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Autore: Laja    15/02/2005    5 recensioni
Cosa può desiderare una giovane erede al trono, se non innamorarsi e sposare un aitante re? Ben presto, Elisya si renderà conto che non è l'amore ciò che muove il suo matrimonio, deciderà di chidersi in se stessa negando al marito il suo corpo e il suo cuore... Leggete e commentate...vi prego! *^_^*
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E così andammo avanti per due mesi di seguito…il 25 ottobre sarebbe dovuto arrivare il messaggero di Alexander con le loro notizie….ma non arrivò. Ma giunse al campo solo 5 giorni più tardi. Avevamo finito di cenare già da un pezzo, gli uomini si intrattenevano intorno ai vari fuocherelli, mentre io ero già nella mia tenda…..mi stavo pettinando i capelli…avevo quasi finito di fare la lunga treccia quando udì il rumore degli zoccoli, uscì dalla tenda senza neanche aver terminato di legare la mia bionda treccia…l’uomo scese dal cavallo…era agitato e preoccupato:

-Che notizie porti dal fonte?- domandai mentre un altro soldato gli legava il cavallo

-vinciamo una battaglia dopo l’altra….la vittoria è ormai nostra…ma…-

-ma?-

-il re è stato ferito gravemente ed ora è in stato di incoscienza!- disse tutto d’un fiato. Annuì cercando di non apparire tremendamente preoccupata e poi dissi:

-rimarrai al nostro accampamento sta notte, quando ti sarai riposato riprenderai il viaggio- poi guardando il mio scudiero dissi:

-fa preparare la mia cavalla…la notte è ancora lunga!- ed ancora rivolgendomi al mio generale aggiunsi:

-conducete voi l’esercito alla vittoria e scacciate il nemico dai nostri territori…io devo andare!- così dicendo tornai dentro la mia tenda. Indossavo un vestito al quanto semplice, su cui di solito mettevo l’armatura……mi legai una cinta in vita, mi misi le scarpe per cavalcare e indossai un mantello scuro,mi coprì il capo con il cappuccio, come era consuetudine per una donna che cavalca di notte e montando su Erwin partì al galoppo. Il vento mi sferzava il volto  ben presto il cappuccio  scoprì il mio capo, e la lunga treccia non legata per la fretta, si sciolse lasciando i miei capelli ondeggiare liberi mossi dal vento.

Galoppammo tutta la notte…ci fermammo pochi minuti al levar del sole, in prossimità di un ruscello per dissetarci entrambe, feci brucare un po’ la cavalla, poi incoraggiandola con qualche carota che avevo portato nella sacca dall’accampamento ripartimmo al galoppo verso la contea di Nadir. Cavalcammo tutta la giornata sino al tramonto….il cielo si tingeva di rosso…ed il sole spariva all’orizzonte quando giunsi all’accampamento.

Appena udirono il rumore degli zoccoli della cavalla, il medico militari ed altri uomini mi vennero incontro, scesi da cavallo, senza badare troppo ai miei capelli che lunghi ricadevano sulla schiena,  lasciai le briglie di Erwin ad uno scudiero che la fece rifocillare.

-cos’è successo?- domandai mentre insieme al medico raggiungevo a passo veloce la sua tenda.

-quando l’hanno portato qui era ancora cosciente anche se perdeva molto sangue, poi ha perso i sensi ed ora la situazione è stabile da quasi 10 giorni…-

-10 giorni? – domandai io – perché l’ho saputo solo ieri notte?- ero arrabbiata

-maestà, è stato il re in persona a dirci di non avvisarla prima di perdere coscienza…- rispose il medico

-che stupido…- mormorai entrando nella sua tenda.

L’ambiente era buio….le uniche luci erano delle candele sul tavolinetto accanto alla sua brandina. Alexander era disteso su quel letto come morto, mi inginocchiai al suo fianco, gli presi la mano a stringendola forte fra le mie ed iniziai a pregare.

Pregai tutta la notte sperando che si svegliasse, come la protagonista dell’ultimo romanzo che avevo letto, in cui dopo una lunga notte di preghiere da parte del suo amato lei si svegliava e vivevano felici e contenti…..ma purtroppo io non vivevo in un romanzo e lui non si svegliò.

Lo guardai…gli accarezzai leggermente il volto e gli scostai una bionda ciocca dal volto….avevo vegliato su di lui per altre 3 notti e 3 giorni dal mio arrivo all’accampamento…ma il miracolo non era avvenuto, ogni tanto lo sentivo ansimare o muoversi leggermente….ma le sue palpebre non si schiusero.

Un leggero spiffero mi colpì alla schiena facendomi rabbrividire, l’inverno era alle porte…..mi tolsi il mantello o lo poggiai su mio marito, poi guardatolo ancora un’ ultima volta uscì dalla tenda.

-mia regina si raffredderà così!- mi disse un’infermiera venendomi incontro – tenga, questo non è di molto pregio, ma è quello che sono riuscita a trovare nel paesino qui vicino….purtroppo la guerra ha spaventato tutti…..e chi non è in guerra lavora per nuove armi e per rifornire di cibo gli eserciti.- cercò di giustificarsi la donna porgendomi un cappotto in pelle di montone

-non importa andrà benissimo……grazie- le risposi io indossandolo, poi lentamente mi diressi verso un gruppo di giovani che chiacchieravano seduti su della casse, appena mi videro si alzarono di scatto in piedi facendo l’inchino, feci loro cenno di non badare a tutte queste formalità e poi dissi:

- uno di voi vada all’accampamento dell’esercito sulla pianura di Saji, voglio che il generale in capo venga subito qui……ho importanti cose da dire….- uno dei ragazzi, senza pensarci troppo presa una sacca che si trovava ai piedi della cassa, andò correndo verso le scuderie e preso il cavallo più veloce lasciò l’accampamento al galoppo.

-un altro dovrebbe andare invece dal generale in capo dell’esercito del re….comunicategli le stesse cose……gli aspetterò entrambi davanti alla tenda del re fra 2 giorni.- un altro ragazzo, si inchinò leggermente e dopo aver preso un cavallo scuro dalla scuderia partì, nella direzione opposta al primo. Sorrisi, soddisfatta dell’efficienza di questi ragazzi e lentamente tornai verso la tenda di mio marito…

Due giorni dopo, come previsto, i due generali si presentarono al mio cospetto, mi salutarono inginocchiandosi, ma feci loro segno di alzarsi subito….erano importanti le cose di cui avrei parlato.

-la situazione del re non migliora…..e l’inverno non può che peggiorarla, voglio che torni al palazzo di Pekimburgo, dove farò arrivare i migliori medici dell’impero….io andrò con lui…..è giusto che rimanga al fianco del re fino al suo risveglio o della….- non riuscì più a pronunciare quella parola, la voce mi morì in gola…e gli occhi mi si offuscarono di lacrime, poi dopo aver ispirato profondamente continuai: - affido a voi questa guerra, ripongo piena fiducia in entrambi e sono sicura che sarete degli eccellenti strateghi e comandanti….vi prego di portare velocemente a termine questo assurdo conflitto su entrambi i fronti…-

-conti pure su di noi….- disse il generale di Alexander

-è giusto che il re possa contare sull’amore di sua moglie in questo momento…- le parole del mio generale mi trafissero il cuore….in tutto il tempo che avevo avuto per amarlo l’avevo respinto e odiato…e solo ora, quando combatteva un lungo duello con la morte io ero disposta ad amarlo, proprio quando forse lui non l’avrebbe mai saputo.

Il giorno dopo mi ritrovavo nella carrozza che velocemente ci conduceva a Pekimburgo, seduta al fianco della sua brandina, potevo vedere il suo corpo muoversi e saltare sul lettino ogni volta che le ruote incappavano in una buca o in un sasso.

Arrivati nei pressi della capitale,tutta la strada principale fino all’entrata del castello, iniziò a brulicare di gente lungo i due lati, donne che lanciavano i fiori e uomini che insegno di rispetto s toglievano il cappello…volli quasi rinnegare quelle persone…sembrava fosse il corteo per un carro funebre…e il re non era ancora morto!

A palazzo, trovai molto aiuto, tutta la servitù era impegnata per il re….ogni giorno 2 servi, si occupavano di lavarlo, per quel che era possibile e cambiarlo, contemporaneamente 2 serve cambiavano le lenzuola e pulivano la stanza….i medici giunti a corte da ogni parte dell’impero avevano raccomandato l’assoluto igiene della camera.

Dopo qualche giorno giunse al castello l’anziana vecchina, insieme vegliammo sul corpo esanime del re…anche lei era preoccupata…e mentre io inginocchiata al suo fianco pregavo e piangevo sperando nel suo risveglio, lei rinfrescava la fronte del re con dei panni bagnati di acqua fresca, e poi poggiandomi la gracile mano sulla spalla cercava di portarmi conforto…..ma in quel mese, di pianti e silenziose preghiere fra noi non ci furono parole….nessuna delle due riusciva a parlare….ma silenziosamente pensavamo alla stessa cosa…a lui….

Nel frattempo, i due generali, a cui avevo affidato il potere al fronte, portarono brillantemente a termine il conflitto annettendo lo stato di Aissur al vasto impero di cui ero regina.

Detti qualche ordine per ristabilire l’ordine, ma non ero in una situazione psicologica ideale per gestire un intero e grande impero, non riuscivo a stare neanche pochi minuti lontana da mio marito…e più gli stavo vicina e più mi innamoravo di quell’uomo straordinario.

Non passava neanche un minuto che non invocassi il cielo per Alexander, tanto che se le preghiere arrivassero a Dio con dei piccioni viaggiatori, in quel momento il regno celeste sarebbe stato invaso da migliaia di miliardi di bianche colombe in attesa di una risposta da portare sulla terra.

Ma quella risposta che tanto anelavo non arrivò…eppure ciò non mi sconfortò, ma continuai a sperare a pregare inginocchiata affianco a lui….

Un giorno per consolarmi vennero a trovarmi le mie due cugine…..

-Elisya cara…-disse Reika entrando nella stanza dove il re giaceva, mi venne incontro e mi abbracciò…

-vedrai che si sveglierà…-disse accarezzandomi la spallala sorella, il suo ventre era gonfio, ed era ormai prossima al parto…eppure Nadya aveva intrapreso lo stesso il lungo viaggio per me…mi sentì lusingata e nello stesso tempo in colpa per il piccolo bimbo. Annuì tra le lacrime e tirando su col naso dissi:

-sembra quasi una punizione per aver dubitato di lui….Alexander mi amava…ed io l’ho sempre respinto…ed ora!!!!!

-spiegati meglio…..- disse Reika facendomi sedere, mentre Nadya mi porgeva un fazzoletto bianco

-sono stata dal papa prima che la guerra iniziasse- dissi singhiozzando- mi ha mostrato una specie di trattato in cui Alexander afferma che rinuncia al regno di Dalanis alla mia mote in favore del mio parente più vicino…..è stato firmato dal papa e da tutti 581 cardinali….lui non voleva Dalanis….voleva me ed io…io- riscoppiai in lacrime, Reika mi abbracciò forte e Nadya disse:

-Dio non lo lascerà morire…- mi allontanai di scatto dall’abbraccio della gemella e alzandomi in piedi urlai in preda alla rabbia e alla tristezza…

-Dio non ascolta le mie preghiere per ripicca!!- le due gemelle mi guardarono stupite….io non avevo mai avuto dubbi sulla fede e su Dio…ed ora lo accusavo di non ascoltarmi…..poi Reika con molta tranquillità disse:

-Dio potrà non ascoltare le tue preghiere, ma dovrà ascoltare quelle di tutto l’impero….Elisya, in ogni dove da Landir all’estremo sud di Namron ai confini con il Papato, il popolo prega per il suo re…- quelle parole non bloccarono il flusso della mie lacrime, così Nadya di comune accordo con la sorella concluse:

-Pregheremo con te….tre voci fanno più fracasso!- e così fu. Per tutto il pomeriggio e poi tutta la notte pregammo insieme invocando tutti i santi possibili ed immaginabili, dagli Apostoli ai papi precedenti, dalla Maria Vergine all’Addolorata, ma neanche quella mattina il miracolo avvenne.

Quella stessa mattina le due gemelle ripartirono verso Taylia, lasciandomi di nuovo sola in balia della tristezza e dello sconforto, fra le lacrime e le preghiere.

Ricominciai a piangere, portandomi la sua mano sulla guancia…in quel momento mi tornarono in mente le patole di Reika. Riposi la sua mano sul letto affianco al suo corpo disteso e mi diressi verso la grande finestra su un lato della stanza, scostai leggermente la tenda e guardai oltre il vetro.

Donne e uomini vestiti di grigio occupavano i muri perimetrali, gente che urlava ed altri che battevano contro le pietre della cinta muraria, richiusi la tenda quasi per volermi nascondere…guardai il corpo disteso di Alexander, come poteva la gente protestare proprio in questo triste momento?

Uscì dalla stanza, appena aprì la porta tutte le persone che aspettavano pazientemente fuori notizie del re si alzarono in piedi e si avvicinarono a me…li tenni a debita distanza con un cenno della mano e poi dissi:

-qualcuno mi sa spiegare cosa succede fuori?- dissi innervosita,pensando che il gran consiglio a cui avevo affidato la maggior parte dei poteri regi stesse facendo solo bambagia – chiamatemi immediatamente i governatori, i cardinali, tutti coloro che fanno parte del gran consiglio li voglio qui immediatamente…- in quel momento ero veramente arrabbiata – mi sono fidata troppo di loro ed ora l’impero e nel caos…….- vedendo che nessuno si muoveva, ma che anzi mi osservavano stupiti urlai – chiamatemeli!!!!!- i presenti si guardarono a vicenda, poi tutti guardarono un anziano frate seduto in disparte…l’uomo annuì con il capo e lentamente mi si avvicinò, fece un leggero inchino e poi lentamente disse:

-sono un emissario del popolo,mia regina la città…e tutto l’impero vorrebbe sapere la situazione del re istante per istante…ma io non posso entrare ed uscire dal castello ogni minuto anche perché la situazione del re è stazionaria…ma questo lo sappiamo solo noi, il popolo fuori vuole sapere…la mia espressione cambiò radicalmente…rimasi in silenzio alcuni istanti e poi ordinai:

fate issare 2 bandiere sulla torre più alta, una bianca e una nera a mezz’asta ad ogni miglioramento o peggioramento si alzerà di poco una delle due bandiere…fino a quando non si sveglierà o …- non riuscì a pronunciare quella parola..e nessuno dei presenti aveva voglia di sentirla, poi con un leggero cenno della mano mi congedai tornando dentro la camera di Alexander…

Da quel giorno non fui più sola in quella triste camera…tanti, tantissimi preti, frati, suore e vescovi vennero a trovarmi per accompagnarmi con le loro preghiere e il loro conforto spirituale…finché un giorno, dopo tre mesi dall’inizio del coma di Alexander, venne a trovarmi i pontefice in persona.Sedemmo l’una affianco all’altra accanto al letto, del re. Pregammo insieme tutto il giorno e tutta la notte e tra una cantilena e l’altra, come ormai non succedeva da tempo, mi addormentai. Riposai per neanche un’ora, poi il “padre nostro” cantato dal papa mi riportò alla triste realtà e congiungendo sul grembo le mani mi unì al suo canto. Se Dio aveva scelto di ignorare le richieste mie e del popolo non poteva certo ignorare quelle del suo vicario in terra. I primi raggi del sole oltrepassarono la tenda posandosi sul volto di mio marito, osservai con il fiato sorpreso e con gli occhi pieni di speranza ciò che stava accadendo, ma anche questa volta non accadde niente. Scoppiai in lacrime nascondendo il volto fra le mie mani; sentì l’anziano al mio fianco alzarsi, passarmi accanto sfiorandomi la spalla per consolarmi. Dopo poco sentì nell’aria il profumo dell’olio, spalancai gli occhi spaventata vidi il papa con il dito già unto di olio avvicinarsi ad Alexander; con un balzo mi misi fra lui e mio marito e dissi:

-vi prego, non gli date quest’ultimo sacramento…-

-figliola cara…non c’è più speranza…-

-Nooo…finchè respira io sono sicura che c’è ancora speranza- risposi io spostando delle ciocche bionde dal volto del re.

A queste parole il papa, annuendo se ne andò; e sinceramente non so se fosse stata la pietà nei miei confronti o la speranza che provava anche lui verso il risveglio del suo figlioccio a farli ritrarre la mano unta, andandosene così senza conferire ad Alexander l’estrema unzione. Da quel giorno ne trascorsero alti 20, fra lacrime e preghiere, passati in angoscia al fianco del corpo addormentato del re.

Avevo i nervi a fior di pelle…non sapere se si sarebbe svegliato o avrebbe sbarrato completamente gli occhi un giorno mi faceva impazzire….

Sembrava che tutto quello che facevo, le preghiere, le lacrime ed altro ancora, fosse solo una goccia nell’oceano della vita.

Erano quasi passati 4 mesi da quel maledetto giorno e le bandiere sventolavano a mezz’asta senza un solo accenno a salire o a scendere.

Era una lotte senza luna, le stelle brillavano argentee nel cielo,scostai la tenda davanti alla finestra e stringendomi nelle spalle tornai vicino al mio consorte.

Mi inginocchiai al suo fianco e sfiorandoli con il dorso dell’indice i lineamenti perfetti del volto mormorai parole dolci, gli chiesi scusa per il mio comportamento così freddo e distaccato nei suoi confronti,gli confessai che una parte i me l’aveva sempre amato e che sperava che lui l’amasse ancora.

Lo implorai di perdonarmi e di amarmi ancora, per tutta la notte e quando i raggi dell’alba raggiunsero i suoi occhi chiusi, sperai con tutta me stessa che si aprissero…ma niente, le sue palpebre rimasero sbarrate. Scoppiai in un pianto isterico, singhiozzando e tirando su col naso; presi la sua mano e l’accostai alla mia umida guancia. Sentii,poi, qualcosa sfiorarmi lentamente il volto, aprii gli occhi e guardai verso mio marito…i suoi occhi azzurro cielo scrutarmi attentamente…

-Oh santo cielo!- esclamai bloccando il fluire delle mie lacrime.

-piangi per me o perché dimostrare a qualcuno che piangi per il tuo re?- quelle parole mi ferirono enormemente, lasciai cadere la sua mano e mi alzai in piedi senza mai distogliere i miei occhi dai suoi. In quel momento entrarono nella stanza i medici, le infermiere i suoi generali e tutte le persone che aspettavano speranzose fuori dalla porta, attorniarono il letto reale.

Indietreggiai lentamente e poi uscii correndo dalla camera. Ero appena entrata nell’atrio dei ministri, dove si dividevano i miei appartamenti da quelli Alexander,quando sentii un uomo gridare:

-Alzate la bandiera bianca, il re si è svegliato!!!- rimasi ferma al centro della piccola stanza quasi spaesata. Entrando nell’atrio dal corridoio delle 100 vetrate a destra vi era una porta da cui si accedeva alle mie stanze, da quella a sinistra alle stanze di Alexander e da una grande  porta posta proprio di fronte si accedeva agli appartamenti comuni, guardai quella porta nostalgica per non averla quasi mai varcata, poi dei passi affrettati mi riportarono alla realtà, così quasi spaventata, mi rifugiai dietro la porta di destra, nelle mie stanza private.

Raggiunsi la mia camera da letto, oltrepassai il grande baldacchino e mi avvicinai alla finestra, scostai leggermente la tenda e guardai oltre…la gente grigia che aveva occupato le cancellate ora vestita con i più assurdi colori, cantava e ballava per le strade. Osservai una carrozza di legno colorata di verde e rosso, fermarsi al centro della piazza ed allestire lì un teatrino. Tutta Pekimburgo era in festa per il suo re, ed io…io che avrei dovuto gioire per  quel risveglio, mi ritrovai ferita in profondità da una lama ardente. Entrò nella stanza una cameriera con diversi vestiti in mano, facendo finta di osservare ancora fuori la città in festa, mi nascosi ancor più dietro la tenda, per non far vedere le lacrime che mi rigavano il volto, e le dissi di lasciarli sul letto e congedarsi…e così fece. Solo quando uscì mi decisi a staccarmi dal vetro, ma in quel momento attirò la mia attenzione un’improvvisa apertura del cancello centrale, vidi una carrozza uscire a tutta velocità, inizialmente la guardai incuriosita senza capirne il motivo, poi mi rammentai della vecchia nutrice e del suo semi-esilio. Quando il mezzo scomparve definitivamente fra le vie della grande città, mi allontanai dalla finestra, mi avvicinai invece al letto e presi i vestiti iniziai a riporli lentamente nell’armadio. Tutti i miei abiti erano consumati all’altezza delle ginocchia per tutte le volte che inginocchiata al fianco di mio marito avevo sperato e pregato! Pensare a questo,non poteva che peggiorare il mio stato, già precario, psicologico e così, come era prevedibile, ristoppiasi in lacrime, m,a questa volta furono lacrime amare e silenziose….forse nessuno se mi avesse osservato avrebbe potuto cogliere la vera natura di quella lacrime…erano le lacrime di una giovane di poco più di 17 anni che innamorata, aveva dovuto rinnegare ancora quello splendido sentimento…

Anche se non avevo più lacrime da versare, rimasi chiusa in camera per oltre 2 settimane, senza vedere nessuno, solo una cameriera che mi portava in camera i pasti, di cui mangiavo solo la metà se non meno.

Se quando, arrivata al castello, avevo temuto un complotto contro di me,e nonostante in me vi

era un dualismo di odio e di Amore, io avevo tenuto duro e combattuto con le unghie e con i denti per la mia sopravvivenza e per il mio paese, in quel momento desideravo solo lasciarmi andare…quasi anelavo di morire per sfuggire alle difficoltà e alle sofferenze che la vita mi aveva presentato. Ma un giorno, mentre nuovamente osservavo Pekimburgo fuori dalla vetrata, mi tornò in mente Tailya, la capitale di Dalanis, la mia città….il mio paese…

La famiglia reale possedeva due grandi palazzi, uno nel centro della città e l’altro leggermente fuori verso la campagna…era lì che preferivo abitare con mio padre, e così decidemmo di fare dell’altro palazzo, un palazzo pubblico, dedicato alla musica, all’arte e alla poesia….mio padre mantenne solo un’ala del grande palazzo per se, e li sistemò tutti gli uffici di stato……lui si che era stato un grande uomo, io invece mi cullavo fra le braccia della morte dimenticandomi del mio paese. Mi tornarono in mente, quasi come un flash-back (come lo chiamereste voi oggi), tutti i più bei posti di Dalanis…tutte le più belle estati trascorse al lago di Caafri,  le più belle cavalcate fatte nella radura di Saji…poi i miei ricordi tornarono a Tailya…la città bianca..costruita appunto con un bugnato bianco….e poi a tutta la popolazione…io popolo di Dalanis amava la famiglia reale…amava la mia dinastia ed aveva amato tanto più mia madre quanto più mio padre…ed io invece gli avevo abbandonati. Poi ancora mi tornò in mente l’ultima guerra che avevamo combattuto fianco a fianco contro il regno di Aissur…credo fu quella l’ultima “goccia” fu allora che ripresi in mano la mia vita e decisi che qualunque cosa mi sarebbe accaduta ancora io avrei continuato a combattere per difendere il mio popolo!!! Così mi preparai per la grande festa che si sarebbe tenuta a palazzo in onore di Alexander, dopo un rilassante bagno scelsi un abito azzurro con dei rifinimenti in pizzo bianco sul corpetto, sulla gonna e al termine delle maniche, lunghe poco sotto il gomito, lo indossai e ammirai il mio fisico longilineo nel grande specchio, notando poi con un tocco di malizia il pericoloso decolté. Raccolsi i lunghi capelli in un tuppo sul capo, ma mi sfuggirono alcune ciocche che andarono a poggiarsi garbatamente sulle spalle.. decisi di mettere sul volto diversi cosmetici, per celare le scure occhiaie e il pallore estremo del mio volto.Indossai un importante collier e un bracciale in filigrana d’oro dello stesso tipo degli orecchini pendenti. Quando fui pronta mi decisi a raggiungere il salone dei ricevimenti.

 

Scesi lentamente la grande scalinata, entrai lentamente nela sala, tutti al mio passaggio si fermavano e si inchinavano rispettosamente….salutai i presenti con un leggero cenno del capo e raggiunsi la pedana ove erano collocati i due troni….Alexander era già seduto…mi sedetti al suo fianco senza rivolgergli la parola o lo sguardo. Come ad ogni festa arrivò il momento della nostra danza tradizionale, in cui il re balla, a turno,con tutte le dame presenti, e la regina con tutti i cavalieri e baroni. Vidi Alexander far volteggiare molte Dame, mentre io mi rifiutai di ballare ed invece mi congedai dal ricevimento, andando nel parco alle spalle del castello per pensare Tornai al palazzo solo quando  tutte le candele che illuminavano il parco si spensero. Camminai lungo il corridoio delle 100 vetrate osservando oltre le finestre le stelle sfavillare nel cielo, arrivai davanti alla porta dell’atrio dei ministri, inspirai profondamente,l’aprii ed entrai. Alexander si trovava seduto allo scrittoio nell’angolo di sinistra vicino all’entrata dei suoi appartamenti, puntai dritto verso la porta di destra, nei miei appartamenti. Ero arrivata già alla porta quando qualcuno mi bloccò il braccio costringendomi a voltarmi.

-Alexander – sussurrai cercando di mantenere la calma

-Elisya, scusami per quello che ti ho detto l’altra mattina, non lo credevo veramente…-

-no, scusami tu…è colpa mia, ti ho trattato ingiustamente, accusandoti di colpe infondate…-

-Hei Elisya…- disse lui prendendomi il volto fra le mani – è vero, ero interessato al tuo regno quando ti ho chiesta in sposa…ma già dal giorno delle nozze ti amavo…e ti ho sempre amato..e ti amo ancora…- poi quasi tristemente aggiunse – e tu? Cosa provi per me? Cosa ti ha spinto a passare giorni e notti al mio fianco?- le lacrime mi rigavano il volto, poggiai le braccia sul suo petto, lui fece scivolare le sue mani sul mio collo, poi sulle spalle e mi strinse più a se.

Poggiai la testa sul suo petto, le lacrime continuavano a scivolare giù…Alexander mi strofinò la schiena con una delicatezza e una dolcezza a m sconosciute, mi staccai leggermente da lui facendo pressione con le mani sui suoi pettorali e con voce rotta dal pianto dissi:

-ti amo…- e solo allora, dopo più di un anno di matrimonio, fra noi non c fu bisogno di parole inutili o imbarazzi, ma solo sguardi..i miei occhi dentro i suoi…più innamorati che mai..lo vidi avvicinarsi al mio volto…mi alzai sulle punte e chiusi gli occhi e dopo pochi istanti sentii le sue labbra sulle mie per la prima volta. Continuammo a baciarci on sempre più passione fino a ritrovarci a giacere nudi l’una fra le braccia dell’altro nel grande letto matrimoniale che si celava dietro la grande porta centrale dell’atrio dei ministri.

 

Da quel giorno, la mia e la sua vita cambiarono radicalmente…nessuno dei due aveva mai amato..ed ora quel sentimento muoveva la nostra vita.

Una mattina, dopo aver avvisato Nadya della nostra visita, ci mettemmo in cammino verso il sud di Dalanis, dove vi era il grande casato dei Van Bergen….ma il viaggio in carrozza durò molto poco, no n eravamo neanche arrivati al Teneghil, quando Io ed Alexander lasciammo il noioso mezzo, montando i nostri 2 bei cavalli. Sulla carrozza reale proseguì la servitù che ci accompagnava, e come se ci fossimo stati noi dentro, la scorta reale circondò la carrozza durante tutto il tragitto, mentre noi, finalmente liberi,cavalcavamo fra le praterie con il vento fra i capelli. Finalmente tornai ad essere la ragazza di 17 quasi 18 anni che ero i capelli biondi erano sciolti e ondeggiavano al vento, i iei lineamenti erano rilassati e finalmente il sorriso mi baciava il viso.

Fu proprio durante i nostri pochi giorni di residenza al casto Van Bergen, in compagnia delle due gemelle e dei rispettivi consorti che scoprì e detti felice la notizia ad Alexander di portare con me il suo primo erede!

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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