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Autore: DirceMichelaRivetti    07/04/2015    1 recensioni
Il titolo non so quanto sarà realmente attinente alla fanfic.
La mia idea è di immaginare il continuo della serie, per cui vari misteri da affrontare per i protagonisti e, soprattutto, ancora una volta gli intrighi di Dulaque.
Voglio anche valorizzare e dare maggior spazio alla componente arturiana che permea la serie.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo aver sentito le parole di Dulaque e aver visto le proprie certezze e il proprio mondo andare in frantumi, Flynn aveva iniziato a correre e a fuggire. Fuggiva da ciò che credeva l’avesse ingannato, da ciò che credeva gli avrebbe recato dolore.

Flynn aveva corso senza meta per ore e ore, girava ora a destra, ora a sinistra, senza sapere dove andare, senza sapere dove si trovasse.

Iniziò ad albeggiare e Flynn, stanco, entrò nel primo alberghetto che trovò, prese una camera, si gettò sul letto e si addormentò vestito, sopra le coperte. Per le prime tre ore fu per lui un continuo andare in dormiveglia e poi svegliarsi, nervoso e agitato, ma in fine riuscì ad addormentarsi e a riposarsi per diverse ore.

Quando si svegliò, Flynn si sentiva apatico, andò a mangiare qualcosa e, nel frattempo, ragionava su cosa fare. Avrebbe cercato un lavoro, ricominciando la sua vita da capo? Bah, chi avrebbe assunto un quarantenne senza alcuna esperienza certificata? Aveva, tuttavia, molte qualità e nei dieci anni passati a fare il Bibliotecario aveva acquisito numerose competenze, forse non gli sarebbe stato difficile trovare un impiego … ma quale razza di lavoro sarebbe andata bene per lui? Dopo tutto quello che aveva visto e scoperto, dopo tutto quello che aveva vissuto, come avrebbe potuto accontentarsi di una vita normale?

Nessuno dei mestieri comuni poteva fare al caso suo. Lui aveva conosciuto il sovrannaturale, era andato oltre, come poteva ora accontentarsi di qualcosa di meno?

No, non se ne sarebbe restato calmo ed annoiato nel mondo banale e noioso, avrebbe fatto qualcosa di più!

Avrebbe finalmente iniziato a vivere! Per trent’anni era stato uno studente e, dunque, si era preparato alla vita, per dieci era stato manipolato e comandato; ora era il momento di vivere, finalmente, di decidere, di essere ciò che voleva.

Ma che cosa voleva? Non lo sapeva.

Non era abituato a chiedersi che cosa volesse, solitamente faceva ciò doveva, ciò che gli veniva richiesto, quindi era come se avesse perso la capacità di ascoltare i propri bisogni e desideri.

Che cosa gli era sempre stato a cuore? La conoscenza.

Come poteva ampliarla, ora che aveva abbandonato la Biblioteca?

Beh, lui non aveva mai approfondito la magia, l’aveva solo sfiorata, studiata in via teorica, ma mai messa in pratica, mai realmente padroneggiata.

Ecco, ecco che cosa voleva fare! La magia! Si sarebbe immerso completamente nel sovrannaturale, non lo avrebbe più guardato da lontano o vigilato, lui si sarebbe mosso dentro di esso, lo avrebbe conosciuto non sui libri, ma per esperienza diretta e personale, lo avrebbe vissuto in prima persona.

Sì, proprio come gli era stato detto dieci anni prima: era il momento fare esperienza di vita, di conoscere il cattivo mondo esterno, di nuotare o affogare.

Sì, era questo che voleva fare e poi, col tempo, avrebbe deciso che strada prendere.

Sapeva esattamente dove cominciare questa nuova avventura. C’era un ritrovo per creature sovrannaturali e praticanti dell’occulto, in Iowa, nella contea di Dubuque, vicino a Dyersville; c’erano alcuni edifici in cui si trovavano bar, bische, circoli, Flynn c’era stato alcune volte, in passato, per raccogliere informazioni.

L’uomo si procurò un’automobile e si mise in viaggio, dopo un paio di giorni, finalmente giunse a destinazione. Aveva trovato rilassante quel lungo tragitto in solitudine, accompagnato solo dalla radio, senza grandi pensieri per la mente, senza il mondo da dover salvare.

Arrestò l’auto vicino ad una fattoria, scese si avvicinò al campo e infine si addentrò nella piantagione di pannocchie: era lì in mezzo al grano turco che si trovava il passaggio per raggiungere quel ritrovo.

Flynn andò senza indugi, pur sapendo che molto probabilmente si sarebbe trovato a contatto anche con individui loschi e soggetti più o meno pericolosi, più o meno malavitosi. Si era però un poco camuffato e non si era rasato la barba: in quegli ambienti poteva essere riconosciuto come il Bibliotecario e ciò gli avrebbe causato guai.

Trascorse la giornata giocando in una delle bische, con giochi mescolati con la magia. Si divertì parecchio e socializzò; la sera decise di andare in una sorta di pub a mangiare qualcosa e bere.

Mentre mangiava delle patatine fritte affogate nel ketchup, spostò lo sguardo verso il boccale di birra da un litro e vide, con disappunto, il riflesso di Judson.

“Ciao, Flynn!” gli disse l’uomo.

“Sparisci!” intimò lui.

“Sì, non mi tratterò a lungo. Che cosa ci fai qui?”

“Vivo.”

“Ah, vedo, vedo. E ti piace questa vita?”

“Non lo so, devo conoscerla ancora; tuttavia, almeno è mia. È la prima decisione che prendo per me da tantissimo tempo.”

“Quindi, ottenuta la libertà, decidi di investire il tuo tempo qui?”

“Ho diritto anch’io di divertirmi, o no?! Ma che diavolo ne parlo con te?! Io non ho più niente a che spartire con te o con la Biblioteca!”

“Sì, il modo in cui te ne sei andato lo ha lasciato intuire. Sono tutti molto preoccupati per te, sai?”

“Forse avrei dovuto avvertirli che non ci si deve fidare di voi.”

“Mi dispiace che tu l’abbia presa così. Non era in questo modo che avresti dovuto scoprire certe verità.”

“Non le avrei proprio dovute scoprire, non è così, Yahuda?”

“Non è detto, non sapevamo ancora se …”

“Dieci anni! Per dieci anni ho fatto il Bibliotecario, obbedendo a tutte le vostre direttive, senza mai venire meno al mio dovere, ma evidentemente questo non è bastato a guadagnarmi la vostra fiducia!”

Flynn, cerca di capire … dieci anni sono decisamente pochini, in confronto ai nostri tempi.”

“Una scusa patetica! È questa la migliore giustificazione che riesci a trovare? Non basta!”

“Bastare per cosa? Questa non è una scusa, è un dato di fatto e io non sono qui per farti cambiare idea o farti tornare da noi. Non ti chiede neppure comprensione.”

“Allora che cosa vuoi?”

“Nulla. Volevo solo accertarmi che stessi bene e basta.”

“Sì, come vedi, sto benissimo. Be-nis-si-mo! Quindi ora vattene!”

“E cosa pensi di fare, adesso?”

“Non sono affari tuoi! Penserò finalmente a me stesso! Accrescerò le mie conoscenze e il mio  potere e andrò all’avventura per conto mio, dove mi piacerà e dove potrò averne un utile. Basta con le vostre bugie e il vostro finto e patetico buonismo. Addio!”

Flynn … io spero che tu possa trovare quel che cerchi e … e di rivederti, presto.”

“Questo non accadrà. Con voi ho chiuso.”

Flynn si decise a prendere il boccale e bere. Smangiucchiò ancora un poco, bevve molto e poi decise di fare un po’ di baldoria, coinvolgendo gli altri avventori presenti. Cominciò ad attaccare bottone con un tale seduto al tavolo dietro di lui e presto cominciarono a cantare. A loro si unirono altri, c’erano per lo più creature come vampiri, ninfe, umanoidi legati agli elementi e così via, solo un paio di umani praticanti di magia. Presto in tutto il locale era in corso una specie di festa, tutti gridavano, cantavano, bevevano, scherzavano e usavano i loro poteri.

Flynn si risvegliò il mattino seguente, con un certo mal di testa, si accorse di aver dormito su un tavolo. Nonostante i postumi, era contento: era stata la prima volta che aveva fatto qualcosa del genere, nemmeno da adolescente aveva preso parte a una qualche serata-devasto come quella.

Prese una bottiglietta d’acqua e la usò per rinfrescarsi il viso e bagnarsi la gola secca, poi uscì dal locale per prendere una boccata d’aria. C’era già il Sole, Flynn fece un paio di calcoli per capire che erano circa le nove e mezza del mattino, poi si ricordò di avere un orologio. Mentre si guardava attorno, pensando alla giornata che lo attendeva, gli passarono davanti quelli che gli parvero tre gnomi, non lo poteva sapere con esattezza, poiché indossavano mostruose maschere di legno dipinto, grandi quasi quanto loro, arrivavano fino alla vita e superavano la fronte di almeno venti centimetri; inoltre, alle maschere erano appesi dei campanellini. I tre correvano, recitando stornelli in una strana lingua, lanciando versi e facendosi dispetti. Uno teneva in mano un bastone della pioggia, un altro un bastone con delle piume ai lati, l’ultimo aveva una sorta di corda che faceva schioccare per aria.

Flynn, incuriosito, si mise a seguirli, distante ma non troppo, per vedere dove andassero e che cosa facessero: quel che vedeva gli era completamente nuovo. Era una strana usanza degli gnomi? Era una qualche penitenza? Il folklore interno ai popoli sovrannaturali non era stato oggetto di studio nel suo periodo in Biblioteca, si era limitato a conoscerne solo alcuni aspetti limitati. Era dunque l’occasione buona per approfondire. Ehi, adesso che ci pensava, perché li definiva esseri sovrannaturali? Il fatto che esistessero in natura non rendeva quelle creature naturali? Via, ci avrebbe pensato poi, ora doveva seguire quello strano trio.

Flynn pedinò gli gnomi per una decina di minuti, attraverso il campo di grano turco, allontanandosi dai locali. Gli sembrava che le piante diventassero sempre più alte e il sentiero  che si apriva per andare avanti, si richiudeva poi immediatamente alle sue spalle. Vide poi gli gnomi fermarsi vicino  ad una pianta più grande delle altre, presero delle pannocchie e cominciarono a sgranocchiarle crude, oppure tirarsele addosso vicendevolmente e ridevano di gusto. Ad un tratto, però, si sentì un ritmo scandito da tamburi riempire l’aria e poi i rintocchi di una campana. Gli gnomi si misero subito attenti; scostarono delle foglie giganti e mostrarono un’enorme pannocchia, andarono dietro ad essa e scomparvero.

Flynn, allora, che era rimasto nascosto lì vicino ad osservare, si precipitò a propria volta dietro alla pannocchia per non perderli di vista, le campane stavano ancora suonando; non li trovò, ma si imbatté nell’entrata di un tunnel che si restringeva ad ogni rintocco. L’uomo fu indeciso circa cosa fare: gettarsi lì dentro, senza informazione alcune ed andare all’avventura? Sì. Era quello che si era ripromesso di fare nella sua vita, ora, giusto? Allora non doveva esitare o temere. Si gettò dentro il cunicolo che, stranamente, funzionò come uno scivolo, nonostante il terreno avrebbe dovuto fare attrito.

Flynn scivolò per almeno cinque minuti, il che lo preoccupava parecchio circa la profondità che stava raggiungendo, era tutto buio. Finalmente atterrò, ma di sedere e si rialzò col coccige parecchio dolorante. Si rialzò in piedi e si guardò attorno: c’era luce, ma non avrebbe saputo dire da dove provenisse. Non gli sembrava di essere al chiuso, come la logica avrebbe voluto, ma gli pareva uno spazio aperto, con tanto di cielo grigio. Il paesaggio era brullo, il terreno era nudo oppure con qualche ciuffo di erba secca o coperto di foglie secche, c’erano molti alberi, ma completamente spogli. Guardando in ogni direzione, non si vedeva una sola costruzione umana, l’orizzonte pareva lontanissimo. Non si vedeva neppure più il cunicolo da cui era sceso e non c’era traccia dei tre gnomi.

Flynn si sentì improvvisamente stimolato: era in un luogo sconosciuto, senza alcuna informazione e pareva non esserci nessun mezzo di sussistenza; era l’ideale per mettersi alla prova, per tirare finalmente fuori ogni suo aspetto, cercare di dare il meglio di sé.

Decise di mettersi in cammino. Non avendo una direzione da prendere, si concentrò e fece appello al proprio istinto o al proprio sesto senso, per decidere quale fosse la sua strada. Sì, questa volta non si sarebbe limitato ad usare il cervello, avrebbe usato anche quel poco di magia che Judson gli aveva permesso di padroneggiare. Sì, avrebbe sfruttato appieno il suo potere interiore e lo avrebbe amplificato il più possibile.

Scelta la via, si mise in marcia, non c’erano sentieri battuti, ma questo non lo spaventava. Di tanto in tanto vedeva qualche animaletto, roditori per lo più, correre e poi infilarsi in una tana. Flynn iniziava ad avere fame, per cui decise di procurarsi del cibo cacciando. Riusciva a trasmettere scariche elettriche, era un’abilità che in passato gli era servita parecchio per stordire gli avversari; per cui iniziò a cercare di fulminare qualcuna delle bestiole che vedeva per procurarsi il pranzo. Non fu facile, all’inizio, poiché solitamente trasmetteva la scossa a contatto e non a distanza, ma appena capì come proiettare l’energia non direttamente dalla sua mano, riuscì a colpire un coniglio.

Venne, allora, la parte più difficile: scuoiare l’animale. Per fortuna, l’uomo aveva con sé un coltellino e lo usò  a dovere, cercando di non macchiarsi di sangue. Poco dopo, stava per accendere il fuoco in maniera tradizionale, trovare rami secchi  in quel posto non gli era stato difficile, ma poi si ricordò di avere letto, in passato, qualche appunto sulla pirogenesi e pirocinesi, quindi  decise di tentare di accendere il falò  con la magia. Ebbe bisogno di concentrarsi e di due o tre tentativi, comunque ci riuscì e si sentì molto orgoglioso. Arrostito il coniglio e mangiatone buona parte, l’uomo ebbe sete, ma non c’era nemmeno un canale da quelle parti. Lui non si scoraggiò e, ormai entusiasta dei poteri che stava scoprendo, si adoperò per far sgorgare lui stesso l’acqua dal suolo e ci riuscì.

Dopo il pranzo, riprese il cammino e, entusiasta per la facilità con cui aveva padroneggiato l’elettricità, il fuoco e l’acqua, decise di fare qualche esercizio per tentare di manipolare anche l’aria e la terra. Vi riuscì. Evocò un grande vento di cui riusciva a direzionare le folate e fu in grado di smuovere e far tremare la terra.

Era gioioso e si sentiva potentissimo.

“Chiamatemi Flynn, il signore degli elementi!” aveva gridato al nulla.

Era contentissimo, sentiva la libertà e il potere scorrergli nelle vene al posto del sangue. Che limiti aveva?! Nessuno! Non c’erano Judson o Charlene o sua madre a dirgli che cosa poteva fare e che cosa no, non c’era nessuno a limitare le sue capacità.

Preso da quella sensazione di onnipotenza, decise di spingersi ancor oltre, provò e riuscì sia a controllare la volontà degli animaletti che vedeva attorno a sé, sia ad imporre ad un ramo secco di fiorire.

Ah, meraviglia! Era dunque questo che si era perso per tutta la sua vita? Per fortuna non era ancora troppo tardi, per fortuna ora sapeva! Inoltre, era solo agli inizi, chissà quali cose avrebbe potuto fare con il giusto e quotidiano esercizio.

Mentre Flynn si lasciava andare a questo entusiasmo, il cielo iniziava a farsi buio. L’uomo scorse, infine, una sorta di villaggio di capanne, piuttosto piccolo; decise di andare in quella direzione. Non trovò nessuno sul proprio cammino e, una volta arrivato all’insediamento, gli parve disabitato. Iniziò a chiamare a gran voce, a sbirciare alle finestre e così si accorse che i pochi abitanti erano chiusi nelle capanne, sdraiati su delle amache e sotto delle stuoie, zitti in assoluto silenzio. Soltanto un uomo anziano decise di alzarsi un momento, scostare la tenda davanti all’entrata, poiché non c’erano porte, e spiegare: “Ti conviene cercarti un riparo! Questa notte arriverà Aigamuxa, un terribile mostro che divora gli uomini! Tutti noi ci nascondiamo, poiché se non ci vede, passerà oltre e ci lascerà stare.”

Detto ciò, l’anziano tornò a celarsi in casa. Flynn ragionò su quell’avvertimento e decise di non prendere precauzioni per la propria incolumità ma, anzi, aspettare l’Aigamuxa e combatterlo.

Si guardò attorno alla ricerca di un bastone abbastanza solido e lungo da poter usare come spada, poi si mise in attesa. Era impaziente di cimentarsi in quell’impresa, voleva provare il connubio tra la scherma e la magia.

Venne la notte, si cominciò a sentire un gemito in lontananza, poi un altro e ancora e ancora, sempre più vicino. Uno strano fruscio. Poi, eccolo: un essere alto e massiccio, il volto era occupato per oltre metà da un’enorme bocca piena di denti aguzzi, lunghi come coltelli; era pelato e non aveva occhi; anzi, gli occhi li aveva, ma non sul viso, bensì sulle caviglie. Si guardava attorno, alla ricerca di cibo.

Flynn pensò non fosse molto complicato da sconfiggere, quell’essere e si domandò come mai un villaggio, seppure poco abitato, non fosse stato in grado di liberarsene da solo. Ricorse al fuoco per bruciare gli occhi del mostro, accecandolo, poi iniziò a colpirlo col bastone.

L’Aigamuxa lanciò qualche verso e reagì, agitando le braccia per aria e sferrando colpi poderosi a destra e a manca, riuscendo a colpire sia Flynn che qualche capanna.

L’uomo, allora, lasciò perdere il bastone e decise di usare solo la magia, tenendosi a debita distanza. Evocò prima un grande vento, così forte da sollevare il mostro per aria e farlo vorticare in tondo per qualche manciata di secondo, poi lo schiantò al suolo, lo colpì con una grande scarica elettrica e infine li diede fuoco.

Gli abitanti del villaggio, che avevano assistito alla scena, esultarono con grande gioia e circondarono Flynn, ringraziandolo, nonostante qualcuno si lamentasse del fatto che le folate di vento avevano scoperchiato alcune capanne.

L’uomo ne fu molto contento e accettò volentieri i festeggiamenti.

Il giorno dopo, alcuni degli abitanti del villaggio gli raccontarono di una grande impresa, non meglio definita, che sarebbe stata compiuta solo da un grande eroe ed essi pensavano che quell’eroe potesse essere lui. Flynn accettò volentieri la sfida e venne condotto ai piedi di una montagna, lì lo lasciarono, indicandogli il sentiero da seguire per raggiungere la vetta e la grande prova.

Flynn si mise in cammino, senza timore, canticchiando qualche vecchia canzone dei tempi in cui era stato boyscout. La salita non fu né lunga, né faticosa, dopo un’oretta l’uomo aveva già raggiunto la cima, che aveva uno spiazzo piano piuttosto vasto. Al centro c’era una sorta di trono in pietra, con lo schienale molto alto. Era dietro di esso, per cui si avvicinò per passargli davanti ed osservarlo meglio. Quando gli fu innanzi, trasalì, vedendo se stesso seduto sul trono!

Non era una statua, era proprio un uomo identico a lui in tutto e per tutto. Come poteva essere possibile?

“Ciao Flynn!” disse quello seduto, con sguardo che pareva spiritato e un sorriso inquietante.

“Chi sei?” chiese l’originale.

“Io sono te.”

“Una parte di me?”

“No. Sono un possibile te. Sono quello che hai deciso di diventare.”

“Com’è possibile che tu sia lì e io qui …? …”

“Non porti problemi di logica, in questo posto.”

“Dove siamo?”

“Dentro.”

“A cosa?”

“Non ha importanza. Qui crescerai, evolverai, apprenderai il necessario.”

“Diventerò te?”

“Lo sei già, in potenza. Lo sei già stato, ricordi quando avevi il pomo della discordia tra le mani? Ricordi come ti sentivi potente, libero e felice? Senza preoccupazioni, pensando solo a te stesso, come sei stato bene, seppure per pochi minuti!”

“Quella era la versione peggiore di me! Io non voglio essere così!”

“Come?!” si irritò quello sul trono, levandosi in piedi “Non vuoi il potere? Il totale controllo? È questo che ti manca! Sei sempre stato chino ad obbedire a qualcuno o qualcosa, quando tu sei fatto per comandare! Che spreco la tua conoscenza, sottomessa a qualcun altro. Tutto il tuo sapere che deve rimanere sopito e non lo puoi applicare, non puoi ottenere quello che vuoi! Tenerlo nascosto, invece di palesarlo al mondo! Quanti ti ritengono un patetico omuncolo, sia tra gli umani che non? E perché? Perché non usi il tuo potenziale, perché tu stesso ti mortifichi e ti nascondi.” avanzò verso Flynn “Hanno fatto bene, finora, ad insultarti e disprezzarti, non hai fatto nulla per avere il rispetto degli altri. Hai sempre nascosto quello che sai fare, oppure sei sempre stato un servo! Ora che finalmente hai capito la realtà dei fatti, potrai finalmente farti valere e vincere e trionfare su tutto e tutti, perché il tuo sapere ti rende più grande della maggior parte dei viventi ed ora che tu ottenga il tuo posto reale nel mondo.”

Flynn ebbe paura, iniziò  ad arretrare e farfugliò: “Io non ho questo odio, non ho tutto questo desiderio di rivalsa. Voglio solo conoscere la Verità e decidere liberamente, secondo la mia coscienza. Il potere sugli altri non mi interessa.”

“Perché?” gli chiese l’alter ego, a denti stretti, avanzando minaccioso “Il potere che hai dentro di te, ti permetterebbe qualsiasi cosa!”

“Beh, decido io come investire questo potere e non mi interessa per vessare gli altri! Sono stato fin troppo vittima di bullismo da ragazzino, per mettermi a fare il prepotente!”

“Perché? Non ti vuoi vendicare? Non vuoi dimostrare a chi ti ha vessato chi sei realmente?”

“No!”

“E allora che cosa vuoi fare? Continuare a nasconderti?”

“Non lo so, deciderò. Voglio ancora combattere per il bene.”

“In Biblioteca ti hanno sempre e solo ingannato!” insisté l’alter ego, costringendo l’originale ad indietreggiare sempre più verso il bordo della montagna.

“Lo so, ma non ha importanza. Capirò da solo che cosa è giusto e cosa sbagliato, sarà la mia coscienza a dirmi quando intervenire per proteggere. Io non voglio tenere il mio sapere per tornaconto personale, ma lo voglio impiegare per il bene.”

“Sei patetico. Ancora una volta vuoi piegarti a qualcosa che, non solo non conosci, ma che mai e poi mai potrà essere conosciuta! Nessuno saprà mai che cosa è giusto e cosa è sbagliato, Bene e Male sono indefinibili.”

Flynn era in bilico sull’orlo del precipizio, ma non se ne era accorto; replicò: “Ti sbagli. I sofisti hanno torto a dire che non esiste un assoluto. L’assoluto esiste!”

“Può darsi, ma l’unico modo per scoprirlo è la morte.”

L’alter ego appoggiò le mani sulle spalle dell’originale e gli diede una leggera spinta all’indietro.

Flynn si sentì cadere nel vuoto, precipitò; vide il suo doppio rimpicciolirsi sempre di più, la montagna stagliarsi sempre più alta e poi continuò a cadere oltre. La montagna scomparve, si ritrovò a precipitare nel vuoto, l’aria attorno a sé divenne sempre più fredda e, infine, atterrò di schiena su un soffice e gelido cumulo di neve.

Tossì per il colpo subito ai polmoni in quell’atterraggio, aspettò qualche istante per mettersi a sedere; poi si guardò attorno: sembrava di trovarsi ad uno dei poli, durante il periodo di sei mesi di buio, dove la luce c’è, ma assai fioca; tutt’attorno c’era neve, pareti di ghiaccio e fiocchi che cadevano dal cielo.

   
 
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