni le belle cose dei tuoi figli e i ricordi che portano. Lui sarà robusto quanto me; dagli la mia tunica delle feste. Non l'ho mai indossata in ogni caso.»

Lei si accigliò. Sia Fíli che Kíli si girarono verso Thorin, le loro sopracciglia alte e le loro bocche spalancate per la sorpresa.

«Zia Dís?» provò Gimli.

«Le mie scuse, akhûnîth» disse lei, aprendo gli occhi e stringendogli le spalle. «Mi ero persa nei mie pensieri. Le cose di mio fratello stanno ancora prendendo polvere e tarme, e le tue spalle saranno quanto le sue tra qualche anno. Dovresti averle.»

«No» protestò lui «Non potrei indossare gli abiti di un Re, sarebbe...»

«Ma potresti indossare gli abiti di un cugino» disse lei, e gli strinse di nuovo le spalle «Te le farò spedire. No, non rifiutare! Sarebbe felice di liberarsene; Thorin odiava le formalità. Troppi ricordi dolorosi. Preferiva mettersi la sua armatura e sputare nell'occhio dell'opinione pubblica.»

Gimli chiuse la bocca. «Se lo dici tu» disse dubbioso «allora li prenderò con gratitudine. Mia madre si sta strappando i capelli nel tentativo di tenermi in uno stato decente ultimamente.»

Lei tirò la treccia sul suo mento, come faceva un tempo coi baffi di Fíli. «Conosco quella sensazione. Kíli diventava troppo grande per la sua tunica mentre lo guardavo – mi fece quasi iniziare a bere.»

Gimli gemette, e Fíli si massaggiò la bocca. «Io conosco quella sensazione» disse in commiserazione «Ahia.»

«Dovrei andare» disse Gimli con riluttanza «È tardi.»

Fece per inchinarsi, ma lei lo bloccò stringendolo in un abbraccio. «Fino alla prossima volta, Gimli.»

Lui si irrigidì per un momento in shock, prima di abbracciarla forte. «Presto. Il giorno dopo domani? Ho degli allenamenti nel pomeriggio, ma...»

«Non ne vedo l'ora» disse lei, e si tirò indietro per toccargli leggermente le sue sopracciglia alla Durin «Vai, tua madre sarà preoccupata.»

Lui annuì e fece per andarsene. Dís lo fermò alla porta chiamandolo per nome. «Aye?» disse lui, girandosi.

«Grazie» disse lei piano «Il tuo nome-usato ti sta bene.»

Lui spalancò la bocca, perdendo il controllo di sé per un momento, prima di farle un ampio sorriso e andarsene.

Thorin guardò sua sorella che affondava nuovamente nella sua sedia. Lei si strofinò il volto con le mani e sedette immobile per alcuni momenti. Fíli e Kíli gli si avvicinarono, a nemmeno tre piedi di distanza da lei, e nonostante ciò lei era irraggiungibile come la stella di Eärendil. Lei esalò un lungo, tremolante respiro e poi si afferrò le ginocchia strettamente con le mani.

«Molto bene, fratello mio» disse a se stessa «Vediamo cos'hai dunque conservato.»

TBC...

Note:

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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