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Autore: Becky Auror    02/04/2015    5 recensioni
Estratto: "Se si fosse trovata in un’altra situazione, tante cose sarebbe state diverse e lei sicuramente avrebbe provato dolore per le maledizioni appena subite; ma si trovava nell’unico posto in cui doveva essere e stava esattamente facendo l’unica cosa che avrebbe garantito una speranza sicura a suo figlio. Perciò niente dolore, niente più rumori, niente di niente, solo la consapevolezza Remus era indifeso e che lei non era al suo fianco. "
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Se si fosse trovata in un'altra situazione

Se si fosse trovata in un’altra situazione, in una qualsiasi altra situazione, Tonks si sarebbe soffermata a considerare quanto rapidi potessero essere i battiti del suo cuore. Si sarebbe stupita nel comprendere che, quella sera, il suo respiro era così veloce e così forte da far sussultare le sue spalle ogni volta che cercava di inspirare. Avrebbe inoltre capito che, in realtà, non era così lenta come pensava, anzi. I suoi piedi erano velocissimi, lei era velocissima al punto che le sembrava che tutto intorno a lei si stesse muovendo a rallentatore. Aveva fretta, quasi non si accorgeva di quello che faceva, sapeva solo che aveva fretta. Fretta di trovarlo, fretta di sapere che era ancora vivo, fretta di stargli affianco per combattere, non solo per, ma anche con lui. Aveva dovuto estorcere ad Andromeda la verità, aveva anche preso in considerazione il Legilimens, però il silenzio di sua madre le aveva certamente detto più di mille parole. E quando finalmente Andromeda aveva ceduto, quando aveva espresso a parole i dubbi che la tormentavano, non era riuscita a concepire il fatto essere ancora lì, come se l’unico posto al mondo nel quale dovesse essere in quel momento fosse di fianco a Remus.
 
Se si fosse trovata in un’altra situazione, in una qualsiasi altra situazione, Tonks avrebbe riso del fatto che, per la prima volta, la materializzazione non le aveva causato la nausea. Nemmeno sarebbe riuscita a ricordare cosa volesse dire la nausea, perché era lucidissima, era nella piena consapevolezza dei suoi sensi. Inoltre, si sarebbe stupita dell’agilità che stava dimostrando.
Lei, la ragazzina goffa, la Hufflepuff imbranata, l’Auror dallo scarso equilibrio, stava correndo a perdifiato, evitando chiunque, schivando miriadi di incantesimi, saltando macerie e corpi di chissà chi e schiantando chiunque la ostacolasse. Era la sicurezza fatta persona, aveva lo sguardo deciso e concentrato, soltanto non sapeva con precisione dove andare. Ma finalmente scorse qualcuno che conosceva.
« Avete visto Remus?» chiese arrestando la sua corsa all’improvviso. A pensarci, non ricordava bene chi le avesse risposto, non appena il suo cervello aveva associato Dolohov a Remus, tutti i suoi sensi erano esplosi: pericolo! Non c’è tempo! REMUS! Ecco cosa urlavano, e le sue gambe avevano agito prima della testa, guidate da chissà quale istinto ma fidarsi di quello sembrava l’unica cosa giusta da fare. Urla, esplosioni, lamenti, crolli, frastuoni, nemmeno il fischiare degli incantesimi che le sfioravano le orecchie riusciva a superare il martellare del suo cuore, lo sentiva esplodere nelle orecchie passo dopo passo, come se stabilissero il tempo, e qualcosa nella sua testa continuava a ripeterle che il tempo stava per scadere. Cercò di scacciare quel pensiero -quel dannatissimo pensiero- facendosi largo con gli incantesimi. Lampi e divise la balenavano davanti.
« Expelliamus! Protego! STUPEFICIUM!» continuava a urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni per aprirsi un varco nel bel mezzo di quel caos. Riuscì a salvare per un pelo due o tre studenti, disarmò un Mangiamorte e ne schiantò un altro. Non c’era tempo per soffermarsi, continuò a correre.
Finché non lo vide.
 
Se si fosse trovata in un’altra situazione, in una qualsiasi altra situazione, Tonks avrebbe pensato che la scena che aveva davanti era stata sottoposta a un ‘Aresto momentum’, perché l’Avada Kedavra durava un attimo, un istante, non dei secoli come le era sembrato. Dolohov aveva levato il braccio ma Remus era stato più svelto e un lampo rosso era uscito dalla sua bacchetta. Il mangiamorte però si era scansato facendo in modo che l’incantesimo lo sfiorasse soltanto e quello era stato l’attimo fatale. Con un ghigno malefico, aveva agitato la bacchetta e un fascio di luce verde era esploso. Tonks non aveva smesso di correre, neanche per un attimo, però la distanza tra lei e suo marito sembrava infinita. Aveva visto la sorpresa sugli occhi ambrati del marito, aveva visto l’incantesimo avvicinarsi al petto, aveva visto il corpo di Remus inarcarsi leggermente in avanti non appena quel lampo verde lo aveva colpito, e aveva visto il suo sguardo diventare preoccupato appena prima di spegnersi.
Perché l’aveva vista. Remus aveva incrociato il suo sguardo con quello di Tonks per una frazione di millesimo di secondo, e lei era riuscita a capire tutto quello che i suoi occhi le stavano comunicando. “NO! Che ci fai qui?! Scappa! Torna da Teddy!!” C’era questo e molto altro dietro quello sguardo, ma si velarono troppo in fretta.
Qualcuno strillò, qualcuno urlò disperatamente, qualcuno urlò di dolore. Perché la gola le bruciava così tanto? Un momento! Era lei quella che aveva urlato, era lei che strillava mentre ancora correva. Il corpo di Remus ci mise un’infinità a toccare terra e, prima che il suo volo giungesse a termine, Tonks agitò con rabbia la propria bacchetta.
« REDUCTO!» urlò, più col corpo che con la voce, colpendo in pieno il mangiamorte. Non si curò della sua fine, che importanza poteva avere? Doveva raggiungere Remus, doveva risvegliarlo! Non poteva essere davvero… non poteva sul serio essere…

Una risata le attraversò le orecchie, una risata che ricordava troppo bene, una risata che aveva sentito solo qualche mese prima. Fece per voltarsi, cercando di fare da scudo a Remus, non avrebbe permesso che qualcuno lo avvicinasse, ma non ci riuscì.
Bellatrix Lestrange era nota per la sua irragionevole pazzia e la sua incondizionata propensione verso le torture. Non era come tutti gli altri mangiamorte che uccidevano semplicemente, in un attimo e con un semplice incantesimo. La sua idea di felicità era divertirsi a torturare le persone, e se come sottofondo c’erano delle urla, tanto meglio. Troppe storie aveva sentito Tonks sul conto di quella sua strana zia e sapeva benissimo di quanto odio fosse capace. Perciò quasi non si stupì quando, senza preavviso e senza pronunciarla, si ritrovò sotto la maledizione Cruciatus. Ogni fibra del suo corpo si stava contorcendo dal dolore, ma la testa di Tonks non riusciva a percepirlo, non in quel momento quando l’unico suo pensiero era accertarsi delle condizioni di Remus. Provò a rotolare su un fianco per avvicinarsi di più al marito e di nuovo  sentì quella risata raggelante esploderle nelle orecchie. D’improvviso l’ambiente si scaldò, come se una frusta di fuoco si fosse abbattuta su di lei, e in effetti era proprio così. Bellatrix stava usando una qualche maledizione a lei sconosciuta e Tonks cercò di ribellarsi, le lanciò uno sguardo carico d’odio e rabbia. Bellatrix agitò di nuovo la bacchetta, liberando per un attimo la metamorfomagus da quella morsa di fuoco e marciando in sua direzione. Con una remota parte del cervello, Tonks considerò quanto quel andamento, seppur reso sinistro dallo sguardo della strega, fosse elegante e simile a quello di sua madre.
« Come osi?» Bellatrix l’aveva raggiunta e l’aveva afferrata per i capelli. « Come osi guardarmi in quel modo, sudicia ragazzina!» Le stava puntando la bacchett- No, ciò che stava premendo contro la sua gola con tutte le forze era un pugnale corto e, per un momento, temette gliel’avrebbe squarciata così.
« Porrò fine una volta per tutte alla vergogna che tu, quella sgualdrina di tua madre e quel tuo ibrido avete portato a...» La mangiamorte era troppo vicina, fu facile per la metamorfomagus allontanarla con un calcio deciso. Barcollando, un pugnale nella mano sinistra e la bacchetta in quella destra, sua zia arretrò di qualche passo e lei ne approfittò lanciare un incantesimo ma era troppo accecata dalla rabbia e non funzionò come avrebbe voluto. Ira e rabbia, ma anche qualcosa che somigliava alla sorpresa, fu ciò che scorse negli occhi color pece della mangiamorte più temuta, prima che un lampo verde fuoriuscisse dalla sua bacchetta.

Se si fosse trovata in un’altra situazione, tante cose sarebbe state diverse e lei sicuramente avrebbe provato dolore per le maledizioni appena subite; ma si trovava nell’unico posto in cui doveva essere e stava esattamente facendo l’unica cosa che avrebbe garantito una speranza sicura a suo figlio. Perciò niente dolore, niente più rumori, niente di niente, solo la consapevolezza Remus era indifeso e che lei non era al suo fianco. Con un ultimo sforzò, scattò indietro raggiungendo finalmente le spoglie di Remus, sembrava quasi dormisse e allora qualcosa si ruppe dentro di lei, proprio nell’istante in cui la maledizione senza perdono la colpì alle spalle.

   
 
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