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Autore: Padmini    04/04/2015    4 recensioni
Una mente che non risposa, mille pensieri che si accavallano e che combattono tra di loro per la vittoria. Sacrificare la propria vita per una nobile causa o seguire i propri intimi sogni?
Charles Xavier si era trovato davanti a quel dilemma più di una volta, ma quella notte, avvolto dalle tenebre e dal silenzio, aveva preso la sua decisione. Avrebbe dato tutto se stesso per il suo sogno, lo avrebbe fatto davvero ... ma era ancora troppo presto. Quella notte, Charles scelse di essere egoista e di tornare dall'unico uomo che aveva mai amato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 

Tutto era accaduto rapidamente, forse troppo per lui.

Gli avvenimenti di quegli ultimi giorni erano stati come una folata di vento improvvisa che lo avevano sradicato dalla melassa della vita passiva che aveva vissuto fino al momento in cui Logan si era presentato in casa sua chiedendogli aiuto.

Non era mai stato propenso a quel genere di vita, al pericolo costante e alla tensione e, nonostante avesse sperimentato l'ebrezza dell'avventura con Erik, mentre cercavano i mutanti, i lunghi anni passati nella sofferenza e nella solitudine gli avevano fatto dimenticare cosa significava avere a che fare con le persone. Non aveva avuto scelta, tuttavia. I tempi erano troppo ristretti perché lui potesse pensarci con calma e prendere fiato per prepararsi psicologicamente a tutto ciò che avrebbe dovuto affrontare.

Eppure era tutto finito.

La tempesta che lo aveva travolto era passata; aveva lasciato la sua scia di danni dietro di sé, com'era prevedibile, ma aveva portato anche qualcosa di buono.

Charles se ne stava in silenzio, nel suo studio, a valutare i danni e le conquiste di quella missione, cercando di concentrarsi sugli aspetti positivi, su ciò che avevano ottenuto.

Il presidente, visto ciò che era successo, aveva preteso un incontro immediato con Charles e Hank, gli unici due mutanti presenti, dopo che Logan era misteriosamente scomparso e Mystica ed Erik se n'erano andati – ecco, quella era una perdita considerevole, ma non ci si soffermò.

Charles era ferito e stanco e Hank non se la stava cavando meglio, ma non avevano potuto rifiutare di parlare con lui, di spiegare le loro ragioni. Un'occasione simile non l'avrebbero avuta forse mai più e non potevano di certo lasciarsela sfuggire.

Charles non ricordava le parole esatte che aveva usato per convincere il presidente, tuttavia ce l'aveva fatta. Forse era stato ciò che il presidente stesso aveva visto quel giorno e che le parole di Charles avevano enfatizzato, ma da quel momento il governo aveva definitivamente deciso di chiudere la guerra contro i mutanti e invece iniziare una campagna a favore della loro integrazione nella società. Sembrava troppo bello per essere vero e Charles stesso, sempre pieno di speranza nel genere umano, stentava a crederci. Eppure, lentamente, le cose avevano iniziato a cambiare e nessuno poteva dire il contrario.

Charles era consapevole che, come ogni grande cambiamento, anche quello dell'ingresso dei mutanti della società, sarebbe stato lento e non privo di lotte e sacrifici, ma già il germoglio di un nuovo modo di pensare cominciava a far capolino dalle ceneri di quella che era stata una vera e propria strage.

Trask, ritenuto responsabile della morte di decine di mutanti, era stato messo in prigione a vita e il suo denaro era stato confiscato per essere devoluto in favore di iniziative di sensibilizzazione verso la causa dei mutanti. La scuola Xavier per giovani dotati era stata messa all'ordine del giorno in molte riunioni del parlamento ed elogiata pubblicamente. Grazie a questo supporto le iscrizioni avevano iniziato ad arrivare numerose e Charles non aveva nemmeno avuto il tempo di pensare ad altro se non a riportare alla luce ciò che da tempo giaceva sotto la polvere del suo disinteresse e della sua delusione per accogliere i sempre più numerosi studenti.

C'erano voluti quattro lunghi mesi prima che i laboratori fossero nuovamente praticabili e che fossero pronte le nuove aule e i nuovi dormitori, indispensabili per l'affluenza sempre in crescita dei giovani mutanti che ormai giungevano a Westchester da tutto il mondo.

Non erano solo gli studenti a giungere ma anche gli insegnanti. Alcuni erano mutanti che, attirati dalle parole di speranza di Charles, avevano deciso di uscire dall'ombra in cui si erano sempre nascosti per dichiararsi apertamente; altri erano invece normali esseri umani che, convinti della necessità di un clima di pace tra umani e mutanti, volevano dare il loro contributo.

Ovviamente c'era chi non aveva ancora accettato le decisioni del governo riguardo i mutanti e, parallelamente ai gruppi a favore dell'integrazione, aumentavano anche quelli che invece contro. Le manifestazioni di odio nei confronti dei mutanti aumentavano di giorno in giorno, soprattutto verso quelli che avevano mutazioni molto evidenti e per i quali non c'era altra scelta che trovare rifugio nella scuola.

Nonostante qualche nota negativa, inevitabile tuttavia, tutto procedeva bene, come si era sempre immaginato.

Finalmente, dopo mesi di lavoro, quella era la prima sera in cui era riuscito a rilassarsi, a prendere del tempo solo per se stesso. All'inizio era felice di potersi rilassare un po' senza dover pensare ai programmi per il semestre, a come affrontare i problemi emotivi degli studenti più giovani o su come discutere riguardo gli attentati contro i mutanti, ma presto si era reso conto che tutta quell'attività aveva tenuto la sua mente lontana da pensieri troppo dolorosi da affrontare. Le voci degli studenti, degli insegnanti e dei politici avevano sovrastato quelle più deboli dei suoi ricordi, le voci che era riuscito a zittire prima con l'uso del siero e poi con l'incessante lavoro. Ora che nessuna di quelle distrazioni lo distoglieva dalla realtà si era trovato faccia a faccia con le sue paure e i suoi rimpianti.

Sentiva Raven, che lo rimproverava per non essere mai riuscito a capirla. La voce di sua sorella rimbombava nella sua testa come una frusta. Troppo tardi si era reso conto di quanti errori aveva commesso nei suoi confronti, troppo tardi per porvi rimedio. La sua mancanza pesava nel suo cuore come un macigno e ora la sentiva più che mai.

Altre voci erano quelle dei mutanti morti. Troppe vite erano andate perdute prima che lui si fosse deciso a fare qualcosa. Quelle voci erano gli echi lontani di mutanti che avevano sofferto e che lui si era rifiutato di ascoltare quando ne avevano avuto bisogno. Ora tornavano a tormentarlo come fantasmi che abitavano nella sua coscienza.

Un'ultima voce, quella più insistente e dolorosa, era quella di Erik. Charles aveva dato tutto se stesso per aiutarlo, per fargli sviluppare appieno i suoi poteri, per fargli trovare quel luogo a metà strada tra la rabbia e la serenità dove poter essere pienamente ciò che era … e lui lo aveva abbandonato. No, era stato lui che lo aveva lasciato andare. Erik lo considerava un fratello, voleva veramente lottare con lui per il bene dei mutanti ma Charles, distrutto dal dolore, lo aveva rifiutato. Era vero, in effetti che volevano raggiungere lo stesso scopo, ma ciò che li divideva era il modo in cui lo volevano raggiungere. Charles era sempre stato per la mediazione, per il dialogo, mentre Erik era più diretto e violento, con esiti che spesso andavano fuori dal suo controllo, come si era visto in passato.

Ora però era diverso, forse qualcosa sarebbe potuto cambiare.

 

La scuola era silenziosa a quell'ora di notte. Solo un telepate come lui avrebbe potuto percepire i sogni degli studenti addormentati e i pensieri di quelli preoccupati per l'interrogazione del giorno successivo. A parte questi sussurri, non si sentiva volare una mosca e l'unico suono percepibile era il fruscio del vento che scuoteva le fronde degli alberi e increspava l'acqua della piscina. Tra tutti quei rumori e quei pensieri, nessuno avrebbe potuto sentire ciò che si stava muovendo nella testa di Charles Xavier.

Pensieri che lui stesso aveva celato, represso, domato, riemergevano con più potenza, quasi con cattiveria. Ogni notte si presentavano alla soglia della sua mente e ogni notte lui li respingeva ma, come la marea pian piano divora la costa, quei pensieri avevano iniziato ad intaccare le sue certezze e a far vacillare il mondo che aveva così duramente cercato di rendere stabile.

Senza rendersene conto aveva deciso di sacrificare la sua vita, la sua giovinezza, tutto, per un sogno più grande di lui. Aprire la scuola, rinunciare alla cura per la sua spina dorsale per continuare a cercare i mutanti, impegnarsi per difenderli da tutto e da tutti. Non erano impegni di poco conto, soprattutto per un uomo della sua età. Aveva deciso di diventare un padre per tutti quei ragazzi smarriti perché più di tutti poteva capire come potessero sentirsi, soli e in balia di poteri che non potevano controllare. Era davvero quello il suo destino? Sì, lo sentiva nel profondo del suo cuore e forse lo aveva sempre saputo, fin da quando aveva incontrato Raven per la prima volta. Sì, era quello il suo destino, ma forse non era ancora pronto per rinunciare a tutto per seguirlo.

Sapeva che, se ne avesse parlato con Hank, lui non lo avrebbe capito. Detestava dover fuggire come un ladro nella notte, ma non aveva alternative, non se voleva iniziare una discussione che non lo avrebbe portato da nessuna parte e lo avrebbe costretto a rinunciare ai suoi propositi.

Prese carta e penna e scrisse un breve messaggio che lasciò in bella vista sulla sua scrivania, certo che Hank lo avrebbe trovato.

Restò in ascolto qualche minuto, come se temesse che il rumore della carta sul legno avesse potuto svegliare qualcuno, infine tornò in camera.

Nessuno sapeva, ma lui aveva nascosto, giusto per le emergenze come quella, una cospicua scorta di siero sotto le assi della camera. Non con poca fatica riuscì a sollevarle e a prelevare ciò che gli serviva. Per prima cosa si iniettò una dose e, non appena sentì la sensibilità alle gambe, si alzò dalla sedia a rotelle e cominciò a preparare una piccola valigia, nella quale mise giusto qualche cambio e l'intera scorta di fialette. Tutto era pronto. Non si preoccupò nemmeno di nascondere un cuscino sotto le coperte per simulare la sua presenza, non sarebbe tornato tanto presto.

Si schermò per rendersi invisibile a occhi e orecchie e scivolò fuori dalla villa.

   
 
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