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Autore: ljamspooh    31/03/2015    2 recensioni
Ellie Carter, studentessa e giocatrice di pallavolo. Semplice ragazza che non ama l'attenzione e le feste. L'unica persona della quale si fida è la sua migliore amica Chloe.
Brandon Cooper, ragazzo più popolare dell'intero istituto, classico donnaiolo, intelligente e giocatore di basket. L'unica persona di cui si fida è se stesso.
Vicini di casa, lui grande amico del fratello di lei, compagni di classe ma fino ad ora sempre estranei e tra di loro un semplice e continuo litigio. Ma tutto cambierà.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Piccolo consiglio!
Essendo passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento, vi consiglio di rileggere il precedente capitolo o almeno la parte conclusiva. O se non volete rileggere la parte finale.. piccolo riassunto!

Ellie, dopo aver ricevuto un colpo dal pallone in testa, si risveglia in ospedale. Il tutto fu causato da un momento di distrazione dovuta alla visione di Ian.
Ellie ed Ian erano diventati amici ed il tutto a Brandon non infastidiva.


Capitolo:


Consiglio canzone:

Nothing really matters - Mr. Probz ---> https://www.youtube.com/watch?v=OeLKrrklw80


Dopo aver trascorso qualche minuto insieme a Brandon nella stanza del pronto soccorso, entrò il medico che mi assicurò che stavo bene e che la sera sarei potuta tornare a casa.


L'indomani saltai scuola e mia madre mi consigliò di riposare. Erano da poco passate le 9 ed il sonno mi aveva abbandonato; presi allora il telecomando e decisi di guardare un film. Cercai tra i vari canale qualcosa di interessante ma sembrava che niente fosse interessante in quel momento. Presi allora il computer e cercai un film in streaming che mi era stato consigliato tempo fa da mio fratello. Nel frattempo che si caricava, guardai qualche video di Youtuber e passò così un quarto d'ora.


“Ellie! Ellie svegliati! Ellie!” sentì urlare alle mie orecchie.
“Che c'è?” dissi con gli occhi socchiusi.
“Mi hai fatto spaventare. Sono 5 minuti che ti sto chiamando e non mi rispondi!” disse mia madre. “Scendi a fare pranzo”.
Presi la vestaglia e scesi. Presi posto e mangiai un piatto di minestra ed il pollo lesso. Il tutto mi aveva fatto ricordare il fatto che tra tre settimane sarei dovuta andare a Los Angeles per incontrare gli allenatori della squadra di pallavolo. Avrei giurato che mia madre non mi avrebbe mandato dato quello che mi era successo..
“Mamma, tra tre settimane dovrei andare a Los Angeles. Posso?”
“Per cosa?” domandò.
“Devo incontrare il signor Cloudy, l'allenatore della squadra di là”.
“Mh.. Vai sola?”
“Non penso. Credo che mi accompagnerà Chloe”.
“Vabè dai. Mi fido”.
“Dici sul serio? Non è che dopo cambi idea?”
“No” rispose e tornò a mangiare.
Io avevo finito e tornai quindi nella mia stanza intenta a mandare un messaggio a Chloe per informarla. La sua risposta fu un “Penso di sì ma non te lo assicuro perchè quella di matematica mi ha messo 3 e non so se mamma mi lascerà venire..” . Dannazione.


UNA SETTIMANA DOPO

Il lunedì della settimana nuova tornai a scuola dopo quattro giorni di carcere in casa con mia mamma costantemente al mio fianco per assicurarsi che io non svenissi una seconda volta. A causa dei mal di testa che si impossessavano di me continuamente mattina appena sveglia e la sera appena dopo le 19, mia madre decise quindi di farmi tornare in ospedale ma non era niente, semplici mal di testa di chi forse pensa troppo e dorme poco.

E quindi tornai a scuola. Mi svegliai con largo anticipo e mi preparai con così tanta calma che fece sembrare quel risveglio non così traumatico come tutti gli altri.
Andai alla fermata del bus. Ero sola. Chloe non c'era.
Il pullman arrivò e presi posto. Indossai le cuffiette e feci partire la musica. Dopo una fermata, Anne mi chiese se la seduta vicina a me fosse occupata ed io le risposi che poteva occuparla. Di fianco a lei, nel sedile opposto, prese posto Mirtha, sua grande amica a detta di Chloe in quanto andavano tutte e tre in classe insieme.
Magicamente le cuffiette decisero di non funzionare più. Mi sbagliai. Il telefono era andato: batteria scarica. Dovetti così toglierle e seguire il viaggio con la mia vera solitudine.
Ci fu un nome che mi rimbombò nelle orecchie: Brandon.
“Comunque non lo so. Sono contenta che mi abbia invitato Brandon ma ho paura di non interessargli veramente. Cioè lui sa che penso che è un gran bel ragazzo ma se mi porta in giro ci rimango male..” disse Anne.
“Quanto sei stupida!” rispose Mirtha scoppiando in una risata fastidiosissima.
“Sarò io a divertirmi. Sarà la solita uscita da 'ehy figa oggi' a 'ci conosciamo?'. Ma gli farò cambiare idea! Lo farò stare così bene che mi cercherà anche il giorno successivo!” rispose lei.
“Grande! Fammi sapere poi come andrà questa calma uscita..” disse Mirtha soffermandosi lentamente sulle ultime due parole.
Mi isolai. Rimisi le cuffiette nel telefono e le indossai. Meglio sentire il silenzio più assoluto con gli auricolari che 'tappavano' le mie orecchie piuttosto che loro. E quindi Brandon sarebbe uscito con Anne..! Mh interessante.

La cosa non mi infastidiò più di tanto. Insomma, la cosa mi aveva reso leggermente irritata ma cosa poteva fregarmene infondo?
Il mio pensiero riguardante la notizia della 'calma uscita' di Brandon fu bruscamente interrotto da una frenata improvvisa dell'autista. Mi sporsi verso il corridoio per vedere cosa era successo ma non riuscivo a capire. All'improvviso la ragazza seduta al primo posto cominciò ad urlare.
“Oddio! Chiamate un'ambulanza! L'ha messo sotto!”

L'autista, abbastanza sconvolto, scese dall'autobus e chiuse lo sportellone con una grande forza che fece muovere l'intero bus. Mi alzai allora in piedi e intravidi una macchina grigia ferma davanti a noi con una signora sulla cinquantina portarsi le mani in volto. E solo ora mi accorsi che eravamo davanti la scuola. Andai allora avanti per vederci meglio data la mia immensa curiosità. Ancora niente. Dalle parole urlate di Margot, sembrerebbe che qualcuno ha investito qualcuno. Ma chi sono quei qualcuno? Decisi di rimanere lì.
Passò un minuto o poco più che l'ambulanza arrivò. I medici corsero davanti l'automobile grigia, presero la barella e nel giro di 2/3 minuti il 'qualcuno' fu trasportato all'ospedale. L'autista rietrò nel bus ed aprì le portiere per farci uscire.
Corsi all'entrata della scuola per chiedere subito chi era quel 'qualcuno'.
Andai verso Ryan. “Ehi Ryan, cos'è successo?”
Abbastanza sconvolto e con un'espressione triste, mi abbracciò.
Lui non rispondeva ed il mio cuore cominciò a battere. Più veloce del solito. La paura stava salendo senza un preciso motivo.
“Ehy?” richiesi.
“Ellie, cazzo. È colpa mia” disse scoppiando in lacrime.
“Ryan, chi è? Cos'è successo? Parla!” dissi cominciando ad impaurirmi sul serio.
“Brandon aveva perso l'autobus allora è venuto con la macchina. Gli ho detto di parcheggiare nell'altro lato della strada perchè sarebbe stato meglio e non avrebbe intralciato il passaggio delle altre auto. E.. e.. e..” scoppiò di nuovo a piangere.
“Ryan..?” dissi con voce tremolante.
Prese un piccolo sospiro. “E quando scese, forse per la disattenzione o per non so quale cazzo di assurdo motivo, senza vedere ha attraversato la strada. E cazzo un'auto l'ha centrato in pieno”.

Quelle parole mi spiazzarono. Fu come se qualcuno mi colpì alle spalle con una spada. Cercai di restare in piedi e di non crollare a terra in un pianto disperato. Le lacrime si stavano sforzando di uscire ma non avevo voglia di piangere. Volevo solo svegliarmi da quello che mi sembrava un incubo. Uno strano e assurdo incubo.
Ryan mi abbracciò nuovamente e mi strinse forte. Fu in quel attimo che le lacrime presero il sopravvento e mi rigarono le guance. Avevo paura. Avevo paura di perdere Brandon pur non sapendo come stava. Avevo paura di aver perso una delle poche ragioni del mio sorriso. E quell'abbraccio di Ryan non mi fu d'aiuto. Suscitò in me rabbia, ansia, dolore, paura. Eppure non sapevo niente. Non sapevo se l'accaduto era stato grave, se Brandon era cosciente, se aveva perso sangue. Sapevo solo che Brandon era stato portato via con l'ambulanza e che era stato investito. E non volevo crederci.

Mio fratello arrivò a scuola, scese dall'auto e corse verso di me.
“Ragazzi andiamo” disse lui prendendomi per il braccio.
Lo seguì all'automobile. Insieme a me venne anche Ryan e ci dirigemmo velocemente presso l'ospedale.
Il tragitto seppur breve, sembrò durare un'eternità.
Scesi dall'auto e vidi la faccia di mio fratello. Guardai poi Ryan. Fu in quel momento che mi tornò in mente la frase di Brandon, di quando mi disse che lui non aveva amici. Capii che Brandon aveva amici, forse pochi o forse tanti, ma mio fratello e Ryan erano davvero suoi amici. Così come me. Non mi importava essere la sua ragazza o una sua amica, mi importava solo non perderlo.

Corremmo dentro.
“Salve, poco fa è arrivato un ragazzo che è stato investito..”
“Siete suoi parenti?” ci domandò l'infermiere.
“Siamo suoi amici”.
“Non possiamo darvi informazioni..”
“No. Possiamo sapere dov'è? E se sta bene? La prego..” disse Ryan.
“Potete aspettare qui”.
Ci sedemmo allora su quelle seggioline blu scomode.
Mio fratello appoggiò i gomiti sulle sue ginocchia e con la testa tra le mani. Ryan fece lo stesso.
Io appoggiai invece il capo al muro.
Il tutto mi sembrava surreale. Non sapevo niente, né come stava, né se era grave, né se stava in pericolo di vita. Niente. Eppure avevo paura, un'enorme paura. Il cuore batteva all'impazzata ed il mio labbro inferiore cominciava a sanguinare a forza di morderlo. Le mie mani non trovavano pace e continuavano a toccarsi. E non c'era modo di fermarle. I miei occhi cominciarono allora a pizzicare quando vidi la madre di Brandon arrivare. Era completamente in lacrime e chiedeva urlando ad ogni infermiere che gli si parava davanti, come stava il figlio. Non otteneva però risposta.
Si avvicinò a noi e abbracciò Ryan.
Poi si sedette.

Passarono 30 minuti ed il silenzio regnava in quella specie di sala di aspetto.
Poi un medico uscì da una stanzetta. Forse la sala operatoria o forse no.
“Mi scusi. Lei è la madre?” domandò il dottore.
“Si” rispose la signora Cooper alzandosi di scatto.
“Non so ancora bene dirle come sta” rispose. “Non vorrei mentirle e dirle che non è in pericolo di vita. Ha subito un brutto colpo alla testa e stiamo facendo il possibile”.
Scoppiò a piangere. Io mi girai e decisi di andarmene da lì.
“Ellie..” mi richiamò mio fratello.
“Ho bisogno di prendere aria. Voglio fare due passi sola” risposi con uno sguardo perso nel vuoto.

Ok. Cosa sta succedendo?
Davvero Brandon è stato investito? È in pericolo di vita? Se questo è un incubo, vi prego svegliatemi.
No. Non è un incubo.
Ora ho davvero paura.
Ho paura di perderlo, di perderlo sul serio. Di non rivederlo più. Di non potergli più dire quanto io tenga a lui. Di non poterlo più abbracciare. Ho bisogno di lui.
Non sapevo dove andare e non so dove andare senza lui.


Passarono le ore. Forse due, tre, quattro. Non lo so.
Avevo lo sguardo perso nel vuoto e la mente libera. Nessun pensiero, nessuna emozione, nessun sentimento.
Forse qualche pensiero c'era ma non riuscivo a capire. Essi scorrevano come l'acqua di fiume che porta con se detriti ma che nonostante ciò andava limpida e fluida. E forse i miei detriti erano le preoccupazioni. E l'ansia. Ed il terrore.
Non riuscivo a formulare neanche una frase da poter dire alla signora Cooper al momento del mio rientro nella stanzetta. Solo parole all'aria che davano fastidio a me.
Volevo sapere come stava Brandon. Ma volevo anche tornarmene a casa. Ero stanca di stare in quell'ospedale in attesa di qualche notizia.
A quanto pare il mondo non ti da tutto quello che vuoi. Non ho mai desiderato qualcosa di grande e prezioso ma ora volevo solo riavere con me Brandon.
Quegli attimi, quei minuti che passavano, quelle ore che sembravano anni erano infiniti più grandi di altri infiniti. E quel silenzio attorno a me era assordante.
Rientrai e senza dire e fare niente, tornai seduta su quelle seggioline blu.

“Ellie..” mi sentii chiamare da una voce angelica.
Mi girai ed era la madre di Brandon. Inconsciamente mi ero addormentata. “Ci sono notizie?” domandai.
Lei scosse la testa. “Sono le sette della sera. Forse è meglio se torni a casa”.
“Non voglio abbandonarlo”.
“Non lo abbandonerai. Se ci daranno informazioni ti chiamerò io. È meglio che ti riposi un po'. Necessiti di dormire”.
“D'accordo” risposi.
Presi lo zaino che avevo a terra e me ne andai.

Erano le 21.
Ero sopra al letto con le cuffiette nelle orecchie ma senza nessuna canzone da ascoltare. Il telefono era in carica a qualche metro di distanza da me e l'ipod era spento.
Bussarono alla porta. “Avanti” risposi.
Era Ian.
Lo guardai con occhi spalancati. Perchè era qui? E come sapeva la mia casa? O meglio il mio indirizzo?
“Ian” lo salutai.
Lui si avvicinò a me. “Come stai?” mi domandò accomodandosi sulla poltrona affiancata al letto.
“Come vuoi che stia? Male” risposi abbassando la testa.
“Mi ha detto Chloe cos'è successo. Mi ha anche spiegato la situazione tra te e Brandon e quindi immaginavo che tu non stavi bene. Sono quindi venuto a.. insomma.. a farti visita”.
“Grazie”.
“Spero che non ti dispiaccia”.
“No” dissi fingendo un mezzo sorriso. “Non mi dispiace”.
“Mi ha fatto entrare tuo fratello. Anche lui non sta bene a vedere la sua faccia..”
“Sono grandi amici” risposi.
“Immaginavo. Abita qui difronte, vero?”
Annuii.
“Non ti va di parlare?” domandò.
“No. Cioè, voglio parlarti. Non voglio essere scortese ma credo che sia meglio che io mi riposi. Nel senso, forse è meglio se sto sola”.
“Certo. Ti capisco. Sappi però che la solitudine non è sempre la miglior scorciatoia. Se hai bisogno di qualcuno con cui piangere o sfogarti puoi contare su di me. E su di Chloe. Oramai puoi considerarmi un amico!”
Alzai lo sguardo e sorrisi. “Certo. Grazie di cuore” dissi alzandomi.
Mi avvicinai e lo abbracciai.
“Ci risentiamo domani allora” disse andando verso la porta.
“Grazie ancora”. E lo salutai.

Ritornai sola, distesa sul letto.
Non mi andava di piangere. Non mi andava di urlare. Non mi andava di fare niente.
Volevo solo dormire o forse no.
Però mi addormentai.

Mi sono svegliata col telefono che suonava. Ho dato un'occhiata alla sveglia: le 7.16 del mattino. Voleva solo dire che la madre di Brandon mi stava chiamando e l'unico pensiero che avevo era che se ne era andato. Non volevo rispondere.
Mi alzai e andai verso il cellulare. Guardai il dispaly e c'era un numero che non conoscevo.
“Pronto?” risposi.
“Ellie..?” sentii dire dall'altro capo del telefono.
“Si, chi parla?” domandai sicura di saper già la risposta.
“Ellie, sono Pal, la mamma di Brandon..”
Lo sapevo. Gli occhi cominciarono a pizzicarmi.
“Ellie, scusa l'orario ma immaginavo che tu fossi sveglia. Puoi venire in ospedale?”
“Certo, arrivo”.
Riattaccai e corsi in bagno.
“El?” disse mio fratello.
“La mamma di Brandon mi ha chiamato e mi ha detto di andare in ospedale. Accompagnami ti prego” gli dissi.
Lui annui e andò a vestirsi. Così feci anch'io.

Nell'arco di cinque minuti fummo sulla soglia della porta pronti ad uscire.
Accese la macchina e andammo.


“Signora Cooper..” la chiamai mentre, con passo veloce, mi avvicinai a lei.
“Ellie!” mi abbracciò.
Ero pronta al peggio. E non è vero. Non ero pronta.
“Ellie.. Brandon si è svegliato” mi disse guardandomi dritta negli occhi. “Però non sta bene. Non può incontrare nessuno..”
“Però.. però si è svegliato” dissi con qualche speranza.
“Non è un buon segno, hanno detto i medici..”
“Come? Si è svegliato..” dissi scuotendo la testa.
“Lo so Ellie. Il problema è che è disorientato e continua a riaddormentarsi. E perde conoscenza..”
“Che significa? È grave?” domandai.
Scoppiò a piangere.


ANGOLO AUTRICE:
Mi scuso talmente tanto per il ritardo che non so cosa dirvi.
Causa scuola e poca ispirazione.
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto nonostante ciò.
Ringrazio tutte tutte tutte le persone che seguono la storia e che hanno la pazienza di aspettare così a lungo!
Grazie soprattutto ad Alessia e Diletta. Vi voglio bene.

Un grazie particolare va anche a chi silenziosamente mi ha consigliato questa canzone.

Bacioni
Alla prossima, ljamspooh
  
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