Dopo
aver sentito le parole di Dulaque e aver visto le
proprie certezze e il proprio mondo andare in frantumi, Flynn
aveva iniziato a correre e a fuggire. Fuggiva da ciò che credeva l’avesse
ingannato, da ciò che credeva gli avrebbe recato dolore.
Flynn aveva corso
senza meta per ore e ore, girava ora a destra, ora a sinistra, senza sapere
dove andare, senza sapere dove si trovasse.
Iniziò
ad albeggiare e Flynn, stanco, entrò nel primo
alberghetto che trovò, prese una camera, si gettò sul letto e si addormentò
vestito, sopra le coperte. Per le prime tre ore fu per lui un continuo andare
in dormiveglia e poi svegliarsi, nervoso e agitato, ma in fine riuscì ad
addormentarsi e a riposarsi per diverse ore.
Quando
si svegliò, Flynn si sentiva apatico, andò a mangiare
qualcosa e, nel frattempo, ragionava su cosa fare. Avrebbe cercato un lavoro,
ricominciando la sua vita da capo? Bah, chi avrebbe assunto un quarantenne
senza alcuna esperienza certificata? Aveva, tuttavia, molte qualità e nei dieci
anni passati a fare il Bibliotecario aveva acquisito numerose competenze, forse
non gli sarebbe stato difficile trovare un impiego … ma quale razza di lavoro
sarebbe andata bene per lui? Dopo tutto quello che aveva visto e scoperto, dopo
tutto quello che aveva vissuto, come avrebbe potuto accontentarsi di una vita
normale?
Nessuno
dei mestieri comuni poteva fare al caso suo. Lui aveva conosciuto il
sovrannaturale, era andato oltre, come poteva ora accontentarsi di qualcosa di
meno?
No,
non se ne sarebbe restato calmo ed annoiato nel mondo banale e noioso, avrebbe
fatto qualcosa di più!
Avrebbe
finalmente iniziato a vivere! Per trent’anni era stato uno studente e, dunque,
si era preparato alla vita, per dieci era stato manipolato e comandato; ora era
il momento di vivere, finalmente, di decidere, di essere ciò che voleva.
Ma
che cosa voleva? Non lo sapeva.
Non
era abituato a chiedersi che cosa volesse, solitamente faceva ciò doveva, ciò
che gli veniva richiesto, quindi era come se avesse perso la capacità di
ascoltare i propri bisogni e desideri.
Che
cosa gli era sempre stato a cuore? La conoscenza.
Come
poteva ampliarla, ora che aveva abbandonato la Biblioteca?
Beh,
lui non aveva mai approfondito la magia, l’aveva solo sfiorata, studiata in via
teorica, ma mai messa in pratica, mai realmente padroneggiata.
Ecco,
ecco che cosa voleva fare! La magia! Si sarebbe immerso completamente nel
sovrannaturale, non lo avrebbe più guardato da lontano o vigilato, lui si
sarebbe mosso dentro di esso, lo avrebbe conosciuto non sui libri, ma per
esperienza diretta e personale, lo avrebbe vissuto in prima persona.
Sì,
proprio come gli era stato detto dieci anni prima: era il momento fare
esperienza di vita, di conoscere il cattivo mondo esterno, di nuotare o
affogare.
Sì,
era questo che voleva fare e poi, col tempo, avrebbe deciso che strada
prendere.
Sapeva
esattamente dove cominciare questa nuova avventura. C’era un ritrovo per
creature sovrannaturali e praticanti dell’occulto, in Iowa,
nella contea di Dubuque, vicino a Dyersville;
c’erano alcuni edifici in cui si trovavano bar, bische, circoli, Flynn c’era stato alcune volte, in passato, per raccogliere
informazioni.
L’uomo
si procurò un’automobile e si mise in viaggio, dopo un paio di giorni,
finalmente giunse a destinazione. Aveva trovato rilassante quel lungo tragitto
in solitudine, accompagnato solo dalla radio, senza grandi pensieri per la
mente, senza il mondo da dover salvare.
Arrestò
l’auto vicino ad una fattoria, scese si avvicinò al campo e infine si addentrò
nella piantagione di pannocchie: era lì in mezzo al grano turco che si trovava
il passaggio per raggiungere quel ritrovo.
Flynn andò senza
indugi, pur sapendo che molto probabilmente si sarebbe trovato a contatto anche
con individui loschi e soggetti più o meno pericolosi, più o meno malavitosi.
Si era però un poco camuffato e non si era rasato la barba: in quegli ambienti
poteva essere riconosciuto come il Bibliotecario e ciò gli avrebbe causato
guai.
Trascorse
la giornata giocando in una delle bische, con giochi mescolati con la magia. Si
divertì parecchio e socializzò; la sera decise di andare in una sorta di pub a
mangiare qualcosa e bere.
Mentre
mangiava delle patatine fritte affogate nel ketchup, spostò lo sguardo verso il
boccale di birra da un litro e vide, con disappunto, il riflesso di Judson.
“Ciao,
Flynn!” gli disse l’uomo.
“Sparisci!”
intimò lui.
“Sì,
non mi tratterò a lungo. Che cosa ci fai qui?”
“Vivo.”
“Ah,
vedo, vedo. E ti piace questa vita?”
“Non
lo so, devo conoscerla ancora; tuttavia, almeno è mia. È la prima decisione che
prendo per me da tantissimo tempo.”
“Quindi,
ottenuta la libertà, decidi di investire il tuo tempo qui?”
“Ho
diritto anch’io di divertirmi, o no?! Ma che diavolo ne parlo con te?! Io non
ho più niente a che spartire con te o con la Biblioteca!”
“Sì,
il modo in cui te ne sei andato lo ha lasciato intuire. Sono tutti molto
preoccupati per te, sai?”
“Forse
avrei dovuto avvertirli che non ci si deve fidare di voi.”
“Mi
dispiace che tu l’abbia presa così. Non era in questo modo che avresti dovuto
scoprire certe verità.”
“Non
le avrei proprio dovute scoprire, non è così, Yahuda?”
“Non
è detto, non sapevamo ancora se …”
“Dieci
anni! Per dieci anni ho fatto il Bibliotecario, obbedendo a tutte le vostre
direttive, senza mai venire meno al mio dovere, ma evidentemente questo non è
bastato a guadagnarmi la vostra fiducia!”
“Flynn, cerca di capire … dieci anni sono decisamente
pochini, in confronto ai nostri tempi.”
“Una
scusa patetica! È questa la migliore giustificazione che riesci a trovare? Non
basta!”
“Bastare
per cosa? Questa non è una scusa, è un dato di fatto e io non sono qui per
farti cambiare idea o farti tornare da noi. Non ti chiede neppure
comprensione.”
“Allora
che cosa vuoi?”
“Nulla.
Volevo solo accertarmi che stessi bene e basta.”
“Sì,
come vedi, sto benissimo. Be-nis-si-mo! Quindi ora
vattene!”
“E
cosa pensi di fare, adesso?”
“Non
sono affari tuoi! Penserò finalmente a me stesso! Accrescerò le mie conoscenze
e il mio potere e andrò all’avventura
per conto mio, dove mi piacerà e dove potrò averne un utile. Basta con le
vostre bugie e il vostro finto e patetico buonismo. Addio!”
“Flynn … io spero che tu possa trovare quel che cerchi e … e
di rivederti, presto.”
“Questo
non accadrà. Con voi ho chiuso.”
Flynn si decise a
prendere il boccale e bere. Smangiucchiò ancora un poco, bevve molto e poi
decise di fare un po’ di baldoria, coinvolgendo gli altri avventori presenti.
Cominciò ad attaccare bottone con un tale seduto al tavolo dietro di lui e
presto cominciarono a cantare. A loro si unirono altri, c’erano per lo più
creature come vampiri, ninfe, umanoidi legati agli elementi e così via, solo un
paio di umani praticanti di magia. Presto in tutto il locale era in corso una
specie di festa, tutti gridavano, cantavano, bevevano, scherzavano e usavano i
loro poteri.
Flynn si risvegliò il
mattino seguente, con un certo mal di testa, si accorse di aver dormito su un
tavolo. Nonostante i postumi, era contento: era stata la prima volta che aveva fatto
qualcosa del genere, nemmeno da adolescente aveva preso parte a una qualche
serata-devasto come quella.
Prese
una bottiglietta d’acqua e la usò per rinfrescarsi il viso e bagnarsi la gola secca,
poi uscì dal locale per prendere una boccata d’aria. C’era già il Sole, Flynn fece un paio di calcoli per capire che erano circa le
nove e mezza del mattino, poi si ricordò di avere un orologio. Mentre si
guardava attorno, pensando alla giornata che lo attendeva, gli passarono
davanti quelli che gli parvero tre gnomi, non lo poteva sapere con esattezza, poiché
indossavano mostruose maschere di legno dipinto, grandi quasi quanto loro,
arrivavano fino alla vita e superavano la fronte di almeno venti centimetri;
inoltre, alle maschere erano appesi dei campanellini. I tre correvano,
recitando stornelli in una strana lingua, lanciando versi e facendosi dispetti.
Uno teneva in mano un bastone della pioggia, un altro un bastone con delle
piume ai lati, l’ultimo aveva una sorta di corda che faceva schioccare per
aria.
Flynn, incuriosito,
si mise a seguirli, distante ma non troppo, per vedere dove andassero e che
cosa facessero: quel che vedeva gli era completamente nuovo. Era una strana
usanza degli gnomi? Era una qualche penitenza? Il folklore interno ai popoli
sovrannaturali non era stato oggetto di studio nel suo periodo in Biblioteca,
si era limitato a conoscerne solo alcuni aspetti limitati. Era dunque l’occasione
buona per approfondire. Ehi, adesso che ci pensava, perché li definiva esseri sovrannaturali? Il fatto che esistessero
in natura non rendeva quelle creature naturali? Via, ci avrebbe pensato poi,
ora doveva seguire quello strano trio.
Flynn pedinò gli
gnomi per una decina di minuti, attraverso il campo di grano turco,
allontanandosi dai locali. Gli sembrava che le piante diventassero sempre più
alte e il sentiero che si apriva per
andare avanti, si richiudeva poi immediatamente alle sue spalle. Vide poi gli
gnomi fermarsi vicino ad una pianta più
grande delle altre, presero delle pannocchie e cominciarono a sgranocchiarle
crude, oppure tirarsele addosso vicendevolmente e ridevano di gusto. Ad un
tratto, però, si sentì un ritmo scandito da tamburi riempire l’aria e poi i
rintocchi di una campana. Gli gnomi si misero subito attenti; scostarono delle
foglie giganti e mostrarono un’enorme pannocchia, andarono dietro ad essa e
scomparvero.
Flynn, allora, che
era rimasto nascosto lì vicino ad osservare, si precipitò a propria volta
dietro alla pannocchia per non perderli di vista, le campane stavano ancora
suonando; non li trovò, ma si imbatté nell’entrata di un tunnel che si
restringeva ad ogni rintocco. L’uomo fu indeciso circa cosa fare: gettarsi lì
dentro, senza informazione alcune ed andare all’avventura? Sì. Era quello che
si era ripromesso di fare nella sua vita, ora, giusto? Allora non doveva
esitare o temere. Si gettò dentro il cunicolo che, stranamente, funzionò come
uno scivolo, nonostante il terreno avrebbe dovuto fare attrito.
Flynn scivolò per almeno
cinque minuti, il che lo preoccupava parecchio circa la profondità che stava
raggiungendo, era tutto buio. Finalmente atterrò, ma di sedere e si rialzò col
coccige parecchio dolorante. Si rialzò in piedi e si guardò attorno: c’era
luce, ma non avrebbe saputo dire da dove provenisse. Non gli sembrava di essere
al chiuso, come la logica avrebbe voluto, ma gli pareva uno spazio aperto, con
tanto di cielo grigio. Il paesaggio era brullo, il terreno era nudo oppure con
qualche ciuffo di erba secca o coperto di foglie secche, c’erano molti alberi,
ma completamente spogli. Guardando in ogni direzione, non si vedeva una sola
costruzione umana, l’orizzonte pareva lontanissimo. Non si vedeva neppure più
il cunicolo da cui era sceso e non c’era traccia dei tre gnomi.
Flynn si sentì
improvvisamente stimolato: era in un luogo sconosciuto, senza alcuna
informazione e pareva non esserci nessun mezzo di sussistenza; era l’ideale per
mettersi alla prova, per tirare finalmente fuori ogni suo aspetto, cercare di
dare il meglio di sé.
Decise
di mettersi in cammino. Non avendo una direzione da prendere, si concentrò e
fece appello al proprio istinto o al proprio sesto senso, per decidere quale
fosse la sua strada. Sì, questa volta non si sarebbe limitato ad usare il
cervello, avrebbe usato anche quel poco di magia che Judson
gli aveva permesso di padroneggiare. Sì, avrebbe sfruttato appieno il suo
potere interiore e lo avrebbe amplificato il più possibile.
Scelta
la via, si mise in marcia, non c’erano sentieri battuti, ma questo non lo
spaventava. Di tanto in tanto vedeva qualche animaletto, roditori per lo più,
correre e poi infilarsi in una tana. Flynn iniziava
ad avere fame, per cui decise di procurarsi del cibo cacciando. Riusciva a
trasmettere scariche elettriche, era un’abilità che in passato gli era servita
parecchio per stordire gli avversari; per cui iniziò a cercare di fulminare qualcuna
delle bestiole che vedeva per procurarsi il pranzo. Non fu facile, all’inizio,
poiché solitamente trasmetteva la scossa a contatto e non a distanza, ma appena
capì come proiettare l’energia non direttamente dalla sua mano, riuscì a
colpire un coniglio.
Venne,
allora, la parte più difficile: scuoiare l’animale. Per fortuna, l’uomo aveva
con sé un coltellino e lo usò a dovere,
cercando di non macchiarsi di sangue. Poco dopo, stava per accendere il fuoco
in maniera tradizionale, trovare rami secchi
in quel posto non gli era stato difficile, ma poi si ricordò di avere
letto, in passato, qualche appunto sulla pirogenesi e pirocinesi,
quindi decise di tentare di accendere il
falò con la magia. Ebbe bisogno di
concentrarsi e di due o tre tentativi, comunque ci riuscì e si sentì molto
orgoglioso. Arrostito il coniglio e mangiatone buona parte, l’uomo ebbe sete,
ma non c’era nemmeno un canale da quelle parti. Lui non si scoraggiò e, ormai
entusiasta dei poteri che stava scoprendo, si adoperò per far sgorgare lui
stesso l’acqua dal suolo e ci riuscì.
Dopo
il pranzo, riprese il cammino e, entusiasta per la facilità con cui aveva
padroneggiato l’elettricità, il fuoco e l’acqua, decise di fare qualche esercizio
per tentare di manipolare anche l’aria e la terra. Vi riuscì. Evocò un grande
vento di cui riusciva a direzionare le folate e fu in grado di smuovere e far
tremare la terra.
Era
gioioso e si sentiva potentissimo.
“Chiamatemi
Flynn, il signore degli elementi!” aveva gridato al
nulla.
Era
contentissimo, sentiva la libertà e il potere scorrergli nelle vene al posto
del sangue. Che limiti aveva?! Nessuno! Non c’erano Judson
o Charlene o sua madre a dirgli che cosa poteva fare
e che cosa no, non c’era nessuno a limitare le sue capacità.
Preso
da quella sensazione di onnipotenza, decise di spingersi ancor oltre, provò e
riuscì sia a controllare la volontà degli animaletti che vedeva attorno a sé,
sia ad imporre ad un ramo secco di fiorire.
Ah,
meraviglia! Era dunque questo che si era perso per tutta la sua vita? Per fortuna
non era ancora troppo tardi, per fortuna ora sapeva! Inoltre, era solo agli
inizi, chissà quali cose avrebbe potuto fare con il giusto e quotidiano
esercizio.
Mentre
Flynn si lasciava andare a questo entusiasmo, il
cielo iniziava a farsi buio. L’uomo scorse, infine, una sorta di villaggio di
capanne, piuttosto piccolo; decise di andare in quella direzione. Non trovò
nessuno sul proprio cammino e, una volta arrivato all’insediamento, gli parve
disabitato. Iniziò a chiamare a gran voce, a sbirciare alle finestre e così si
accorse che i pochi abitanti erano chiusi nelle capanne, sdraiati su delle
amache e sotto delle stuoie, zitti in assoluto silenzio. Soltanto un uomo
anziano decise di alzarsi un momento, scostare la tenda davanti all’entrata,
poiché non c’erano porte, e spiegare: “Ti conviene cercarti un riparo! Questa notte
arriverà Aigamuxa, un terribile mostro che divora gli
uomini! Tutti noi ci nascondiamo, poiché se non ci vede, passerà oltre e ci
lascerà stare.”
Detto
ciò, l’anziano tornò a celarsi in casa. Flynn ragionò
su quell’avvertimento e decise di non prendere precauzioni per la propria incolumità
ma, anzi, aspettare l’Aigamuxa e combatterlo.
Si
guardò attorno alla ricerca di un bastone abbastanza solido e lungo da poter
usare come spada, poi si mise in attesa. Era impaziente di cimentarsi in quell’impresa,
voleva provare il connubio tra la scherma e la magia.
Venne
la notte, si cominciò a sentire un gemito in lontananza, poi un altro e ancora
e ancora, sempre più vicino. Uno strano fruscio. Poi, eccolo: un essere alto e
massiccio, il volto era occupato per oltre metà da un’enorme bocca piena di
denti aguzzi, lunghi come coltelli; era pelato e non aveva occhi; anzi, gli
occhi li aveva, ma non sul viso, bensì sulle caviglie. Si guardava attorno,
alla ricerca di cibo.
Flynn pensò non fosse
molto complicato da sconfiggere, quell’essere e si domandò come mai un
villaggio, seppure poco abitato, non fosse stato in grado di liberarsene da
solo. Ricorse al fuoco per bruciare gli occhi del mostro, accecandolo, poi iniziò
a colpirlo col bastone.
L’Aigamuxa lanciò qualche verso e reagì, agitando le braccia
per aria e sferrando colpi poderosi a destra e a manca, riuscendo a colpire sia
Flynn che qualche capanna.
L’uomo,
allora, lasciò perdere il bastone e decise di usare solo la magia, tenendosi a
debita distanza. Evocò prima un grande vento, così forte da sollevare il mostro
per aria e farlo vorticare in tondo per qualche manciata di secondo, poi lo
schiantò al suolo, lo colpì con una grande scarica elettrica e infine li diede
fuoco.
Gli
abitanti del villaggio, che avevano assistito alla scena, esultarono con grande
gioia e circondarono Flynn, ringraziandolo,
nonostante qualcuno si lamentasse del fatto che le folate di vento avevano
scoperchiato alcune capanne.
L’uomo
ne fu molto contento e accettò volentieri i festeggiamenti.
Il
giorno dopo, alcuni degli abitanti del villaggio gli raccontarono di una grande
impresa, non meglio definita, che sarebbe stata compiuta solo da un grande eroe
ed essi pensavano che quell’eroe potesse essere lui. Flynn
accettò volentieri la sfida e venne condotto ai piedi di una montagna, lì lo
lasciarono, indicandogli il sentiero da seguire per raggiungere la vetta e la
grande prova.
Flynn si mise in
cammino, senza timore, canticchiando qualche vecchia canzone dei tempi in cui era
stato boyscout. La salita non fu né lunga, né faticosa, dopo un’oretta l’uomo
aveva già raggiunto la cima, che aveva uno spiazzo piano piuttosto vasto. Al centro
c’era una sorta di trono in pietra, con lo schienale molto alto. Era dietro di
esso, per cui si avvicinò per passargli davanti ed osservarlo meglio. Quando gli
fu innanzi, trasalì, vedendo se stesso seduto sul trono!
Non
era una statua, era proprio un uomo identico a lui in tutto e per tutto. Come poteva
essere possibile?
“Ciao
Flynn!” disse quello seduto, con sguardo che pareva
spiritato e un sorriso inquietante.
“Chi
sei?” chiese l’originale.
“Io
sono te.”
“Una
parte di me?”
“No.
Sono un possibile te. Sono quello che hai deciso di diventare.”
“Com’è
possibile che tu sia lì e io qui …? …”
“Non
porti problemi di logica, in questo posto.”
“Dove
siamo?”
“Dentro.”
“A
cosa?”
“Non
ha importanza. Qui crescerai, evolverai, apprenderai il necessario.”
“Diventerò
te?”
“Lo
sei già, in potenza. Lo sei già stato, ricordi quando avevi il pomo della
discordia tra le mani? Ricordi come ti sentivi potente, libero e felice? Senza preoccupazioni,
pensando solo a te stesso, come sei stato bene, seppure per pochi minuti!”
“Quella
era la versione peggiore di me! Io non voglio essere così!”
“Come?!”
si irritò quello sul trono, levandosi in piedi “Non vuoi il potere? Il totale
controllo? È questo che ti manca! Sei sempre stato chino ad obbedire a qualcuno
o qualcosa, quando tu sei fatto per comandare! Che spreco la tua conoscenza, sottomessa
a qualcun altro. Tutto il tuo sapere che deve rimanere sopito e non lo puoi
applicare, non puoi ottenere quello che vuoi! Tenerlo nascosto, invece di
palesarlo al mondo! Quanti ti ritengono un patetico omuncolo, sia tra gli umani
che non? E perché? Perché non usi il tuo potenziale, perché tu stesso ti
mortifichi e ti nascondi.” avanzò verso Flynn “Hanno
fatto bene, finora, ad insultarti e disprezzarti, non hai fatto nulla per avere
il rispetto degli altri. Hai sempre nascosto quello che sai fare, oppure sei
sempre stato un servo! Ora che finalmente hai capito la realtà dei fatti,
potrai finalmente farti valere e vincere e trionfare su tutto e tutti, perché
il tuo sapere ti rende più grande della maggior parte dei viventi ed ora che tu
ottenga il tuo posto reale nel mondo.”
Flynn ebbe paura,
iniziò ad arretrare e farfugliò: “Io non
ho questo odio, non ho tutto questo desiderio di rivalsa. Voglio solo conoscere
la Verità e decidere liberamente, secondo la mia coscienza. Il potere sugli
altri non mi interessa.”
“Perché?”
gli chiese l’alter ego, a denti stretti, avanzando minaccioso “Il potere che
hai dentro di te, ti permetterebbe qualsiasi cosa!”
“Beh,
decido io come investire questo potere e non mi interessa per vessare gli
altri! Sono stato fin troppo vittima di bullismo da ragazzino, per mettermi a
fare il prepotente!”
“Perché?
Non ti vuoi vendicare? Non vuoi dimostrare a chi ti ha vessato chi sei realmente?”
“No!”
“E
allora che cosa vuoi fare? Continuare a nasconderti?”
“Non
lo so, deciderò. Voglio ancora combattere per il bene.”
“In
Biblioteca ti hanno sempre e solo ingannato!” insisté l’alter ego, costringendo
l’originale ad indietreggiare sempre più verso il bordo della montagna.
“Lo
so, ma non ha importanza. Capirò da solo che cosa è giusto e cosa sbagliato,
sarà la mia coscienza a dirmi quando intervenire per proteggere. Io non voglio
tenere il mio sapere per tornaconto personale, ma lo voglio impiegare per il
bene.”
“Sei
patetico. Ancora una volta vuoi piegarti a qualcosa che, non solo non conosci,
ma che mai e poi mai potrà essere conosciuta! Nessuno saprà mai che cosa è
giusto e cosa è sbagliato, Bene e Male sono indefinibili.”
Flynn era in bilico sull’orlo
del precipizio, ma non se ne era accorto; replicò: “Ti sbagli. I sofisti hanno
torto a dire che non esiste un assoluto. L’assoluto esiste!”
“Può
darsi, ma l’unico modo per scoprirlo è la morte.”
L’alter
ego appoggiò le mani sulle spalle dell’originale e gli diede una leggera spinta
all’indietro.
Flynn si sentì cadere
nel vuoto, precipitò; vide il suo doppio rimpicciolirsi sempre di più, la
montagna stagliarsi sempre più alta e poi continuò a cadere oltre. La montagna scomparve,
si ritrovò a precipitare nel vuoto, l’aria attorno a sé divenne sempre più fredda
e, infine, atterrò di schiena su un soffice e gelido cumulo di neve.
Tossì
per il colpo subito ai polmoni in quell’atterraggio, aspettò qualche istante
per mettersi a sedere; poi si guardò attorno: sembrava di trovarsi ad uno dei
poli, durante il periodo di sei mesi di buio, dove la luce c’è, ma assai fioca;
tutt’attorno c’era neve, pareti di ghiaccio e fiocchi che cadevano dal cielo.