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Autore: Pleurite98    06/04/2015    3 recensioni
Una ragazza si risveglia in un luogo a lei sconosciuto con in testa una stramba maschera da coniglio, poco dopo incontra altri undici ragazzi, tutti nella sua stessa situazione.
Un altro coniglio, un orso, un cane, due cavalli, due leoni, due maiali e due criceti.
Tutti riuniti in una stanza che ricorda l'aula di un tribunale scopriranno di essere vittime di un gioco crudele e malato.
E mentre il sangue comincia a scorrere nascono dubbi, liti violente e il sospetto che chi ha organizzato tale crudele messa in scena possa essere lì, tra di loro.
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Dawn, Eva, Heather, Topher
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Capitolo 6
 

Katie si mordicchiò il labbro picchiettando nervosamente la matita sul quaderno rosa chiuso sul banco.
Guardò l''amica seduta al suo fianco, non sembrava nemmeno essere lì.
Si reggeva con una mano il capo, coprendosi l'orecchio destro, mentre il suo sguardo era fisso verso la finestra, imbambolato.
Non poteva neppure essere sicura stesse realmente guardando qualcosa, quegli occhi erano così vacui e spenti. Era persa, poteva sentirlo, stava lentamente perdendo ogni forma di vita interiore.
Era precipitata nel pozzo profondo di una depressione inesorabile, dove il peso dell'acqua la trascinava sempre più in basso. Quanto mancava prima che toccasse il fondo?
Doveva impedirlo con tutte le sue forze, non avrebbe permesso che la sua migliore amica facesse qualcosa di stupido.
Erano come sorelle, erano l'una la cosa migliore che fosse mai potuta capitare all'altra, legate da un vincolo speciale.
Katie imprecò sottovoce, si era tagliata leggermente coi denti, un fiotto di sangue le scese lungo il mento a punta, Sadie si girò piano, guardandola priva di espressione.
-Va tutto bene?- le chiese.
-Sì, non preoccuparti.- si fece scappare un risolino acuto, che nella sua mente sarebbe dovuto servire a rassicurare l'altra, Sadie le abbozzò un sorriso per tornare in fretta nel suo limbo personale.
Questa volta lo sguardo di Katie si posò su Justin, qualche fila più avanti.
Era stata la sua prima cotta, e anche quella di Sadie, molto probabilmente a lei piaceva ancora.
Le venne in mente di un pigiama party che avevano fatto insieme qualche mese prima, avevano passato quasi tutta la serata a parlare di ragazzi e il discorso era inevitabilmente andato a finire sul belloccio della classe. Loro due condividevano lo stesso letto, avrebbero dovuto dormire già da un bel pezzo quando sentì l'amica alzarsi silenziosamente e uscire dalla stanza. Doveva essere certa che lei dormisse, invece si alzò in punta di piedi e la seguì di nascosto.
Sadie si era dapprima intrufolata in cucina, aveva aperto la dispensa e ne aveva estratto un pacchetto di patatine, poi era tornata indietro obbligando Katie ad accucciarsi dietro il divano e si era chiusa in bagno.
L'amica aveva poggiato la testa al legno freddo e l'aveva sentita piangere, piangere discretamente quasi per nascondere la sua sofferenza.
E mentre la sentiva singhiozzare e tirare sul col naso le parse di udire della plastica stropicciarsi.
Una lacrima solcò le sue guance, si sentiva in colpa per tutto. Come poteva piangere quando non era lei a stare male? Come poteva pretendere di capire un dolore che non le apparteneva?

L'empatia è una brutta bestia, quando una persona attraversa una tempesta prendiamo una nuvola e la mettiamo sopra la nostra testa, per farle capire che ci siamo, che possiamo comprendere, ma se più persone sono infradiciate dalle loro diverse situazioni allora tutte quelle nuvole di cui ci siamo fatti carico cominciano a pesare sempre più. Non possiamo reggere il dolore del mondo, ma questo Katie non lo ignorava e fortunatamente si limitava a quello di Sadie.

0.12.49

Sadie sussultò. Quel ragazzo le era sembrato sin da subito così innocente, un bonaccione, e ora se ne stava lì, in piedi in mezzo a tutti, macchiato di sangue.
Nessuno lo aveva visto dopo quello che era successo a Shawn. Era davvero stato lui? Stava dicendo la verità? Sentiva che non poteva fidarsi di nessuno in quella stanza. Se solo Katie fosse stata lì con lei l'avrebbe rassicurata, l'avrebbe guidata.
Ma la ragazza non si trovava nella sua stessa situazione, fortunatamente, e lei se la sarebbe dovuta cavare da sola, per davvero questa volta.
Migliaia di pensieri le attraversarono la mente.
Si sentiva colpevole di aver desiderato che l'amica fosse in quel posto, era dannatamente egoista, lo era sempre stata.
Katie era presente ogni volta che stava male, ogni minuto a chiederle come stava, se aveva bisogno di qualcosa, a farla ridere e a cercare di tirarla su di morale.
Lei invece cosa aveva fatto di sua volta? Assolutamente niente, dava per scontato che l'amica stesse bene convinta di essere l'unica al mondo a soffrire.
Cercò di dire qualcosa, ma la voce le si fermò in gola e tutto ciò che uscì fu un rantolo sommesso.

Eva sorrise perplessa, alzò un dito contro Owen e disse beffarda: -E saresti stato tu a uccidere Shawn? Proprio tu?- non riuscì a trattenere un risolino ironico dopo aver pronunciato quelle parole.
Noah era esterrefatto, la situazione gli stava sfuggendo di mano, per una volta che si decideva a fare qualcosa.
Il biondo sulla porta si rabbuiò in volto.
Quell'ammasso di muscoli ce l'aveva con lui? Solo perché lei era palestrata e lui no credeva di poter permettersi di rivolgerglisi così? Credeva che uno come lui non avesse né le palle né il fisico per far fuori una persona? Le avrebbe dimostrato che si sbagliava, oh, eccome se lo avrebbe fatto.
Si ricordò di Carl. -E' stato un incidente, mamma... E' caduto...i-io...-
Era passato così tanto tempo, gli tornarono in mente i capelli ricciolini del bambino, quell'espressione da sbruffone stampata sul volto e anche quella vocina stridula ed irritante.
-Ciccione, ciccione!- diceva -Ciccione!-
-Andiamo, sei solo un ammasso di lardo!- ribadì Eva per rendere chiaro il concetto.
Quelle parole gli vorticavano in testa alla velocità della luce.
-Ciccione!- -Sei così grasso che non riesci nemmeno ad alzarti dal letto!- -Sei solo un ammasso di lardo.-
Owen alzò piano la testa, c'era qualcosa di diverso in lui, Dawn lo percepiva chiaramente, insieme a lei tutti gli altri. Un che di impercettibile era cambiato nei suoi occhi, nel suo viso.
Un urlo pieno di rabbia squarciò il silenzio, in meno di un secondo il ragazzo era balzato in avanti ed era piombato contro Eva, sbattendola per terra e salendo sopra di lei.
Con entrambe le mani le teneva stretto il collo mentre col suo corpo cercava di immobilizzarla il più possibile.
La ragazza, a sua volta, cercava di divincolarsi sotto quel peso e con i pugni chiusi colpiva con forza il petto del biondo non riuscendo ad arrivare alla sua faccia.
Mentre Alejandro, Noah e Anne-Marie si precipitarono a dividerli Heather guardava la scena divertita e commentando sarcasticamente la scena.
Non appena Noah mise un braccio sulla spalla di Owen questo lo scaraventò via con noncuranza facendolo finire contro il banco.
Anne-Marie gli cinse il collo con le unghie e tirava cercando di levarlo di dosso dall'altra.
Approfittando del momento di distrazione Eva sgusciò con le gambe da sotto il ragazzo e gli assestò un colpo in piena faccia, facendogli perdere i sensi a terra.

0.03.12

-Mi spiace interrompere lo show ma mancano solo tre minuti, dobbiamo votare in fretta.- esordì Duncan mettendo in agitazione coloro che si erano appena ripresi da quello che era successo.
-A meno che tu non abbia qualche altro piano fantastico io sono pronta.- disse Heather virgolettando la parola fantastico.
Ognuno prese il suo posto a sedere davanti ai dodici fatidici bottoni, la luce che li illuminava da sotto si era spenta in corrispondenza dell'immagine di Shawn.
Dawn accorse con una leggerezza sovra umana da Owen, gli diede qualche piccolo colpo sulle guance per svegliarlo e lo aiutò a rialzarsi.

Non appena che anche loro due si erano sistemati Heather lanciò un'occhiataccia ad Owen dall'altra parte della stanza, si portò un dito alle tempie e lo fece roteare fischiettando per poi ridere di come il ragazzo aveva abbassato con vergogna lo sguardo.
Era davvero l'unica persona ad essere rimasta lucida lì dentro? Forse era l'unica che lo era normalmente, era stata rinchiusa con degli schizzati, ne era certa.
Avrebbero dovuto lasciargli uccidere la tutto muscoli, sarebbero stati uno di meno senza neanche faticare, era troppo temibile quella ragazza, andava fatta fuori in fretta, ma prima di lei andavano eliminati coloro che non sarebbero mai stati votati, gli angioletti.
Sbuffò ironica ai suoi pensieri. Gli angioletti, che cosa ridicola, se si trovavano in quel dannato inferno con lei angeli non lo erano di sicuro, chissà cosa si ostinavano a nascondere dietro la loro aria tranquilla e pacata.

0.00.00

-Il giudizio è concluso, un verdetto è pronto.- disse nuovamente la voce meccanica.
Era la seconda volta che fra quelle mura rimbombava quella fredda frase.
Courtney fece fatica a capacitarsi del fatto che fossero passate ben quattro ore da quando aveva votato la prima volta.
Si prese la testa fra le mani e impercettibilmente guardò alla sua destra, si sentiva così dannatamente in colpa, aveva appena mandato al patibolo un'altra persona e ne era perfettamente conscia.
Quello che stavano passando era disumano, erano lasciati a loro stessi, condannati a scegliere inesorabilmente una vittima sacrificale fra i loro compagni. Non aveva intenzione di morire, certamente, non lo avrebbe permesso. Il regolamento stabiliva che quattro persone si sarebbero salvate e lei doveva essere tra quelle, lei meritava di essere fra quelle.
Eppure non ce la faceva a rimanere con le pecore che si avviavano verso il macello, non riusciva concepire di poter decidere della vita di una persona premendo solo un tasto, non si era mai spinta così oltre.

-Scusatemi.- disse alzandosi e uscendo a passo svelto dall'aula.

-Credo sia il caso di chiuderlo nella sua stanza.- proclamò Noah rassegnato, rivolgendo lo sguardo a Owen.
-E' la soluzione migliore.- concordò Alejandro.
-Ma come facciamo? Le stanze possono solo chiudersi dall'interno...- chiese Sadie in cerca di spiegazioni.
-Non mi sembra la soluzione migliore!- obiettò Dawn senza riscuotere particolare successo.
-Facciamo così.- propose Duncan fermamente -Gli leghiamo i polsi dietro la schiena con le lenzuola della sua stanza e a loro volta fermiamo quelle alle spalle del letto, così non potrà andare da nessuna parte.-
-Ma...-
Dawn cercò di intervenire nuovamente prima di venire interrotta.
-E' l-la scelta migliore.- disse Sadie balbettando.

Eva si massaggiò il collo coi polpacci guardando torvamente il ragazzo venire scortato fuori dalla stanza dagli altri.
L'avrebbe pagata molto presto quel lurido schifoso, l'avrebbe pagata con la morte, l'unica cosa che le dispiaceva era di non poter essere proprio lei ad infierire su di lui, ma uno di quegli altri lì con lei, il “boia”, il lupo che si nascondeva travestito da pecora.

-Troppo stretto?- chiese Duncan beffardamente mentre legava i polsi di Owen saldamente, dopo aver aggredito Eva il biondo non aveva proferito parola e Dawn cominciava a preoccuparsi.
Non lo aveva fatto volontariamente, o meno, era stato spinto dalla sua impulsività, era rimasto un bambino, un bambino ferito che si vendica per i dispetti subiti senza pensarci due volte.
-Ciccione, ciccione!-
La guancia del ragazzo venne rigata da una lacrima che si infranse sulle labbra asciutte inumidendole.
-Aww! L'omaccione piange!- sghignazzò malignamente Heather beccandosi un'occhiata fulminante da Alejandro.

Il latino era così dannatamente fastidioso, la fissava in continuazione fingendo rimprovero, seguiva Noah in tutto quello che diceva, ma lei sapeva che era solo uno stupido bugiardo.
Non lo aveva inquadrato bene all'inizio, lo aveva scambiato per il classico belloccio, invece era molto di più, era un freddo calcolatore proprio come lei, solo che non lo dava a vedere.
Ora che si era fatto scoprire a non aver rispettato gli accordi ed ad aver votato Shawn che avrebbe potuto fare? La fiducia ci vuole poco a perderla e molto a conquistarla.

Sadie sapeva cosa stesse passando Owen, era perfettamente consapevole di cosa volesse dire essere etichettati come “sovrappeso”, “ciccioni”.
Proprio per questo le spiaceva così tanto aver votato per lui, perché forse era quello che lì dentro la capiva più di tutti.
L'unico che poteva comprendere cosa significasse essere intrappolati in un corpo che non ci appartiene, guardarsi allo specchio e provare nient'altro che schifo per la propria immagine e sentirsi ribadire più e più volte questo concetto da coloro che ci stanno intorno.
Forse l'unico che capiva la sofferenza del non voler essere amati solo perché con qualche chilo di troppo.

-Probabilmente avranno aperto altre porte.- disse Noah, era quello il loro premio, nuove porte aperte ogni volta che qualcuno moriva, non sarebbe riuscito a sopportare quella situazione ancora per molto, sentiva i vecchi fantasmi tornare a bussare alla sua porta, -Andiamo a controllare.- proseguì.
Duncan storcette il naso, non sopportava vedere quel piccoletto impartire ordini a destra e a manca, era una cosa che lo irritava.

3.41.23

Anne-Marie, Eva e Topher erano stati gli unici a rimanere nell'aula dismessa, nessuno parlava, Eva si era appoggiata al muro e rifletteva, Topher camminava avanti e indietro quasi automaticamente e Anne-Marie si aggiustava le unghie, finalmente si decise a parlare infastidita dal silenzio.
-Situazione di merda.-
Eva si destò dai suoi pensieri e la guardò di stucco, una sempliciotta abbronzata e con troppa lacca sui capelli, era abbastanza ridicola, le parole che le uscivano dalla bocca poi...
Non aveva mai sopportato quelle come lei.
-Già.- concluse in fretta.
-Sai una cosa?- continuò l'altra.
-No.- rispose secca Eva facendo intercorrere qualche secondo di silenzio -Dimmi.-
-Sono certa di aver visto prima quell'Alejandro da qualche parte.-

A queste parole Eva, palesemente scocciata, inarcò le sopracciglia con perplessità aspettando di sentire altre parole inutili uscire dalla bocca di quella faccia troppo truccata, ma fu un altro genere di voce ad arrivare loro.
-La sentenza è stata eseguita.-
Le due smisero d'un tratto di pensare a quello che era successo fino a quel momento, si scambiarono uno sguardo di intesa ed uscirono dalla grande porta, percorsero tutto il corridoio e girarono a destra giusto in tempo per vedere Duncan, Dawn e gli altri aprire la porta dalla quale si accedeva alle scale.
Erano tutti lì, davanti alla porta socchiusa della stanza di Owen, solo lui e Courtney mancavano all'appello.
Si guardavano con indecisione, temevano di sapere con certezza cosa li aspettava e non avevano il coraggio di averne la conferma, fu Eva a spingere piano la porta, lasciando che si aprisse da sola con uno straziante cigolio.
Il lenzuolo non era più attorno ai polsi del biondo, era avvolto intorno al suo collo.
Il volto era gonfio e violaceo, gli occhi iniettati di sangue sembravano voler schizzare fuori dalle orbite.

Il sentimento che prese quasi tutti fu la desolazione, cominciavano ad abbandonarsi all'idea che era quello il loro destino e che Owen non era che solo la seconda vittima di un gioco malato, le uniche a sorridere beffarde erano Eva e Heather, i cui occhi si incrociarono inevitabilmente.

3.35.12



 

Angolo dell'autore
Credo che oramai vi siate abituati all'idea di avere un mio piccolo commento in bordeaux qua sotto, ma di cosa vogliamo parlare oggi?
Direi che il capitolo 6 è fin'ora uno dei più introspettivi, vorrei dare sempre dettagli sulla vita di tutti quindi perdonatemi se ogni tanto partono dei flashback anche in mezzo al racconto, quello iniziale è già di routine.
Vi consoli (o forse no) sapere che la storia di Sadie non finisce mica qui, anzi, questo è solo l'inizio.
Ho sempre particolarmente amato lei e Katie, al confronto di molta altra gente, non so perché.
Ditemi un po' recensori, oggi vi lascio una scleta importante, su chi vorreste che si incentri il falshback all'inizio del prossimo capitolo?

 

  
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