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Autore: Mirajade_    03/04/2015    0 recensioni
[Titolo cambiato da HALFVITAL in quello corrente]
L'angelo Michael cacciò il diavolo dal cielo con una spada di fuoco.
Lui è il padre che non c'è mai stato. Quello ricercato dalla propria figlia.
Nathaliel semi-angelo ricercata dai servitori di Dio e di Satana. Vogliono strapparle via tutto.
Perde la madre all'età di cinque anni e viene adottata dal demone Mephistopheles che la farà diventare un'esorcista.
Si ritroverà faccia a faccia con degli occhi zaffiro che la porteranno a odiare e amare...
Dal testo:
– Come esistono i servitori di Satana, esistono i servitori di Dio. Domani Nathaliel inizierà a frequentare la scuola per esorcisti, ti chiedo di tenerla d’occhio e di non fare parola della sua natura con qualcuno- si sistemò le maniche della sua giacca scrutando l’esorcista – E tienila lontana da tuo fratello, o quantomeno non farli stare da soli-
Genere: Fluff, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio, Rin Okumura, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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We are a different kind...
 
Tasto il mio ventre è sento quello che dovrebbe essere sangue, ma non sento dolore o soffocamento, nulla di queste sensazioni, soltanto il tepore del sangue che si infrange contro le mie dita fredde.
Devo stare male per aver sognato qualcosa del genere e avere le allucinazioni appena sveglia. Il cielo è scuro, troppo scuro, e la figura, frutto della mia mente, non vuole scomparire, sembra guardarmi ma è priva di bulbi oculari. Nonostante la vista divina non riesco a capire cosa sia veramente, sembra tutto così oscurato e luminoso contemporaneamente.
-Non lo sono, figlia di Michael- pronuncia con una voce semi robotica che si propaga come in una stanza vuota. Il mio corpo suda puro freddo facendomi rabbrividire.
Copro il mio volto con le mani, iniziando a respirare lentamente.
“Sto impazzendo”
-Non potresti mai, non sei una semplice umana- pronuncia ancora la figura. Scosto le mani e noto, acutizzando la vista, che tra le sue mani tiene una spadone inchiodato al pavimento. La punta di quell’arma sembra scavare un profondo solco nel parquet.
-Stai zitto- ringhio –Non sei reale-
-Dove sono?- chiede- Le hai nascoste con qualche incanteismo demoniaco?- inizia ad avvicinarsi lentamente al mio letto e io balzo fuori mentre il freddo della finestra aperta mi fa drizzare la pelle delle gambe
-Non so di cosa stai parlando…- accenno socchiudendo gli occhi –Dannazione sto parlando con un essere inesistente!-  i capelli ingarbugliati mi causano una sensazione fastidiosa all’altezza dei polpacci e il fatto di stare parlando con qualcosa che non potrebbe esistere mi fa infuriare.
La spada che tiene in mano la figura viene puntata verso di me e la lama riflette la luce della luna. Una lama strana, fatta anch’essa di luce, ma sembra inesistente e leggera come l’acqua, fragile come un foglio di vetro.
-Mi tocca fartele comparire con la forza- una scarica di fulmini mista alla lucentezza dell’acqua s’ infrange su di me e riesco a vedere solamente frammenti di vetro. Squarci di luce che si convertono in acqua e poi in aria e altri che riflettono solamente il paesaggio intorno e mi accompagnano mentre precipito giù e sempre più giù. Fuori dalla finestra i piani si susseguono davanti a me e il dolore è vero, no come la macchia di sangue sul mio ventre.
Se il dolore è reale lo è anche la figura. Forse non sono veramente pazza. Mi risveglio da un incubo e mi ritrovo in un altro.
Chiudo gli occhi e l’aria sotto di me è leggera, mi intrappola mentre mi spinge sempre più in basso. Mi minaccia e la sento attraversarmi tra le narici, nei polmoni. Quando riapro le palpebre l’unica cosa che vedo e il cielo allontanarsi, la caduta farsi più lenta, e il mio corpo ricoperto da crepe simili a venature che sembrano illuminarsi.
Ghigno, non so perché, e sento la durezza, il dolore, il sangue, la tortura dell’atterraggio, forte e violento mi sa di morte, ma so di non essere morta, individuo la terra che si alza, la mia luce che sembra tramutarsi in vetro senza consistenza, mentre il mio sangue sembra brillare di sfumature rosse e rosee.
Le gambe mi dolgono, troppo, e solo ora mi accorgo di essere atterrata in piedi, urlo forte e violentemente, anche a costo di farmi saltare le corde vocali. E solo quando finisco il mio tormento, la terra e la polvere sembrano scomparire e dietro ad esse la figura di prima rivela il suo volto inespressivo, le cavità oculari vuote e luminose, la pelle bianchissima come quella di un cadavere, lo spadone in mano e ali grandissime che si innalzano.
Lui è… come me.
No! Io non sono un angelo, non sarò mai come loro, dovessi morire!
-Fa male- non muove le labbra ma la voce si espande nella mia testa si riproduce come un motivo insopportabile. Uno stridio insostenibile.
“Resisti” a cui se ne aggiunge un'altra. La conosco eppure mi sembra così lontana, così estranea e familiare.
Tossisco, sputo quella linfa rosso chiaro volontariamente, solamente per sentire più dolore, più bruciore, sapere di essere viva e dare un senso alle parole di quell’angelo. Un angelo tanto bello quanto mostruoso, inquietante e mortale.
-Sei ferita- con lo spadone indica il sangue sul mio ventre –Hai danzato con il diavolo sta notte?- mi chiede e si avvicina, sempre più vicino.
Arcuo un braccio dietro la schiena e sento la luce delle crepe espandersi; ora sembrano zampillanti di sangue e luce, sangue che si addensa sul mio braccio dietro la schiena, che prende la forma di qualcosa di metallico, che brucia e fa male.
Solo quando porto l’alabarda, ricoperta da fili di sangue, l’angelo si ferma e io non so se attaccare.
Mi sento così debole, sento così dolore, al ventre, alle gambe, alle suture che sembrano pulsare e bruciare vive.
-Una lama virtuosa, sono stupito-  ricomincia ad avvicinarsi.
I capelli sono di un puro argento, lunghissimi, fungono da strascico e terminano fino a diventare trasparenti, congiungendosi come acqua.
-Stai lontano!- urlo e la gola mi brucia, come se qualcuno mi scorticasse viva la pelle del collo.
-Il mio è un ordine. Non posso ucciderti, figlia di Michael, ma devo togliertele- lo spadone rivolto verso di me esegue un movimento brusco rivolgendosi verso l’alto. Finisco con le ginocchia nella terra e l’erba strappata, reggendomi con l’alabarda, sentendo quelle dannate ferite riaprirsi dopo anni, mentre la pelle delle spalle brucia a contatto con uno strano liquido, non è il mio sangue, è qualcosa di fin troppo denso e brucia come le stesse fiamme dell’inferno.
Cerco di aprire gli occhi, riuscendoci a mala pena, mentre la lama dello spadone adesso sfiora la mia schiena.
-Come sospettavo… sospensione demoniaca- lo sento sussurrare dietro di me.
Con ultime forze mi scaglio in avanti affondando la lama dell’alabarda al terreno, sollevandomi e puntando poi l’arma contro l’angelo.
-Cosa cazzo vuoi?- sibilo rimanendo piegata come per attenuare il dolore che parte dalle scapole e si va a infrangere all’addome.
-Sei ricercata dalla Corte Bianca: sei una creatura illegittima, dobbiamo togliere ogni traccia di potere divino da te. Nessun uomo può essere vicino alla giustizia e grazia di nostro Signore. Sei stata allevata da Mephistopheles, figlio di Satana, quindi rappresenti anche un pericolo. In nome della Corte Bianca fatti assistere da me- lo spadone si conficca nella terra ma non ci faccio caso. Non do importanza più alla figura divina e luminosa dinanzi a me: il dolore si attenua, pizzica, scotta facendo scorrere le mie mani sulla pelle delle mie scapole finché non trovano le tante orrende ferite sulla schiena.
Sento una strana protuberanza uscire da esse. Inizio a grattare con aggressività finché tra le mie mani mi vedo comparire uno strano corpo. Bianco e sporco di sangue, privo di luce e piumato, grande quanto una mano. Una piuma che trasuda sangue.
-Le ali…- sussurro prima di sentire uno sparo. Mi stordisce; non riesco ad alzare lo sguardo dalla piuma.
-Ingethel…- è lui, è proprio lui, è venuto. Inizio a piangere: Mephisto è qui, con me, per portarmi di nuovo via dalle grinfie di questi mostri.
-Mephistopheles, consegnami la mezzavitale- sento la voce robotica di quel mostro e la presenza del mio tutore vicina.
-No- risponde Mephisto con eleganza.
E io soffoco, soffoco mentre guardo la mia piuma e mentre la mia pelle inizia a morire. Le crepe scompaiono e sento le mie iridi farsi più vive, riprendendo il color cremisi.
-Perché invece non risolviamo le cose come ai vecchi tempi?-  la mia pelle sta bruciando, viva e lentamente, sulle spalle. Mentre gli strati morti scendono come petali di rosa.
-Non sono venuto qui con l’ordine di uccidere- sputo altro sangue e sento una mano posata sulla mia spalla, grande, morbida e calda.
-Mephisto c’è qualc…-
-Zitto Okumura. C’è in corso una discussione tra gentil uomini- guardo con la coda dell’occhio il padrone di quelle dita, noto subito occhi blu, comme quelli del mio incubo  ma più chiari, vividi, e maturi.
-Nathaliel, figlia di Michael, è stata sottosposta alla sospensione demoniaca delle proprie ali, a causa del tuo intervento, Mephistopheles, figlio di Satana. Tu dovevi contrastare la natura della, ormai, tua figlia e lo hai fatto andando contro il giusto. Il marchio che adesso sta ricevendo, è un marchio divino che contrasta la ripugnante sospensione, le sue ali cresceranno e quando saranno perfettamente sviluppate la Corte Bianca la cercherà- chiudo gli occhi concentrandomi solamente sul colore che mi offrono le aure intorno a me.
Quella di Mephisto, è scura ma trema, trema preoccupata forse impaurita, ma si espande e brucia con aggressività prendendo le sembianze di un mostro che risucchia il suo padrone pian piano ma che sembra legato a una volontà invisibile..
Quella dell’angelo, invece, sembra non esistere, ma così espansa che ti dà puro fastidio, così bianca che vorresti strapparti gli occhi. Tutte le sensazioni di disagio e disgusto mischiate assieme solamente per esprimere quello che sento nel leggere un’anima quasi inesistente.
E poi c’è ne una umana, così onesta, giallognola, matura, fraterna. Vibra ad ogni respiro lento e sembra intenta nell’osservare e memorizzare, trasmettere un’energia pacifica.
Non riesco a leggerla completamente, forse perché l’energia sembra abbandonarmi ad ogni soffio mentre parole e frasi sembrano danzare nell’aria davanti a me, nelle mie palpebre chiuse, mezza vitale, sospensione demoniacaali
Forse dovevo saperlo fin dall’inizio: non potevo rimanere nascosta tra le braccia del mio tutore, nascosta tra  mura sconosciute in paesi lontani, prima o poi dovevo sapere che sarei andata a sbattere contro uno specchio che avrebbe riflesso il mio passato, portandomi a combatterlo.
L’ aura luminosa scompare, neanche si affievolisce, solamente si dilegua portando con se il mio dolore, il mio bruciore e la mia pelle morta.
-Non l’avrai Ingethel- non voglio aprire gli occhi. Mi accascio a terra: sono stanca, debole, ferita, ho sonno.
-Non ti avevo chiesto di seguirmi Okumura-sensei -
-Volevo sap…-
-Non importa. Come esistono i servitori di Satana, esistono i servitori di Dio. Domani Nathaliel inizierà a frequentare la scuola per esorcisti, ti chiedo di tenerla d’occhio e di non fare parola della sua natura con qualcuno-
-Natura?-
– E tienila lontana da tuo fratello, o quantomeno non farli stare da soli-
 
Il mio risveglio è dei peggiori.
Con la nausea che mi assale e le bende che mi avvolgono strettamente neanche fossi una mummia egiziana. Non sono nella mia stanza, ma riconosco subito lo studio di Mephisto con il grande e vecchio lampadario, illuminato dalla luce chiara dell’alba che irrompe nello studio.
-Ben svegliata, Nathaliel- mi volto di poco, solamente per l’acuto dolore che sento all’altezza delle spalle.
Mephisto ha le mani incrociate tra di loro sotto il mento, seduto nella sua poltrona con una gamba sopra l’altra e Amaimon addormentato ,sottoforma di criceto, sul suo cilindro.
-Come ti senti?- mi chiede mentre sollevo il busto dalla pelle del divano stringendo i denti per i dolori.
Il palmo delle mie mani è completamente fasciato insieme al ventre dove alberga una macchia scura di sangue, che sembra diramarsi fino a fianchi.
Quell’angelo… QUELL’ANGELO! E’ stato lui!
La rabbia divaga e brucia, nasce e infiamma, mi sento così arrabbiata per non aver reagito, per essermi limitata ad inginocchiarmi e urlare, piangere, fare il nulla più completo.
Cazzo! Non ne no posso più, sempre la stessa storia, non mi muovo mai, non faccio mai nulla per impedire qualcosa di sbagliato aspetto e basta senza un minimo di speranza. L’ho fatto con Mephisto, l’ho fatto quando ero piccola… l’ho sempre fatto, forse non me ne accorgo non lo so, infondo sarebbe una delle poche cose che ho ereditato da mia madre, la paura.
Hai paura Natahliel?
No… forse…
D’istinto afferro il primo oggetto vicino a me, un libro posato sul tavolino basso, e lo lancio, con esso getto una tazza in ceramica, un vaso, e capovolgo il tavolino stesso mentre il mio tutore me lo lascia fare.
Mi alzo, il dolore lancinante vorrebbe farmi piegare su me stessa ma non questa volta, mentre sento un altro paio di bende intorno al seno, scaglio un pugno nella parete più vicina lasciando piccoli e lieve crepe sul punto colpito. Stringo la mano dolorante con l’altra, digrignando i denti e cercando di non urlare o piangere.
-Siediti Th…-
-Tu!- punto un dito sul demone, con l’intento di sferrare un pugno anche a lui – Tu sapevi il perché di tutto! Sapevi perché non mi crescevano le ali! Sapevi che quell’angelo mi stava cercando! Forse sapevi anche che sarebbe successo tutto questo! E tu, tu non mi hai detto nulla, mi hai nascosto tutta fin da quando sono piccola, fin da quando dovevano crescermi quelle fottute ali!- urlo, gli occhi sembrano bruciarmi e vorrei strapparmi i capelli che non smettono di darmi un senso di fastidio all’altezza dei polpacci scoperti. Mephisto sta zitto, mantiene lo sguardo fisso sul mio non intenzionato a mollare –Tu non puoi capire cosa si prova a sentire la parte più vera di te crescere e fermarsi, forse è proprio un qualcosa che a che fare con gli angeli, ma io senza quelle ali, mi sento il nulla più completo, una cosa assolutamente inutile, non mi sento integra!- respiro affannosamente infilando le mani nei capelli e voltandomi verso l’enorme finestra che dà sul tutta l’accademia.  Saranno si e no le cinque del mattino ma già molta gente si intravede tra gli edifici.
-Hai finito?- è l’unica domanda che mi pone, come se fosse annoiato dal mio lungo discorso di frustrazione. Non rispondo e il silenzio lui lo prende come un sì.
-Non ti ho detto nulla perché eri troppo giovane, e fidati lo sei ancora, non sei pronta per conoscere il mondo di Satana e quello di Dio, ti manderebbero in… confusione- non è sicuro sull’ultima parola usata mentre Amaimon socchiude gli occhi al nome del proprio padre – La storia delle ali invece era per mantenerti al sicuro-
-Cosa?- sbotto- Come possono delle dannate ali mettermi in pericolo- mi volto verso di lui ma lascio il mio sguardo su uno specchio dietro la sua figura. Guardo la mia: il busto nudo, coperto solo dalle bende; sulle mie spalle albergano due strani segni geometrici somiglianti a dei triangoli capovolti che si prolungano dietro. Il tatuaggio di cui parlava l’angelo, suppongo.
-Lo hai sempre saputo!- il suo tono di voce si alza – Sai perché ti ho sempre tenuta al sicuro, perché ti ho sempre trattato come… una figlia! Sei una delle armi più potenti, sei un angelo eppure sei distruttiva come un demone, ecco perché sei cercata, e se le ali ti fossero cresciute sarebbe stato difficile nasconderlo allo sguardo della Corte- ritorna calmo – Ma tu sei la figlia dell’arcangelo Michael, sarebbe prima o poi saltato fuori. L’angelo più vicino a Dio che possiede una figlia in parte umana…-
Chiudo gli occhi, il tempo per riordinare le informazioni.
-Fantastico, che dire, mi vogliono tutti morta- sussurro ironicamente
-I divini non ti vogliono morta, vogliono soltanto strappartele, le ali, togliere ogni traccia di potere divino dal tuo corpo. Satana invece ti vuole morta o almeno quasi, vuole il tuo corpo, uno dei pochi che può contenere il suo potere. Un angelo in grado di contenere il dio dell’Inferno.-
-Non fa nessuna differenza, in un modo o nell’altro, soffrirò lo stesso, e penso di meritarlo in parte, non ho mai fatto un cazzo da quando ho scoperto di essere quello che sono… persino mia madre è morta per colpa mia- abbasso il tono di voce e il mio sguardo sul pavimento, gli occhi mi si inumidiscono.
-Questo pomeriggio, avrai la tua prima lezione nella scuola preparatoria. So che sei debole, ma dovresti farcela-
-E le ali?-
-Ci vorrà del tempo. Quando ti cresceranno completamente sono sicuro che Ingethel verrà di nuovo a cercarti. Dobbiamo fare attenzione- guardo di nuovo il sangue sulle bende, così chiaro. – E appunto per questo dovrai stare il più lontana da me- spalanco gli occhi. No! No! – Inizierai una nuova vita, frequenterai l’Istituto, mai più lezioni private, frequenterai la scuola preparatoria il pomeriggio e vivrai nei dormitori come una normale studentessa-
-Cosa?! Sei impazzito? Non sopravvivrei un attimo, anzi non sopravvivrebbero quegl’umani.-
-Per questo avrai una, potrei chiamarla guida, è un insegnante, studia per diventare medico, ed è un esorcista. Ha avuto già modo di conoscerti.- guarda e fissa le mie bende.
-Oddio, no! Dimmi che chiunque sia stato non…-
-Non permetterei mai ad un estraneo di toccare la mia figliaccia, ma ha voluto aiutare. Questo pomeriggio lo incontrerai di persona-
-Era… era quell’aura, quella gialla-
-Non pensarci adesso, ok? In camera tua ho lasciato una divisa e dei guanti per coprire le bende e le crepe delle dita. E ho preparato delle valigie con l’essenziale.- si alza dal posto e non so il motivo preciso ma mi gettò su di lui e lo stringo, ho sempre detestato la quantità del suo pessimo profumo ma non m’importa al momento, lo abbraccio solamente e lo sento ricambiare.
E’ sempre stato più alto di me, mi ricordo di quando lo prendevo in giro per la sua sconfinata altezza.
Adesso è tutto sfumato, scomparso, non è più vivido. Stare lontano da Mephisto, un amico, un fratello, il mio tutore, mio Padre, sarà troppo difficile.
 
 
Infilo il guanto rosa pallido lentamente, giusto il tempo per notare le crepe sulla punta delle dita. Dopo l’accaduto sembrano non voler scomparire così sono costretta a indossare questi pessimi guanti, comprati chissà dove, con il pizzo bianco sui bordi. Cose che comprerebbe solo Mephisto.
La divisa, la odio come minimo. Ricordo di quando ridevo delle ragazze dell’istituto, costrette a indossare quegl’orrendi gonnellini corti e quei fiocchi giganteschi e adesso, eccomi qui, a maledire la gonna fin troppo corta.
Il fiocco non lo metto neanche morta, e la cravatta non so minimamente come annodarla, quindi mi limito a infilarmi una giacca intonata alla divisa.
Eccomi sono pronta, una nuova studentessa dell’accademia Vera Croce e una nuova esorcista. Mi tasto una spalla dolorante dove ora alberga il mio nuovo tatuaggio. L’ho osservato a lungo allo specchio accorgendomi che non erano semplici forme geometriche ma veri e propri disegni intrecciati tra loro che raffiguravano piccole rose e un essere alato che con una spada trafiggeva un essere dal viso scheletrico e dalle corna arricciate, contorto per terra. Non si nota subito questa scena del disegno, bisogna scavare tra i rovi delle piccole rose che vanno ad intrecciarsi fino alle spalle in quei due strani triangoli capovolti.
Afferro un libro sul comodino ,“Maledizioni e stregoneria”, un libro che ho rubato tra i tomi di Mephisto, scritto da una vecchia strega esorcista. Sono sicura che non sarò molto interessata alle varie materie orali dell’esorcismo, sono una ragazza che punta di più sulla pratica ma ho sempre preso ottimi voti anche alle materie orali e scritte.
Metto la tracolla quasi vuota sulla spalla e stringo il libro al petto coprendo la copertina della stella a cinque punte.
Dallo studio di Mephisto provengono due voci chiare, quella del demone è severa e seria ma sembra anche prendere la situazione con un tono divertito mentre la seconda è flebile ma decisa. Leggo già l’aura giallognola. Quando entro due paia di occhi sono rivolti verso di me.
Visualizzo il ragazzo davanti alla scrivania di Mephisto, alto e moro, deve essere quel ragazzo con cui Mephisto ha scambiato delle parole prima che io crollassi sfinita, e le poche parole che si sono detti neanche riesco a ricordarle.
-Thalia, lui è Yukio Okumura il tuo insegnante di farmacologia anti-demone - quel ragazzo avrà si e no un anno in più di me, ma è un professore… secchione! Un secchione con due bei gran occhi, che dire, molto particolari e un corpo per nulla da secchione…
-Piacere- mi sorride
-Pallosa…- dico semplicemente, facendo assumere un’espressione interrogatoria sui volti dei due –Farmacologia anti-demone - dico con fare ovvio – è pallosa-
Mephisto è tentato dallo scoppiare a ridere mentre Yukio si gratta nervosamente la nuca con un sorriso da ebete stampato sul volto.
-Mi sono occupato personalmente di trasferire tutto nella tua nuova stanza, darling- il demone finge una lacrimuccia, come dice lui, “per fare scena” –Mi mancheranno le nostre discussioni- alzo gli occhi al cielo. Non è che fossero tutta sta gran cosa le nostre discussioni, anche perché parlava solo lui.
-Sei hai finito con la scenata, vorrei andare- dico indicando la porta alle mie spalle.
-Non vedi l’ora di iniziare le lezioni per diventare un esorcista, eh- ghigna Mephisto –Bene andate pure, avremo occasione di sentirci-
Yukio annuisce e sfila una chiave dalla sua lunga giacca, impugnando una valigetta. Mi passa davanti ma prima che potesse infilare la chiave afferro il suo polso.
-Sai cosa sono?- chiedo guardando il pavimento in attesa di una risposta.
-Si- lascio il suo polso limitandomi a scrutarlo mentre nei pochi attimi individuo meglio i suoi tratti. Duri e spigolosi, ma non troppo, tratti così familiari. E’ uno di quei ragazzi con la bellezza ricercata, nonostante gli occhiali gli dessero un’aria da secchione, il viso pallido è incorniciato in una maniera perfetta da quei capelli castani e gli occhi, gli occhi seppur opachi sembrano avere luce propria, come una lastra di vetro graffiata che cerca di riflettere il chiarore. Niente a che vedere con i miei: sanguigni,un colore degno di essere pari alle gocce di sangue,  lo odio.
Yukio apre la porta e l’ultima cosa che vedo e lo sguardo serio di Mephisto mentre accenna un saluto con lo sguardo, in mano il suo bastone, in testa il suo cilindro, sugl’occhi un’espressione preoccupata che non ho mai avuto onore di vedere su di lui.
 
Noto subito un corridoio vuoto, pieno dei più stravaganti colori che variano dal verde all’arancio. Un grande vociferare si infrange su di me, dandomi uno strano fastidio. Gli esorcisti del secondo anno sono totalmente intenti nel parlare, dividendosi in più gruppi, proprio come in accademia.
La scuola preparatoria ha riconquistato la sua fama dopo la sconfitta di Satana e adesso provengono aspiranti esorcisti da tutto il mondo.
-Io e Mephisto abbiamo deciso di farti passare direttamente al secondo anno, dato che sei un’Aria specializzata e usufruisci di molte conoscenze sul mondo demoniaco e divino- accenna lui con un sorriso imbarazzato, come se non sapesse minimamente come rivolgersi a me, come se avesse una donna nuda , al posto mio –La nostra classe è la 1107- si affretta a dire.
Uno strano animaletto passa tra le mie gambe, somiglia a un pupazzo di neve ma con delle sembianze più umane, alza un braccio biancastro e mi saluta sorridendo mostrando una bocca cucita e due bottoni neri al posto degl’occhi.
-Quello è un familio. Un demone inferiore che molto spesso viene assegnato ad un’esorcista-
-So cos’è un familio- sibilo
I miei capelli, perfettamente pettinati, sembrano infiltrarsi in ogni incavo e spazio del mio corpo, tra le dita delle mani, sul collo, tra le gambe, cosa che mi irrita e non poco.  Sfortunatamente non ho portato un elastico per legare una possibile coda.
-La classe non è molto numerosa, ma abbiamo una grande quantità di ragazze- Yukio chiude gli occhi in un’espressione amichevole che mi fa venire il voltastomaco ma che fa bisbigliare e sciogliere il cuore di alcune ragazze dietro di me.
-Non m’importa- dico solamente piegando la manica della giacca fin troppo lunga.
-Okumura-sensei!!- un urlo acuto a dir poco straziante si insinua tra le mie orecchie infrangendosi sulla mia figura e quella del ragazzo accanto a me che mostra un’aria preoccupata ma imbarazzata.
Due ragazze corrono spingendo poco amichevolmente la gente, urlando ancora quel nome fino ad arrivare alla loro meta, per niente stanche della corsa appena fatta.
-Okumura-sensei volevo chiederle se è disponibile per delle lezioni dopo la scuola- inizia una ragazza. Magra e bassa, con i cappelli di un verde mela ossigenato su cui si nota la poca ricrescita biondo platino.
-In realtà io volevo chiederle se poteva dare lezioni dopo la scuola- questa volta a parlare è un'altra ragazza, che con sguardo omicida fulmina la propria “amica”, sistemandosi un ciuffo di cappelli color cioccolato.
Yukio accenna una risata disperata – Reiko… Otsune, credo proprio di non essere disponibile per lezioni extrascolastiche- dice grattandosi la nuca convulsamente pronunciando i nomi delle ragazze quasi con timore.
Lo sguardo delle due si rattristisce e in un attimo lo vedo puntarsi su di me, dietro la figura del loro professore, mi guardano con malignità e accennano una parola bisbigliata.
Sogghigno. Divertirsi non fa mai male.
-Ora ragazze devo scappare, scusatemi, ci vediamo a lezione- mi prende per un braccio e mi trascina via. Quando siamo abbastanza lontani nel bel mezzo della folla, noto il numero della mia aula sopra una porta. Scosto con disgusto il braccio di Yukio.
-Non toccarmi- dico, ma non come una persona schifata, ma come qualcuno che ha il timore di essere toccata.
Yukio non dice nulla solamente entra in classe. Anche se le lezioni non sono iniziate la classe non è completamente vuota: un gruppo di tre ragazze chiacchiera in un angolino e in un banco altre due ragazze sembrano chiacchierare anche se una ascolta l’altra con pochissimo interesse.
-Le lezioni inizieranno tra cinque minuti esatti.- mi avverte Yukio poggiando la sua cartella sopra la cattedra piccola davanti un’enorme lavagna –Voglio presentarti qualcuno-
-Aspetta, lasciamo star…- ma lui si è già incamminato verso le due ragazze. Una porta due codini violacei, l’altra un caschetto biondo platino molto bambinesco.
Resterei ferma sul punto in cui sono stata lasciata ma noto che altri esorcisti in classe non smettono di guardarmi cosa che mi fa abbastanza incollerire, quindi stringendo più forte al petto il libro di Mephisto, seguo il moro.
-Shiemi-san- chiama lui – vorrei presentarti una nuova alunna- la ragazza bionda si volta verso il proprio professore con un sorriso stampato sul volto e gli occhi luccicanti di gioia.
-Una nuova alunna?!- chiede  allargando di più il suo sorriso per poi notare la mia figura poco distante da lei. Fa segno di avvicinarmi e mi viene quasi spontaneo arrossire ed avvicinarmi con un aria poco sociale. Adesso anche la ragazza dai codini viola è impegnata ad osservarmi.
-Wow hai dei capelli lunghissimi!- la bionda si alza dal proprio posto stanziandosi davanti a me e prendendomi senza accorgermene le mani tra le sue,facendomi cadere di mano il libro –Diventiamo amiche!- annuncia stringendo la presa.
Non sono in grado di parlare, guardo solamente con aria stranita la ragazza davanti a me che sembra quasi implorare di entrare tra le mie grazie.
-Qual è il tuo nome?!- quasi urla
-Nathaniel Murakami- dico chiudendo un occhio e aspettandomi una reazione come un urlo. Per fortuna però non avviene.
-Waaa…- le si illuminano gli occhi –Io sono Shiemi Moriyama mentre lei e Kamiki Izumo- indica la sua amica dai capelli violacei –Ti hanno mai detto che sei bellissima!-
Arrossisco vistosamente togliendo le mani con fare frettoloso dalla presa della ragazza che ben presto rivolge lo sguardo dietro alla mia figura.
Nel frattempo mi accorgo che Yukio deve essere ritornato alla sua postazione lasciandomi nelle grinfie, anzi nelle strette di questa ragazzina.
-Buongiorno Rin!- la sento urlare.
Izumo sbuffa annoiata rivolgendomi uno sguardo indifferente.
-Ti è caduto il libro- mi dice toccandosi un codino.
-Grazie- sussurro. Non mi sento a mio agio tra questa gente. Una sembra essere uscita da una favola in stile “Alice in Wonderland”, un’altra sembra una povera secchiona, bacchettona e apatica mentre il mio professore è un perfetto idiota che sembra non aver mai avuto un appuntamento.
Ripensandoci, preferisco fare l’autodidatta!
Mi chino per raccogliere il libro, con la copertina in bella vista. Una copertina molto macabra, nera e intarsiata con il proprio titolo e il pentagono. Mi rabbrividisce il solo guardarla, almeno penso sia quella a farmi rabbrividire.
Sento un’aura, vicina e scura, come quella di Mephisto ma a differenza della aura di quest’ultimo non ha le sfumature dell’egocentrismo bensì quelle del coraggio, dell’ambizione e della bontà.
Quando sfioro la copertina una cascata dei miei capelli si riversa su essa e noto un’altra mano posarsi su quella. Pallida e con le dita affusolate.
Non è la mano di Shiemi, si nota che è una mano maschile.
Alzo lo sguardo e mi si mozza il fiato. Lo stomaco si contorce in una morsa di paura e sono tentata di urlare.
-Deve esserti caduto- mi sorride. Quel ragazzo del sogno. Uguale. Gli stessi capelli corvini, gli stessi occhi blu, gli stessi tratti e il viso pallido. Non può essere lui, Satana, deve essere il corpo che ha deciso di usare mentre l’anima padrona era a riposo.
Adesso, il vero ragazzo, la vera anima padrona, è qui davanti a me con un quasi sorriso e la bocca dischiusa.
Arrossisco e calo di nuovo lo sguardo verso la copertina del mio libro, afferrandolo e portandolo di nuovo vicino al mio petto.
-Io sono Rin Okumura- mi porge la mano quando ci rialziamo. La stringo convincendomi di non tremare. La sua pelle brucia a contatto con la mia, fredda.
Sento qualcosa rompersi dentro di me, come il suono di una bottiglia rotta, sento quel mio potere risvegliarsi senza il mio permesso e il tatuaggio sulla schiena avvampare, sento una vocina all’interno della mia testa che risuona come “Uccidilo” ma non ci faccio caso.
-Ci siamo già visti?- mi chiede allontanando la mano e sorridendo. Intravedo gli stessi canini del sogno.
Scuoto la testa in segno di dissenso, uscendo, poi, dalla classe sotto lo sguardo guardiano di Yukio.
 
 
La lezione si svolge lenta e noiosa. Trovo più interessante la penna tra le mie dita che le parole di Yukio. E’ dannatamente noioso! Accumula tra di loro termini incomprensibili, scrivendo col gessetto sulla lavagna i nomi dei demoni più comuni, quelli che puoi trovare dietro l’angolo e non accorgertene. Tutti mi guardano lo sento, o meglio , la maggior parte dei miei nuovi compagni mi guardavano mentre il restante sparla su di me come se fossi un’ idiota con la scritta sulla testa “Prendetemi a calci”. Dalle loro auree, riesco leggere una forte gelosia, che a parer mio è del tutto insensata mentre in altre auree risplende il solito rosso vivo dell’erotismo, il poco restante si annoia come me con le loro auree grigiastre.
Tre banchi davanti a me riesco a scorgere il profilo di quel ragazzo. L’aura è sempre scura ma tranquilla, non accenna nessuna vibrazione, come se stesse dormendo. Gli incavi della schiena risaltano anche tra camicia, incavi che vorrei accarezzare come se fosse un istinto.
Accanto alla sua figura giace un involucro rosso, una di quelle protezione per le katane che ho visto spesso in India, anche se quelle mostravano qualche disegno in più o strani ghirigori sulla stoffa.
-Non sei molto interessata alla lezione- il mio compagno di banco, me ne ero completamente scordata,era un tipo tutto muscoli con i capelli neri e gli occhi verdi, uno di quei tipi che camminano solamente in gruppo e che picchiano il secchione di turno –Bambolina- sibila
Fermo la penna tra le dita, stringendola con irruenza.
-Non sono affari che ti riguardano- scosto lo sguardo annoiato dalla lavagna al suo. I suoi occhi sono di un verde acido e il suoi viso e contratto in un ghigno. La sua aura è di una strana sfumatura rossastra che tende al marrone.
-Pensi di essere arrapante?- mi chiede incrociando le braccia sul banco, mentre la giacca gli si ritira all’altezza dei muscoli delle braccia troppo voluminosi. Rivoltanti.
-Cosa?!- chiedo semplicemente con un’espressione stranita
-Entri qui. Sei la nuova alunna; il professore ti presenta come un’esperta Aria e una possibile Knight; non sorridi, non guardi la gente in faccia, ti limiti in espressioni schifate come se fossi l’unica qui ad avere belle gambe-  forse sarò io che dopo lo scontro devo aver preso delle botte violente o forse mi trovo proprio davanti a qualcuno, un ignorante per precisare, che non sa costruire una frase con un filo logico. Sembra di parlare ha un bambino che mischia scuse e scuse solamente per arrivare ad un motivo, nella maggior parte dei casi , stupido.
-Vai al sodo. Ormai ti ho già inquadrato come il perfetto ignorante della classe, che sfoggia i suoi pessimi voti come se fossero un trofeo, toccando il culo alle ragazze, puttane, e che è entrato in questa fottuta accademia perché è il solito figlio di papà con tanti soldi e poco cervello. Ho indovinato, vero?- sogghigno, socchiudendo gli occhi in due fessure, inclinando la testa di lato guardandolo con astio.
Lui sembra rimanere a bocca asciutta, si lecca semplicemente le labbra screpolate, stringendo una mano a pugno mentre con l’altra mi stringe una mano guantata.
-Non so chi tu sia, brutta bastarda, ma sappi che se hai dei problemi con me, sono guai seri per te e la tua reputazione. Cerca di non metterti contro la mia persona potresti farti male- sussurra
-Contro la “tua persona”? Wow, non sapevo fossi così colto da usare certi termini- lui ringhia mollando la presa a quella frase.
-Murakami, Tanaka. Ci sono problemi?- chiede Yukio con in mano il gessetto quasi terminato.
Mi limito a guardare il pavimento mentre il moro accanto a me sibila un “Tutto bene” espirando rabbia e furia.
 
“A differenza della cultura divina, i demoni non inseriscono nel loro nome quello del proprio Signore. Si limitano ad ascoltare i nomi che vengono ad essi attribuiti in base alle loro malefatte facendoli  propri. Dopo la loro nascita vagano per la terra mostrandosi in più forme, scoprendo le loro passioni e i loro vizi, mostrandoli all’umanità, aspettando che gli venga dato loro un nome che li rispecchi per la loro malignità.
Come esempio prendiamo uno dei grandi principi di Gehenna: Astaroth. Il suo nome è l’equivalente del nome di un’antica dea babilonese, Ishtar, colei che è discesa nell’oltretomba dove è stata giudicata, denudata e giustiziata. Durante il tempo in cui la dea restava prigioniera nell’ oltretomba, si racconta, che la Terra fosse caduta in uno stato cadaverico. La fertilità dei terreni sembrava essersi arrestata e con essa quelle delle donne lasciando così pian piano il mondo in una lenta morte.
Come Ishtar, Astaroth ha quindi le capacità della morte, e di far divenire cieco chiunque voglia.
Ma queste sono soltanto le mie ipotesi, non mi ritengo abbastanza vecchia per scoprire la vera malignità dei principi dell’Inferno.
Gli angeli, o meglio, i divini, invece, portano alla fine dei loro nomi la sillaba “El” o semplicemente la la “L” che significa Dio, come per portare il proprio Signore oltre che nella mente e nel cuore anche nel proprio nome.
Michael. Gabriel. Raphael. Raziel.
Tutti nomi ch…”
Distolgo lo sguardo dal libro, togliendo la mano dai miei capelli mentre Yukio dichiara di aver terminato la sua lezione.
I divini portano alla fine dei loro nomi la sillaba “El”.
Mephisto non me lo aveva mai detto ma aveva sempre accennato il fatto che mia madre fosse come ossessionata da mio padre, come se fosse la sua dipendenza, e quindi di come fosse ossessionata anche della cultura del Divino.
Nathaliel. Nathalie.
Togliendo la “L” esce uno dei tanti nomi comuni europei che dal latino significano “Giorno Natale” o meglio compleanno. Nome attribuito a coloro che sono nate vicino al “Natale” in onore di Gesù Cristo. Uno dei più grandi esorcisti, predicatori e guaritori nella storia del Cristianesimo.
-Nathaliel- Yukio mi chiama dalla cattedra. Ormai la classe è semi vuota. –Tutto bene con Tanaka?- mi chiede in tono serio quando sono davanti  a lui.
-Smettila di farmi certe domande come se fossi mio padre! Avrai si e no qualche anno in più di me- ripongo il libro nella tracolla sulla mia spalla rivolgendo occhiatacce al giovane professore –E comunque…- inghiotto amaramente la saliva, sentendomi quasi priva di voce –E’ Nathalie. Nathalie Murakami- ora che so il motivo di quella lettera finale, che ha fatto sempre risuonare il mio nome con una sfumature strana, voglio solamente cancellarla. Non voglio avere il loro dio nel mio nome –Adesso se non ti dispiace, vorrei avviarmi verso il mio nuovo dormitorio- esco dalla classe ritrovandomi di nuovo in quel largo corridoio scuro, ricolmo di esorcisti che si avviano verso le varie uscite maneggiando le loro chiavi dorate . Di tanto in tanto sento i loro bisbigli come “La ragazza nuova”, non mi piace. Riesco a malapena a leggere tutte queste auree, è troppo faticoso, ma individuo quelle più vicine a me sentendo le loro vibrazioni.
L’aria sembra farsi più tesa e pesante, il tempo rallentare, individuo un’aura scura, le cui vibrazioni sembrano volermi trafiggere.
Ho il tempo di voltarmi e schivare quello che sembra un pugno. Afferro il braccio che si staglia davanti a me, torcendolo…
“Gli angeli, Thalia, hanno tutto amplificato…”
Mantengo la presa, sbattendo il proprietario del braccio alla parete più vicina, scavando con le unghie la pelle abbronzata…
“Tristezza, gioia, amore, odio, adrenalina…”
Individuo i capelli perfettamente neri e unti di prodotti del mio compagno di banco.
-Quali cazzo di problemi hai?- sibilo torcendo di più il braccio strappandogli un gemito di dolore.
“Cattiveria, rabbia, lussuria…”
Lo vedo che cerca di liberarsi dalla presa ma gli è quasi impossibile. Sento il tatuaggio sulla schiena bruciare e digrigno i denti mentre mi si sfoca la vista e mollo la presa.
“Ogni cosa…”
Ho bisogno di uscire, ho bisogno di aria, ho bisogno che tutti la smettano di guardarmi come se fossi un…
-Demone- lo sento ringhiare, i suoi occhi sono stupefatti mentre si tiene la spalla dolorante con una mano.
Ghigno. E anche se fosse?
Affretto il passo verso un qualunque uscita, tanto la gente sembra schierarsi per la paura. Non riesco a respirare ma ce la faccio, mi sembra morire e provare dolore ovunque. Sulla schiena sembra di avere lava bollente che scivola tra la pelle stanziandosi tra gli incavi.
Quando i luci dei lampioni mi illuminano il viso noto che il cielo è completamente oscurato e che sembra di stare su una barca in mare aperto. Davanti a me si trova il gigantesco edificio dell’accademia, illuminato dalle luci che provengono dalle tante finestre. Accenno un passo verso un piccolo spazio buio, lontano da tutte quelle luci, proprio dietro l’edificio in cui mi trovo.
Ogni passo sembra essere pesante, sembra far aumentare la sensazione di nausea e di dolore.
Quando le voci degli studenti mi risultano lontane mi accascio contro un albero lì vicino, piccolo e magro. Mi aggrappo ad un ramo basso ed inizio a sputare quello che sembra essere sangue a giudicare dal sapore metallico ma che sembra non avere nessun colore in mezzo a tutta quest’oscurità.
-Dannazione- sussurro mentre mi piego di più su me stessa sentendo il ruvido del ramo secco sulla pelle. I cappelli biondi sembrano volermi coprire la vista con la loro lunghezza.
Questo tatuaggio è una maledizione che pare volermi consumare e uccidere fino all’interno, vuole alleviare il suo dolore per poi ricominciare la sua tortura, come se dall’alto si divertissero a vedermi in questo stato, e sono sicuro che è così. Brutti bastardi e sadici per di più.
L’erba sotto ai miei piedi produce un lieve rumore ma sono troppo impegnata, per capire se è presente un’altra presenza.  I capelli si scostano lasciandomi ammirare la debolissima luce di una luna coperta da sottili nuvole, e adesso l’avverto quella presenza, senza leggere la sua aura.
Dopo due minuti buoni di nausea mi sembra di essermi prosciugata completamente, la gola pare essere scorticata, il sapore del sangue mi annebbia la mente.
-Tutto bene?- mi irrigidisco ma annuisco debolmente, voltandomi verso gli occhi scuri di Rin. Lo vedo lasciare la presa sui miei capelli.
-Grazie- riesco a dire debolmente e premendo una mano sulla gola lacerata.
Afferro la mia tracolla in mezzo all’erba, la terra e le foglie.
Mi lacrimano gli occhi e non per il dolore che sembra essersi affievolito, semplicemente detesto sentirmi debole a causa di quegl’esseri.
-Ti… ti accompagno al dormitorio?- mi chiede con la voce tremante
-No, non c’è bisogno- mi avvio verso l’edifico del mio nuovo dormitorio, lontano e scuro sembra essere un’ombra maligna che aspetta di inghiottirti in una morsa di paura e disperazione. Neanche le finestre sono illuminate, come se fosse in disuso.
-Ti succede spesso?- lui, dietro di me sembra muoversi lentamente e con indecisione.
Non capisco a cosa si riferisce all’inizio. –No, devo aver avuto un capogiro- rispondo
-Ah… e qual è il tuo dormitorio? –
-Lo stesso del professore Okumura- e solo ora mi accorgo che è il suo stesso cognome. Ecco perché hanno dei visi così simili, devono essere parenti.
-Allora siamo inquilini- accenna in un tono deciso lui, mostrando un sorriso a trentadue denti.
In un attimo tutti i pensieri su come organizzarmi nel mio nuovo dormitorio sono sfumate completamente: vivere sotto lo stesso tetto di un ragazzo che precedentemente è stato posseduto da Satana stesso?
Inoltre, non parliamo, della maledizione che adesso mi tormenta.
-Da dove vieni?-
Gli rivolgo uno sguardo stranito, voltandomi quanto basta per riuscire a vedere il suo viso tanto solare.
-Non sembri giapponese- aggiunge notando l’espressione che gli riservo.
-Oh, mia madre era di origini tedesche- mi affretto a dire. Non capisco perché sto rispondendo a tutte queste domande e se non erro mi sembra di aver detto di non voler compagnia. Le mie suppliche però non sono state ascoltate e ora mi pare di essere dentro un perfetto interrogatorio sulla mia vita.
In molti, o quella poca gente che ha potuto vedermi, mi ha sempre rinfacciato il fatto di non assomigliare pienamente ad una ragazza giapponese. Mia madre, mi è stato detto, essere di origine tedesca anche se ha vissuto fin da piccola qui in Giappone; la bellissima donna tedesca dagl’occhi di lava e i capelli nero pece, Kassandra Arnold. Mio padre… lui so solamente che è un bastardo, non so altro. Che viso poteva avere? Qual è la sua forma umana? Non lo so, ho sempre ricevuto quelle detestabili descrizioni generiche.
“Non ricordo, perfettamente, era biondo proprio come te e riscuoteva un grande successo tra le mortali” si era limitato a dire Mephisto una volta che glielo avevo chiesto ed io avevo risposto con uno sguardo sul furioso e l’indignato.
-E tuo padre?- quando si pensa al diavolo, spuntano le corna o meglio spuntano le ali.
-Non lo conosco- mi limito a dire –Non farmi domande su di lui- aggiungo sapendo di aver acceso una fiammella di curiosità che non verrà mai spenta.
Cala uno di quei silenzi tombali in cui solamente il rumore dei nostri passi osa parlare, o le foglie spostate dal vento, o la tracolla che produce un suono sordo sbattendo sulla mia coscia pallida, nuda e fredda.
-E come mai hai deciso di diventare un’esorcista?- altra domanda.
-Senti… non voglio essere scortese, ma non piace essere sottoposta a interrogatori- rispondo soffiando tra le labbra e notando che adesso l’ombra del mio nuovo dormitorio sembra farsi sempre più vicina.
Da lontano sento il cantare di qualche cavalletta, lo spostamento di un altro corpo, e il grido di qualcuno che sembra affaticato.
-Nii-san! Murakami-san!-  l’urlo a chi poteva appartenere se non a quel palloso insegnante?
-Quanto è stressante- sentenzio assieme a Rin. Alzo gli occhi al cielo mentre vedo la piccola e indistinguibile figura prendere forma e dettagli e trasformarsi in Yukio Okumura coperto dal suo orrendo cappotto nero.
Quando è dinanzi a noi fa fatica a parlare ma ci riesce nonostante alcune pause per richiamare a se il respiro:- Tutto bene?- chiede semplicemente squadrando prima il volto do suo fratello e poi quello mio.
-Si- rispondo io –Perché?-
-Nulla in particolare- e si unisce alla camminata.
 
La mia stanza possiede un solo aggettivo per descriverla: spartana. Composta solamente da due letti, uno ogni lato, e due scrivanie illuminate lievemente dalle luci mescolate dei lampioni lontani e della luna, che entrano nella stanza tramite due piccole finestrelle.
-Spero che sia di tuo gradimento- Yukio accanto a me tiene ancora la maniglia della porta stretta, messo di lato come per farmi godere la “vista” –Io e Rin siamo al piano di sotto- aggiunge
-Si, va bene- getto la tracolla per terra, sul pavimento della stanza scricchiolante – E dov’è il bagno?-
-Infondo al corridoio. In questo dormitorio ci siamo solamente noi tre quindi non avrai problemi di privacy- il moro mi rivolge un sorriso –Almeno spero- la sua espressione cambia, mostrando un’espressione seria e guardando suo fratello proprio dietro di lui, appoggiato al davanzale di una finestra del corridoio e con le braccia incrociate.
Rin arrossisce infuriandosi:- Che cosa credi, brutto quattrocchi a pois?!- urla tra i denti acuminati.
-Conoscendoti…-
Iniziano una discussione di cui non me ne importa nulla e noto in un angolino, proprio accanto al letto, grandi borsoni rosa shocking con il viso di Mephisto stampato sopra.
-Ehm, potete discutere di sotto. Sapete sono appena arrivata, sono stanca, ieri sera non ho vissuto uno dei momenti più belli della mia misera vita e di certo non posso mettermi a meditare nel bel mezzo della notte- incrocio le braccia assumendo un’espressione ovvia anche se i due fratelli Okumura mi guardano come se avessi allegato parole senza un minimo di significato.
-Meditare?- gli occhi di Yukio s’illuminano interessati –Sai praticare quest’arte?-
Le mie guance assumono un lieve colorito rosato:- Si, già da un anno-
-E riesci a vedere gli aloni dello spirito?-
Sbuffo –Non mi piacciono le domande- sibilo –Comunque sì, riesco a vedere le aure. Ora se non ti dispiace, fuori di qui!- punto un dito verso l’esterno mentre Rin sembra visibilmente divertito.
-Bel caratterino- sogghigna alle spalle di suo fratello in evidente impaccio.
-Si…si…ehm perdonami… Murakami-san!- e si dilegua chiudendo la porta.
Non riuscirò a sopravvivere con quei due. Noto con evidenza che non sono mai stati con una ragazza più di dieci ore al giorno e che non sanno minimamente come comportarsi. Quello che sembra il maggiore, seppur maturo e serio, non ha mai avuto una relazione con qualcuno del sesso opposto al suo anche se da quel che ho capito le pretendenti non gli mancano mentre l’altro è uno di quei perfetti idioti sempre in competizione con se stesso e gli altri… e che cercano di rimorchiare malamente, finendo col dire cose alquanto imbarazzati.
Non sono mai uscita di casa, se non per rintanarmi in un’altra nazione, ma so come si comporta la gente, forse per la quantità assurda di film che sono stata costretta a vedere con il mio tutore o forse è semplicemente uno dei tanti doni ma so di capirla.
Mephisto me lo ha sempre ripetuto che sono speciale in tutto e per tutto, che fuori da quest’accademia mi cercano come il fuoco ha bisogno dell’ossigeno per bruciare.
La mia rinascita ha inizio da qui, l’esorcista Nathalie Murakami figlia di Mephisto Pheles e di Kassandra Arnold. Nominata da oggi “Demone” quando invece è un mostro senza il minimo di controllo che potrebbe esplodere da un momento all’altro.
 

LITTLE WONDERLAND
Shalve ragashi :3!
Come potete vedere questo capitolo e molto ma molto lungoooo, quindi inizio col chiedere perdono se troverete qualche errore che non ho notato durante la revisione del testo.
Finalmente Rin e Thalia si sono incontrati... yep! Adesso inizieranno i problemi da inquilini.... e solo quelli? Non dico nulla! XD
Fine (vedete voi se leggerlo in inglese o in italiano XD) adesso medileguo, e corro a scrivere qualcos'altro e a vedere Fairy Tail. 
Shiauu *-*

P.S Gli aggiornamenti possono avvenire dopo secoli... in quel caso datemi per deceduta o in vacanza *-*
 
   
 
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