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Autore: Eleanor S MacNeil    11/04/2015    4 recensioni
Charlotte ha un segreto.
STOP!
Sto' scherzando! Non è quel tipo di storia strappalacrime o melensa che porta il lettore a strapparsi i capelli ogni volta che i due si avvicinano per baciarsi.
Charlotte è una donna come tante, nulla di strano, niente che possa essere degno di nota, ma se guardiamo bene, se osserviamo da vicino la vita di Charlotte possiamo notare la mancanza di qualcosa: un uomo.
Charlotte gestisce un programma radiofonico chiamato: “Tutta colpa di Cenerentola” dove parla dell'amore che non esiste, del vero significato di innamorarsi, o almeno, il significato che lei vi attribuisce, e di come le giovani ragazze di New Orleans si lascino influenzare dalle favole e dalle illusioni di un amore perfetto e duraturo.
E poi arriva il Cliché...perché lo sappiamo, nelle storie d'amore ci deve essere almeno un cliché!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 13

Let Her Go

Let her go - Passenger









C'erano solo due cose che Jack adorava: la sua famiglia e la vendetta.

Nulla era meglio di un pranzo condito con delle punzecchiate pesanti a Robert. Quell'uomo era diventato il suo giocattolo preferito. Così, quando aveva saputo che i signori Goodwin erano in città e che Robert aveva lasciato credere loro che lui e Charlotte stavano insieme, ne aveva approfittato per metterlo sotto pressione organizzando un pranzo di famiglia.

Tutti insieme appassionatamente, come aveva simpaticamente esclamato James, avrebbero trascorso una pacifica, se così potevano definirla, domenica in famiglia.

«Perché devi guidare tu?» E Charlotte aveva iniziato a dare i numeri ancora prima di arrivare a destinazione. «Sono perfettamente in grado di guidare.»

«Possibile che tu non riesca a stare zitta?» Ma questi battibecchi innocenti potevano passare come semplici litigi tra innamorati agli occhi di Lauren, la quale, seduta sul sedile posteriore dell'auto, sorrideva amabilmente.

«Possibile che tu sia sempre così scontroso la domenica mattina?»

Robert non rispose, si limitò a sospirare e stringere il volante, ma guidare non era facile, soprattutto con Charlotte che, dal sedile posteriore, gli dava calci.

«Vuoi schiacciare quel pedale? Devo fare pipì!»

«Se tu la smettessi di darmi calci, forse andrei più veloce!»

Ed i loro battibecchi sembravano divertire entrambi i signori Goodwin. Per fortuna giunsero a destinazione nel giro di pochi minuti. Parcheggiata l'auto, Charlotte non perse tempo per i convenevoli. Entrò in casa, correndo in bagno. «Ciao a tutti!»

«Spero per te che non ci sia quello spiantato di Goodwin!» esclamò Jack dal divano, sfogliando il giornale della domenica.

«Mi spiace signore, ma ci sono anch'io.»

«Peccato, speravo che il tuo invito fosse andato perso.»

«Jack, vecchia volpe!» s'intromise Patrick, avanzando e porgendo la mano verso Jack. I due si conoscevano da anni e, per loro, ritrovarsi era una specie di riunione di classe.

Trascorrere il pranzo domenicale in casa Sinclair non era di certo in cima alla lista dei desideri di Robert, ma doveva mantenere la facciata per sua madre, lei ancora credeva alla sua relazione con Charlotte. Così, suo malgrado, dovette sorbirsi quel pranzo in famiglia, tra le frecciatine di Jack e le battute di James, cominciò a sentirsi quasi a casa.

«Cosa farete nel pomeriggio?» Victoria cercò di smorzare la tensione che Jack emanava.

Lauren trillò tutta contenta, sorridendo amorevolmente. «Sono riuscita a convincere Charlotte a cominciare con le compere per il bambino. I due ometti dovranno abbassarsi e seguirci nei negozi per neonati.»

La faccia di Charlotte parlava chiaro. Non aveva alcuna voglia di fare shopping, tanto meno Robert, ma quando Lauren Goodwin si metteva in testa una cosa, era peggio di lei. E Jack si rilassò all'istante, non si sarebbe preso la briga di torturare nessuno quel giorno, ma avrebbe lasciato che sua figlia lo facesse al posto suo. Aveva capito dal suo tono che quel pomeriggio non avrebbe risparmiato colpi, Charlotte si sarebbe cimentata nello shopping, ma alle sue regole e tormentando per benino Robert.

Che grande soddisfazione, constatare quanto la sua piccola Chucky gli somigliava sotto quel punto di vista.


***


Per fortuna il pranzo passò velocemente e senza troppi intoppi, ma per Robert era arrivata la parte peggiore della giornata lo shopping con sua madre e Charlotte.

Suo padre se ne stava in disparte, guardando distrattamente alcuni oggetti, senza mai dare una vera e propria opinione, era sua madre il tornado in quel negozio per bambini. Girava da una corsia all'altra riempiendo il carrello di tutine e oggetti per neonati. L'idea di diventare nonna la elettrizzava, in fondo era il suo primo nipotino, come poteva non essere più contenta?

Charlotte sembrava condividere il suo umore. Appariva stanca e frastornata, come se tutti quei colori la nauseassero. Insomma, Lauren stava prendendo cose sia per maschi che per femmine, e ancora non sapevano il sesso del bambino.

«Ma, Lauren, è troppo per un bambino solo, senza contare che se nasce un maschio le cose da femmina non le utilizzeremo e viceversa!»

«Non preoccupatevi, quello che non usate per questo bambino, lo userete per il prossimo.» Lauren ormai aveva perso ogni freno, sembrava una bambina nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka.

«Per quanto deve durare questa sceneggiata?» domandò Charlotte a denti stretti, fermandosi.

Robert sospirò, osservando distrattamente la culla davanti la quale si era fermata Charlotte. «Fin quando non se ne saranno andati.»

«E poi? Quando sarà nato il bambino che gli dirai?»

«M'inventerò qualcosa.» Robert fece spallucce, osservando il prezzo della culla e sbarrando gli occhi. «Cosa? Ma stiamo scherzando?»

Charlotte fece finta di nulla, prendendogli il mento con una mano e costringendolo a guardarla negli occhi. «Vedi di fare la persona matura una volta ogni tanto e cerca di dire ai tuoi genitori la verità!»

«Verità? Riguardo a cosa?» la voce di Lauren li fece sobbalzare, costringendo Charlotte a voltarsi verso di lei.

La donna li fissava con un sorriso materno in volto, così felice all'idea di diventare nonna, che Robert ebbe paura di vederlo svanire. «La verità? Non possiamo permetterci di spendere così tanto per una culla.»

E Charlotte capì che non solo Robert era un immaturo cronico, ma anche un bugiardo di serie A. «Codardo» sibilò tra i denti, allontanandosi per poter prendere aria. Odiava quella situazione, il dover fingere di essere innamorata di Robert. Era una tortura, se poi ci si aggiungevano i dolori alla schiena, poteva tranquillamente trasferirsi in uno dei gironi dell'inferno.

Fortunatamente quella tortura finì presto e lei poté rientrare a casa con la consapevolezza che la recita stava per terminare. Ancora poche ore e avrebbe potuto dare un bel calcio in culo a Robert. Ma, c'era sempre un ma con lui, uno di quelli che poteva portare una persona alla disperazione oppure alla rabbia, e quello era proprio il caso di Charlotte.

«Chi diavolo me l'ha fatto fare?» fu la frase di Robert, una volta rientrati in casa e messe le buste degli acquisti sul letto. Era stato più un sospiro che una frase a voce alta, ma lei l'aveva sentita ugualmente.

«Certo, perché sei stato costretto a mettermi incinta, vero?» In un primo momento Charlotte aveva pensato si riferisse alla recita con i suoi genitori, ma poi un campanello d'allarme l'aveva fatta ricredere, portandola alla sola conclusione: la gravidanza indesiderata. Se fosse stato per i genitori, probabilmente se la sarebbe presa con sé stesso, era stato lui a decidere di mettere in piedi quella sceneggiata, non altri, perciò, andando ad esclusione, non poteva che trattarsi del bambino che lui non voleva.

«Cosa?»

«Chi diavolo te l'ha fatto fare, ti sei domandato...questo intendo.»

«Non mi stavo riferendo alla gravidanza.»

«Strano, a me sembrava il contrario!»

Robert sbuffò, ormai consapevole di avere le spalle al muro. «Hai ragione, chi diavolo me l'ha fatto fare di metterti incinta?»

La sua stupidità a volte superava qualsiasi suo gesto avventato e irresponsabile. Era un bambino che voleva le caramelle e, una volta avuto il mal di pancia a causa dei troppi dolci, incolpava gli altri per le sue pene. Un classico cliché hollywoodiano da copione.

«Beh, notizia del giorno, nessuno ti ha costretto, hai fatto tutto da solo!»

«Da solo, svegliati, bella addormentata, c'eri anche tu quella notte!»

«Lo so, purtroppo.» Per fortuna avevano la porta della camera chiusa e tenevano le voci abbastanza moderate, altrimenti addio recita natalizia.

«Ok, eravamo ubriachi, ce la siamo spassata ed io sono rimasta incinta, ma nulla di tutto questo sarebbe successo se tu fossi stato più attento» sbottò Charlotte, osservando Robert mettersi le mani sui fianchi. «Smettila di farlo.»

«Fare cosa?»

«Smettila di metterti le mani sui fianchi, lo fai sempre quando sei agitato o incazzato.»

«Sono incazzato perché nulla va come dovrebbe andare!» urlò Robert, dando sfogo a tutti i sentimenti repressi nelle ultime settimane. «Sono sempre stato attento. Ho sempre usato il preservativo e poi che succede? Una distrazione, una sola distrazione ed ecco che vengo fregato!»

«Fregato?»

«Sai cosa intendo. Sempre attento ed ora tu sei incinta!»

«Sei...sei...»

«Cosa? Uno stronzo?»

«Tu sei un furbastro e attraente maniaco sessuale che deve scoparsi tutte per provare di essere all'altezza, ecco cosa sei!»

«E tu un'acida zitella che per stare bene deve insultare tutti gli uomini pubblicamente!» Robert la guardò dall'alto, ormai stanco di quella situazione. «Fra tutte le donne, proprio te mi dovevo scopare quella notte. Ed ora sei incinta...il mio problema sei tu!»

Charlotte si sentì ferita, non tanto per le parole, ma per quello sguardo di risentimento e collera che Robert le stava rivolgendo, come se fosse lei la colpevole in tutta quella situazione. «Sai qual è il problema? Non sono io e nemmeno il fatto di essere rimasta incinta. Il problema è che io aspetto un figlio da te.» cominciò a dare sfogo alla rabbia. Parlare in trasmissione non serviva a granché, ora doveva dire le cose in faccia. «Tu...tu sei il problema, non la gravidanza. Tu credi che questo bambino sia uno sbaglio, un errore di distrazione...»

«Non ho detto questo.»

«Non lo dici apertamente, ma lo pensi. Sei un libro aperto Robert, ma lo stupido non sei tu, ma io. Ho sbagliato a pensare, ma che dico, a sperare che per una volta nella tua insulsa e patetica vita tu potessi mettere da parte il tuo egocentrismo e la tua insicurezza patologica per pensare ad un altro essere umano all'infuori di te stesso! Tu diventerai padre, ma non sono io il problema, o questo bambino, ma tu. Tu sei il tuo problema!»

«Io non sono insicuro!»

Charlotte scosse, il capo, pizzicandosi la radice del naso con due dita. «Di tutto quello che ti ho detto, hai ascoltato solo la parte in cui ti davo dell'insicuro.»

Robert non riusciva a capire cosa stava provando. La confusione ormai era all'ordine del giorno da quando Charlotte era rimasta incinta, ma in quel momento sentì una strana morsa allo stomaco, un senso di colpa profondo e radicato in lui da chissà quanto tempo.

«Sai che ti dico? Vai al diavolo!» esclamò Charlotte, dandogli le spalle e uscendo con passo svelto.


***


Come sempre, ad ogni crisi esistenziale o affettiva, Charlotte si rifugiò dall'unica persona di cui poteva fidarsi in quel momento: Allison.

Sua sorella era l'unica che poteva capire la sua situazione fino in fondo. Anche lei, alla prima gravidanza, aveva affrontato una crisi coniugale senza precedenti. La nascita di Liam aveva portato scompiglio nella coppia. Allison, all'epoca, era una specializzando di chirurgia e la gravidanza rischiava di compromettere il duro lavoro che l'aveva portata ad essere una delle migliori dell'ospedale. Fortunatamente i due erano riusciti a superare la crisi, facendo collimare tutti i loro impegni con la vita famigliare e l'essere genitori.

Charlotte, però, non aveva problemi a livello professionale, il suo lavoro le permetteva di fare sia la madre che la speaker radiofonica, lei si sentiva pronta a tutto quello, perfino ad essere una mamma single, ma il pensiero che Robert stentava ad accettare la gravidanza la faceva impazzire. Come poteva crescere suo figlio sapendo che il padre era uno sprovveduto patentato con la licenza di casanova senza discernimento?

Non poteva. Sarebbe stato tutto più facile se il padre fosse stato un sconosciuto incontrato per caso e che mai più avrebbe rivisto, ma, per sua sfortuna, Robert non era nulla di tutto questo. Perché aveva bevuto e fatto sesso con il migliore amico di suo fratello?

E così, seduta sul divano di sua sorella, con una vaschetta di gelato tra le mani, cercava un modo per vendicarsi, magari tagliare il pene di Robert poteva aiutarla.

«Che cosa ti ha detto di preciso?»

«Non sono state le sue parole più che altro quello che ha fatto. Sappiamo tutti che lui non vuole questo bambino e che cerca di essere presente solo per paura di papà, ma...ma non si sforza minimamente di accettare questa gravidanza!» esclamò Charlotte. «Sembra che mi dia la colpa di tutto e so che quella notte è stata uno sbaglio, un tremendo e imbarazzante sbaglio, ma...»

«Un figlio non è mai un errore, né una colpa. Un figlio arriva quando deve arrivare e non perché lo si cerca o lo si vuole, ma perché è destino. Se tu e Robert siete in questa situazione è perché doveva accadere, punto e basta!» esclamò Allison, passandole un braccio intorno alle spalle. «E poi, ho sempre pensato che fosse un buon partito per te. Bello, fisico atletico, intelligente quanto basta, con sani valori del sud.»

«Adesso mi dirai che siamo una coppia perfetta?»

«La perfezione non esiste, Lottie, siamo noi che rendiamo le cose perfette, siamo noi che le rendiamo speciali, tutto qui!»

«Sei peggio della mamma, lo sai?»

«Lo so.» Allison le sorrise, facendole l'occhiolino. «Robert si abituerà. È un playboy, per lui il libertinaggio è il suo pane quotidiano e ritrovarsi di punto in bianco con un figlio in arrivo non deve essere facile.»

«Stai prendendo le sue parti?»

«Dagli tempo, Lottie, gli uomini sono lenti quando si parla di paternità e sentimenti.»

«Ma io non voglio avere una relazione con lui.»

«Sei stata tu a parlare di relazione, mica io.»

E Charlotte, per la prima volta nella sua vita, rimase senza parole. No, era impossibile provare qualcosa per uno come Robert. Il disgusto era un sentimento fattibile, ma l'attrazione e l'affetto restavano fuori discussione per lei.


***


Cosa doveva fare? Charlotte l'aveva insultato, umiliato e fatto infuriare nel giro di pochi minuti e lui non aveva fatto altro che prendere una birra dal frigo e restare fermo sul balcone. Non aveva rivolto una sola parola ai genitori, aspettando solo che se ne andassero, non voleva dare spiegazioni o affrontare la situazione, era troppo incazzato per farlo.

Guardò la birra che teneva in mano, ripensando a tutte quella parole. Forse aveva ragione lei, forse era lui che cercava di rendere la sua vita un inferno. Stava cercando di farsi male da solo, ma per quale motivo? E pensare che tutto era partito da una semplice frase detta per stanchezza e rassegnazione. Charlotte era pazza, ma la gravidanza l'aveva resa una psicopatica.

Robert sbuffò, sentendo la portafinestra aprirsi ed i passi di sua madre avvicinarsi. «Io e Charlie non stiamo insieme.»

«Credevi che non lo sapessi?» cominciò Lauren sedendosi accanto a lui. «Siete così testardi da non vedere oltre il vostro naso.»

«Che intendi dire?»

«Siete fatti per stare insieme, Robert, ma siete talmente orgogliosi da non volerlo ammettere» sorrise. «Quando mi hai chiamata per dirmi che Charlotte era incinta, sapevo che le cose non erano facili per voi due. Ne ho avuto la conferma quando sono arrivata qui ed ho visto voi due insieme. Siete una coppia che non vuole ammettere di esserlo.»

«Lei mi odia e io non sopporto il suo caratteraccio.»

«Vi siete fatti la guerra sin da quando eravate bambini, ma quella lotta si è tramutata in scherzo e lo scherzo in affetto e, sono più che convinta, quell'affetto diventerà amore.»

Ma Robert alzò gli occhi al cielo, ridendo. «Stai prendendo un abbaglio, mamma!»

«Come ti sei sentito quando è uscita da quella porta e ti ha rivolto quegli insulti?»

«Ferito.»

«L'amore fa male, Robert, ma ricorda sempre che porta anche una gran felicità quando chi si ama decide di farlo con sincerità» Lauren Sorrise. «E poi, il modo in cui hai detto che tu e Charlotte non state insieme la dice lunga.»

«Che intendi dire?»

«Sei triste e ti guardi le punte dei piedi, vuol dire che ci tieni a lei.»

«Come un gatto attaccato ai coglioni!»

«Sai, tuo nonno mi diceva sempre che la casa non è mai una cosa materiale, spesso è la persona con la quale condividi molte cose e molti interessi. Casa è dove risiede il cuore» sorrise Lauren. «Io credo che Charlotte sia la tua casa. Non lasciare che finisca.»

Non poteva lasciare che finisse tutto, ma doveva lasciarla andare a aspettare che le acque si calmassero. Le voleva bene, abbastanza da capire che cercare un riavvicinamento così presto poteva solo peggiorare la situazione.

Doveva lasciala stare per qualche tempo e vedere come andavano le cose.






Angolo autrice:

Eccomi di ritorno, vi sono mancata? Anzi, riformulo la domanda, vi sono mancati questi due testoni?

Scusate per la lunga attesa, ma prima ho avuto un blocco dello scrittore pauroso, poi il computer si è guastato, facendomi perdere alcuni file, ma ce l'ho fatta a tornare da voi.

In questo capitolo abbiamo avuto la prima lite seria tra questi due e qualcosa inizia a smuoversi. Robert si sta facendo un esame di coscienza, Charlotte comincia a fare i conti con quello che prova e tutto si mischia fino a farli arrivare ad un punto di svolta. Ce la faranno i nostri eroi a convivere con questa situazione?

E, soprattutto, ce la farà Robert ad accettare l'idea di diventare padre?

Al prossimo capitolo e, anticipazioni...scopriremo il sesso del nascituro nel capitolo 15!

Ci vediamo tra dieci giorni!


   
 
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