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Autore: ShawnSpenstar    27/03/2015    2 recensioni
Tutti noi conoscamo bene la storia dei sei maestri della luce (sette con Kajitsu) che liberarono Gran RoRo dalla tirannia del re del mondo Altrove ma, prima di Dan e soci, c'è stato sicuramente almeno un altro maestro della luce che ha portato quasi a compimento la sua missione. Quella che vi racconterò è l'avventura di questo guerriero, è la storia di una sconfitta certo ma è comunque degna di essere raccontata e io spero di farlo al mio meglio.
Siete pronti per un nuovo, vecchio, viaggio a Gran RoRo?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Julian Fines, Magisa, Nuovo personaggio, Re del mondo Altrove
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo sporco della città della purezza
 
 
Il giorno seguente fu Magisa la prima ad aprire gli occhi. In silenzio si levò e uscì dalla camera per dirigersi verso quel minuscolo buco che i proprietari della locanda avevano definito, secondo lei impropriamente, bagno, fornito giusto dell'essenziale; notò, dal suo riflesso nello specchio, che le piaghe rossastre che il calore del deserto aveva stampato sulla sua candida pelle si erano attenuate ma non erano scomparse e decise di dare loro il colpo di grazia con una doccia rinfrescante.
Terminata la doccia si asciugò, raccolse scettro e portamazzi, indosso il mantello e, dopo aver lasciato un appunto sul tavolo della sala, uscì dalla stanza e si incamminò verso la rampa di scale. Il piano terra del locale era ancora deserta, l'unica "popolazione" era rappresentata da due camerieri e da un terzo membro dello staff non meglio identificato intenti ad avere una sorta di colazione prima di una sfiancante giornata di lavoro; cortesemente, la giovane donna chiese di potersi unire, ovviamente dietro pagamento, al gruppetto che fu ben felice di accettare e condividere con lei una cioccolata e un cornetto dopodiché discusse e rise con loro fino a quando non fu raggiunta dai due compagni di viaggio… lievemente alterati.
 
"Si può sapere perché ci hai scritto le istruzioni post-risveglio su un biglietto?" domandò Julian scherzoso ma non troppo "pensavi che non saremmo sati in grado di capire cosa fare?"
 
"Beh, mi pare ovvio" replicò ironicamente lei "dopotutto siete maschi e duellanti, non esattamente due delle categorie sociali più intelligenti dei sei regni"
 
"Oh, immagino allora che sia per questo che ti sei presa anche le nostre due buste" sentenziò l'umano
 
"Davvero? Le ha prese lei?!!" fece Vey con uno stupore tale da far sbuffare il collega dall'esasperazione
 
"Veirhal, sta zitto, ti prego!"
 
"Come volevasi dimostrare" alluse la maga soffocando a stento l'istinto di scoppiare a ridere "conosco bene come ragionate voi duellanti, se vi avessi lasciato queste bustine sareste arrivati qui un'ora più tardi"
 
"Un'ora?" la prese in giro lui "sul serio, evitiamo le idiozie almeno di prima mattina"
 
"Ma quali idiozie? Ci avreste messo proprio un'ora, equamente divisa in un min… facciamo due minuti per aprire le buste, del resto siete maschi, e cinquantotto minuti di lamentele, insulti e borbottii per le brutte carte capitatevi"
 
"Come puoi sapere se le carte sono brutte o belle?"
 
"Pronto? C'è nessuno qui dentro?" lo irrise la ragazza picchiettando con lo scettro sulla testa del biondo "siamo nel più povero e meno prestigioso dei regni di Gran RoRo; le probabilità di trovare una carta che stia entro i confini della decenza qui sono le stesse che il re, durante questa notte, abbia avuto un'epocale crisi di coscienza seguita da abdicazione spontanea ed espiazione delle proprie colpe tramite la concessione, agli abitanti di Gran RoRo, di flagellarlo pubblicamente"
 
"Ah, come trovare un ago in un pagliaio quindi?"
 
"No, è più come trovare un ago in cinquanta pagliai"
 
Spazientito, il duellante inglese sospirò d'esasperazione; c'era solo da sperare che non fossero tutte così le mattine in compagna di Magisa altrimenti avrebbe già potuto inserire il primo punto nella colonna dei "casi estremi per cui potrei rinunciare al titolo di maestro della luce" dopo un solo giorno… non proprio il miglior modo per iniziare l'avventura.
 
"Perfetto, allora vedrò di procurarmi una calamita" scherzò lievemente irritato "nel frattempo possiamo prendere qualcosa per la colazione o ci devi dare il permesso?"
 
"Ho fatto di meglio!" esclamò tutta soddisfatta lei "ho ordinato io qualcosa per voi! Sono là, sul bancone"
 
Nonostante i dubbi sul'affermazione della donna il duellante non rispose, raggiunse il bancone e cercò di capire dove fosse la colazione promessagli dalla maga. Quando finalmente vide il suo primo pasto di giornata un sorriso ironico gli si dipinse sul volto; normalmente avrebbe lasciato correre ma questa volta no, non poteva rimanere impunita dopo tutte quelle prese in giro.
 
"Un tè? Ma davvero?" domandò con un tono esageratamente irritato, e quindi chiaramente falso "guarda che per noi inglesi il tè è quasi una religione e lo prendiamo alle cinque del pomeriggio; hai appena commesso un crimine inenarrabile, potrei perfino accusarti di vilipendio"
 
"Smettila di fare l'idiota!" sbraitò lei in risposta "accontentati… e, per favore, fallo in meno di dieci minuti perché altrimenti parto senza di voi"
 
"Cosa? Ma non puoi…"
 
"Di per se, tecnicamente, posso" spiegò lei in tono irriverente "sarebbe forse non corretto, sicuramente non conveniente ma impossibile proprio no!"
 
"Va al dia… ahhh!"
 
Quella, coraggiosa, imprecazione gli morì sulle labbra non appena una potente onda d'urto lo colpì facendogli sbattere lo sterno contro il bordo del bancone e sfuggire di mano la tazzina di tè che, ovviamente, finì in mille pezzi; stizzito, Fines si voltò di scatto e vide la gemma dello scettro di Magisa, che la donna aveva puntato su di lui, brillare come aveva fatto quando era apparsa la strana bici.
 
"Perché l'hai fatto?!" gridò arrabbiato
 
"Avevi detto che non lo volevi" replicò con finta innocenza lei "e non ti preoccupare, i danni li pago io" aggiunse poi dando ai camerieri qualche moneta in più
 
"Non sono i danni il problema, è il tuo comportamento che non capisco e non sopporto!"
 
"Oh, quello? E' solo per mettere in chiaro una cosa" fece lei allusiva
 
"Ah, si? E quale sarebbe?"
 
"Mi pare ovvio" sussurrò in tono malizioso "… che, nella nostra squadra, comando io"
 
E sparì oltre la porta d'ingresso.
 
 
"Al diavolo" imprecò il campione inglese gettando per terra la carta delle due bustine "avevi ragione tu"
 
SI abbandonò sui cuscini polverosi e rattoppati dell'unico sofà della nave maledicendosi per aver pensato che dare un occhiata al contenuto delle buste regalo potesse essere un buon modo per distrarsi da un viaggio che si prospettava lungo e noioso.
Con un enorme sorriso stampato sul volto, Magisa si sedette accanto a lui su quella carcassa di divano e osservò le carte; non erano proprio tutte da buttare ma, senza dubbio, quasi nulla che potesse tornare utile ad un maestro della luce. Tra le dieci carte quelle rosse erano quattro: un Ankillersauro, un Lon-Gineus Drago Lancia, discreto spirit, un nexus Canyon Ardente e, per finire, un'altra carta nexus, l'ottima Trono dei Sette Draghi.
Senza aggiungere ulteriori commenti, Julian prese l'ultima delle quattro carte rosse e la aggiunse alle carte che componevano il suo side deck, dando a Magisa le altre carte.
 
"No, non ci posso credere! Non l'avevo vista prima!!" esclamò lei con una gioia nella voce che all'inglese appariva ingiustificabile "come osi denigrare queste carte?"
 
"Ma che stai blaterando?" domandò Fines giustamente perplesso "a parte un paio molto belle, una delle quali tuttavia è verde, tutte le altre sono mediocri"
 
"Non offenderla!!" sbraitò la maga sbattendogli quasi in faccia una delle nove carte "con che coraggio dai della mediocre alla carinissima carta gialla Postino Pentan?!!"
 
"Oh, no! No, no, no, no e poi no!" fece il duellante in tono di supplica "per carità, non dirmi che sei anche tu una fan di quelle parodie di spirit che sono i Pentan? Sono le uniche carte che proprio non riesco a sopportare; nemmeno le carte bianche, di cui non sono esattamente un fan, raggiungono quel livello"
 
"E invece è proprio così, io ADORO i Pentan!" concluse lei chiudendo la discussione e rivolgendosi al pilota "Ehi, Vey…"
 
"Solo i miei amici possono chiamarmi Vey, tesoro" replicò quello
 
"E solo i miei fidanzati possono chiamarmi tesoro, imbecille" ribatté lei "sai, sei l'unico che ha pescato qualcosa di decente da queste due buste"
 
"Davvero? Cosa?"
 
"Un vero e proprio spirit chiave… Rafflesio Albero Zanna, non so se tu l'abbia già ma è un ott…"
 
"Lo conosco, lo conosco… mi spiace ma non uso le carte verdi"
 
"Coosa?!! Non usi le… ohhh" si lamentò esasperata "un umano che odia i Pentan e un granroriano del regno di smeraldo che non usa le carte verdi, ma su che diavolo di rottame mi sono imbarcata"
 
"Temo che dovrai accontentarti… tesoro" disse Julian sotto lo sguardo incendiario della ragazza
 
"Ringrazia che questa fogna di salotto non ha nemmeno un cuscino altrimenti ti avrei già soffocato" sibilò lei prima di rivolgersi ancora al duellante di Selveya "… e allora che colore usi?"
 
"Blu"
 
"Di blu ci sono… Guerriero Troll e Guy l'Ammazzadraghi"
 
"Tengo il secondo"
 
"Perfetto, io invece mi tengo il mio Pentan, la magia Astro della Velocità e Rafflesio Albero Zanna"
 
"Aspetta" si inserì Julian "dai a me Rafflesio; conosco una persona, nel regno di smeraldo, a cui piacerebbe"
 
"Allora…" terminò porgendo la carta al maestro della luce "… questa è tua, per le altre vedremo"
 
Conclusasi la spartizione delle carte, i due passeggeri raggiunsero il conducente nella cabina del pilota. Davanti a loro si estendeva a perdita d'occhio una scarna pianura rocciosa la cui monotonia era interrotta a tratti da qualche segno di vegetazione e che sembrava non avere fine; con una significativa occhiata il comandante domandò implicitamente alla maga se stessero seguendo la strada giusta, domanda cui ella rispose con un cenno di assenso.
 
Proseguirono ancora nel loro percorso in linea retta fino a raggiungere una vasta macchia verde, in prossimità della quale rallentarono.
Magisa spiegò allora che la scelta migliore sarebbe stata svoltare a destra proprio alle porte di quella selva perché se si fossero inoltrati il sentiero che avrebbero imboccato, l'unico, nella foresta, percorribile dalle navi, li avrebbe ricondotti sull'altopiano, verso quella via lungo il costone roccioso che avevano percorso la prima volta che erano arrivati nel regno di rubino e avrebbero potuto raggiungere la loro destinazione solo a piedi.
I due compagni di viaggio convennero che la decisione della donna fosse la più logica; giunti al punto prestabilito, Vey sterzò aggressivamente verso destra e premette forte sull'acceleratore, il suono dei motori si fece più acuto e intenso e la Stella Blu si lanciò ad elevatissima velocità nella nuova direzione. Proseguirono spediti lungo una pianura che da rossa sfumava in verde e costeggiando quella foresta sempre meno fitta.
 
Dovettero passare alcuni minuti prima di intravedere i primi campi coltivati, unici segnali della presenza di forme di vita civili. Prima che si fossero avvicinati troppo, Magisa consigliò saggiamente ai due compagni di parcheggiare e proseguire a piedi poiché la nave avrebbe potuto spaventare gli abitanti e, appurata la sensatezza dell'osservazione, il pilota pose in stazionamento la Stella e attivò il campo di forza, dopodiché i tre scesero dalla nave e proseguirono a piedi per un breve tratto di strada. Arrivati alle prime case, sentirono sin da subito su di loro gli sguardi incuriositi degli abitanti (era difficile pensare che una compagnia come la loro potesse passare inosservata)  e per alcuni secondi temettero di poter incontrare problemi ma nulla accadde.
Giunsero così, in uno stato di apparente tranquillità, ad uno spiazzo relativamente grande che doveva essere il classico centro del villaggio dal quale ognuna delle case, non molte per la verità, era visibile. Julian osservò tutto il paese; un certa malinconia emerse dalle profondità del suo animo, quelle piccole abitazioni tutte diverse, quell'atmosfera tranquilla e spensierata e le manifestazioni d'affetto che gli abitanti del luogo si scambiavano gli ricordavano i piccoli villaggi del suo paese, gli ricordavano casa.
Sempre senza proferire parola, Magisa attraversò la strada dirigendosi  verso una casa che stava sul lato opposto, di fronte a loro, in un primo momento gli altri due pensarono di seguirla ma, prontamente, lei li fermò con un cenno della mano; raggiunse la porta e, dopo aver bussato, attese fino a che essa non si aprì rivelando il padrone di casa: nonostante il suo aspetto fisico non si potesse definire "umanizzato" quanto quello di Magisa, era sicuramente più riconducibile ad un umano che ad un abitante del regno di smeraldo con il quale, a ben vedere, condivideva giusto l'elevata quantità di pelo, in questo caso di un grigio molto chiaro, e le dimensioni; la sua carnagione era di un rosso molto scuro, quasi marrone, ad esclusione del viso, ove schiariva; da dietro la schiena si poteva vedere chiaramente ondeggiare una coda simile a quella di una scimmia, ma era l'unica somiglianza con l'animale dato che mani e piedi erano chiaramente quelli di un essere umano… o perlomeno, questo era ciò che Julian supponeva dato che il granroriano indossava, oltre ad una maglia bianca e pantaloni di cuoio, guanti e stivali.
 
Senza tentennamenti, la giovane donna abbracciò il padrone di casa che fu ben felice di ricambiare con affetto il gesto.
 
"Vedo che sei ancora piuttosto in forma Halgurii" scherzò la maga "proprio come si conviene ad un capo villaggio"
 
"Guarda che, anche se ammettessi che sono invecchiato, non mi offenderei di certo" replicò l'altro "quattordicimila e settecento quarant'anni non sono certo uno scherzo"
 
"Stupidaggini, lì porti benissimo" fece lei sorridente indicando poi i due compagni di viaggio "dovremmo parlarti, in privato, di una cosa molto importante; potresti, per cortesia ospitarci in casa tua?"
 
"Sicuro" concluse lui precedendoli nell'abitazione
 
Gli altri due membri della compagnia avevano osservato in silenzio la scena cercando di intuire come si sarebbero dovuti comportare e quale fosse l'argomento della conversazione precedente ma solo dopo un evidente gesto della donna, che gli fece cenno di avvicinarsi, compresero.
Fecero per dirigersi verso l'edificio ma, circa a metà della strada, la loro attenzione venne richiamata dalle grida di un gruppo di ragazzi granroriani intenti a correre in mezzo alla via e che i due evitarono con fatica; Julian si voltò verso di loro come per rimproverarli ma le sue intenzioni caddero alla vista di un gruppetto di carte cadute per terra che raccolse e osservò almeno fino a che uno dei ragazzi, un granroriano grande circa come lui e con carnagione e pelo di un marrone intenso, gli spiegò che quelle carte erano sue.
 
"Mi sembrano delle buone carte" fece l'inglese "ti piace il colore rosso?"
 
"E' il mio preferito!" esclamò gioioso il granroriano "perché? Piace anche a te?"
 
"Proprio come a te, ragazzo" rispose il biondo mostrandogli il suo spirit prediletto
 
"Oh, ma è Meteorwurm!" disse estasiato il giovane "dove l'hai trovato? Lo vorrei tanto anch'io"
 
"Purtroppo l'ho recuperato in un luogo molto, molto lontano da qui  ma, se davvero il tuo amore per gli spirit rossi è grande, qualche regalo posso comunque fartelo" si rivolse quindi alla maga "Magisa, hai ancora le tre carte rosse che abbiamo trovato nella busta?"
 
"Certo" replicò lei avvicinandosi e porgendole al granroriano  "spero ti piacciano"
 
"Mi piacciono molto" ribatté lui dopo una prima occhiata "grazie mille, signor umano" e corse via a mostrare le sue nuove carte ai suoi amici
 
L'uomo e la granroriana rimasero per una buona manciata di secondi ad osservare la piccola truppa che scherzava e rideva, uno di quei tanti momenti in cui davvero sembrava che le favole, come le aveva più volte definite spregiativamente Vey, raccontate da Atroon e dagli altri anziani fossero vere.
Fu proprio il cinico comandante della Stella Blu a riportarli alla realtà.
 
"Ehi, piccioncini!" li chiamò scherzosamente "guardate che il nostro padrone di casa non ha tutto il giorno!"
 
In perfetta sincronia, si voltarono verso di lui annichilendolo con due sguardi che promettevano spargimenti di sangue, poi, facendo attenzione a mantenere una certa distanza l'uno dall'altra, lo raggiunsero sulla soglia ed entrarono nell'abitazione.
 
Come Julian aveva immaginato, assomigliava moltissimo ad una piccola casa del suo mondo: era composta da quattro locali, due camere, un bagno e una sala con annessa cucina, e fornita dell'arredamento essenziale per vivere dignitosamente; il breve corridoio d'ingresso conduceva ad una sala abbastanza spaziosa con un pavimento in legno in cui, non a caso, era localizzato gran parte del mobilio, sul tavolo, anch'esso di legno, al centro di tale sala erano disposti tre bicchieri pieni d'acqua e intorno ad esso altrettante sedie invitavano i visitatori ad accomodarsi mentre in piedi, appoggiato contro lo stipite della porta di una delle due camere, lì attendeva il padrone di casa.
 
"Non trovavi l'ingresso Magisa?" chiese scherzoso il granroriano alludendo al tanto tempo perso
 
"Piantala!" replicò l'altra poco in vena di scherzi "è che il mio amico qua…" proseguì indicando Julian "… ha sentito il bisogno di regalare qualche carta rossa ad un pazzo scalmanato di ragazzino che l'ha quasi travolto"
 
"Un pazzo scalmanato? Ah, parli di Nonbirii" disse il vecchio dopo alcuni secondi di riflessione
 
"Può essere, in realtà non so come si chiami" osservò la donna "però mi sorprende che qualcuno abbia dato a suo figlio un nome senza il suffisso "Gurii", credo sia la prima volta"
 
"Beh, se doveva accadere non poteva che succedere con lui" spiegò Halgurii "del resto è figlio di quel piantagrane anticonformista di Darogurii"
 
"Il migliore amico di tuo figlio?"
 
"Proprio lui!" esclamò "noi anziani abbiamo provato a spiegargli che non si tratta di un capriccio o un vezzo, si tratta di ricordare chi siamo e a quale tribù apparteniamo ma non c'è stato nulla da fare"
 
Magisa ascoltò la storia immaginandosi la scena; conosceva bene il granroriano in questione ed era certa che la discussione fosse stata anche meno pacifica di come ora era stata raccontata; anche per questo motivo dovette fare un grande sforzo per trattenere le risate.
 
"Perlomeno siamo riusciti a convincerlo a seguire le tradizioni almeno per un ipotetico secondo figlio" continuò a raccontare il capo villaggio "credo voglia chiamarlo… mmm… se non ricordo male Zungurii, o qualcosa del genere"
 
"Allora speriamo che arrivi questo secondo figlio" concluse sempre con il suo tono irriverente "venendo al vero motivo della nostra visita, c'è una cosa che devo chiederti"
 
"Prima io" replicò prontamente il granroriano "perché viaggi in compagnia di un umano e di uno straniero?"
 
"Andiamo Halgurii" esclamò lei lievemente alterata "sei uno dei granroriani che ha accompagnato il primo umano di Gran RoRo nel viaggio tra i mondi che ha dato vita al "Patto", questa diffidenza non ti dovrebbe appartenere"
 
"Hai visto come le angherie di quei bastardi hanno ridotto questo villaggio?!" sbottò l'anziano picchiando il pugno destro contro lo stipite "io sono amichevole o diffidente a seconda di come chi mi sta di fronte si comporta nei miei confronti, questi uomini che oggi spadroneggiano nel nostro mondo non valgono nemmeno un capello del primo umano"
 
"Ma lui è diverso!" esclamò con lieve stizza Magisa continuando ad indicare Julian "è un maestro della luce!"
 
A quella rivelazione l'espressione sul volto del vecchio cambiò, la rabbia si trasformò in stupore e i suoi occhi, che prima apparivano carichi di disprezzo, si strinsero fino a divenire solo due fessure, come se stesse esaminando l'uomo che aveva di fronte; lo scrutò dalla testa ai piedi, quasi gli fosse possibile intuire del suo aspetto fisico se le parole della maga fossero vere o meno; dopo alcuni secondi finalmente si rilassò e tese la mano destra all'inglese che, in risposta, la strinse con convinzione.
 
"Devo ammettere che sono sempre stato ritenuto uno scettico riguardo a quella leggenda" ammise con un accenno di sorriso "beh, sembra che io debba ricredermi"
 
"Io posso assicurarle che sono assolutamente autentico" replicò il biondo con un ghigno spavaldo "e che, nei duelli, non riesco a perdere"
 
"Allora siamo in ottime mani" concluse l'anziano rivolgendosi poi alla donna con un sorriso "ma dove diavolo sei andata per trovarne uno così?"
 
"Bah, non è così difficile trovare un idiota presuntuoso" fece lei osservando l'occhiata fulminante rivoltagli dal compagno di viaggio "il difficile è trovarne uno che sia tanto forte in duello quanto sinceramente interessato alle sorti del nostro mondo, sul secondo punto, per ora, ci siamo, il primo invece è ancora da verificare"
 
"Beh, lui dice di non riuscire a perdere"
 
"Perché, invece, quanti duelli ho perso io nella mia carriera di maga guardiana?"
 
"Scommetto che potrei batterti" si inserì Julian
 
"Nei tuoi sogni forse" disse lei con tono di superiorità "guarda che io sono la duellante più abile di tutto il mondo Altrove"
 
"Ma che sorpresa! Grazie di avermelo specificato, e io che pensavo che dessero il titolo di guardiano al primo idiota che passa"
 
"In quel caso, saresti stato un perfetto candidato"
 
Continuarono il loro litigio senza più curarsi di ciò che accadeva al di fuori di loro; ad ogni battuta di uno l'altro rispondeva a tono come una grande commedia classica e, almeno a giudicare dalle espressioni degli "spettatori", il risultato era tutt'altro che malvagio.
Divertito l'anziano capo villaggio si andò a sedere accanto a Veirhal per osservare meglio lo spettacolo.
 
"Ma fanno sempre così?" domandò ad un certo punto al granroriano di Selveya
 
"Solamente quando fanno i picc…"
 
"SEI ANSIOSO DI MORIRE GIOVANE, VEIRHAL?" urlarono i due all'unisono per dimostragli che, se i due litiganti sono loro, è meglio per il terzo se non godeva
 
Il povero capitano si ammutolì, era già alla seconda minaccia di morte in quel giorno e Magisa non sembrava una da proclami a vuoto, lasciando spazio ad un sempre più divertito Halgurii che si rialzò dalla sedia e andò a posizionarsi tra i due contendenti come fosse l'arbitro di un match di boxe.
 
"Va bene, va bene, abbiamo capito che vi detestate ma siete obbligati a lavorare insieme ora, per favore, cerchiamo di essere costruttivi" si intromise "ora, Magisa, smettila di fare la bambina e ponimi la domanda per la quale eri venuta"
 
"Cosa?! Io starei facendo la bambina?!! E lui allor…"
 
Prima che la discussione potesse esplodere di nuovo un eloquente gesto del vecchio riuscì a zittire la maga; fecero tutti un profondo respiro e aprirono una nuova conversazione cercando di mantenersi su toni più civili.
 
"Ero venuta per sapere se eri a conoscenza della posizione della Stele Ancestrale del regno di rubino" spiegò la giovane finalmente pacificata "ci è necessaria per sapere il testo originario della legenda dei maestri della luce"
 
Senza rispondere, Halgurii lasciò la sala per andare in una delle due camere; sulla soglia fece cenno al gruppo di seguirlo, essi fecero come detto e lo raggiunsero di fronte ad un piccolo mobile colmo di libri dal quale l'anziano prese un polveroso volume di notevoli dimensioni, con una copertina di un rosso sporcato dai molti anni di esistenza.
 
"Ricordo bene il capitolo" fece lui voltando velocemente le pagine "la leggenda dei maestri della luce… mmm… si, eccola qua!"
 
Porse il libro nelle mani di Magisa la quale si sedette sul letto e iniziò a leggere con attenzione ciò che vi era scritto. Il tomo raccontava di come le steli non riportassero in realtà la sola leggenda dei guerrieri del nucleo, vi era piuttosto narrata una sorta di genesi del mondo Altrove, nella quale la storia dei maestri della luce era descritta come un punto necessario, come se un periodo di schiavitù fosse inevitabile durante la sua lunga vita.
La rosa si soffermò a lungo su questo punto: come era possibile che, nonostante i maghi guardiani che proteggevano il mondo sin dall'alba dei tempi, la sottomissione al re fosse un passaggio obbligatorio? Che i loro antenati non avessero fiducia nel futuro? Suonava davvero molto triste.
Si sforzò di cacciare i brutti pensieri per tornare a concentrarsi sulla lettura, in quel momento il contenuto della leggenda non era cosi importante, dovevano solo capire dove fossero localizzate queste steli alla comprensione del loro messaggio avrebbero pensato in seguito; il suo sguardo si fece di nuovo acuto e impegnato e le parole iniziarono a scorrere sotto i suoi occhi come le acque di un fiume, ancora non si faceva cenno alla posizione delle pareti ma a lei non importava, avrebbe trovato ad ogni costo le informazioni che cercava del resto non poteva certo fare brutta figura di fronte a quel presuntuoso del suo compagno di viaggio umano.
Per più di quattro pagine lesse di interpretazioni date alle parole incise sul muro le quali, per interessanti che fossero, non erano ciò che le serviva. Finalmente, a metà della quinta pagina, scorse i primi accenni delle informazioni che voleva; entusiasta, accelerò la lettura per giungere al punto focale del discorso ma, quando vi arrivò, qualcosa cambiò nella sua espressione.
 
Né a Veirhal né a Julian sfuggì quel brusco cambio d'umore; con rabbia, l'umano si domandò mentalmente perché: perché la giovane sembrava comportarsi come se non si fidasse di lui? Qualunque che fosse il problema le sarebbe stato molto più facile superarlo con il suo aiuto che da sola. Lasciò trascorrere alcuni secondi attendendo che la maga facesse meno la misteriosa ma senza risultato.
 
-Poco male- pensò -se non vuole dirmi cosa la turba di sua spontanea volontà vorrà dire che gli caverò le parole dalla bocca-
 
"Ehi Magisa!" esclamò "siamo una squadra o sbaglio?"
 
"Cosa?!" ribatté lei stizzita dall'arroganza con cui aveva pronunciato quelle parole
 
"Hai capito benissimo!" prosegui Fines ancor più aggressivo "non so che concetto distorto di gioco di  squadra abbiate qui a Gran RoRo ma sappi che, se è questo, a me non piace per niente; da dove vengo io il primo passo verso un grande gioco di squadra è la condivisione delle informazioni senza censure o omissioni"
 
"Cosa diavolo vuoi di…"
 
"Secondo te?!" chiese retoricamente "finiscila di fare la sostenuta e dicci qual è il problema, lo risolveremo insieme"
 
"Mmpf, dubito che tu possa fare alcunché per risolverlo" replicò ironica lei "vedi, il problema è che, secondo questo libro, il luogo in cui si trovano i resti della stele ancestrale è nell'estremo nord del regno di rubino, non lontano da alcune antichissime rovine"
 
"E dove sarebbe il problema?" domandò Vey "a parte il fastidio di dover rifare la stessa strada non mi pare sia nulla di che"
 
"Oh si, hai proprio ragione" fece in tono caustico la donna "che problema c'è? Solo un misero battaglione di almeno sessanta soldati armati fino ai denti"
 
"Vedi lo dici anche… ehi, aspetta, coosa?!"
 
"Ops, non ve l'avevo detto?" scherzò lei "beh, allora… piccolo dettaglio di importanza assolutamente secondaria: il luogo in cui si trova la stele coincide con il neonato cantiere della scala dell'orizzonte del regno di rubino"
 
"Esiste un cantiere anche qui?" domandò Veirhal
 
"E' stato inaugurato da pochissimo" rispose Halgurii
 
"Al diavolo!! Pessima notizia!" imprecò Julian "sessanta… soldati hai detto? Mi sembra un'esagerazione, al cantiere del regno di smeraldo ce ne saranno stati si e no una ventina"
 
"Peccato che il tasso di criminalità del regno di smeraldo sia irrisorio mentre quello del regno di rubino sia il più elevato dopo quello del regno di ametista dove, per inciso, per la legge del re tutti sono dei criminali"
 
"Potremmo provarci comunque" propose il biondo inglese "se riuscissimo ad infiltrarci…"
 
"Scusa, quale parte di "sessanta soldati armati fino ai denti" non ti è chiara?"
 
"Perdonami, almeno io provo a proporre qualche idea" sibilò aggressivamente l'uomo "se preferisci, possiamo anche tentare un attacco frontale"
 
"Ottimo piano, ora ci servono solo una quarantina di mercenari mazoku"
 
"Fidati, io e Vey siamo più che sufficienti" replicò ingenuamente spavaldo "ci basterà sfidare i soldati a duello; la legge gli impedisce di rifiutare una battaglia di BS e, beh, dato che non riesco a perdere…"
 
"Potete non riuscire a perdere tutte le volte che vi pare ma quando, alla settima sfida a testa consecutiva, sentirete per l'ennesima volta l'urto del nucleo che esplode vi accorgerete che ci saranno un paio di altre cose che non riuscirete a fare… stare in piedi ad esempio!"
 
"Oh, al diavolo! Perché non provi a proporre qualcosa tu allora?"
 
"Mmm, vediamo… si, potrebbe funzionare… sempre che non cambino abitudini ovviamente…"
 
"E ci risiamo" si lamentò Julian "Terra… anzi Gran RoRo chiama Magisa! Che cosa ti abbiamo detto riguardo al gioco di squadra e al parlare con chiarezza?"
 
"Oh, scusa" rispose stavolta sinceramente dispiaciuta "è che conosco un luogo non molto distante in cui alcuni soldati alloggiano con regolarità, pensavo che potremmo neutralizzarli e rubare le loro divise per poi poter agire indisturbati nel cantiere"
 
"Ottima idea" osservò Veirhal "potremmo anche approfittarne per liberare qualche prigioniero, il marito di Alysa per esempio"
 
"Già, davvero una grande pensata…" convenne l'inglese rivolgendosi poi di nuovo alla maga "si può sapere perché non ci hai mai detto che conosci un luogo in cui si po’ tendere una facile imboscata ai soldati?"
 
"Mi pare ovvio no?" disse lei in tono irriverente "perché voi non l'avete mai chiesto"
 
"Sento l'irrefrenabile bisogno di ucciderti" borbottò Fines colpendosi la fronte con una sonora sberla
 
"Perfetto, quindi abbiamo un vero piano" si inserì di nuovo Veirhal "più avanti mi darai le informazioni fondamentali per realizzarlo, per ora mi serve solo sapere se nei pressi di questo locale ci sono zone dove posso nascondere la nave"
 
Ammutoliti, Magisa e Julian si voltarono a guardare il loro compagno di viaggio, poi si rivolsero una rapida occhiata furtiva e convennero: dovevano quantomeno provare a smettere di litigare, se doveva essere Veirhal ad agire e parlare in modo costruttivo allora voleva dire che la situazione era davvero grave.
 
"Non ricordo bene l'area circostante" disse la maga cercando di recuperare un po' di autorità "temo che dovremo aspettare di essere là per constatare la fattibilità del piano"
 
"Beh peccato, però nulla è perduto, giusto?" replicò il pilota
 
"Direi di si!" esclamò la donna "andiamo subito alla nave, vi farò strada fino al punto di ritrovo con il mio mezzo speciale"
 
Un veloce "Ok" d'assenso fu l'unica risposta che si sentì nella casa. Soddisfatta, Magisa abbracciò per un'ultima volta l'anziano capo villaggio e, poi, si diresse verso l'uscita raggiante; i suoi due compagni di viaggio fecero per imitarla dopo aver anch'essi salutato il padrone di casa ma, giunto all'uscio, il maestro della luce fece un repentino dietrofront e ritornò dall'anziano con una carta in mano.
 
"Appena vede quel ragazzino, il figlio del migliore amico di suo figlio…" gli disse il biondo porgendogli la carta "… gli dia questa carta; è stata con me per molto tempo ma ora penso che possa essere più utile a lui"
 
"Grazie" rispose il vecchio afferrandola "lo farò appena possibile"
 
"Allora arrivederci!" esclamò Julian congedandosi definitivamente con un cenno di dita simile ad un saluto militare
 
"Alla prossima" replicò l'altro dando al gruppo un ultimo sguardo dal soglio della casa
 
Appena usciti dall'area del villaggio i tre iniziarono a correre in direzione della nave; desideravano arrivarci il più in fretta possibile così da poter partire immediatamente e, con un po' di fortuna, giungere alla destinazione in tempo per mettere in pratica il loro piano quello stesso giorno, ad un certo punto Magisa estrasse il suo scettro ed evocò il suo mezzo montandovi immediatamente e facendo cenno agli altri due di aggrapparsi quanto possibile ai due tubi curvi che collegavano la parte anteriore a quella posteriore, Julian e Veirhal fecero come detto e, insieme, si lanciarono a gran velocità verso la nave.
Come previsto dalla donna, servirono solo pochi secondi per raggiungere la Stella Blu che, prontamente, Veirhal aprì "al pubblico"; Julian e il compagno di viaggio raggiunsero la cabina del pilota e accesero la nave, il granroriano porse a Magisa la trasmittente con cui aveva avuto l'ultima conversazione con Dragan mentre attendeva che trascorressero i secondi necessari a che il sistema dei nuclei accumulasse potenza sufficiente dopodiché diedero il segnale alla maga, aspettarono che riprendesse posto sul suo veicolo e infine, all'unisono, liberarono tutta la potenza dei rispettivi mezzi in direzione del punto di ritrovo.
 
Percorsero molte miglia ad una velocità sostenuta; dalle enormi vetrate della cabina di comando Julian vedeva il mondo circostante scorrere ad una rapidità impensabile per qualunque mezzo umano, i contorni degli elementi del paesaggio si sfumavano fino a divenire solo grandi macchie distinguibili unicamente dal loro colore e perfino colei che gli faceva da guida pareva ormai solo una, strana, parte del mondo.
Improvvisamente Veirhal alzò una mano dal volante causando un brusco sbandamento a destra che lanciò il povero umano contro la suddetta parete; repentinamente, il granroriano riprese il completo controllo della nave e si rimise sulla strada, si voltò poi per scusarsi con il passeggero che per risposta lo mandò "cortesemente" al diavolo biascicando qualcosa su come addirittura lui sarebbe capace di guidare meglio di così.
 
"Non è colpa mia!!" ribatté il comandante difendendosi dalle accuse " ho sentito come una lieve fitta improvvisa alla mano destra"
 
"Questa è buona" ironizzò l'altro "suona quasi credibile"
 
"Perché è credibile!!!" proseguì Olamaris "è la verità!!"
 
"Voi due smettetela di litigare e concentratevi sulla strada!!" sbraitò Magisa nella ricetrasmittente "state perdendo terreno"
 
Allarmato, Veirhal verifico la correttezza di quell'informazione: aveva ragione lei, il divario di sicurezza tra la bicicletta magica della ragazza e la nave che avevano stabilito prima della partenza stava diventando sempre più "divario"… e la sicurezza non centrava nulla in questo caso; il comandante diede un occhiata al pannello dei comandi il quale gli confermò che non stava accadendo assolutamente nulla di strano, tutti i dispositivi erano in funzione e la velocità era stabile.
 
-Che Magisa abbia accelerato senza rendersene conto?- pensò osservando il limitatore di velocità -se così fosse basterebbe alzare di un po' il lim… ahi!!!-
 
Come ebbe appoggiato l'indice sul display touchscreen della nave, una violenta fitta lo costrinse ad un brusco riflesso condito da un imprecazione mentale, ritentò una seconda volta e poi una terza volta di modificare il limitatore ma il risultato fu esattamente lo stesso; ormai era chiaro, c'era qualcosa che non andava.
 
"Ma come diavolo guidi?!!" lo rimproverò Julian stanco di tutte quelle sbandate improvvise
 
Sentendosi chiamato in causa, Olamaris si risvegliò dai suoi pensieri e si voltò verso il collega duellante offrendogli il volante.
 
"Ci sono dei problemi con il computer di bordo" spiegò "devo andare a dare una controllata qua sotto; guida tu nel frattempo"
 
Nonostante qualche dubbio perdurante, il biondo inglese fece come l'amico gli aveva detto e, concedendo al pilota lo spazio che gli serviva, prese il comando della nave; la prima cosa che notò fu che la loro guida sembrava decisamente più lontana da loro di quanto non lo fosse precedentemente, istintivamente pigiò il piede sull'acceleratore ma si rese immediatamente conto che la nave non avrebbe potuto fare più di cosi, viaggiava già alla massima velocità concessagli dal limitatore.
 
"Maledizione Magisa, cosa stai facendo?" la rimproverò lui "avevamo stabilito che avremmo mantenuto una velocità costante fissa"
 
"Ma infatti è quello che sto facendo!" ribatté aggressiva "siete voi, due idioti, che avete rallentato di colpo"
 
"Rallentato? ma che sciocchezze vai dic…"
 
La frase del maestro della luce fu interrotta da un sordo rumore elettrico proveniente da sotto la cloche, il display si oscurò improvvisamente e il distacco dalla bicicletta di Magisa aumentò ancora. Furono necessari alcuni secondi ed un altro suono elettrico prima che il pannello di controllo si riattivasse del tutto; Julian lo osservò colmo di incredulità e timore: quelle informazioni non potevano essere vere.
 
"Vey!!" gridò "abbiamo un problema enorme!! Il display dice che… AHH, MERDA!!!"
 
La violenza dell'imprecazione era più che giustificata: un inspiegabile dolore improvviso aveva costretto Julian ad allontanare entrambe le mani dal volante della nave che iniziò a sbandare bruscamente. Il duellante gettò un rapido sguardo ai propri palmi, altro che la "lieve fitta" di cui aveva parlato il suo collega poco prima, le sue mani stavano letteralmente fumando, dopodiché si lanciò verso il volante per riprenderne il controllo ma l'appena riemerso Veirhal lo anticipò; come l'umano, anche Vey controllò immediatamente la situazione del veicolo tramite il pannello di controllo e ad una simile vista non poté far altro che rabbrividire.
 
"Cosa diavolo sta succedendo?!!" domandò molto allarmato "la velocità è scesa del dieci percento e, se escludiamo rivestimento esterno e freni che sono stabili, tutte le altre specifiche sono in crisi, sono scalate all'arancione; si può sapere che diamine…"
 
"Veirhal, il dispositivo del campo di forza!!" urlò Julian che, nel frattempo, aveva raggiunto l'uscita "gli sta accadendo qualcosa di strano, si vedono scariche elettriche dappertutto"
 
"Aspetta, cosa hai de… MA CERTO!! COME HO FATTO A NON CAPIRLO PRIMA!!!" sbottò il pilota ferocemente arrabbiato
 
"Che cosa?"
 
"Quel dispositivo di merda sta distruggendo la nave" spiegò "esso non solo non è parte della dotazione originaria ma, a differenza del mio turbo ausiliario ad esempio, non è nemmeno stato installato con i dovuti accorgimenti; il risultato è che interferisce con le componenti interne della nave, la uccide un poco ogni volta che la utilizziamo"
 
"Ma è assurdo! Perché il computer non ha segnalato il problema"
 
"Purtroppo il dispositivo danneggia anche con il computer e ne rallenta l'elaborazione delle informazioni; sono giorni che stiamo facendo del male alla Stella inconsapevolmente, ma ora basta… TIENITI FORTE AL DIVANO, JULIAN!!!"
 
Dopo il rapido avviso, Veirhal estrasse il volante dalla posizione e, con una violenta spinta, gli fece eseguire un quarto di rotazione in senso antiorario; la nave ruotò su se stessa arrivando a posizionarsi con il lato sinistro, quello della porta, rivolto verso la terra.
 
"E ORA SI BALLA!!!" urlò il comandante strattonando verso il basso il volante per tre volte
 
Per altrettante volte la nave sbatté con violenza contro la dura terra del regno di rubino rilasciando nuvole di polvere e causando fenditure tanto sulla superficie del mondo quanto su quella della nave; dopo il terzo urto, il veicolo rimase a lungo a contatto con la crosta rocciosa, sfregando ad una velocità che, al granroriano al volante, sembrò finalmente di nuovo in aumento. Ovviamente il dispositivo non poteva sopportare quella pressione e così, dopo alcuni secondi, esso andò in mille pezzi, disperdendosi nella sconfinata pianura.
Olamaris raddrizzò la nave e reinserì il volante con stampato sul volto il sorriso tipico di chi pensava di aver vinto la battaglia decisiva ma, purtroppo, gli bastò un'occhiata al display, nuovamente aggiornato, per cancellare in lui ogni sorta di sentimento positivo.
 
"N-n-no… n-n-non… n-non p-può e-e-essere ve-vero" balbettò disperato
 
"Cosa?" domandò l'appena sopraggiunto Julian prima constatare di persona "SANTO CIELO!!"
 
"Cosa c'è? Cosa sta succedendo?" domandò a bruciapelo Magisa
 
"La-la Stella Blu è totalmente devastata" raccontò l'inglese "il motore, il sistema dei nuclei e il rivestimento esterno sono al livello rosso, il sistema per il rilascio del vapore invece ha raggiunto addirittura quello nero; la nave è spacciata e Vey è sotto shock, non reagisce più a nulla"
 
"Ma come è possibile? fino a poco fa andava benissimo nonostante fosse un rottame"
 
"E' tutta colpa del dispositivo per creare un campo di forza difensivo installato dai ladri, secondo Veirhal ha inferito con i sistemi della nave danneggiandola"
 
"Capisco" fece con un tono rassegnato e colmo di dolore "mi dispiace moltissimo per Vey, so bene quanto fosse legato al suo veicolo"
 
"Già, è in stato di totale catalessi da quando se ne è reso conto; dopo aver spento la nave si è lasciato cadere sul sedia del pilota e non ha più mosso un muscolo"
 
"Deve reagire" disse la ragazza con voce dolce ma decisa "non può continuare così, ormai non c'è più speranza… deve abbandonare la Stella"
 
"No" sussurrò una bocca che sembrava non avere più intenzione di parlare
 
"Cosa?" domandarono all'unisono gli altri due
 
"Ho detto no" ripeté perentorio il comandante "non ho alcuna intenzione di abbandonare la mia nave"
 
"Ma non puoi, non ha più nessuna possib…" proseguì Magisa sempre con quel tono delicato
 
"Magisa, ti chiedo, per favore, di risalire a bordo della nave" la interruppe lui
 
"Ok" replicò lei sorprendentemente intimorita e in pochi secondi raggiunse e salì bordo di ciò che rimaneva della gloriosa Stella Blu
 
"Ti prego" lo blandì appena entrata nella sala di comando "di questo passo non arriveremo mai in tempo all'appuntamento con quei soldati"
 
"Sbagliato" ribatté il pilota riaccendendo il dispositivi della nave e facendo compiere al volante una rotazione completa e indirizzando la punta della nave verso sud "la frase giusta è "non arriveremo mai" e basta!"
 
"Cosa intendi dire?" chiese Julian
 
"Mi dispiace moltissimo Magisa" sussurrò il granroriano quasi in lacrime "ma fare una piccola variazione sulla nostra rotta"
 
Detto ciò allungò il dito indice su un display finalmente privo di elettricità in eccesso e spense il limitatore di velocità; con forza, premette poi sull'acceleratore tenendo tuttavia al contempo pigiato anche il freno in modo che la potenza del sistema dei nuclei si accumulasse; infine mise la mano destra sulla leva del turbo ausiliario e consigliò ai due passeggeri di aggrapparsi da qualche parte.
 
"La nostra nuova destinazione… è il regno di perla!" esclamò sollevando il piede dal freno
 
Una fragorosa esplosione di energia risuonò in tutta l'area circostante, la nave parti ad una velocità disumana nella direzione verso cui essa puntava aumentando ad ogni secondo i suoi chilometri orari; il motore e il sistema dei nuclei segnati sulla mappa della nave del display cominciarono a lampeggiare ma Veirhal non li degnò di uno sguardo: lui si fidava ciecamente della sua nave, era sicuro che ce l'avrebbe fatta e, se così non fosse stato, perlomeno sarebbe affondato con essa, come si conviene ad un vero capitano.
Giunto al limite tecnologico del veicolo, il pilota tirò la leva del turbo. I motori aumentarono lo sforzo e la velocità tornò ad impennarsi fino a raggiungere un valore tale che la pressione sprigionata avrebbe potuto anche distruggere la nave o, nel caso fossero stati in grado di resistere fino al salto tra i mondi, bloccarla nello spazio tra i regni.
Nulla di ciò sembrava tuttavia preoccupare Olamaris; credeva fermamente nella voglia di vivere della sua nave.
 
Improvvisamente una luce bianca iniziò a diffondersi nell'aria e davanti alla nave si materializzò una enorme porta. Senza alcuna esitazione, Vey vi si gettò dentro dopodiché chiuse le mani sul volante e gli occhi e irrigidì i muscoli delle braccia fino a ben oltre il suo limite di sopportazione nel tentativo di tenerlo fermo; ogni singola fibra presente nelle sue braccia bruciava come avesse subito una scarica di mitragliatrice ma lui non accennò minimamente a cedere: la sua nave stava soffrendo, era giusto che lui condividesse parte di quel dolore.
 
Sopportò quella pressione per alcuni secondi, quando non riuscì più a tenere chiuse le mani riaprì gli occhi e gli venne da piangere: davanti a lui si stagliava uno spettacolare paesaggio fatto di sterminati prati verdi e, all'orizzonte, maestose catene montuose imbiancate dalla neve, di bellissime strade in pietra perfettamente costruite e curate e, al termine della più grande di esse, una enorme città fortificata i cui edifici parevano essere di diamante da come risplendevano sotto la luce del sole.
Ad una simile visione, sul volto di Veirhal non poté non apparire un sorriso; ce l'aveva fatta, era riuscito a raggiungere il regno di perla.
 
I due passeggeri smontarono dalla nave dopo che il capitano ebbe attivato lo stazionamento e controllarono di persona la situazione constatando come, nonostante non si fosse spezzata, la nave era, anche all'esterno, tutt'altro che messa bene: le fiancate erano ricoperte di enormi ammaccature da urto e profondi sfregi e la vetrata di sinistra si era letteralmente sbriciolata, il motore emetteva rumori poco rassicuranti e il metallo che ricopriva le valvole per il rilascio del vapore quando esse erano chiuse si era completamente fuso a causa del volume di vapore, e quindi di calore, che vi si era accumulato; come se ciò non bastasse, il salto tra i regni aveva fatto si che anche il sistema dei nuclei e il motore raggiungessero lo stadio di massima criticità segnalato sul display dal colore nero.
 
"Perché sei voluto venire qui?" domandò Julian con una punta di aggressività nella voce
 
"Perché è qui, nel regno di perla, che tutte le navi vengono fabbricate e io non ho alcuna intenzione di abbandonare la Stella Blu senza prima aver tentato tutto il possibile"
 
"Ma è completamente distrutta!" esclamò l'inglese "cosa vuoi fare? Spingerla a mano fino a che non trovi un meccanico?"
 
"Julian, Julian, tu sottovaluti le capacità della mia bambina… sta a vedere"
 
Dopo aver fatto allontanare Magisa e Fines, Veirhal reinserì le chiavi e attivò di nuovo la nave, spense lo stazionamento e impostò il limitatore su un bassissimo livello di velocità; sorprendentemente, la nave ripartì di nuovo e, nonostante qualche difficoltà iniziale, appariva pronta per un altro viaggio.
 
"Passatemi i portafogli" fece il pilota ai suoi passeggeri che per risposta glieli gettarono attraverso la vetrata di sinistra
 
"Si può sapere come diavolo fai ad essere tanto ottimista!" gli gridò Magisa che non sapeva più se essere felice o arrabbiata "Come puoi pensare che tu, un granroriano che, prima di tre giorni fa, non era mai uscito dal suo regno, riuscirai a trovare un meccanico in un luogo che ti è completamente sconosciuto!!"
 
"Guarda che, anche se la produzione delle navi è a totale appannaggio di questo regno, i meccanici li trovi in tutti i regni e la loro posizione è sempre la stessa: poco fuori le grandi città"
 
Le guance di Magisa arrossirono leggermente per la brutta figura fatta; aveva totalmente dimenticato che il re aveva fatto promulgare una vera e propria legge riguardo i le postazioni di manutenzione delle navi (anche se, ovviamente, lui intendeva le sue navi, quelle a scopo militare).
 
"Come non detto" sibilò lei inginocchiandosi platealmente "chiedo umilmente scusa"
 
"Smettila di fare la buffona" gli replicò il granroriano "allora ci ritroviamo appena fuori da quella città tra qualche giorno, ok? Scommetto che quando rivedrete la mia piccola non riuscirete neanche a riconoscerla"
 
"Scommessa accettata!" disse un Julian finora silenzioso "ah, però non vale comprarne una nuova"
 
"Ma per chi mi hai preso!" concluse Olamaris prima di pigiare l'acceleratore e partire in direzione ignota attraverso i campi.
 
"Sarà bene che ci muoviamo anche noi" disse dolcemente Magisa indicando la città adamantina davanti a loro
 
"Ok, fai strada" le rispose il maestro della luce e insieme iniziarono a percorrere quella lunghissima strada immersa nel verde.
Su consiglio della donna, avanzarono ad ampie falcate ma senza alcuna fretta, concedendosi l'opportunità di godersi il paesaggio circostante. Nonostante un atteggiamento abbastanza elusivo (almeno nelle intenzioni), per Julian non era stato difficile intuire che la donna avesse già capito quale fosse la loro destinazione, si era anzi lasciata sfuggire qualcosa proprio quando aveva proposto di adottare un'andatura rilassata.
 
-"Meglio non arrivare stanchi in città"- si ripeté mentalmente -le parole erano proprio queste-
 
Si riprese dai suoi pensieri appena in tempo per evitare di scontrarsi con uno strano essere,  simile ad un umano per quanto riguardava il corpo ma completamente diverso dalle spalle in su, che procedeva in direzione opposta. Osservando il viavai di persone e navi non poté non riflettere su quanto questo nuovo mondo fosse diverso dal regno di rubino, dove le strade erano poche, in terra battuta e scarsamente frequentate, e su quale fosse la loro reale destinazione, qualcosa gli diceva infatti che essa era molto più che una semplice città, gli sembrava addirittura di scorgere un palazzo nella zona più a nord.
Scavalcarono con lieve affanno una collinetta, che avevano incontrato sulla strada, fermandosi in cima per riprendere fiato; il guerriero rosso alzò la testa dopo un paio di profondi respiri e con uno sguardo capi di aver visto giusto, c'era davvero un enorme palazzo situato nell'estremo nord della città.
 
"Spettacolare vero?" esordì Magisa posizionandosi accanto a lui "quello è il palazzo bianco, il luogo in cui vive e amministra il potere il re di perla"
 
"Cosa?!"
 
"Julian, ti presento Krystalliza, la città della purezza… la capitale del regno di perla"
 
 
Furono sufficienti dieci minuti perché Julian capisse perché Magisa si fosse raccomandata di risparmiare le forze: intorno a loro si estendeva una gigantesca metropoli fatta di vie affollate, strade sopraelevate, tanto trasparenti da sembrare di vetro, su cui sfrecciavano dei rapidi veicoli, case costruite con un meraviglioso, e sconosciuto, materiale azzurro cielo, negozi, locande e tutto quello che poteva rimandare ad una vera e propria capitale di una nazione economicamente florida. Il duellante si sentiva come in una sorta di futuristica Londra, gli abitanti stessi erano, come la stessa Magisa, in gran parte identici agli esseri umani.
 
"E' una caratteristica dei granroriani del regno di perla, in particolare di quelli che vivono nelle città" spiegò la donna "mentre invece gli abitanti del contado hanno un fisionomia molto diversa e meno standardizzata, tuttavia non ho idea del perché sia così"
 
Di comune accordo, i due viandanti decisero di dedicare questa prima giornata ad una visita della città sia per permettere a Julian di conoscerla meglio e capire come muoversi all'interno di essa sia per eliminare gli ultimi residui di tensione derivanti dall'avventura che avevano vissuto poco prima.
Forte della sua esperienza, la donna guidò il compagno di viaggio attraverso le numerose vie della città: gli mostrò il luogo che più di tutti avrebbe interessato la loro missione, ovvero l'immensa biblioteca della città, e alcuni degli alberghi in cui ha alloggiato durante i suoi soggiorni, gli spiegò la suddivisione delle aree e la loro disposizione mentre lo accompagnava nella zona del mercato sottolineando quelle da cui avrebbe fatto meglio a tenersi alla larga e quelle in cui invece poteva tranquillamente passeggiare; fu poi molto completa ed esaustiva quando il maestro della luce le chiese, forte delle proprie esperienze di vita, come fosse possibile che in tutta la città non vi fossero i consueti "quartieri" poveri, con pazienza descrisse la situazione vigente che consisteva nella ghettizzazione delle fasce svantaggiate di popolazione nel contado e specificò che non si trattava di un provvedimento tradizionale ma di una legge cronologicamente successiva all'insediamento del re.
Vagarono ancora a lungo senza una meta ben precisa limitandosi ad ammirare le spettacolari strutture di quella parte della città che poggiava sull'altopiano. Passando di fronte ad un albergo vennero riportati alla realtà e convennero di dover trovare un stanza ove passare la notte, impresa complessa considerando che la maggior parte del loro denaro era in mano a Veirhal (la cosa li faceva rabbrividire anche solo all'idea) e che le finanze rimastegli erano davvero irrisorie; entrarono nell'edificio e chiesero al responsabile prima una camera e poi, appurata l'impossibilità di pagarne il costo, un luogo in cui trovare un tetto ad un prezzo più abbordabile; gentilmente, il granroriano gli parlò di un locale più economico nella parte bassa della città dopodiché i due si congedarono e uscirono dal locale, fuori la luce del nucleo progenitore, il quale era per i granroriani anche l'equivalente del sole degli umani, era ancora intensa, segno che la giornata aveva ancora molto da dire.
 
"Seguimi!" fece ad un certo punto Magisa "c'è ancora un posto che devi vedere"
 
Senza rispondere, il duellante inglese si incamminò dietro la maga lungo una via che sembrava tagliare in due l'area dell'altopiano, dalla fatica sempre maggiore evinse che il percorso era in salita e, collegando tale indizio con quelle che già aveva, dedusse che la "sorpresa" dell'amica doveva aver qualcosa a che fare con lo splendido castello che aveva, ma nemmeno l'essere a conoscenza di tutte queste informazioni gli impedì di spalancare gli occhi e esclamare dallo stupore quando raggiunse finalmente il traguardo: non era ovviamente visibile dalla collina fuori città, ma in realtà tra la cima dell'altopiano e la candida catena montuosa i cui picchi svettavano da dietro il castello c'era una gigantesca voragine di terra che le acque provenienti dai ghiacciai montani avevano irrigato fino a farla germogliare creando un piccolo paradiso verde; al centro della voragine stava il palazzo bianco il quale fluttuava in aria alcuni metri più in alto della cima dell'altopiano, da esso discendevano periodici turbini di petali profumati che il forte vento strappava ai giardini del castello e diffondeva in tutto l'ambiente circostante.
Il biondo inglese non riusciva più a staccare gli occhi da quello spettacolo, non aveva la minima idea di come ciò potesse accadere ma era certo che un tale capolavoro meritasse di essere inserito tra le sette meraviglie del mondo.
 
"Avrò vissuto questo momento decine, forse centinaia di volte, ma è come se fosse sempre la prima, non ci farò mai l'abitudine" sussurrò la donna appoggiandosi al suo braccio destro "è una di quelle cose che ti fanno tornare bambino"
 
"Già… è magnifico" rispose lui spostando gli occhi sulla maga
 
L'incantesimo del castello fluttuante catturò i due viandanti e lì tenne in suo potere per alcuni interminabili secondi, fino a che una serie di grida di gioia via via sempre più intense li riportarono alla realtà.
 
"Parlando di bambini" fece il biondo sorridente voltandosi poi con la compagna di viaggio in direzione di quei versi allegri
 
Da una delle strade che risalivano l'altopiano apparvero quattro bambini, tre maschi e una femmina, intenti a giocare con una palla, in particolare uno di questi risaltava particolarmente tanto per i capelli di un arancione splendente quanto per la tunica bianca, assai poco adatta al gioco, e i vistosi guanti che indossava.
 
"Avranno circa una trentina d'anni o più" spiegò la maga dai capelli rosa "più o meno l'equivalente dei vostri sette anni"
 
Dopo la breve lezione, i due rimasero in silenzio a guardare i bimbi passarsi allegramente la palla finché, ad un certo punto, proprio a causa della scomodità dell'abito che indossava lo strano bambino dai capelli arancioni non riuscì a voltarsi in tempo e venne sbalzato a terra dalla palla sfregando anche parte del braccio destro; immediatamente gli altri bambini accorsero per verificare che non si fosse fatto del male, lo stesso Julian avrebbe voluto recarsi là ma la compagna di viaggio gli fece cenno di non muoversi, in particolare la bambina notò la sofferenza sotto l'espressione stoica che il piccolo cercava di simulare e alzò entrambe le maniche della tunica scoprendo, lungo il braccio destro, alcuni piccoli lividi e un leggero taglio; con delicatezza, la bimba pulì la ferita con il suo dito indice ed estrasse poi dalla tasca un fazzoletto con l'intenzione di bendarlo.
 
Convinto che non ci fosse più nulla di cui preoccuparsi, Julian si voltò leggermente con l'intenzione di rivolgere di nuovo l'attenzione verso la sua amica maga, ma non fece nemmeno in tempo a concludere il gesto che già qualcosa di orribile era accaduto: un sonoro schiocco riecheggiò nell'aria, l'espressione sul volto di Magisa passò da perplessa e dubbiosa ad addolorata e disgustata e infine un pianto prima sommesso e poi fragoroso esplose, un pianto di bambina.
Istintivamente, l'inglese si voltò verso il punto in cui prima erano i quattro piccoli amici e lì trovò ancora là, ma stavolta non erano soli, con loro c'erano infatti tre adulti vestiti esattamente come il piccolo ferito e uno di questi reggeva in mano una verga rigida ancora in vibrazione.
 
"Come hai osato sporcare con le tue mani plebee la pelle pura di un nobile?" domandò aggressivo l'uomo con la verga
 
"E non di nobile qualunque" prosegui il più alto dei tre adulti "hai appena insozzato Lord Karma Von Berger, figlio del nostro amato re di perla e futuro capitano dei cavalieri d'argento"
 
"Perché state facendo questo?!!" chiese allarmato il bambino con i capelli arancioni
 
"Signorino Berger, lo facciamo per lei" gli disse l'ultimo dei tre "questa bambina è una popolana qualunque, una simile creatura impura che non può permettersi di infangare la perfezione di un nobile come lei"
 
Dall'espressione che gli si dipinse sul viso fu chiaro che il piccolo ci aveva capito poco o niente, anche perché pareva ben più preoccupato delle facce sempre più aggressive degli altri due uomini e da quelle sempre più spaventate di quelli che fino a pochi secondi fa erano i suoi compagni di gioco; andò a riprendere il pallone per continuare a giocare, ma, quando si fu voltato, non trovò nessuno ad aspettarlo.
 
"Giochiamo ancora domani?!!" gridò, ma nessuno rispose
 
Approfittando della momentanea distrazione degli adulti, anche la bambina tentò la fuga ma, rapidamente, venne bloccata.
 
"Non scapperai alle tue colpe!!" sibilò quello con il frustino "per aver toccato un nobile sei condannata all'esecuzione del rito di purificazione, sarebbero trenta scudisciate a ciascuna mano, da subire in silenzio, ma, dato che sei una bambina, ne riduco il numero a dieci"
 
Furono le braccia esili ma forti dell'amica a costringere un sempre più furioso Julian Fines a restare fermo ad osservare, fosse stato per lui sarebbe intervenuto già alla prima vergata ma, a quanto pareva, la sua compagna di viaggio era stata ancor più previdente dato che gli aveva afferrato il braccio sin da quando stavano osservando una semplice scena di vita di quattro bambini.
 
-Mi conosce già fin troppo bene- pensò il biondo cercando, inutilmente, di sdrammatizzare -però mi ha bloccato prima ancora che questo scempio iniziasse… quindi  sapeva che sarebbe successo-
 
Gli inquietanti pensieri distrassero per un momento il duellante dalla scena che, nel frattempo, andava avanti inesorabile: l'uomo con la verga aveva appena obbligato la bimba a tendere le braccia per la punizione mentre il piccolo dai capelli arancioni gesticolava freneticamente cercando di spiegare agli altri due adulti che non gli era successo niente; Julian si intristì molto nel sentirlo parlare, il piccolo nemmeno si rendeva conto di cosa stava accadendo, era solo un bambino ingenuo.
 
"Deve comprendere, Lord Berger, che i plebei come questa bambina sono esseri impuri e inferiori; se fosse stato per quelli come loro il nostro amato regno sarebbe stato conquistato molti anni fa dalla malvagia principessa del regno di smeraldo, fu solo l'intervento dei nobili ad impedire che lei e il corrotto re di perla dell'epoca, che era invece amato dal popolo, instaurassero una dittatura e facessero di noi gli schiavi del rozzo regno di smeraldo"
 
"Esatto" proseguì l'uomo col frustino in mano "spero tu abbia compreso le colpe dei tuoi antenati e capisca perché dobbiamo purifi… ehi ma che?… Ouch!!"
 
Un devastante pugno centrò in pieno la guancia destra dell'uomo interrompendo il suo discorso e scaraventandolo a terra ad alcuni metri di distanza rispetto a dove si trovava prima; scandalizzati, gli altri due adulti si voltarono per capire che avesse avuto tanta sfrontatezza ma finirono solo per ricevere due colpi di identica fattura.
 
"SPARITE. ORA!" gridò l'aggressore
 
Magisa osservò impotente il susseguirsi degli eventi; aveva resistito finché aveva potuto ma, sentendo il cumulo di menzogne che i tre avevano raccontato sui protagonisti della più romantica leggenda di Gran RoRo, nemmeno lei era riuscita a trattenersi e, incautamente, aveva allentato la presa… con ovvie conseguenze.
 
"Come hai osato? Ora la pagherai bastardo!" sibilò uomo che avrebbe dovuto eseguire la purificazione cercando di rialzarsi
 
"Ne vuoi ancora? Beh, sappi che la punizione sono trenta pugni in faccia e altri trenta allo stomaco ma, dato che sei un sacco di letame, te ne darò il doppio" lo prese in giro Julian mettendosi in posizione
 
L'uomo con la tunica bianca si lanciò contro il guerriero rosso menando un violento colpo di frusta che l'inglese evitò agilmente, tuttavia, preso dalla foga, non si avvide del recupero di un altro dei tre che, al contrario, riuscì a centrarlo con una vergata all'arcata sopraccigliare annebbiando per alcuni secondi la sua vista e causandogli un lieve intontimento; barcollando, il duellante cercò di recuperare rapidamente la lucidità schivando alla meglio, e non sempre efficacemente, le incessanti offensive dei suoi avversari, dopo aver rischiato un paio di volte di inciampare riuscì a sentire di sfuggita il fischio causato movimento di una delle fruste rigide e, intuendone la provenienza, la bloccò e levò di mano all'aggressore con uno strattone, che tra l'altro fece scivolare a terra l'uomo.
 Con la nuova arma colpì prima la mano dell'altro dei tre che aveva estratto la verga disarmandolo e poi il volto del terzo, gettata via la frusta, rifilò un doloroso pugno allo stomaco a quello che aveva colpito al volto, il quale si accasciò a terrà privo di sensi, e, dopo aver parato con difficoltà un suo veloce uno-due, una ginocchiata in pieno addome e un devastante montante al vigliacco che, poco prima aveva privato dell'arma.
 
"Vai via piccola, è il momento giusto per scappare!" fece il biondo rivolto alla bambina che fino a quel momento sembrava come pietrificata dalla paura
 
"Oh, no, non andrai da nessuna parte!" esclamò uno dei tre, quello a cui Julian aveva temporaneamente sottratto la frusta rigida, ritirandosi in piedi
 
Il duellante inglese si parò davanti a lui controllando con la coda dell'occhio che la bimba facesse ciò che lui le aveva detto; quando se ne fu andata, prese posizione e rivolse nuovamente tutta la sua attenzione all'avversario.
 
"Sei ansioso di finire come i tuoi amici? Posso stenderti in due secondi se des… ahhh!!"
 
La frase del guerriero rosso fu interrotta da una violenta onda d'urto che lo scaraventò a terra, quando riprese conoscenza il suo avversario gli era già addosso e lo aveva immobilizzato mentre, dietro di lui, Magisa si ergeva statuaria con il braccio alzato e lo scettro, la cui pietra ancora luccicava, puntato nella sua direzione.
 
"Perché l'hai fatto?!" sbraitò rabbioso in direzione della maga
 
"Per salvarti la vita, idiota!!" replicò lei aggressiva "non dirmi che non hai ancora capito chi sono!"
 
Mentre la maga concludeva il suo discorso qualcosa di freddo e pesante avvolse i polsi dell'umano; abbassò immediatamente lo sguardo notando su ciascun polso uno spesso bracciale metallico, fece forza per liberarsene ma non riuscì nemmeno a creare distacco tra i due oggetti che sembravano avere un'enorme attrazione magnetica… solo allora capì.
 
"Sono… manette?"
 
"Ci sei arrivato finalmente" disse esasperata Magisa "esatto, quelli che hai aggredito sono membri delle forze dell'ordine della città… sono i cavalieri d'argento!"
 
"Ma allora…"
 
"Proprio così!" intervenne il poliziotto che aveva immobilizzato Julian "sei in arresto!"
 
"Al diavolo!" imprecò l'umano "non potresti darmi una mano, Magisa?"
 
"Non "posso", devo!" rispose lei avvicinandosi agli uomini in tunica bianca "come maga guardiana di Gran RoRo vi chiedo di liberare il mio amico"
 
"Peccato che la tua parola di maga guardiana non valga assolutamente nulla!" gli ribatterono loro conducendo l'inglese sul bordo della voragine
 
"NO, FERMI!!" gridò "NON POTETE UCCIDERLO, E' UN MAESTRO DELLA LUCE!!"
 
I tre si fermarono istantaneamente e si voltarono verso la donna con espressioni colme di dubbio; dopo alcuni secondi di silenzio, finalmente, uno dei tre raccolse il suo coraggio e si rivolse direttamente a lei.
 
"C-cosa? Ha-hai de-detto che…"
 
"Avete sentito bene" lo interruppe lei "quell'umano è un maestro della luce"
 
Lentamente i restanti due cavalieri e Julian indietreggiarono dallo strapiombo e rivolsero il loro sguardo verso la maga
 
"Siamo profondamente costernati, lady Magisa" dissero intimoriti
 
"Non fa nulla, basta che liberiate l'umano, così saremo pari e poi ognuno per la propria strada" replicò allegra lei
 
"Veramente preferiremmo che voi ci seguiste" continuarono loro ignorando il tentativo della donna di chiudere li la faccenda
 
"Dove?" domandò Julian mentre uno dei tre cavalieri gli toglieva le manette dai polsi
 
"Al palazzo" sussurrò l'uomo rivolgendosi poi al bambino dai capelli arancioni "venga anche lei, signorino Berger!"
 
Il piccolo si alzò e raggiunse i suoi custodi dopodiché, insieme a Julian e Magisa, si avvicinarono nuovamente al bordo ponendosi a pochi centimetri dalla fine della strada.
 
"Sotto il tratto finale della strada ci sono dei sensori" spiegò uno dei tre cavalieri "posizionandosi sopra di essi questi si attivano inviando un segnale al palazzo che invia automaticamente una navetta"
 
Come detto dal granroriano, pochi secondi più tardi, un piccolo veicolo da trasporto percorse fluttuando la lunga discesa e si fermò al culmine della strada.
 
"Salite, cari ospiti" esortò il capo dei tre cavalieri "il re di perla sarà molto felice di incontrarvi"
 
 
Note: Julian aggiunge un Trono dei Sette Draghi al suo side deck e regala un Ankillersauro, un Lon-Gineus Drago Lancia, un Canyon Ardente e un La-Diablord a Nonbirii.
Veirhal aggiunge un Guy l'Ammazzadraghi al suo side deck.
Magisa aggiunge alcune carte alla sua raccolta
 
 
 
SPAZIO DELL'AUTORE
 
Cari lettori e lettrici grazie per aver atteso così tanto, avrei voluto aggiornare prima ma sono stato molto più lento di ciò che immaginavo nello scrivere e il capitolo è venuto parecchio più lungo di quello ciò che pensavo.
 
Non sono totalmente soddisfatto del capitolo, è venuto fuori un gran casino in cui forse succedono troppe cose in poco tempo, spero che voi possiate comunque apprezzarlo e che riusciate a capire bene come si susseguono gli eventi visto che stavolta non sono riuscito a rendere i vari salti temporali.
Riguardo alla trama, vi avevo promesso che avremmo rincontrato qualche vecchia conoscenza ed effettivamente così è stato anche se vi sarà sembrato ovviamente molto diverso (quasi irriconoscibile); naturalmente sto parlando di un giovanissimo Berger, si è vero, appare anche il fratello maggiore di Zungurii ma solo per dieci secondi (e ci ha guadagnato quattro carte, se rimaneva per il resto dell'episodio Julian gli regalava il mazzo con side deck annesso), il cui comportamento, che di per se sarebbe atrocemente OOC, è frutto di un idea mia e di mia sorella; secondo noi il futuro capitano dei cavalieri d'argento non è sempre stato lo stronzetto che si vede nell'anime, in questa storia è ancora solo un bambino al quale il padre e gli altri nobili insegnano il razzismo, l'arroganza e altri sani principi a cui tuttavia, a causa della giovanissima età, il bimbo non da peso, abbiamo ritenuto che fosse un comportamento più normale per un bambino.
Julian che odia i pentan invece è ovviamente una mia invenzione, non che sia un tratto mostruosamente importante della sua personalità ma è una fonte di litigate per i nostri due protagonisti (e di opportunità per Vey di prenderli in giro).
 
In conclusione volevo avvertirvi che prossimo capitolo, che sfortunatamente temo arriverà tra un bel po', potrebbe essere anch'esso complicato da seguire perché stavo pensando di scriverne uno in cui si alternerà la narrazione di eventi accaduti a Vey al duello che Julian sosterrà (questo sarebbe uno spoiler ma tanto immagino l'abbiate capito tutti che sarebbe avvenuto) con il re di perla nonché padre di Berger; ve lo dico in anticipo così che, se deciderò di fare così, il capitolo vi possa risultare più chiaro.
 
Grazie per la vostra attenzione e arrivederci.
 
ShawnSpenstar.
  
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