Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Regina mills    28/03/2015    0 recensioni
Outlaw queen. Regina ha fatto la cosa giusta e ha lasciato andare via Robin insieme alla sua famiglia, ma ora si sente distrutta e non sa se riuscirà ancora ad essere forte come lo è sempre stata. Lei vuole solamente essere felice.
Dal primo capitolo:"Osservava l’unica persona che l’avesse mai amata fin dal primo istante, senza giudicarla per il suo passato, prepararsi per andare via e lasciala da sola, di nuovo. Ma d’altronde era quello che avevano fatto tutti, no? Tutte le persone che lei amava l’avevano abbandonata, ferita, distrutta…"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In un logoro appartamento di un quartiere malfamato di New York un uomo stava osservando il cielo notturno, pieno di stelle. In quel momento, nel buio infinito e con il solo vento a ricordargli quanta solitudine ci fosse nel suo cuore, gli pareva di essere già morto… Inspirò profondamente e constatò di essere ancora vivo, purtroppo. Gli bastava muovere le mani per capire che il sangue scorreva ancora, e per resuscitare il dolore che provava dentro di sé.
“Quella dei sogni è una balla colossale. Me ne sono reso conto solo ora, ma penso di averlo sempre saputo in fondo. Perché quando tutto sembra perfetto arrivano il dolore e la sofferenza e ti strappano via tutto. Niente ha più senso. Tutto quello per cui ho lottato, tutto quello che ho costruito, tutto quello che ho amato, mi è stato portato via. Da cosa poi? Dal destino? Dalla sorte? Allora a che serve fare la cosa giusta se poi tutto è già stato deciso?”
Continuava a ripeterselo da settimane. Era arrabbiato. Non doveva andare così, non ce la faceva più ad andare avanti.
La testa gli scoppiava a causa di tutti quei ricordi che continuavano a scorrergli davanti agli occhi. Gli sembrava di assistere alla proiezione di un film; un film di cui lui era protagonista ma in cui, ad un certo punto, senza una ragione, diventava solo una comparsa.
Rivedeva i suoi occhi magnetici, così intensi da riuscire a penetrargli il cuore più di qualsiasi freccia. Rivedeva il suo sorriso, che riusciva ad incantarlo ogni volta: era perfetta quando sorrideva, riusciva a farlo sentire felice, rendeva le sue giornata migliori, rendeva la sua vita migliore. Rivedeva le sue lacrime e sentiva il rumore del suo cuore che si spezzava. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere con lei e asciugare quelle lacrime. Lei non meritava di soffrire.
Ogni notte riguardava sempre lo stesso film e si sentiva così dannatamente impotente. Voleva fare qualcosa, voleva cambiare le cose, ma non ci riusciva. Poteva solo stare lì ed osservare, come uno spettatore qualunque, la sua vita che andava a rotoli.
Lui era sempre stato forte, aveva sempre saputo gestire il dolore e le sofferenze. Quando Marion era morta non si era buttato giù ma si era rimboccato le maniche per dare a Roland una vita felice e serena, anche senza sua madre. Ora, però, non ci riusciva più.
La verità è che non siamo mai così vulnerabili e indifesi verso la sofferenza, come nel momento in cui amiamo veramente. E Robin amava veramente Regina. Avrebbe dato qualsiasi cosa, avrebbe dato la sua stessa vita e anche di più, pur di tornare da lei.
La sognava ogni notte. Immaginava come sarebbe stato perdersi di nuovo in quei pozzi senza fine che erano i suoi occhi, come sarebbe stato respirare il profumo della sua pelle ancora una volta, riassaporare di nuovo quelle labbra più rosse del sangue.
Aveva sempre cercato di fare la cosa giusta durante la sua vita. Pensava che questo gli avrebbe portato la felicità e il suo lieto fine, ma non era stato così. Ora era stanco di fare la cosa giusta: non gliene importava più niente. Non gli importava se sarebbe bruciato tra fiamme dell’inferno perché almeno sarebbe morto stringendola tra le braccia: avrebbe lasciato che quelle fiamme divorassero entrambi.
Sentiva un fuoco accendersi dentro di sé e diventare un incendio che gli divorava l’anima: era rabbia. Rabbia verso sé stesso, che era stato così stupido e debole da non riuscire a tenerla accanto a sé, rabbia verso il mondo che lo circondava, che sembrava lo stesse condannando ad un’eterna infelicità, e rabbia verso i suoi doveri, che lo tenevano imprigionato.
“Robin è tardi. Ti ammalerai se continui a stare lì fuori con questo tempo, dai torna dentro.” Disse una voce da dentro casa, mentre una mano delicata gli si posava sul braccio invitandolo ad entrare.
Eccola lì la sua responsabilità, il suo dovere. Avvolta in una semplice vestaglia, se ne stava sull’uscio del balcone. Era lei la causa di tutte le sue pene, era lei che lo rendeva schiavo di un destino ingiusto, che lui non voleva. Era tutta colpa sua. Se non fosse tornata indietro ora ci sarebbe Regina a chiamarlo dentro casa. La loro casa, quella vera, con Henry e Roland che corrono da una camera all’altra. Invece c’era Marion, che aveva rovinato tutto.
Strinse i pugni scostandosi violentemente per non farsi toccare. Un moto d’ira lo accecò. Voleva urlare, voleva scappare via da quella realtà a cui non apparteneva affatto; in quel momento sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa, perfino il peggio, perfino ucciderla.
“Robin…” aveva un’aria impaurita mentre guardava gli occhi dell’uomo attraversati da scintille d’odio e mentre i suoi si velavano di lacrime.
Quello non era l’uomo di cui si era innamorata, era diverso: non smetteva di guardare fuori dalla finestra ed invocare il nome di un’altra donna nel sonno. Ormai l’aveva perso.
Gli  era grata per essere venuto lì con lei, per esserle rimasto accanto, ma in fondo sapeva che la odiava. Per lei aveva dovuto lasciare la donna che amava. Lo capiva, ma soffriva comunque. Marion era ancora innamorata dell’arciere che aveva incontrato nella foresta incantata, ma sapeva che quell’uomo non esisteva più.
Robin vedendola così spaventata si calmò un po’.
“Roland dorme?” chiese con voce fredda e distaccata.
Marion annuì e lui le passò accanto senza dire altro, dirigendosi verso il soggiorno.
Si sistemò sullo scomodo divano che era diventato il suo letto. Non aveva dormito con Marion nemmeno una volta e non lo avrebbe mai fatto.
Intanto sentiva i singhiozzi di quella che una volta era stata sua moglie provenire dalla camera accanto. Era la stessa scena che si ripeteva ogni notte: lei che piange cercando di soffocare invano le lacrime, per non farsi sentire. Lui la sentiva eccome, però, ma non gli importava, perché era certo che non stesse soffrendo quanto lui: non era umanamente possibile soffrire più di quanto lui stesse soffrendo in quel momento.
Aveva bisogno di Regina, doveva trovare un modo per tornare da lei o sarebbe morto.
Una lacrima solitaria rigò anche il suo volto, mentre il film che conosceva fin troppo bene ormai, gli si riproponeva nuovamente davanti agli occhi, che chiuse in un vano tentativo di non assistervi.
Così, in un logoro appartamento di un quartiere malfamato di New York, un bambino dormiva beatamente, mentre il cuore dei suoi genitori si spezzava per l’amore impossibile che provavano per persone differenti, e si riempiva di profonde cicatrici che avrebbero trovato cura solo nel sorriso della persona amata.

 
A Storybrook, le stesse cicatrici sfregiavano il cuore di Regina, che non smetteva di rovistare tra i suoi libri di magia per riuscire a trovare il modo di lasciare quella città.
Doveva esserci un modo, doveva esserci per forza. Altrimenti che senso aveva essere in possesso della mappa se non la poteva seguire?
Stava per impazzire. Si portò le mani tra i capelli, appoggiando il viso alle ginocchia. Aveva bisogno di risposte, subito.
Henry le si avvicinò lentamente appoggiandole una mano sulla spalla: non aveva mai visto sua madre così… disperata. Era abituato a vederla sempre impeccabile, avvolta dal suo alone di austerità e compostezza ma che in fondo sapeva che celava molto più di quello. Vederla così, con i capelli scompigliati e il trucco disfatto, era davvero strano per lui.
“ Mamma stai tranquilla… vedrai che troveremo un modo. E poi non dobbiamo mica partire domani per New York. Un giorno in più o uno in meno non cambierà le cose, credimi” le disse rivolgendole un sorriso affettuoso.
Regina lo guardò con aria sfinita. Non si ricordava nemmeno che suo figlio fosse lì, da quanto era indaffarata nella sua ricerca. Era felice che Henry le fosse accanto e la confortasse ma lui non poteva capire cosa stava passando, nessuno poteva. Quel vecchio foglio di carta era la sua unica speranza; il suo appiglio, che la sosteneva dal non cadere in un baratro senza fine. Il problema era che quello era un appiglio troppo fragile: lei aveva un bisogno disperato di qualcosa di più; quel foglio non le bastava. Sentiva che più il tempo passava più la sua presa diventava meno salda; sentiva di essere sul punto di cadere e aveva paura. Sapeva che se avesse iniziato a precipitare niente sarebbe riuscito a tirarla più su. La cosa più spaventosa era che sapeva perfettamente cosa ci fosse sul fondo: il dolore, la rabbia, il male… l’oscurità. Era terrorizzata e per questo stava facendo di tutto per tornare dall’unica persona che l’avrebbe potuta salvare: Robin.
Lui era l’unico in grado di illuminare il suo cuore, che l’oscurità ce l’aveva dentro. Lui era la sua luce.
“Io ho bisogno di lui…” sussurrò mentre una lacrima fatta di amarezza e disperazione le rigava il volto.
Henry restò basito all’udire quelle parole: sua madre non aveva mai avuto bisogno di nessuno; mai, per quanto fosse stata disperata, aveva chiesto aiuto, figuriamoci mostrarsi così vulnerabile e fragile da pronunciare quella frase, che andava contro ogni principio della regina che era stata.
La situazione era molto più seria di quanto pensasse: sua madre aveva veramente bisogno d’aiuto questa volta e, con o senza la sua approvazione, quell’aiuto sarebbe arrivato.
Prese il cellulare e compose il numero di Emma.
“Mamma, qui abbiamo bisogno di rinforzi. Puoi venire a darci una mano? Abbiamo trovato una mappa che in teoria dovrebbe condurci da Robin, ma dobbiamo capire come fare a lasciare la città.”
Regina sentendo quella conversazione alzò la testa di scatto.
“Ti prego non dirmi che hai chiamato Emma!” disse rivolta a Henry, che aveva appena riattaccato con un sorriso soddisfatto stampato sul volto.
Lei era l’ultima persona che voleva vedere in quel momento. Era già tanto se aveva accettato l’aiuto di Henry ma quello di Emma proprio no. Ora ci mancavano solo la coppietta degli idioti innamorati e il nano scorbutico. No, era davvero inconcepibile: non si sarebbe fatta mai aiutare da loro, non ne aveva bisogno.
“Dai, mamma! In tre troveremo sicuramente qualcosa in più, così possiamo partire prima e cercare Robin!” disse con aria disinvolta.
“Possiamo??” lo shock di avere Emma come aiutante l’aveva fatta tornare in sé.
“Sì, non vorrai andare a New York senza di me spero?” chiese il ragazzo con incredulità.
“Henry! Tu hai la scuola e comunque sarebbe un viaggio troppo rischioso. Non so nemmeno se quella è davvero la mappa che mi porterà da lui, non posso portarti in un posto sperduto che non conosco, dove per altro non avrò nemmeno la mia magia per poterti proteggere. Non se ne parla nemmeno. Tu resti qui, non voglio che ti accada nulla di male per colpa di un pezzo di carta che dovrebbe essere il mio lieto fine: tu sei molto più importante!” sentenziò alzandosi in piedi.
Henry era sconvolto da ciò che aveva appena sentito. Era convinto che lei lo avrebbe lasciato venire, che si sarebbe fatta aiutare questa volta, come aveva promesso.
“Ma tu mi avevi detto che l’Operazione Mangusta era ripartita, che ero importante e che ti avrei aiutato!! Non puoi farmi questo mamma! Ti prego lasciami venire con te!!” la pregò con le lacrime agli occhi.
“Tu sei importante Henry… ed è proprio per questo che non puoi venire. Non posso rischiare di perdere anche te. Non me lo perdonerei mai se ti accadesse qualcosa.” Gli disse con voce sincera ma esausta.
“Ehi, che succede?” la voce di Emma si sentì rimbombare dall’entrata della cripta.
Ecco, era arrivata anche lei: un problema in più da risolvere.
“Mamma diglielo anche tu!! Dille di lasciarmi andare a New York con lei! Falle capire che potrei aiutarla se me lo permettesse” disse correndo verso l’altra madre.
Ecco fatto! Ora Emma sarebbe stata dalla parte di Henry e lei sarebbe apparsa di nuovo come la cattiva della storia che non tiene a lui e non vuole il suo aiuto. La verità era tutto il contrario però: Regina non voleva il suo aiuto perché lo amava troppo e non voleva che lui corresse dei rischi per lei, ma questo Emma non poteva saperlo e lo avrebbe sicuramente difeso.
Emma vedendo Regina così esausta e con quell’aria affranta provò un moto di compassione nei suoi confronti: quella donna stava soffrendo moltissimo e, anche se in passato aveva compiuto molti errori, non si meritava tutto quel dolore.
“Sai Henry, credo che Regina non ti permetta di andare con lei perché è preoccupata per te, di certo non perché non ti vuole bene. E poi non credo che sia una buona idea che tu sati la scuola per così tanto tempo…” gli spiegò prendendogli il mento con fare affettuoso.
Regina sentendo quelle parole restò a dir poco stupita. Non si sarebbe mai aspettata che Emma fosse dalla sua parte.
Henry era scioccato da ciò che aveva sentito: pensava veramente che lei sarebbe stata una sua alleata, che lo avrebbe aiutato.
“Non è giusto però!!” urlò proprio come un bambino mentre usciva correndo dalla cripta.
“Henry…” Regina fece per rincorrerlo, ma si sentì bloccare dalla presa di Emma.
“Lascialo andare, gli passerà presto.”
“Lo spero. L’ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento è che anche mio figlio mi odi” Si andò a sedere sospirando e massaggiandosi le tempie.
“Non lo farà. Henry non potrebbe mai odiarti.” Le rispose Emma andando a sedersi accanto a lei e rivolgendole un sorriso sincero. Regina rimase alquanto incuriosita dal comportamento della donna: ci stava provando veramente ad esserle amica. Forse avrebbe dovuto darle una possibilità.
“Allora, fammi vedere cosa avete trovato. Henry parla di una mappa al telefono…”
“Sì, è una mappa di New York che forse potrebbe portarmi da lui, ma non voglio illudermi. L’unico motivo per cui ci ho prestato attenzione è che è disegnata dietro una pagina che aveva trovato Robin e che raccontava un’altra  versione della storia. Lui ha detto che era apparsa come per magia. Quando se né andato io l’ho strappata e gettata via e oggi Henry ha ritrovato i pezzi, con in più questa mappa.” Disse porgendole il foglio.
Emma osservò strabiliata quel pezzo di carta.
“Beh è un inizio più che promettente direi!”
“Si, il problema è che sono intrappolata in questa città e non so come fare a uscirne! Nessuno è uscito da StorybrooK fino ad ora, tranne Robin e Gold ma loro non possono nemmeno tornare.”
Rimasero in silenzio per un bel po’. Poi, improvvisamente il volto di Emma si illuminò.
“Qualcuno c’è in realtà!”
Regina corrugò la fronte e le si avvicinò incuriosita.
“La Regina delle Nevi!! Lei è entrata a Storybrook grazie alla pergamena dello stregone! Funzionerà sicuramente anche con te, ne sono certa!”
Gli occhi di Regina iniziarono a brillare di una luce nuova: come aveva fatto a non pensarci fino a quel momento?? L’importante però non era quello, l’importante era che aveva trovato un modo per tornare da Robin. Ora sentiva che la sua presa a quell’appiglio, prima così tanto fragile diventava sempre più sicura. L’avrebbe trovato, ne era certa. Questa volta non sarebbe precipitata, lui l’avrebbe salvata.
Spinta da quel moto di felicità impressionante si lanciò contro Emma e l’abbracciò. Almeno questo glielo doveva. Lei le stava offrendo la possibilità di tornare dall’uomo che amava.
“Grazie…” le disse con tutta sincerità, per poi staccarsi immediatamente e prendere la pergamena che teneva insieme a tutti gli oggetti magici che erano appartenuti a coloro che erano stati a Storybrook.
Emma restò come paralizzata da quelle contatto e soprattutto da quel ringraziamento: la regina stava iniziando ad abbassare le sue barriere e lei stava scoprendo sempre di più che sotto quello strato di ghiaccio che all’inizio credeva perenne, si celava un fuoco incandescente fatto di amore, affetto e speranza.

 
 
La mattina dopo Regina si trovava già al confine e stava salutando Henry.
“Ti voglio bene, Henry. Ricordatelo sempre.” Gli disse stringendolo forte a sé e cercando di imprimersi il suo profumo e il suono della sua voce nella mente.
“Anch’io ti voglio bene, mamma. Non dimenticarti di chiamarmi ogni sera e dirmi come vanno le cose, intesi?” l’arrabbiatura della sera precedente gli era passata. Aveva capito che sua madre non avrebbe mai fatto nulla per ferirlo e che voleva solo proteggerlo.
Poi si avvicinò a Emma e alla sua famiglia. Qui fu travolta da un abbraccio soffocante e sicuramente troppo invasivo per i suoi gusti, da parte di Mary Margaret.
Benché odiasse tutte quelle sdolcinerie, un po’ invidiava Emma per tutto l’amore che riceva da sua madre e di cui lei non aveva mai avuto parte.
“Grazie per il tuo aiuto. Abbi cura di Henry, io cercherò di tornare il prima possibile. Devi proteggerlo a costo della tua stessa vita e anche di più, intesi? O giuro che ti strappo via il cuore dal petto!” ledisse con aria un po’ troppo seria. Non che non si fidasse di Emma, aveva visto quanto Henry le volesse bene, ma voleva saperlo al sicuro.
Emma le rivolse un sorriso e poi la tirò un po’ in disparte, in modo che gli altri non sentissero.
“Regina, credo che sia meglio che io ti accompagni. Al contrario di te, conosco New York meglio delle mie tasche e, se ricordi, trovare le persone è stato il mio lavoro per più di metà della mia vita. Potresti aver bisogno di me.”
“Che cosa?? Ma mi senti quando parlo?! Ti ho appena detto che devi stare con Henry! No, no, no, non se ne parla nemmeno principessina, tu resti qui!” ribadì con aria adirata. Ma la stava prendendo in giro? Aveva appena finito di dirle che doveva rimanere a Storybrook e lei se ne usciva con questa storia.
“Regina! Henry starà benissimo. Qui ci sono mia madre e mio padre che si prenderanno cura di lui. Questo potrebbe essere un viaggio pericoloso.”
“No Emma, io lo affido a te! Non mi fido dei due idioti innamorati quanto mi fido di te!” era la verità: sebbene non avesse un rapporto esattamente affiatato con Emma, si fidava di lei.
“E poi questa è una cosa che devo fare da sola…” terminò guardandola negli occhi, per farle capire quanto fosse seria.
Sentendo quelle parole Emma decise di lasciar perdere. Regina non avrebbe cambiato idea, era inutile continuare.
“Va bene… buon viaggio allora!” questa volta fu lei ad abbracciarla.
Poco dopo Regina si trovava in macchina e si preparava a lasciare quella città e soprattutto suo figlio. Sarebbe tornata, però. Se lo sentiva, anche perché non avrebbe mai abbandonato Henry, sarebbe sicuramente tornata da lui. E questa volta sarebbe tornata felice, con Robin, e forse avrebbe scoperto anche lei cosa significava la parola casa…


Angolo dell’autrice!!
Eccomi qui con un nuovo capitolo! Questa volta ho voluto raccontarvi anche cosa sta passando Robin ed esprimervi tutto l’odio che provo per Marion!! Ho voluto dare anche a lui una nota un po’ evil perché lo dipingono sempre buono, giusto e tutte quelle altre cose sdolcinate ma credo che dei pensieri un po’ oscuri ce li abbia anche lui, non credete?
Beh, comunque cercherò di aggiornare al più presto e se vi va lasciatemi una recensione, mi farebbe davvero molto piacere. Alla prossima <3 <3
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Regina mills