I'll tell you my sins
and you can sharpen your knife..
Hozier, Take me to church
Camminava
avanti e indietro di fronte alla porta principale. Non avrebbe dovuto
accettare. Avrebbe dovuto
inventare una scusa, dire che era impegnato, che non
usciva mai dal castello di giorno e non avrebbe
incominciato per lei.. e invece
avrebbe incominciato proprio per lei. Perché non era ancora
scesa? Perché
ci
stava mettendo tanto? Aveva cambiato idea? Sicuramente aveva cambiato
idea. Sì,
doveva essere così.
Quando, la sera prima, gli aveva chiesto con voce impastata
di sonno se avesse voluto accompagnarla alle
serre, per un attimo aveva creduto
di aver sentito male. Perché avrebbe voluto stare in sua
compagnia?
Si
voltò verso il corridoio illuminato dalla luce del giorno e
la vide. Lo
guardava con un sorriso divertito sul
volto. Portava un abito verde e bianco,
con le spalline sottili che ricadevano oltre le spalle e una fascia
alta
stretta
sul corpetto. Aveva notato con una certa gioia che non aveva
più indossato
quegli strani vestiti che
portava il primo giorno. Forse avrebbe davvero potuto
convincerla a restare lì, con lui.
Le
aprì la porta e si scostò per farla passare.
Prima di raggiungerla, esitò,
guardando il cielo.
-Qualcosa
non va?- gli chiese.
-Io..
non sono mai uscito di giorno.. tutta questa bellezza non si addice al
mio
aspetto-
Lei
sorrise. –Gli alberi o il sole non vi giudicheranno,
fidatevi- gli porse la
mano. –Venite-
Guardò
la mano che gli porgeva, la strinse. La sua pelle era delicata, liscia,
in
contrasto con i suoi artigli e la
pelle ruvida. Ed era calda. Una stretta che
raggiungeva perfino l’anima, riscaldandola. Uscì
alla luce del sole,
affidandosi
a quel gesto e ben presto si ritrovò a stringere la sua mano
quasi
convulsamente, anelando quel
contatto come una flebile fiammella dopo anni di
gelo. Non era come nei suoi sogni, lì, l’aveva
stretta a Leon,
ad un uomo
normale. Ora, la stava stringendo ad una bestia. E non sembrava esserne
turbata
o ripugnata. Non
appena lei si voltò, incamminandosi, lui sorrise. Sperava
che
lei fosse felice lì, ma, in fondo, voleva che restasse
soprattutto perché lui
era felice da quando lei era lì.
La
seguì in silenzio, esultando tra sé e
sé per ogni suo passo entusiastico.
Conosceva
bene la strada fino alle serre, ma lasciò che fosse lei a
guidarlo, felice che
non avesse lasciato la
presa sulla sua mano per tutto il tragitto.
Gli
mostrò tutte le piante che stava curando, parlando senza
sosta di quelle che
più le piacevano o di come se ne
era presa cura insieme a Paul o di come fosse
stata contenta quando aveva scoperto quel posto.
-Paul
ha una certa fissazione per la puntualità. Ogni giorno,
appena il sole inizia a
tramontare, mi butta fuori di qui,
ordinandomi di tornare nel castello e sono
più che sicura che in questo ci sia il vostro zampino- gli
sorrise raggiante
e
lui non poté fare a meno di abbassare lo sguardo. In
effetti, aveva dato
specifiche istruzioni a Paul affinché
facesse attenzione che rientrasse prima
che il sole fosse tramontato. Non voleva altri incidenti come quello
della
fontana. Se le fosse accaduto qualcosa..
Si
riscosse e si schiarì la voce, avvicinandosi ad una delle
piante. Non ti
scordar di me. Non gli erano mai piaciuti
quei fiori, aveva deciso di metterne
qualcuno nella serra solo perché Rosaline li adorava. Che
macabra coincidenza.
Dopo tutto quello che era accaduto, non si sarebbe mai scordato di lei.
Alzò lo
sguardo su Belle e si accorse che
lo stava osservando.
-Sembrate
sovrappensiero. Quei fiori vi ricordano qualcosa?-
-Sì-
disse solo, tornando a guardarli.
-Mi
piacerebbe sapere qualcosa di voi-
Lui
non rispose e lei inspirò profondamente. Voleva conoscere
l’uomo che aveva scombussolato
così radicalmente
la sua vita, l’uomo che aveva rapito suo fratello, ma che non
le aveva mai fatto del male. Voleva sapere perché
era
diventato una bestia.
-Avevate
una moglie, non è così?-
Trasalì.
-Come
fai a saperlo?-
Ancora
una volta quella fitta al cuore. Gelosia.
-La
donna della fontana.. io.. ho solo supposto che..-
Strinse
gli occhi, scrutandola con attenzione.
Supposto? No, non gli stava dicendo tutto. Doveva averla
vista in uno
dei suoi sogni. Non poteva permettere che scoprisse la
verità, non avrebbe mai
dovuto sapere cosa aveva fatto,
cos’era successo a Rosaline. Mai.
Le
si avvicinò in poche falcate, l’espressione dura.
Parlò con un tono più severo
di quanto volesse.
-Non
devi, per nessun motivo, avere a che fare con lei. Non ascoltare
ciò che dice,
non avvicinarti alla fontana e non..
seguirla-
Lo
guardava con gli occhi spalancati, immobile. Si ritrasse appena,
rendendosi
conto di averla spaventata. –Hai capito?-
Annuì.
Non seguirla. Parlava come se
sapesse
dei suoi sogni, come se sapesse che non si stava riferendo
solo
all’immagine
che aveva visto nell’acqua. Ma come poteva saperlo? Non gli
aveva mai detto dei
suoi sogni e così a
Rebecca o a Paul.
E
quel pensiero, che già una volta le aveva attraversato la
mente, tornò a farsi
vivo, sfuggendole.
L’espressione
della bestia si addolcì appena.
-Non
voglio che ti succeda qualcosa- sussurrò e, per alcuni
istanti, lei lo fissò,
incredula. Arrossì, pentendosi subito
di quelle parole, ma poi lei rivolse lo
sguardo su un’altra pianta e gli indicò un fiore
dai petali blu disposti a
corona
intorno ad un centro di un tenue viola. Fiordaliso.
-Questo
è il mio preferito-
-È
stupendo, in effetti- indicò un altro fiore dai pochi petali
lunghi. –Io
adoro i lilium bianchi-
Si
voltò per guardarli e sorrise.
-Sì,
sono molto belli- si incamminò tra i due lunghi tavoli su
cui erano appoggiati
i vasi contenenti le piante dai rami
più corti.
-Raccontatemi
di lei. Vostra moglie-
Non
avrebbe dovuto dirle nulla, non avrebbe voluto dirle nulla, tuttavia,
la
speranza che in questo modo non avrebbe
cercato informazioni altrove lo spinse
a parlare. Sospirò.
–Si
chiamava Rosaline. Era la figlia di un conte che amministrava dei
terreni al
nord. Stringemmo un accordo d’affari
e, per sancirne il vincolo, volle che io
sposassi sua figlia. E così fu-
-L’amavate?-
-Credevo
che si potesse imparare ad amare una persona-
-E
lei vi amava?-
-Era
una donna bellissima- sussurrò, perso nei ricordi.
–Forse ciò che amavo era
proprio la sua bellezza. Feci di tutto
perché lei mi amasse, le donavo tutto
ciò che desiderava, facevo tutto ciò che chiedeva
e, sì, credo che alla fine
lei
abbia iniziato ad amarmi-
-Avete
cercato di comprare il suo amore-
-Chi
non lo farebbe?-
-Chiunque
voglia un amore sincero. Poi cos’è successo?-
-Suo
padre mi tradì e lei morì-
Un
brivido le percorse la schiena. Che fosse stato lui ad ucciderla?
Alzò
lo sguardo su di lei, inchiodandola. Che fosse questa
l’azione mostruosa di cui
parlava?
Le
si avvicinò piano, soppesando i suoi movimenti e si
fermò a pochi centimetri da
lei, continuando a tenere lo sguardo
fisso nel suo.
Perché
era diventato una bestia? L’aveva davvero uccisa lui? Forse
per vendicare il
tradimento del padre?
-Perché
non hai paura di me?-
-Non
mi avete mai fatto del male, perché dovrei avere paura di
voi?-
-Perché
i mostri si temono-
-Ci
sono mostri ben peggiori da temere e che si celano dietro un volto
angelico-
-E
se io non fossi un mostro solo nell’aspetto?-
-Se
mai vedrò in voi un mostro, allora vi temerò-
Le
sfiorò la guancia con la mano e lei piegò
leggermente la testa, abbandonandosi
a quel contatto. Chiuse gli occhi.
dei salti mortali che lei e Dominic avevano
dovuto fare per sistemare le cose senza che la madre lo sapesse, di
come si
era
procurata la piccola cicatrice che aveva sul ginocchio. Quando aveva
accennato
a ciò che avrebbe voluto fare appena
tornata a casa, lui si era rabbuiato, così
aveva cambiato argomento, gli aveva chiesto della sua vita prima. Prima
di
aver
e quell’aspetto, prima di Rosaline. E lui si era rivelato
più loquace di
quanto immaginasse. Le aveva parlato della sua
infanzia, di come suo nonno, suo
padre e poi lui si erano prodigati per trovare sempre nuovi libri per
la
biblioteca, di come
i suoi genitori fossero morti durante un lungo viaggio
quando aveva solo sedici anni, lasciandogli averi, titoli,
possedimenti..
E
un senso di
solitudine che non era riuscito a colmare,
pensò tristemente.
Un
animale sfrecciò davanti a loro e corse via.
Belle
sorrise raggiante. –Era
un cerbiatto!-
Poi,
quella strana sensazione che le rimbombava spesso nel petto, si
ripresentò, frastornandola.
Era la stessa sensazione
che provava nei sogni che poi si avveravano, era come
se qualcosa le indicasse esattamente cosa fare. Guardò
nella
direzione in cui
il cerbiatto era scappato. E lo vide, poco distante da loro, si era
fermato, la
guardava. Stava aspettando
che lo seguisse.
Gli
corse dietro, dimentica di Adam e della loro passeggiata o del vestito
che le
rendeva così difficile affrettarsi tra tutti quei
rami o della voce che
continuava a chiamarla.
-Belle!-
Lo
ignorò, continuò a correre, a tenere lo sguardo
fisso sull’animale, una presa
ferrea la trattenne, la strattonò, facendola
voltare. Spalancò gli occhi
davanti all’espressione furiosa della bestia. Il suo sguardo
ardeva di rabbia.
Strinse la presa,
avvicinandola ancora di più a sé.
Cercò di liberarsi,
inutilmente, sentì gli artigli graffiarle la pelle.
-Mi
fate male- sussurrò, con una smorfia di dolore, ma la presa
non si allentò.
-Ti
avevo detto di non seguirla!- ringhiò contro di lei.
-Ma..
dovevo..-
Seguirla?
Di cosa stava parlando? Il cerbiatto l’aveva aspettata,
voleva mostrarle
qualcosa.. Si guardò intorno, confusa.
Erano ancora nella foresta, ma si
stavano avvicinando al castello.. no, alla fontana. Rosaline.
Era Rosaline che voleva
mostrarle qualcosa, voleva farla
tornare alla sorgente. E lui lo sapeva.
-Sapete
che lei cerca di dirmi qualcosa- strattonò il braccio e
stavolta la lasciò
andare. Il fianco le doleva per la corsa e
respirava ancora affannosamente.
Fissò gli occhi nei suoi, cercando di cogliere qualsiasi
pensiero li
attraversasse.
-L’avete
uccisa?-
Il
suo sguardo si fece imperscrutabile, lontano, un muro troppo solido per
potervi
vedere oltre. E, quando rispose, la sua voce
era priva di emozioni.
-Sì-