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Autore: Cygnus_X1    22/03/2015    1 recensioni
Un trono usurpato. Una ragazza in cerca di se stessa. Una maledizione mortale.
~~~
Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrindar ha vissuto in pace per cinque anni, dimenticandosi dei conflitti, con una famiglia che l'ha accolta con amore.
Tutto cambia quando nel villaggio dove abita giungono i guerrieri dell'Usurpatore a cercarla. Myrindar è costretta a fuggire, guidata da una misteriosa voce che le parla nei sogni, alla ricerca dell'esercito dei Reami Liberi e dei Cavalieri Erranti. Ma il nemico più pericoloso non è l'Usurpatore, né il suo misterioso braccio destro; è la maledizione che la consuma ogni giorno di più e rischia di sopraffarla.
Tra inganni, tradimenti e segreti del passato, tra creature magiche e luoghi incantati, Myrindar si ritroverà in un gioco molto più vasto di quanto potesse immaginare; perché non è solo una guerra per la libertà, quella che sconvolge i Regni dell'Ovest. Non quando antiche forze muovono le loro pedine sul campo di battaglia.
[High Fantasy]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 16

Duello



 

L



'odore di cenere, di metallo e sangue, di guerra si estendeva per leghe e leghe sulla pianura. I tre viandanti avevano cominciato ad avvertirne il sentore fin da quando erano scesi dalle montagne, avevano oltrepassato il confine con Thral ed erano usciti dalla protezione delle serpeggianti valli ancora incontaminate.
Per giorni il sapore di morte aveva aleggiato nelle mattine nebbiose dell'autunno come una lieve traccia, un presagio. E soltanto ora, quando dalle ultime propaggini delle morbide colline di Thral i tre viaggiatori si affacciavano sulla pianura, il presagio si era trasformato in una certezza.
Jahrien scrutava il paesaggio, inorridito e spaventato.  Myrindar riusciva a cogliere sul suo volto ognuna di queste emozioni che si affastellavano una sull'altra come un castello di carte sul punto di crollare.
Quando rivolse il suo sguardo alla pianura, la disperazione la assalì. Colonne di fumo scuro sporcavano il cielo come cicatrici, alzandosi qua e là da villaggi devastati e razziati. La terra, bruciata e morta, si srotolava senza fine in tutte le direzioni. E lì, di fronte al suo sguardo costernato, dietro due accampamenti contrapposti, la sua città natale, Antya.
«Il fronte... è arretrato tantissimo» sussurrò, senza riuscire a trovare la voce.
«Soltanto una volta l'Usurpatore è riuscito a minacciare Antya, è stato cinque anni fa.»
Myrindar lo ricordava bene, quel giorno. Era stato quando Jahrien l'aveva salvata.
«Mi ricordo che l'esercito era stremato, infatti dopo una breve resistenza della città i loro comandanti hanno dovuto suonare la ritirata. Ora, invece... sembrano tutt'altro che prossimi a una disfatta» analizzò il giovane Cavaliere.
Eeshiv, silenzioso, osservava. Myrindar lo sbirciò con la coda dell'occhio. Chissà cosa il mago pensava di tutto quello. Da quel poco che aveva capito di loro, gli Elythra raramente andavano incontro a conflitti interni. Probabilmente Eeshiv, come il resto del suo popolo, considerava meschina la razza degli Uomini proprio per questo.
«Scendiamo. Abbiamo perso anche troppo tempo» scattò Jahrien, distogliendola dai suoi pensieri. Era arrabbiato per quella situazione: quasi sicuramente, se ne sentiva responsabile, sebbene non fosse così.

 
***

L'accampamento dell'esercito dei reami liberi si trovava praticamente sotto le mura più esterne di Antya. Era circondato da una lignea palizzata di protezione innalzata alla bell'e meglio, che in certi punti pareva essere sul punto di rovinare a terra da un momento all'altro. Le tende dei soldati erano erette disordinatamente intorno al padiglione di comando, e ovunque si respirava un'atmosfera di caos e continua tensione, ben diversa da quella che si era presentata davanti a Myrindar al suo primo ingresso nell'accampamento, risalente a qualche mese prima.
Quando i tre viaggiatori si erano presentati all'ingresso del campo, le due sentinelle di guardia avevano sgranato gli occhi come se avessero visto degli spettri. Era evidente che dopo essere spariti nel nulla per due mesi tutti li ritenessero morti.
Ora un soldato li stava scortando attraverso l'accampamento fin da Alshain. Chiunque incrociassero si fermava a osservarli, colmo di stupore, e poi prendeva a chiaccherare sottovoce con il vicino. Myrindar coglieva indistintamente parole come "Elfo", "strega", "spettro".
Il comandante non fece una piega mentre Jahrien descriveva i due mesi nel regno sotterraneo degli Elythra, mentre Eeshiv annotava nelle sue pergamene qualunque cosa catturasse la sua attenzione.
«Ma ora dimmi» chiese il ragazzo con apprensione «cos'è successo? Perché il fronte è arretrato cosi tanto?»
Alshain corrugò la fronte, preoccupato. Myrindar osservò che dall'ultima volta sembrava molto invecchiato: il suo volto era un intrico di linee, profonde occhiaie segnavano i suoi occhi stanchi del peso del comando, e i suoi capelli, un tempo neri, ora erano completamente ingrigiti.
«Layrath» rispose soltanto, e quel nome bastò come risposta. Myrindar aveva ancora stampata negli occhi l'immagine del giovane, identico a lei, che lanciava l'incantesimo, la fissava e rideva.
«Abbiamo combattuto tre battaglie, in questi due mesi» proseguì il comandante. «Ognuna è stata una disfatta. Layrath ha Aleestrya, e nonostante i maghi tentassero di bloccarne la magia, ci ha decimato. Sono stato costretto a suonare la ritirata fino ad Antya; stanotte, con il favore del buio, ripiegheremo dentro le mura della città, come è successo cinque anni fa. E speriamo che funzioni ancora.»

 
***

Myrindar si rigirò per l’ennesima volta nelle lenzuola e sbuffò, buttandole da parte.
Perché non riusciva a dormire? Cosa la preoccupava, ora che controllava la maledizione?
Non lo sapeva, era certa solo del fatto che qualunque cosa facesse erano ormai le due e lei era ancora perfettamente sveglia. Aveva sentito le campane della torre di Antya battere pochi minuti prima.
Si alzò in piedi insofferente. Keeryahel dormiva nell’altro letto, perciò la ragazza cercò di essere più silenziosa possibile. Si gettò il mantello a casaccio sulle spalle e uscì.
Non era mai stata nella zona più ricca di Antya, tantomeno nelle caserme delle guardie. Ma da quando l’esercito si era ritirato in città, due notti prima, avevano dovuto sistemarsi in ogni spazio disponibile, e a loro due, uniche ragazze dell’esercito, era toccato quel minuscolo sgabuzzino polveroso – non che questo fosse chissà che problema per la giovane, per lo meno aveva un tetto sopra la testa.
Uscire dal palazzo fu facile: i corridoi di solida pietra si incrociavano ad angolo retto, e risultava semplice memorizzare il percorso. Scambiò un cenno di saluto con le guardie all’ingresso.
La notte di Antya era fredda, come ricordava; un brivido corse lungo la sua schiena nonostante il mantello.
Il cielo era coperto da una trapunta di nuvole che promettevano pioggia, ma a Myrindar non importava. Si ritrovò a girovagare tra le strade rese blu dall’oscurità, ignote strade che non conosceva. Trovava sorprendentemente ironico come, nonostante tutto, si ritrovasse comunque lì. Ne era passata, di acqua sotto i ponti, dall’ultima volta che era stata ad Antya: lei era cambiata, il mondo stesso era cambiato. Chissà la prossima volta che sarebbe tornata quanti sconvolgimenti, quanto sangue e quanta morte l’incrollabile città avesse visto nel frattempo, e quanti ne avesse vissuti lei.
O forse quella era l’ultima volta, e lì sarebbe morta.
Scosse la testa. L’esercito dell’Usurpatore non aveva dato segni di voler attaccare, per ora. Alshain si stava riorganizzando con i suoi capitani per contrattaccare sfruttando la momentanea esitazione dei nemici, e presto se ne sarebbero andati da quella città.
I suoi vagabondaggi l’avevano condotta alla terrazza sulle mura interne: un piccolo giardino sopraelevato risalente ai tempi delle Fate, che al momento indossava i colori dell’autunno imminente. Appoggiato sul parapetto, Eeshiv con le sue pergamene e una lanterna.
«Come sono le Terre del cielo, allora?» chiese la ragazza, avvicinandosi.
«Sono... caotiche» rispose dopo una lieve esitazione, come per cercare la parola migliore.
Myrindar annuì.
«Credo tu abbia ragione. Dopo aver passato due mesi presso il tuo popolo, vedo tutto in modo diverso
«Suppongo che la prospettiva di chi vive per qualche centinaia dei vostri anni sia necessariamente diversa dalla vostra.»
Myrindar boccheggiò. Non aveva mai avuto prove della longevità degli Elythra, per quanto l’avesse sempre sospettata.
«La Regina ha centinaia di anni...?»
«Non so dirti da quanto la Regina sia in vita. Forse nemmeno lei stessa lo ricorda più, ormai.»
Eeshiv finì di annotare una frase nella sua esilissima grafia, poi si voltò verso di lei.
«Puoi capire da sola che cosa il mio popolo pensi delle guerre come quella che voi state combattendo da vent’anni.»
La ragazza annuì semplicemente, schiacciata dall’idea di secoli e secoli di vita.
«Eeshiv, io...»
Qualunque cosa le sue labbra stessero per pronunciare sfuggì completamente dai suoi pensieri, scacciata dall’intenso suono di un corno lontano, ripetuto dopo breve tempo poco distante da dove si trovava.
I corni da guerra delle sentinelle...
«Ci attaccano!» gridò dopo un secondo di sconcerto, quando finalmente realizzò.

 
***

Una mazza mulinò a un soffio dalla sua testa, ma Myrindar si piegò, schivandola. Recuperò l’equilibrio e vibrò un fendente con la spada, trafiggendo il soldato imperiale che l’aveva assalita. Il lampo d’argento di una delle magie di Keeryahel si abbatté dietro di lei, impedendo a un altro nemico di attaccarla alle spalle.
La ragazza roteò su se stessa per verificare rapidamente se ci fossero ancora soldati vivi. La strada era pavimentata di cadaveri e inondata di sangue ma, eccetto loro due, nessuno si muoveva. Scambiò uno sguardo con l’Elfa e si mosse verso l’incrocio con una strada principale.
All’improvviso si sentì afferrare la caviglia e strattonare verso il terreno. Senza nemmeno riflettere scagliò verso il soldato ferito una scarica viola, l’ennesima. Il nemico morì all’istante e Myrindar si liberò.
Aleestrya la stava davvero aiutando, in quella battaglia. Si stava rivelando fondamentale per la sua sopravvivenza: il potere del marchio l’aveva salvata da numerose situazioni senza uscita, era la prima volta in tutta la sua vita in cui si sentiva davvero grata a quella magia mai desiderata.
La strada principale era deserta, tranne che per i numerosi cadaveri, imperiali e non, disseminati sul lastricato. Nonostante gli sforzi degli assediati, l’esercito dell’Usurpatore era riuscito ad abbattere le porte poco dopo l’alba, e si era riversato nelle strade come un fiume in piena. Da quel momento la battaglia si era trasformata in una sorta di guerriglia senza quartiere tra le viuzze, i cunicoli e i passaggi segreti che caratterizzavano Antya. Le due ragazze avevano perso di vista Jahrien e la squadra a cui erano state assegnate quasi subito, ma finora se l’erano cavata con lievi ferite leggere. Stavano cercando di ricollegarsi al grosso dell’esercito per essere meno vulnerabili.
Myrindar cominciava a sentire il peso della stanchezza. La notte in bianco e le ore di combattimento si facevano sentire. In più, usare il potere di Aleestrya le consumava parecchie energie.
Le due ragazze percorsero la strada caute, dirigendosi verso il luogo di provenienza delle urla e dei rumori di colluttazione. Poco dopo si aprì davanti ai loro occhi una piazza con al centro una fontana insanguinata.
Una decina di soldati imperiali aveva spinto con le spalle al muro tre guerrieri. Le due giovani si buttarono nella mischia all’istante: Keeryahel scagliò uno dei suoi pugnali, Myrindar, invece, tese la mano e scagliò due fulmini, abbattendo altrettanti nemici. Il prezzo della magia si fece presto sentire, la testa le vorticò per qualche secondo prima che lei potesse recuperare fiato.
Riprese la spada con entrambe le mani e si tuffò nel combattimento, seppur con il fiato corto.
Myrindar era estremamente stupita. Dopo aver abbattuto le porte di Antya con uno dei suoi fulmini, Layrath sembrava scomparso nel nulla. La ragazza lo cercava in ogni imperiale che vedeva, era impaziente di battersi finalmente con lui ad armi pari.
Ma lui non c’era.
Impaziente, Myrindar corse lungo una via verso la cittadella. Doveva trovarlo, era pervasa da una smania inarrestabile.
Keeryahel le gridò di aspettarla ma la ragazza non obbedì. Quello che restava di un contingente smembrato tentò di fermarla, ma lei li falciò con la spada e la magia.
Si ritrovò con le ginocchia a terra ansante e si rimproverò del proprio errore.
Non poteva affrontare Layrath se sprecava le energie in quel modo. Rischiava di arrivare stremata dal suo avversario.
Dopo qualche istante le forze le erano tornate. Riprese il suo cammino cercando di recuperare fiato e di normalizzare il respiro. Di fronte a lei, le porte della cittadella erano spalancate e dall’interno si sentivano clangori e inconfondibili suoni di battaglia. Si gettò nuovamente nella mischia, senza pensare a nulla, preoccupandosi solo di uccidere quanti più nemici poteva.
Da quando massacrare mi è diventato così facile e indifferente?, si chiese con una strana amarezza nel cuore.
Parò un fendente, tese le braccia in avanti e con un movimento rapido colpì l’uomo alla base del collo. Il sangue spruzzò dalla ferita mentre il soldato stramazzava a terra e Myrindar subito si dedicava a un altro. Una freccia argentea le sibilò a fianco e colpì con precisione tra le piastre di un’armatura, segno che la ragazza Elfa l’aveva raggiunta.
Schivò l’ennesimo affondo a cui rispose con un rapido guizzo della lama. Il contraccolpo dell’impatto tra le due spade le provocò una fitta al polso teso, ma la giovane non ci fece caso. Riprese ad attaccare a ritmo serrato, procurando sottili ferite al nemico. Il contrattacco le provocò un taglio slabbrato sul braccio. Infine, una freccia di Keeryahel pose fine anche a quel duello.
Non ebbe neppure un istante di respiro: subito dopo colse un lampo con la coda dell’occhio e dovette spostarsi per schivare un colpo di mazza ferrata che le avrebbe spezzato un braccio. Nel movimento imprevisto Myrindar perse l’equilibrio, incespicò sulla pietra viscida di sangue e posando il piede destro a terra avvertì un’improvvisa scarica di dolore provenire dalla caviglia.
La ragazza imprecò, si voltò facendo perno sulla gamba sana e lanciò un fulmine contro il soldato che la stava assalendo, riprese la spada con entrambe le mani per parare un altro colpo ma, dimenticatasi della caviglia debole, caricò il peso a destra. Una fitta risalì l’intera gamba, che cedette, e con un grido Myrindar cadde a terra. Rotolò via per evitare un fendente che le avrebbe staccato la testa: la spada nemica si abbatté dove lei era stata un istante prima, sollevando schizzi di sangue da terra.
La ragazza si rialzò, si allungò in un affondo che il soldato parò con lo scudo, ma con un movimento rapido lei lo ferì al ventre. Mentre l’uomo stramazzava a terra urlando, la giovane ricorse nuovamente alla magia per salvare Keeryahel da un attacco alle spalle, e voltandosi si rese conto che un contingente piuttosto numeroso si stava avvicinando da un vicolo.
«Keeryahel, scappiamo!» gridò. Myrindar afferrò il braccio dell’amica e per quanto glielo permetteva la caviglia, cominciò a correre.
Le due ragazze corsero fino a non avere più fiato, prendendo direzioni a caso pur di distanziare i nemici. Quando Myrindar si rese conto che si erano ritrovate alla terrazza dove quella notte aveva parlato con Eeshiv, e che era vuota, decise di fermarsi. Si nascosero tra gli alberi per riprendere fiato prima di rituffarsi nella battaglia.
Accadde in un istante.
La ragazza si era distratta e quando vide l’ombra nera alle spalle dell’Elfa, era già tardi. La ragazza stramazzò a terra senza un suono.
Scattò in piedi mulinando la spada. L’ombra parò il suo fendente e rispose, Myrindar saltò all’indietro.
Il guerriero fece un passo avanti e sorrise, serafico. Riccioli neri incorniciavano un volto magro, sulla fronte troneggiava il marchio di una spada e un fulmine incrociati.
«Che cosa le hai fatto, maledetto?» gridò la ragazza, fuori di sé.
«Oh, si riprenderà. Le ho solo impedito di disturbare la nostra chiacchierata» rispose Layrath, muovendo la mano in un gesto di indifferenza.
«Se le hai fatto del male, io ti...»
«Suvvia, Mir, basta con tutta questa violenza. Non ce n’è bisogno.»
«Non hai il diritto di chiamarmi con quel soprannome» ringhiò la ragazza, fissandolo con aria truce. Sperava che ogni singolo pensiero di morte che gli stava rivolgendo nella sua mente trasparisse dai suoi occhi.
«E sia» sorrise ancora lui, deridendola. «Mi sembrava avessimo un patto. Allora, hai deciso? Vieni con me e con Uthrag, di nuovo alla tua vera casa, o resti con questi perdenti a farti ammazzare?»
«Dovrai usare argomentazioni molto persuasive per convincermi a massacrare gente senza pensarci.»
«Non mi sembra molto diverso da quello che fai ora.» Layrath fece spallucce, accennando con la testa in direzione della città.
«Con la differenza che io non uccido per il potere, ma per la libertà di interi regni!» gridò lei. Non lo fece notare, ma l’affermazione di Layrath l’aveva ferita nel profondo.
«Quanti nobili ideali!» Il ragazzo scoppiò a ridere. «Eppure sempre di uccidere si tratta, non concordi con me?»
La giovane fissò l’avversario negli occhi. Un avversario uguale a lei, eppure opposto. Un lampo di un’idea le attraversò la mente, e decise di rischiare.
«Cosa ti ha promesso Uthrag per trasformarti volontariamente nel suo carnefice personale? Sei troppo potente, potresti rovesciarlo in un attimo. So cosa gli hai chiesto, ma non può dartelo» lo provocò. «Nessuno può sciogliere Aleestrya. Nemmeno lui.»
Nonostante l’autocontrollo del ragazzo, Myrindar poté chiaramente cogliere un cambiamento. Il suo sorriso da predatore si era spento, per un istante solo, ma bastò. Ora lei sapeva.
«Ma cosa vuoi capire, tu, di me? Non mi conosci, non hai idea di chi io sia veramente, cara sorellina. Ma se questa è la tua risposta – Layrath sguainò lo spadone – allora devo proprio ucciderti.»
Attaccò come una furia. Myrindar faticò a parare tutti i colpi e si trovò a retrocedere senza scampo verso la balaustra. Spaventata, la ragazza ricorse alla magia: evocò tutto intorno a sé fulmini neri e viola come barriera, e Layrath fu costretto a indietreggiare per non essere colpito.
Sfruttando questa esitazione e raccogliendo le forze che la magia non aveva dissipato, Myrindar cominciò a sferrare fendenti, cercando di spezzare il ritmo ed entrare nella sua guardia, e alternando i colpi di spada agli attacchi magici. Layrath restò sulle difensive, limitandosi a parare e contrattaccare raramente.
Ma più il duello proseguiva, più la stanchezza prendeva il sopravvento. Un sordo dolore le attraversava tutti i muscoli, ogni singola ferita accumulata sulla sua pelle bruciava come fuoco e le rare fitte alla caviglia si erano trasformate in un ago pulsante tra le sue ossa. I colpi si fecero imprecisi, mentre il sorriso sornione sul volto di Layrath si allargava.
Con un ultimo sforzo, Myrindar saltò distante, tese la mano e scagliò un altro fulmine.
Forse accadde perché era stremata e la sua volontà debole, o forse perché aveva usato fin troppo quel giorno i poteri della maledizione.
All’improvviso, la magia crebbe dentro di lei sempre di più, come aveva fatto il Kratheda. Myrindar, colma di terrore, si ritrovò nuovamente imprigionata, si vide evocare una magia ancora più distruttiva senza poterlo impedire, senza nemmeno poter urlare.
Non l’avrebbe permesso. Tentò di concentrarsi, di imbrigliare nuovamente la maledizione come aveva fatto per due mesi sottoterra. La magia sfuggiva dalle sue dita come acqua, sempre di più.
Si concentrò con tutta se stessa. Lentamente si accorse che stava recuperando il controllo.
Il suo cuore batteva irregolare, il respiro era spezzato. Era stremata, ma aveva vinto.
Si ritrovò a terra, ansante, a guardare l’espressione glaciale di Layrath dal basso. Lui scosse la testa.
«Non ti ucciderò, per questa volta. Mi irrita combattere contro un nemico non al pieno delle proprie capacità.»
La ragazza era ancora cosciente solo grazie alla forza di volontà. Non riusciva a respirare, era come se non ci fosse abbastanza aria per saziarla.
«Vai a Nym a cercare Torg. Quando sarai al mio stesso livello, combatteremo. Che onore c’è nel piegare un nemico che è già sconfitto in partenza?»
Layrath rise ancora. Il suono del suo scherno e della sua derisione accompagnò Myrindar fino all’incoscienza.
   
 
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