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Autore: afep    28/03/2015    1 recensioni
“All'inizio della Prima Era erano molte, le cose da sistemare. Ed è in quei primi momenti che si colloca la storia che ti sto per raccontare.
Ti narrerò del Primo Stregone, che aveva un potere fatto per costruire ed erigere, per raddrizzare e incanalare. Il mio racconto inizia molto, moltissimo tempo fa, quando la luna era ancora giovane.
Gli Uomini ancora dovevano comparire, eppure già Nani ed Elfi camminavano sui monti o nelle vallate. Ed era su quei monti e in quelle vallate che si aggirava Durin il Senzamorte, Capostipite della stirpe che ne prese il nome. E mentre vagava, solitario come aveva sempre vissuto, accadde che una sera si specchiò nel Mirolago...”
---- sospesa ----
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Durin, Gandalf, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Un incostante martellare risuonava dalla vetta più alta del Zirakzigil, spandendosi da un anfratto della roccia ed echeggiando fin nella valle di Azanulbizar.
All'interno della piccola grotta, opportunamente allargata dalle sapienti mani dei Nani, Durin il Senzamorte, Signore del Nanosterro e Primo dei Sette, lavorava la pietra attaccandola con un vecchio piccone; aveva legato la lunga barba in una folta treccia, che si adagiava in tre giri sulle sue spalle al pari di una sciarpa, ed aveva posato la corona su un rozzo sgabello di legno per tenerla lontana dai calcinacci.
Il sole era già sceso dietro le montagne, ma ancora la luna non si era affacciata sul regno. Durin levò il piccone, cogliendo gli ultimi raggi fugaci del giorno, ed un canto cristallino si levò alle sue spalle limpido come acqua sorgiva.

Giovane era il mondo, e le montagne verdi
Ancora sulla Luna macchia non era da vedervi,
Nessuna parola su fiume o rupe eretta in aria,
Quando Durin destatosi camminò in terra solitaria.
Diede nome ad anonimi colli e vallate,
Bevette da sorgive ancor mai assaggiate;
Egli si chinò per guardare nel fondo Lago,
E di una corona di stelle vide il contorno vago;
Parean gemme incastonate in argento,
Sulle ombre del suo bel capo intento.”

Perché non mi aiuti, invece di perdere tempo a cinguettare come un cardellino in mezzo alla foresta?” Esclamò Durin approfittando di una pausa della cantante per rimbrottarla.
Seduta su uno spiazzo naturale esposto ad Est, Ceredir volse il capo e tese una mano verso di lui.
Perché ormai la luce del giorno è quasi svanita, e presto sorgeranno le stelle.” Gli rispose con un remoto bagliore di divertimento nello sguardo. “Posa il tuo piccone e siediti accanto a me. Non hai ancora ammirato questo tramonto, e sarebbe imperdonabile lasciarselo sfuggire.”
Un tramonto è un tramonto, mio irritantissimo Lume. C'è abbastanza luce perché io possa lavorare per qualche minuto ancora. Lo vedrò domani.”
Domani!” Esclamò Ceredir fingendosi scandalizzata. “Ma domani questo attimo sarà perduto per sempre. Ogni singolo istante di questi nuovi astri è unico ed irripetibile, e se pur domani vi sarà un altro tramonto, non sarà mai come questo. Le nuvole non saranno mai più in questa esatta posizione, né vi sarà la polvere che sollevi con i tuoi scavi, e tu non sarai più nello stesso stato d'animo per goderne. Come puoi ignorare in questo modo tutta questa bellezza?”
Bene, dunque.” Durin mollò stizzito il piccone accanto alle rocce appena scavate, e recuperata la sua corona trascinò lo sgabello accanto alla donna. “Sarai contenta di avermi interrotto, immagino.”
Molto, se mi permette di distoglierti per qualche attimo dalle tue rocce.” Ceredir sollevò una mano e Durin la prese tra le proprie, come per un tacito accordo dato dall'abitudine. “Ora smettila di brontolare. Guarda laggiù, dove il giorno incontra la notte: è lì che appariranno le prime stelle.”
Il vecchio Nano brontolò sotto i folti baffi, e con riluttanza spostò lo sguardo appannato verso il punto che lei gli indicava.
Non essere così irritato.” Lo rimproverò teneramente la donna. “Questa torre si ergerà alta e magnifica per moltissimi anni. Hai molti buoni scalpellini al tuo servizio, e puoi ben permetterti di buttare questi pochi minuti.”
Ma Durin scosse il capo, facendo ondeggiare pericolosamente la barba intrecciata che gli posava sulle spalle.
Mi sento vecchio, mio Lume.” Le disse tristemente, stringendole dolcemente la mano. “Mi sento come una clessidra con troppa poca sabbia, o come un minatore con l'intera giornata davanti a cui resta solo il mozzicone di una candela. Temo di non vedere mai la conclusione di quel che ho iniziato.”
Non dire queste cose.” Lo rimproverò Ceredir, eppure un lampo dolente le illuminò fugacemente lo sguardo. “Se è questo quello che temi, domani canterò a queste cime perché la roccia si sbricioli sotto le tue dita come sabbia, secondo il disegno che tu desideri.”
Non osare! L'ultima volta che ti lasciai fare una cosa del genere, mi ritrovai con intere costellazioni incise sui soffitti a volta delle mie miniere.”
La donna non rispose e rimase in silenzio ad osservare il tramonto. Allora il Nano sospirò e sollevò una mano, accarezzandole i capelli d'argento con il palmo ruvido.
Se te lo lasciassi fare, ti renderebbe felice?”
Molto, mio Signore.”
Allora che sia.” Concesse Durin stancamente. “Abbandonerò il piccone ed attenderò di poter rifinire, levigare e tagliare secondo il mio gusto la struttura che tu ricaverai.”
Ceredir sorrise e non aggiunse altro. In silenzio rimase ad osservare il cielo, fino a che anche l'ultimo raggio non scomparve definitivamente dietro l'orizzonte e le prime stelle cominciarono a fare capolino nella grigia oscurità che precedeva la notte.
Allora si alzò da terra con il passo elastico di una fanciulla, e districate le dita da quelle di Durin camminò fino al bordo della piatta sporgenza su cui si trovavano, levando le braccia per accogliere quelle prime, pallide luci.
Il lacero mantello che la copriva le scivolò dalle spalle, e nell'oscurità avanzante la sua veste parve improvvisamente risplendere, come intessuta nella pura luce delle stelle.

 

I giardini di Elrond erano immersi in una dolce quiete, rotta solo di tanto in tanto dal canto di un uccello tra i rami o dalle voci allegre degli Elfi, che innalzavano nell'aria limpida le loro canzoni sui tempi remoti.
Sotto il bel portico di betulle di pietra regnava un'atmosfera sonnolenta, mentre sbuffi di fumo pallido si levavano dalle labbra dei due vecchi amici che sedevano attorno al tavolinetto rotondo.
Anelli di fumo colorati aleggiavano attorno alla punta del cappello di Gandalf, si inseguivano attorno alle colonne intagliate e si dondolavano tra le fronde prima di svanire nel vento.
“Questo non è affatto giusto.” Protestò Bilbo, osservando un piccolo anello verde pallido infilarsi rapido in quello che lui aveva appena soffiato.
“Cosa non è giusto, mio caro Bilbo?”
“Se tu fossi un vero amico, non ostenteresti tanto la tua bravura nel creare cerchi di fumo. Come credi che possa eguagliare tutti questi colori?” Esclamò l'Hobbit, che nella sua lontana Contea era sempre stato fiero della sua capacità di soffiare splendidi anelli, facendoli levare fin quasi al tetto della sua casetta sotto la Collina.
Lo Stregone gli lanciò un'occhiata penetrante e con estrema naturalezza esalò un ricciolo di fumo violetto simile ad un nastro di velluto, che si infilò sinuoso in ciascuno degli anelli creati prima di svanire con uno scintillio.
“Ecco, questo è proprio ciò di cui parlavo.” Protestò il vecchio Hobbit spostandosi la pipa su un angolo delle labbra, e sbuffando nel suo cannello di legno per il momento non aggiunse altro. Rimase per qualche istante in silenzio, aspettando che Gandalf prendesse la parola, ma quando si accorse che lo Stregone pareva non averne alcuna intenzione, lo incalzò.
“Allora, a che punto siamo giunti con questa tua storia?” Chiese, levando il mento per accogliere il tepore del sole. “Mi pare che ormai non manchi molto alla sua conclusione: Esta tornò a casa, se così vogliamo dire, e non vedo modo migliore per terminare un racconto.”
“Non esiste infatti modo migliore.” Confermò lo Stregone. “Ma non è così che andrà a finire questa storia. Ricorda che fu il pensiero sulle colpe di Esta, che mi tormentavano intimamente, a spingermi a parlartene per la prima volta. Non vi è nulla di dolce o piacevole nella sua conclusione.”
Bilbo attese che l'amico riprendesse il discorso, e difatti Gandalf riprese a raccontare, ma non prima di aver soffiato verso il cielo un anello colossale, di un vivido blu cobalto.
“Sono abbastanza sicuro che la Prima abbia aiutato il popolo di Durin ad erigere la sua torre, così come aveva fatto in passato per tutte le altre opere che i Nani forgiarono in quei secoli.”
“Mi riesce difficile credere che Esta possa essere stata dimenticata.” Interloquì Bilbo. “Perché nessuno ne ha mai parlato? Se la grande amicizia che la legava a quel popolo era davvero tale, dovrebbe essere menzionata da qualche parte, almeno negli antichi registri.”
“Grande era l'affetto che la legava ai Nani di Moria, ed ancora più grande quello che la legava al loro Signore. E sebbene ormai sia stata dimenticata, Durin stesso fece in modo che la sua memoria non andasse del tutto perduta. Osserva bene la tua pipa.”
“La mia pipa?” Il vecchio Hobbit si tolse la sua bella pipa di bocca, osservandola perplesso. “Ebbene, non vedo cosa abbia a che fare con questa storia. É una buona pipa, ma è abbastanza recente, e di sicuro non risale a quell'epoca.”
“I materiali e l'oggetto in sé sono molto recenti, ne convengo. Ma sbaglio, o quella è proprio la pipa che ti venne regalata da Dain Piediferro in persona, molti anni or sono?” Domandò Gandalf con un pizzico di mistero. “ Se controlli dovresti trovare lo stemma della sua Casa, impresso da qualche parte, il quale è molto più antico di quanto non lo sia Imlardis stessa.”
“Tu dici? Ad ogni modo, sì, è proprio qui sul fianco.” Bilbo strinse gli occhi per osservare la vecchia incisione.
“E non noti nulla?” Gandalf sorrise, e dopo aver aspirato una lunga boccata dalla propria pipa chiuse gli occhi e declamò con fare ispirato.

Di Mithril la corona
ove il martello sull'incudine risuona.
Ed in cima alle vette
di stelle ne brillano sette.

Il sigillo della Casa di Durin si compone di un'alta corona sospesa su un'incudine ed un martello. E sebbene i Nani non si siano mai interessati agli astri, sin dagli inizi sono state comprese anche sette stelle.” Lo Stregone riaprì gli occhi, posando il proprio sguardo acuto su Bilbo. “Secondo alcune versioni rappresenterebbero i Sette Padri nanici, di cui Durin fu il Primo. Secondo altre, sarebbero le stelle da lui viste nel Mirolago la prima volta che vi si specchiò. Ma io credo, e ritengo di essere nel giusto nell'affermarlo, che siano state inserite a loro tempo nello stemma come omaggio ad Esta.”
“Se è come dici, fu estremamente generoso da parte di Durin.” Bilbo osservò ancora per un istante il sigillo sulla sua pipa, ed infine se la infilò di nuovo tra le labbra e sbuffò soddisfatto una nuvoletta di fumo. “Anche se questo non risponde del tutto al mio dubbio. Difatti, Esta venne dimenticata.”
“Lo fu, e temo che accadde per sua stessa volontà. Già allora aveva spesso trascurato i propri compiti per poter stare accanto al popolo di Moria e dopo il suo ritorno li tralasciò completamente, per non abbandonare più il fianco del loro Re, che era ormai terribilmente anziano. Eppure, non fu questa la maggiore delle sue colpe.” Lo Stregone sospirò tristemente, esalando un nastro argentato. Parve rimuginare per qualche istante, come distratto da un pensiero improvviso, ma presto scosse il capo e cercò di riprendere il filo del proprio discorso.“Esta tornò a Khazad-dûm, e lì rimase fino alla dipartita di Durin senza più allontanarsi di un passo. Il Signore dei Nani a quei tempi si era ampiamente meritato il titolo di Senzamorte, eppure con il riacquistare della ragione parve ottenere ancora qualche anno, che gli fu utile per il completamento della sua Torre.”
Gandalf sospirò, lasciando che il canto di un merlo nascosto tra le fronde sostituisse la sua voce per qualche tempo, prima di continuare.
“Pare che negli ultimi anni della sua esistenza Durin avesse cominciato a passare sempre più tempo al piano più alto, sulla cima più elevata del Zirakzigil, e che alla fine si sia risolto a vivere lassù i suoi ultimi istanti. E poiché era solo un Nano, e per quanto forte e longevo non godeva della lunga vita degli Elfi, accadde che anche lui dovette piegarsi al destino della sua razza. E là, nella regale Torre che da allora portò il suo nome, Durin il Senzamorte spirò, lasciando il regno di Moria ai suoi discendenti...”

 

L'ora è giunta, mio Lume.” Una voce vecchia e stanca, flebile come il fruscio di foglie secche nel sottobosco, si levò dal giaciglio al centro della stanza di pietra, illuminata dagli ultimi raggi del giorno. Nell'udirla l'anziana Dama che sedeva da sola al suo capezzale si coprì le labbra con le dita, e sconsolata scosse piano il capo.
Non ancora, non ancora.” Lo pregò, accarezzando la pallida mano che recava traccia dell'antico vigore. “Le stelle devono ancora fare la loro comparsa nel cielo. È presto, mio Signore.”
"
No, Ceredir.” Le sussurrò il Nano di rimando. “Ho beneficiato di una vita molto più lunga di quella concessa alla mia razza, ed ora sono stanco.” Un lento sospiro esalò dalle labbra di Durin, e le vecchie dita si strinsero debolmente su quelle della donna. “Non ti dirò parole di conforto, perché per tali dolori non vi è conforto entro i confini del mondo. Ma non lasciamoci sopraffare. Avvicinati Ceredir, mia Dama Stellata, tu che fosti il Lume della mia mente prima ancora che la gioia dei miei giorni. Lascia che ti guardi ancora una volta.”
La donna allora si sporse, lasciando che gli ultimi raggi del sole morente le illuminassero il volto. Un lembo del suo mantello le scivolò sulle ginocchia, ed un barlume luminoso comparve per un istante sotto i molti strati dei suoi scuri abiti da viaggio, simile ad una distesa di diamanti alla luce della luna.
Molti anni sono passati, da quando ti incontrai vicino al Kheled-zâram.” Cominciò Durin, stringendo gli occhi stanchi per scorgere i tratti della sua vecchia amica. “Eppure non hanno lasciato segni sul tuo volto.”
Ti sbagli. Anche io invecchio, seppur lentamente.”
“Molto lentamente, davvero. Pari ancora la stessa, mentre io sono invecchiato ed avvizzito.” Ceredir chinò il capo, premendo le labbra sulle vecchie dita che stringeva, e le sue ciocche grigie si mescolarono alla barba candida del Nano. “No. Solleva il mento, mio Lume. Un tempo mi dicesti che ogni istante era prezioso, e che ogni tramonto era unico ed ineguagliabile. Lascia che io ora goda del mio crepuscolo, osservando l'unica stella che illumina il mio vespro.”
La donna sollevò nuovamente la testa, e sul suo volto era dipinta un'espressione grave. Tutti gli anni che aveva vissuto si rispecchiavano ora nei suoi tratti, ma nei suoi occhi scuri c'era il sentore di un nuovo dolore che mai prima aveva provato.
Non parlare così, mio signore Durin. Resta ancora un po'. Non andare dove io non posso seguirti.”
Lo vorrei, mio Lume adorato. Eppure è questo il mio destino.” Sospirò il Nano. “In tristezza dobbiamo lasciarci, ma non nella disperazione. Addio Ceredir. Addio, mia Dama Stellata. Ho trascorso con gioia i miei anni sotto la montagna, ma adesso sono molto stanco. Per cui, ora dormirò. Addio.”
E dopo aver sorriso un'ultima volta abbandonò il venerabile capo sul cuscino, senza più levarlo. L'ultimo raggio venne inghiottito dalle ombre notturne, e quando la prima stella fece la sua comparsa nel cielo Ceredir comprese che ciò che aveva più temuto era infine accaduto.
Durin! Oh, Durin!” Gridò allora, gettandogli le braccia al collo e abbandonando il capo sul suo petto.
Davanti al suo dolore le stelle sopra le montagne tremarono e si spensero, e le gemme stellate nella Sala del Trono si offuscarono, e per lungo tempo non brillarono più.

 

Bilbo si mosse nervosamente sullo sgabello, agitando le gambette corte che non arrivavano a terra.
“Che cosa triste, Gandalf.” Disse, scuotendo la vecchia testa candida. “Per ora è forse la parte più triste in assoluto, di tutta la tua storia.”
“Suvvia, dovevi pur immaginarti che sarebbe accaduto.” Brontolò lo Stregone. “Non ti avevo già detto forse che Esta si trattenne in queste terre fino all'inizio della Terza Era? La sua vita fu estremamente lunga, persino più lunga di quella di Durin stesso, che pure aveva quasi mille anni, quando perì. Era inevitabile che la Prima si confrontasse con la morte dei più cari amici e compagni, con tutto il dolore che si addice ad una simile perdita.”
“Ciò nonostante, continuo a trovare che sia un momento terribile.” L'Hobbit sbuffò un po' di fumo, si agitò ancora sullo sgabello, ed alla fine parve trovare una posizione abbastanza comoda da soddisfarlo. “Non credo che la inserirò nella mia canzone, quando dovrò tramutare il tuo racconto. O forse lo farò. Oh sì, potrei davvero farlo, purché vi siano dopo momenti più felici. Posso già immaginare alcune strofe.

Il Re della Montagna
la fiera testa chinava
e triste la sua gente
più non cantava.


No, devo ammettere che non mi soddisfano del tutto. Nella mia mente erano parse più solenni. Dovrò lavorarci.”
Gandalf sorrise con indulgenza e, reclinata indietro la testa, emise un limpido anello di fumo argentato.
“Avrai tutto il tempo di lavorarci, quando avrò terminato.” Lo redarguì. “Ma ora andiamo avanti. Tu mi chiedi momenti felici, ed immagino che ve ne siano alcuni che possano fregiarsi di tale titolo, più avanti.” Riprese, con aria assorta. “Ma la verità è che la prima morte di Durin gettò Esta nel più grande sconforto. Pare che le sue lacrime furono tante e tali da allagare completamente i Livelli Inferiori e le Prime Gallerie, anche se io ho sempre pensato che fossero solo metafore per dar l'idea del suo dolore. Lei, che era stata scelta a suo tempo perché era la più allegra e luminosa, perdette per lungo tempo ogni gioia che albergava nel suo cuore.”
“Oh, questo è interessante. E da chi fu scelta? Non immaginavo che voi Stregoni poteste essere scelti come mele o cavoli al mercato.”
“Bada alla tua lingua, Bilbo Baggins. Non dimostrare la tua ignoranza parlando di cose che non conosci.”
“E come potrei venirne a conoscenza, se non parlandone?” Ribatté il vecchio Hobbit, ignorando l'aria severa del suo vecchio amico. “Ma se preferisci ignorare le mie domande, che sia. Manteni pure i tuoi piccoli segreti, se ti fa piacere.”
“Cosa mi tocca sentire! Un Hobbit che si offende perché non gli si permette di ficcare il suo ridicolo naso negli affari di qualcun altro.”
“Cosa hai ora, contro il mio naso?”
“Assolutamente nulla. Ed ora lasciami andare avanti, o davvero non riuscirò mai a finire in tempo.”

 

Passarono molti giorni, prima che il pesante velo del lutto si sollevasse dalle sale del Nanosterro.
Con il capo chino, la Signora del Lagospecchio aveva infine asciugato le proprie lacrime, aveva assistito all'inumazione del vecchio Re e si era affaccendata, con discreta solerzia, perché ogni sforzo ed ogni progetto lasciato in sospeso da Durin potesse avere un seguito anche dopo la sua dipartita.
Eppure di nuovo spirava il vento del Nord, e Ceredir sapeva che il momento di lasciare la Montagna e tornare ai propri compiti era ormai prossimo.
Scese dunque nella Sala del Trono, quel primo Salone sul cui soffitto erano incastonate gemme offuscate, salì sulla pedana rialzata e carezzò amorevolmente lo scranno di pietra intarsiato di Veroargento. Disse addio a tutto ciò che conservava un ricordo o un'emozione, e cantò per l'ultima volta alle vastità della sala pregando le radici dei monti di lasciarsi scavare docilmente fino a che non sentì impellente il bisogno di partire.
Allora si sedette sui gradini della pedana e si poggiò la corona sulle ginocchia, e chiamò a sé i due figli di Durin.
Non dovete più piangerlo.” Disse loro. “Ha fatto tutto ciò che doveva, ed ha goduto di una vita molto più lunga di quella concessa alla vostra razza. Ora riposa nelle pallide Aule in cui già lo precedettero i suoi Fratelli, ma un giorno tornerà.”
Intendi forse che si risveglierà dal suo letto di pietra?” Le chiese uno dei due Nani, e Ceredir spostò su di lui il suo sguardo remoto.
Sette volte cammineranno i Sette.” Recitò. “Così fu detto, quando tutto è cominciato. Durin tornerà ancora nella sua discendenza, ed allora sarà lui, eppure non lo sarà.”
Nostro padre aveva ragione. Parli per enigmi oscuri ed indovinelli.” Disse ancora il più giovane dei due Principi nanici, che più del fratello somigliava all'anziano padre.
Mi comprenderesti, se solo aprissi un po' più le orecchie.” Lo rimbrottò la donna. “Il suo spirito ed il suo vigore dimoreranno ancora nel corpo di un suo discendente. Tornerà da quelle belle e gelide Aule, eppure non recherà ricordi di quel che è stato. Sarà Durin, ma al tempo stesso non sarà Durin. Ed ora, chi tra voi è il maggiore?”
Sono io.” Interloquì il giovane che fino ad allora era rimasto in silenzio. “Ma se quello che dici è vero, come potremo riconoscerlo? E quando accadrà tutto questo, sempre se avrà luogo?”
Vedo che Bùri ha ereditato il suo aspetto, e tu la sua sfiducia.” Lo rimproverò Ceredir. “Egli tenderà sempre a somigliare a sé stesso.”
Credevo che tu non conoscessi i nostri nomi, dal momento che non li hai mai utilizzati.” Sbottò ancora il primogenito, con un pizzico di amaro sarcasmo.
Conosco molte cose, Úri figlio di Durin, anche se non sempre ciò che conosco merita la mia attenzione. Ed ora vieni avanti e china il capo: questa corona è tua di diritto. Possa tu portarla con la stessa fermezza con cui la portò il suo primo proprietario.” Con tali parole posò l'alta corona di Veroargento sul capo del giovane Nano, e dopo averla accomodata al meglio si sollevò di gradini su cui era seduta.
Ancora non hai risposto ad una delle mie domande. Quando accadrà?” Le chiese Úri figlio di Durin, nuovo Re sotto la Montagna.
Accadrà quando dovrà accadere.” Disse sbrigativamente Ceredir, e scesa dalla pedana si appoggiò pesantemente al proprio bastone, scrutando il soffitto. “Mi mancheranno. Oh, mi mancheranno di certo. Ma non posso tardare, né attendere oltre. Sciocca, sciocca che non sono altro. Eppure non potevo partire prima.” Disse rivolta a sé stessa, ed il più giovane dei due Nani la raggiunse.
Dunque intendi lasciarci? Credevo che saresti rimasta, consigliandoci così come facesti con nostro padre.”
Parto, sì.” Rispose Ceredir, rassettandosi il mantello grigio e nascondendo così un lembo luminoso che aveva fatto capolino. “Il vento del Nord mi chiama, ed ho molte cose da portare a termine. Tornerò a consigliarvi, se potrò, ma non aspettatemi. Sono passati troppi anni da quando mi occupai dei miei compiti per l'ultima volta. Addio, o forse arrivederci. Ma credo proprio che sia un addio.”
Chinò il capo un'ultima volta, porgendo i suoi primi ed ultimi riguardi al nuovo Signore del Nanosterro, e con passo lento uscì dalle Porte Principali, partendo alla volta del Nord.

 

“Aspetta, aspetta mio caro Gandalf.”
Lo Stregone interruppe il proprio racconto ed abbassò lo sguardo su Bilbo, che lottava palesemente contro la sonnolenza dovuta al tepore del sole ed al pasto appena consumato.
“Cosa succede? Non dirmi che sei ancora affamato.”
“Non rifiuterei un altro di quei meravigliosi pasticcini, ma ti ho interrotto per un altro motivo: credo di non aver compreso un piccolo particolare.” Bilbo attese un cenno affermativo da parte di Gandalf, e quando fu certo di avere la sua attenzione continuò. “Tu hai parlato di un ritorno di Durin, ed anche poco fa, se non erro, hai menzionato la sua prima morte. A cosa ti riferisci?”
“Mio carissimo Bilbo! Cosa direbbero i nostri buoni amici sotto le montagne, se sapessero che non hai mai ascoltato le loro chiacchiere sui loro predecessori?” Gandalf sorrise con fare misterioso, prendendo una lunga boccata dalla sua pipa. “I Nani credono che Durin, così come altri dei primi Sette Padri, sia tornato a camminare tra loro più di una volta. Di tanto in tanto, nella sua linea di discendenza, nasce un giovane così simile al suo avo da far pensare che si tratti di lui in persona, ed allora gli danno il suo nome, e lo crescono con tutti gli onori. Dopo Durin il Senzamorte vi furono altri cinque Durin, che i Nani credono essere reincarnazioni di colui che venne per Primo. E credono che ve ne sarà un Settimo, l'Ultimo, quando infine riconquisteranno Moria.”
“Oh.” Replicò solamente l'Hobbit, e per qualche tempo parve non voler aggiungere altro, troppo colpito dalla notizia appena appresa.
“Non farti sorprendere per così poco.” Lo confortò Gandalf. “Vi sono in queste terra più cose di quante tu non possa averne mai immaginate entro i confini della Contea.”
“Lo comprendo, certo.” Borbottò Bilbo distrattamente. “Forse avrei davvero dovuto ascoltare meglio le chiacchiere di Glòin, quando giunse a Gran Burrone. Ma in quei giorni concitati riuscivamo ad incontrarci quasi esclusivamente dopo il calar del sole, e negli ultimi anni sono diventato troppo vecchio e sonnolento per prestare attenzione per più di qualche tempo.”
“Me ne ero reso conto.” Lo Stregone sospirò, levando lo sguardo per osservare due allegri merli che si inseguivano nel cielo. “Forse, se ne avrai la fortuna, potrai trovare alcuni libri al riguardo nella grande biblioteca di Elrond. Ma questa è solo una piccola parentesi: ora dobbiamo invece seguire Esta, che dopo la morte del Primo Nano si diresse di nuovo al Nord. Laggiù, in tempi molto remoti, vi sorgeva una terribile fortezza, e credo che lei intendesse allora riportare l'ordine che la malignità ed il caos avevano eliminato.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

______________________
Questa volta credo che mi tocchi scusarmi per il ritardo. Ci ho messo un po' più del previsto ad aggiornare, ma davvero non riuscivo a risolvermi a farlo. É forse uno dei capitoli più tristi, ed ogni volta vi trovavo nuove cose da aggiungere, ed altre da modificare o togliere.
Come al solito, mi sono presa una alcune piccole licenze poetiche: l'età di Durin al momento della sua morte, per esempio, che ho deciso fosse prossima ai mille anni; nelle appendici del Signore degli Anelli viene precisato che i Nani vivono tra i cinquecento e gli ottocento anni, ed ho pensato che per meritarsi il titolo di Senzamorte Durin dovesse aver vissuto un po' più di così.
Altra piccola libertà riguarda il nome dei suoi figli. Bùri è uno dei nani citati nella Voluspà, e visto che non ho trovato un altro nome assonante che mi piacesse a sufficienza, ho pensato semplicemente di togliere la prima lettera per ottenere l'appellativo del primogenito.
La canzone che canta Ceredir in cima alla torre è la stessa intonata da Gimli quando la Compagnia si trova nelle profondità di Moria. Mi piaceva molto, ed allora ho pensato di riportarla così com'era.
Per l'ultimo discorso di Durin ho invece preso spunto dall'addio di Aragorn ed Arwen, citato sempre nelle Appendici. Le frasi “ Non ti dirò parole di conforto, perché per tali dolori non vi è conforto entro i confini del mondo” ed “In tristezza dobbiamo lasciarci, ma non nella disperazione” le ho volute riprendere dal testo, perché le trovavo perfette nella loro semplicità. Quello che dice invece Ceredir (“Non andare dove io non posso seguirti”) è la stessa frase che Sam dice a Frodo, quando lo trova legato nella tana di Shelob e lo crede morto, seppur espressa in modo più confidenziale – Sam difatti dava del voi al suo padrone.
Ed ancora, il "Sette volte cammineranno i Sette" è una mia invenzione. Semplicemente, volevo aggiungere un po' di colore alla faccenda delle ipotetiche resurrezioni di Durin.
Penso di aver scritto nelle note tutto quello che volevo. Spero che il capitolo sia valso l'attesa, nonostante tutto.

Alla prossima, e grazie per l'attenzione! :)

 

  
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