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Autore: pewdiekairy    12/04/2015    1 recensioni
Tutti conosciamo la storia terrificante di Slenderman,un mostro che rapisce i bambini per poi ucciderli. Ethany ha solo 13 anni,ha la strana facoltà di vedere le anime perdute e porta su di sè un terribile destino:incontrerà il mostro e la natura del loro rapporto sarà in mano alla ragazza. Potrà salvarlo,ucciderlo,ignorarlo... ma questo lo scoprirete solo leggendo.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Slender man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ora potete uccidermi perchè non ho pubblicato niente per due settimane :D giuro che non l’ho fatto apposta, ma prima non avevo idee e adesso sono a letto senza nemmeno la forza di alzarmi :( stranamente le idee mi vengono quando sono nello stato peggiore. Mah.

Capitolo 8: Sensi di colpa

Il suono del campanello era quanto di più estraneo potesse sentire in quel momento, come una melodia in mezzo al baccano. Ethany andò ad aprire come in trance e si vide davanti quella smorfiosa di Madison, che ovviamente notò le sue lacrime e i suoi capelli arruffati. Sfoderò un ghigno: “Sono venuta a vedere come sta Zack. Spero che tu non l’abbia maltrattato. Soffre già abbastanza ad essere costretto a stare con te”, concluse con una smorfia. Ethany sentì un calore che la rimescolava e senza pensarci troppo le tirò un pugno dritto sul naso. L’impatto la fece sentire bene. Quasi come se avesse picchiato quel vigliacco dello Slender, che aveva preferito agire tramite Zack. Non che avesse problemi a sporcarsi le mani, comunque.
 Madison corse in casa precipitosamente gridando e chiamando Zack, che dalla sua camera scese di sotto per vedere quello che era successo. Vide Madison che si teneva il naso gonfio e spalancò gli occhi. Lanciò un’occhiataccia a Ethany che lo ricambiò. Se non voleva spiegarsi, tanto meglio. Lui intanto stava prendendo del ghiaccio dal freezer e lo stava applicando sul naso di Madison, che continuava ad agitarsi come se avesse il naso rotto. “Mi dispiace molto Madison. Dimmi, perchè eri venuta?”, disse Zack, evitando di guardare Ethany. “Volevo vedere come stavi. E’ da un po’ che non ti fai vedere a scuola”, disse lei con voce piagnucolosa. “Inoltre, Ethany mi aveva detto che sarebbe venuta a parlarti, e che voleva rompere con te. So quanto tutto questo possa essere destabilizzante e volevo solo offrire il mio aiuto. Ho sempre voluto conoscerti meglio”, proseguì con un sorriso smagliante. Ethany fece un passo avanti, pronta a sfondarle la faccia con un altro pugno, ma Zack la fermò. “Madison, per quanto apprezzi il fatto che tu sia venuta e che ti preoccupi per me, dubito che tu dica tutta la verità. Spara quello stai pensando”, la esortò. Lei non chiedeva di meglio. “So che stai con lei solo per compassione e volevo mostrarti cosa ti perdi”, disse alzando le sopracciglia e lanciando a Zack uno sguardo carico di sottintesi. Che troia. Ethany serrò la mascella e sentì i denti scricchiolare. “Madison, sei davvero carina a volermi aiutare ad ampliare i miei orizzonti, ma ti assicuro che non perdo niente. Anzi, ci guadagno, e non nel modo in cui stai pensando”, la avvertì, con tono minaccioso. Lei lo guardò schifata. “Pensavo avessi più buonsenso, Zack. Non pensare che sia finita qui”. Detto questo, infilò la porta furibonda, ancora con la borsa del ghiaccio sul naso.
Ethany si era miracolosamente trattenuta dallo spalancare la bocca. Quell’affermazione suonava così fuori luogo rispetto alla situazione in cui erano prima ... se doveva essere accorto anche lui, perchè tossì, imbarazzato. “Adesso andrà in giro a raccontare che l’hai colpita tu”, disse, con un tono strano. “Non mi sembra che sia vietato picchiare una ragazza a casa di qualcuno, a meno che non si faccia a scuola. Quindi non mi sento colpevole”, precisò Ethany, con un tono acido. Dopodichè se ne andò nella stanza degli ospiti e lo lasciò solo.
La cena fu molto silenziosa. Appena Ethany finì quello che aveva nel piatto, si alzò e si rifugiò nella sua stanza per quella notte, perchè aveva deciso di non dormire con Zack. Lui era troppo sconvolto e lei troppo arrabbiata per dormire come si deve. Si appoggiò contro la porta e respirò affannosamente finchè il dolore non si sciolse in lacrime, poi raggiunse il letto e si addormentò. Si svegliò in un bosco. Il cuore cominciò a batterle forte. “No, non voglio essere qui ...”, pensò lei, mentre esplorava intorno a sé. Avvertiva un odore strano, metallico, quasi come ... sangue. Era dappertutto, ma non si vedevano cadaveri. Tranne uno. Il suo corpo era appeso in croce ad un albero, e il sangue colava da uno squarcio sul suo petto. Per terra sul un foglio c’era una frase, scritta con il suo sangue. Ethany rimase senza fiato. Gli occhi vitrei di Zack la scrutavano. Non erano più verdi, ma bianchi, come svuotati. Le sue vesti erano macchiate e strappate. Ethany si costrinse ad abbassare lo sguardo e a leggere. “Ti aspetto ...” “NOOOOOOOOOOOOOO!!!!”, gridò Ethany, e sentì due braccia che la tenevano stretta, cercavano di stritolarla, di soffocarla tra le loro grinfie. Le lenzuola si erano fatte un peso insostenibile e tutto il suo corpo era ricoperto di sudore appiccicoso. “Ethany, svegliati! E’ solo un sogno!”, disse una voce. Ethany riconobbe Zack e scoppiò a piangere tra le sue braccia. Lui la abbracciò e sentì che il suo cuore batteva fortissimo. Dopo alcuni minuti Ethany si calmò e si sedette sul letto. Per qualche minuto stettero in silenzio, poi Ethany decise che non ne poteva più, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Zack le disse: “Dovresti farti una doccia. A volte aiuta”. Il tono con cui lo disse era così partecipe che Ethany si chiese se non avesse avuto anche lui incubi del genere. “Ti vedevo”, disse lui, come rispondendo alla sua implicita domanda. “Dopo che mi ha ucciso, ho visto la scena con i miei occhi, ma sono riuscito a svegliarmi prima di te”, proseguì, come se stesse raccontando un fatto di normale cronaca. “In questo caso dovresti farti una doccia anche tu”. “Sei sicura?”, le disse lui. “Si, anche tu sei sudato”, disse lei, facendo finta di non capire. Si vergognava troppo a chiederlo apertamente. Lui fece un ghigno. “Vediamo se ho capito bene. TU vuoi entrare nella stessa doccia con ME? Nello stesso momento? Cioè, nel senso che ...” ”SI, Zack. E se non arrivi entro cinque secondi, ti chiudo fuori”, sbuffò lei furibonda. Corse rapida verso il bagno ed era quasi riuscita a chiudere la porta, quando il piede di Zack bloccò la porta. “Dove credi di andare, piccolina?” ”In un posto dove non ci sei tu”, gli rispose Ethany. Zack spalancò senza fretta la porta e la chiuse a chiave dietro di sé. Poi la infilò nella tasca posteriore dei jeans. Ethany lo guardò stupita. Era sicura di essere diventata di almeno venti tonalità di rosso. Lui si tolse la maglietta del pigiama, rivelando il suo petto nudo. Poi si avvicinò lentamente a Ethany e le prese con cautela il bordo della maglietta, per avere il suo consenso. Sapeva quanto poteva essere pericolosa. “Vai”, gli disse lei. Con un movimento veloce le sfilò la maglietta e la canottiera e lentamente le sganciò il reggiseno, mentre lei alzava le braccia. Si tolsero i pantaloni e Ethany gettò via il reggiseno, girandosi subito di spalle per la vergogna. Zack non disse niente. Nessuno dei due guardò quando si sfilarono la biancheria restante. Ethany tremava. Zack le si avvicinò da dietro e la costrinse ad appoggiarsi su di lui. Ethany smise di respirare per un attimo, poi si girò e si lasciò andare all’estasi di Zack che la baciava ovunque e con una passione che non aveva mai sperimentato prima. Sembrava un’altra persona. “Almeno aspetta di essere sotto la doccia, pervertito”, sghignazzò. Zack sbuffò e la lasciò andare. Poi, appena Ethany aprì l’acqua, ricominciò a baciarla, ad accarezzarla. E mentre la sentiva respirare si sentiva vivo. Quello era il suono più bello del mondo. Dopo essersi sentito solo tutta la vita, la prova inconfutabile della presenza di una persona accanto a lui, presente non solo con il corpo. Lei si imponeva con così tanta forza che probabilmente non se ne accorgeva neanche. Le sensazioni di Zack che la toccava avvolgevano Ethany come una coperta, e quando prese il bagnoschiuma e lo versò sulla sua schiena si accorse che stavano tremando di freddo, non si erano accorti che l’acqua era gelida. Ethany girò velocemente la manopola e sentì un getto di acqua calda scorrere sui loro corpi. Rabbrividì di piacere e inchiodò Zack contro il muro. Andarono avanti così per un po’ quando Zack disse: “Mi farai impazzire un giorno, lo sai?” ”Hai già perso la testa per me ormai”, scherzò lei. Quando uscirono e lei fece per avvolgersi nell’accappatoio dopo essersi asciugata, Zack la interruppe: “Non farlo. Sei bellissima”, e mentre lo diceva i suoi occhi luccicavano. Ethany si lasciò scivolare l’accappatoio sui gomiti e si avvicinò mentre Zack era seduto sul mobile del bagno. Sfiorò le sue labbra con le sue, come a sfidarlo a prenderla. “Non mi provocare, o fai una brutta fine”, le disse, ma lei continuò imperterrita. Allora Zack la prese in braccio e salì le scale verso la sua camera. “Le gattine dispettose devono essere punite”, le sussurrò all’orecchio, ed Ethany si sentì avvampare. Ma non mollò. “Credo che mi piacerà molto questa punizione, o forse mi aspetto troppo”, gli disse in risposta. Touchè. Lo aveva colpito nell’orgoglio, e questo fu l’ultimo incentivo di cui Zack aveva bisogno. La stese sul letto e cominciò a muoversi su di lei, mentre lei passava le mani sulla sua schiena e lo stuzzicava con le labbra. Sapeva che aveva un debole per le sue labbra, glielo diceva lo sguardo che gli riservava prima di baciarle. Stavolta Ethany voleva fare sul serio, voleva che si appartenessero prima di rischiare di perdersi. Poi ci avrebbero pensato i suoi sensi di colpa a fargli sputare il rospo. Prima o poi le avrebbe detto quello che lo angustiava. “Non fermarti, Zack”, ansimò. I suoi occhi ... nel momento stesso in cui lei finì di parlare, scese dal letto e frugò in un sacchetto, prima di tornare da lei. Allora si inginocchiò e cominciò a spingere, prima lentamente, poi sempre più velocemente. Ethany sentiva solo le sue carezze e i suoi baci, e dopo pochi secondi, le sensazioni furono troppo inebrianti per tutti e due. Zack cadde su di lei, poi si girò e rimasero così, abbracciati nel letto, per il resto della notte.
Ethany si svegliò di colpo al suono della porta che si chiudeva. Il padre di Zack! “Oh, merda, porca merda”, cominciò a imprecare lei tra i denti, mentre si infilava al volo una maglietta di Zack e un paio di pantaloncini. Lo scosse delicatamente, lui continuò a dormire. Allora prese a scrollarlo fino a che non si svegliò, tenendogli una mano sulla bocca in modo che non potesse parlare e tradirli. Lentamente Zack aprì gli occhi e, sentendo gli inequivocabili rumori del ritorno di suo padre, li spalancò sempre di più, poi si alzò e prese a radunare i suoi vestiti sparsi ai quattro capi della stanza, nella quale il disordine regnava sovrano. Una volta che si furono resi presentabili e che Ethany ebbe rifatto il letto, scesero per dare il buongiorno. “Ciao Tom”, sorrise Ethany, mentre Zack andava ad abbracciarlo. Era davvero un bambinone. Appena Zack lo ebbe liberato dalla sua stretta, Tom si avvicinò e le strinse la mano: “E’ sempre un piacere vederti, bambina”, disse con la sua voce calda. “Zack, esattamente, quando avevi intenzione di dirmelo? Non che io abbia qualcosa in contrario, ma avrei potuto lasciarvi qualcosa di pronto per cena, dato che so che vivi di schifezze”, lo rimproverò mentre si allentava il nodo della cravatta. “Infatti ho una cuoca personale. Sai, quella che hai appena salutato”, rispose lui con un sorriso che sembrava andare da un orecchio all’altro. “Io non sono la cuoca personale di nessuno. Dopo questa, puoi anche morire di fame per me. Oppure ti decidi e impari a cucinare”, sorrise Ethany prendendo il suo borsone e salendo di sopra per cambiarsi. Una volta scesa, notò l’espressione tesa di Tom. Salutò e fece per uscire. “Ti accompagno io, Ethany. Non vorrei far preoccupare tua madre”, si offrì Tom. Ethany tentò di rifiutare, ma le sue deboli proteste furono presto messe a tacere. Quando Tom disse a Zack che ci avrebbe messo poco e che lui poteva tranquillamente stare a casa, Ethany capì che c’erano problemi, eccome se c’erano.
Ethany non fece nemmeno in tempo a chiudere lo sportello che cominciò l’interrogatorio. Tom non era cattivo e nemmeno morbosamente curioso, ma dopo che Zack aveva passato mesi in ospedale senza mangiare e dovevano alimentarlo con il sondino, era abbastanza ovvio che si preoccupasse per lui. Aveva quasi rischiato di perderlo come con sua moglie e  il suo lavoro non gli consentiva di stargli vicino abbastanza da capire cosa gli passava per la testa. Mentre facevano un giro assurdamente lungo per arrivare a casa, Tom cominciò: “Ethany, io sono molto contento che finalmente mio figlio abbia trovato una persona di cui fidarsi e che si sia innamorato, ma ultimamente lo vedo molto teso. Quando sono a casa salta su ad ogni minimo rumore e se gli chiedo cosa sta succedendo, mi liquida come se niente fosse. Tu sai cosa sta succedendo?” ”Si, una leggenda metropolitana mi perseguita e tuo figlio ne sta facendo le spese nonostante avessi provato in tutti i modi a non innamorarmi di lui”, avrebbe voluto rispondere Ethany, ma suonava assurdo perfino nella sua mente. “In effetti ho notato il suo comportamento strano, ma non vuole dirmi che cos’ha”, disse con voce tremante. In fondo, era la verità. Tom sospirò. “Non era stato sempre così, sai? Quando vivevamo insieme eravamo molto felici. Zack adorava sua madre. Sapevo che lei mi tradiva, eppure la amavo. Anche Zack lo aveva scoperto. Un giorno io ero uscito per una riunione di lavoro e lui è rimasto in casa con Sally. Le ha detto che non si meritava un uomo come me e che era solo una sgualdrina”. Ethany vide una lacrima farsi strada sulla guancia rugosa dell’uomo, e potè quasi avvertire il suo dolore. “Lei ha afferrato un coltello da cucina e stava per tagliargli la mano, ma Zack era piccolo e molto svelto, per cui riuscì a strapparglielo di mano e la pugnalò. Avendo dieci anni non era imputabile di alcun reato, perchè non poteva comprendere realmente ciò che aveva fatto. Mi sono offerto di pagare la colpa al posto suo e lo affidai a mia sorella. Quando uscii scoprii che era ancora in ospedale per curarsi, dato che si rifiutava di mangiare e dormire. Aveva tredici anni. Decisi di mandarlo a scuola nella speranza che i suoi coetanei potessero aiutarlo a ritrovare la voglia di vivere. E una di loro in effetti c’è riuscita”, disse sorridendole. A quel punto si fermò davanti a casa di Ethany e lei entrò.
Zack era davanti al computer. Aveva trovato quello che cercava, ma non per questo era soddisfatto. Si accasciò sulla sedia, sfinito. Ethany aveva avuto ragione sin dall’inizio. E lui non aveva fatto altro che assecondare le trame di quell’essere mostruoso. Forse quel giorno non sarebbe dovuto essere così attaccato alla vita. Sarebbe stato centomila volte meglio che sua madre lo avesse lasciato a morire dissanguato sul pavimento della cucina. Avrebbe fatto meno male di adesso. Eppure non riusciva a trovare una soluzione a quella stupida situazione nella quale si era cacciato. Aveva rimproverato Ethany per aver pensato di scappare, ma adesso che ci pensava lui non poteva biasimarla. Era l’unica via d’uscita. Lei avrebbe vissuto sempre con la speranza di trovarlo, un giorno. E non sarebbe morta di dolore. Ma si meritava una spiegazione. Zack poteva solo sperare che questa non la facesse intestardire ancora di più.
Ethany passò tutto il pomeriggio a ripassare per il test di matematica del giorno dopo. Non avrebbe chiuso occhio sapendo che lo Slender poteva escogitare qualcosa da un momento all’altro. Mentre si girava e si rigirava nel letto senza trovare una posizione comoda per studiare, sentì un toc toc alla finestra che la fece sussultare. Una figura la guardava dalla finestra. Le scappò un grido prima di accorgersi che era solo Zack. Evidentemente era uscito di casa senza che suo padre se ne accorgesse, ma questo voleva dire che aveva scoperto qualcosa. O che i sensi di colpa cominciavano a rodergli la testa. Aprì la finestra e Zack entrò, cupo in volto. “Volevi una spiegazione? Te la darò, ma tu devi starmi a sentire senza interrompermi. E accettare la mia decisione”, le disse, guardandola negli occhi. Ethany pensò che avrebbe voluto così tanto starlo a sentire, se solo quell’espressione avesse abbandonato il suo viso. Erano in arrivo brutte notizie. Ma d’altronde, erano mai buone quelle che riceveva? Annuì e si mise a sedere sul letto. “Ho cercato su internet gli effetti che l’omicidio provoca. Ho scoperto che quando uccidi consapevolmente, e cioè non sei costretto e di tua volontà scegli di uccidere, la tua anima viene marchiata con il cosiddetto ‘marchio dell’omicidio’ ed è una sorta di metodo attraverso il quale le entità maligne possono rintracciarti. Io ho ucciso consapevolmente, tu lo sai, e anche tu lo hai fatto, ma tu sei protetta, io invece sono un pericolo adesso, perchè se sa dove sono può controllarmi. E come vedi quando sono sotto il suo influsso posso ferirti o addirittura ucciderti, e lui vincerebbe. Per il nostro bene Ethany, tu devi essere protetta anche da me. Da quando mi ha controllato la prima volta, posso sentire che cerca di insinuarsi nella mia testa, a volte mi parla, e ho paura che alcune cose che dice siano anche vere. A volte non sono nemmeno più sicuro di essere me, ma solo una sua succursale”, qui Zack fece una pausa per riprendere fiato e la guardò. “Se mi allontanerò, la sua influenza dovrebbe essere minore, ma non lo posso garantire. Però tu puoi risolvere questo mistero. Tra qualche giorno ci sarà la fiera, e tu dovrai tornarci. Torna da quella maga e cerca di capire. Ti giuro che se potessi aiutarti, lo farei. Ma in questo momento rappresento solo un pericolo e per il tuo bene, non devo ostacolarti. Se tu sei salva, lo sarò anche io”. Ethany si alzò dal letto: “Ricordi che cosa mi hai detto quando volevo andarmene per non farti uccidere? Non ti lascerà in pace lo stesso, e tu mi lascerai con il cuore a pezzi!” ”Tu non puoi andartene perchè sei la chiave per risolvere il mistero, e metteresti in pericolo noi. Ma se io scappo lontano, dovrei prima avvicinarmi a te per farti del male. In questo caso i suoi poteri sono limitati, per questo è più logico che me ne vada io, e se tu non risolvi questa cosa, lui continuerà per sempre e noi due non avremo mai un futuro, mi capisci? Non lo sto facendo perchè ho voglia di fare l’eroe”, replicò lui. “E a tuo padre non pensi? È preoccupatissimo per te e ha paura”, disse Ethany, con le lacrime che le scorrevano lungo le guance. “Ci penso io a mio padre, tu però gli devi dire che non ne sai nulla”, le assicurò Zack. “Come puoi pensare che mi crederebbe anche solo per un momento? Ha notato come ti stai comportando e ho già mentito, dicendogli che non mi hai detto niente”, gli urlò contro lei. “Anche se gli dicessimo la verità non ci crederebbe, lo sai, e lo esporremmo solo a maggior pericolo”. “Potrebbe vendicarsi sulle nostre famiglie per il tuo gesto, ma a te importa solo di me. Io non posso vivere senza mia madre”, disse Ethany, sconquassata dai singhiozzi. Ormai le sembrava che tutto puntasse a quello. Separarsi. Come se fosse già prestabilito. “Potrei estendere il mio scudo, o almeno ci posso provare”, tentò la sua ultima carta. “Non sai se funzionerebbe e non possiamo permetterci di perdere tempo. E per quanto riguarda le nostre famiglie, è un rischio che dobbiamo correre. Io non vorrei mai lasciarti qui da sola, ma tu sei forte, e se riuscirai a farcela, ti giuro sulla mia vita, che ormai è l’unica cosa che mi rimane dopo di te, che io tornerò. Io troverò sempre il modo di tornare da te.”, disse, e si inginocchiò per abbracciarla. “Devi accettarlo, Ethany. È il tuo destino”. La baciò sulle labbra e uscì dalla finestra. Ethany si voltò per guardarlo. Per qualche minuto rimasero a fissarsi, lui sul davanzale, lei sul pavimento. Poi Zack scomparve alla sua vista. Ethany era annientata. Lo odiava il suo destino, quello che la strega le aveva cucito addosso, e sentiva un disperato bisogno di conforto. “Papà ...” All’improvviso una luce calda invase la sua stanza. “Sono qui. Non ti lascerò sola. Io sono sempre qui”. “Aiutalo, ti prego, o morirà. Non ce la faccio senza di lui”, mormorò Ethany. Poi andò di sotto e telefonò a sua madre per avere qualcuno con cui parlare, me lei era impegnata e scattò la segreteria telefonica. Ethany sospirò. Era sola.

Ora si che si ragiona :D mi è dispiaciuto per Zack, ma vedete che se la caverà. Voi pensate che ci sarebbe potuta essere qualche altra soluzione? Scrivetemi i vostri pensieri :) bye <3

   
 
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