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Autore: Bubbles_    15/04/2015    3 recensioni
When the moon fell in love with the sun
All was golden in the sky ~
.
"Posso farla innamorare di te in un batter d’occhio e tu potresti ricambiare il favore"
"E trasformarti nella ragazza dei sogni di Bright?"
"Io sono già la sua ragazza dei sogni, deve solo rendersene conto"
"Quindi mi stai offrendo il tuo aiuto, quando in realtà sei tu a voler qualcosa da me"
"Siamo sulla stessa barca, sfigato"
"La tua sta decisamente affondando per chiedere aiuto a me, principessa"
.
All was golden when the day met the night ~
La solita vecchia storia - Blue Moon.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Ipomea
significa Promessa




Non riuscivo a smettere di pensare a Fine.
Ero fermo sullo stesso paragrafo da almeno mezz’ora, quel giorno la mia testa era altrove, in una pasticceria appena fuori dal centro per essere esatti.
Per la prima volta da quando avevo posato gli occhi su di lei, Fine mi aveva sorriso. No, non uno dei suoi soliti sorrisi di cortesia che sempre rivolgeva ai clienti, mi aveva sorriso per davvero. Con denti e tutto!
Forse stavo esagerando, ma chi poteva biasimarmi? Corteggiavo quella ragazza da mesi e quel piccolo gesto era stato come un raggio di sole tra tante nubi scure.
Non potevo però godere appieno di quella piccola vittoria, una vocina continuava infatti a ricordarmi come non fosse del tutto meritata. Suddetta vocina si materializzò come per magia accanto a me, mandando definitivamente in fumo il mio studio di quella mattina.
Si schiarì la gola per attirare la mia attenzione e cominciò a tamburellare le unghie smaltate d’azzurro sul tavolo pieno di scritte e incisioni. Non dovetti neanche alzare lo sguardo per sapere chi mi si fosse seduto accanto. Avrei riconosciuto quel colpo di tosse tra migliaia per non parlare del suo profumo, un misto tra pesca e caramelle, che mi investì in pieno. Era tanto dolce dal diventare quasi nauseante, o forse era quel suo tono saccente a farmi venire il vomito, ancora dovevo capirlo.
Probabilmente mi stava guardando con la sua solita faccia disgustata, il naso arricciato e le labbra tese in un broncio. Sorrideva in mia presenza solo se Bright era nei paraggi. Odiava rivolgermi la parola o farsi vedere in giro con me ed ero certo maledisse il fatto di dover respirare la mia stessa aria.
D’altronde non avremmo potuto essere più diversi, eravamo come il giorno e la notte.
Rein era la tipica ragazza all’apparenza perfetta. Frequentava la gente “giusta”, andava alle feste “giuste” e si comportava in modo “giusto”. In una parola: era popolare.
Indossava orecchini di perle, gonne a ruota mai sopra il ginocchio e odiosi golfini di cachemire in tinte pastello. Quel look da brava ragazza appena uscita da un musical anni cinquanta mi dava il voltastomaco.
La cara Sandy* non era altro che una ragazzina frivola e superficiale, probabilmente figlia di due ricconi che passavano le giornate al country club e che non le avevano mai detto di no. Dietro ai vestiti, alle feste e a tutti quei club studenteschi di cui faceva parte, non vi era nulla se non una bambina viziata.
Il fatto che non rientrassi nel disegno di vita perfetta che si era costruita era motivo sufficiente per detestarmi. L’antipatia di certo era reciproca, ma negli ultimi mesi ero stato costretto a frequentarla quasi ogni giorno. A mio malgrado avevo imparato a conoscerla, ero sempre stato bravo a leggere le persone e Rein era un libro aperto. Sapevo infatti non sarebbe mai entrata in una biblioteca di sua spontanea volontà, benché meno alla ricerca della mia compagnia.
Mi ero inconsciamente avvicinato di più al libro, tanto che il mio naso quasi ne toccava le pagine e le parole diventarono sfocate.
“Bright non è qui” le sue dita si bloccarono per un momento soltanto prima di riprendere il loro tamburellio “E no, non so dov’è”.
“Ho bisogno di parlare con te”.
“Vuoi parlare con… ma che diavolo ti sei messa?” alzato lo sguardo rimasi a bocca aperta, letteralmente. Rein indossava dei grossi occhiali da sole che le coprivano metà del volto e aveva avvolto i suoi lunghi capelli turchesi in un foulard fiorato. Sembrava una fuggitiva pronta a lasciare il paese, naturalmente evitai di puntualizzarlo.
"Sono qui in incognito" si agitò sulla sedia e cominciò a mordersi nervosa le labbra, in un flash rividi la ragazza con le guance rosse e gli occhi lucidi del giorno prima. Per un attimo mi prese il panico, come dovevo comportarmi? Io e Rein non andavamo d’accordo, vero, ma questo non faceva di me una persona senza cuore e vederla così impaurita mi mise estremamente a disagio.
Per mia fortuna, quell’insicurezza scomparve veloce. Raddrizzò la schiena, puntò il mento al soffitto per farsi più alta e incrociò le braccia al petto.
“Voglio offrirti il mio aiuto” prendeva, mai chiedeva.
La ragazza saccente e altezzosa era tornata e io ne fui segretamente grato, quella era la Rein che sapevo gestire.
“Se vuoi scusami, principessa, ho cose più importanti da fare che ascoltare i tuoi deliri” recuperai il mio libro e mi alzai, non avevo assolutamente voglia di farmi prendere in giro.
Rein subito mi imitò piazzandosi proprio davanti a me. Così, in piedi, parecchi centimetri ci dividevano, ma ciò che le mancava in altezza lo recuperava con quella sua lingua tagliente.
“Non sto scherzando” dovetti ammettere che tutta quella storia cominciava ad incuriosirmi, ma preferii lasciar correre, non ero così stupido da tuffarmi volontariamente nelle fauci del lupo.
Ignorai il suo ultimo commento e mi congedai con un inchino che sapevo l’avrebbe fatta andare su tutte le furie, avviandomi verso gli scaffali pieni di libri con un sorriso beffardo in volto. Ero sicuro di averla lasciata a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua in mezzo alla sala.
Sfortunatamente lo sfrigolio delle mie sneakers sul vecchio pavimento in linoleum fu presto accompagnato dal ticchettio dei suoi tacchi, segno che mi stava seguendo.
Raggiunto lo scaffale che cercavo rimisi a posto il mio libro per afferrarne subito uno nuovo. Me lo rigirai tra le mani e lo aprii ad una pagina a caso. Lo avevo già letto un paio di volte, ma avrei fatto di tutto per ignorare quella presenza alle mie spalle.
“È maleducazione non ringraziare”.
Riuscii a trattenermi dal voltarmi, ma non potei non rispondere alla sua provocazione.
“Perché dovrei ringraziare proprio te?”
Silenzio. Un lungo, estenuante silenzio.
Per un attimo pensai addirittura se ne fosse andata, ma quando mi voltai me la ritrovai a meno di un passo di distanza.
“Com’erano le praline?” sussurrò maligna e io capii tutto quello che avrei dovuto intuire non appena l’avevo vista varcare la soglia della biblioteca. Avrei dovuto aspettarmelo, le persone come lei non facevano nulla senza niente in cambio ed io ricoprivo lo scomodo ruolo del debitore.
“Il gatto ti ha mangiato la lingua?” si tolse gli occhiali con fare teatrale e mi guardò dritto negli occhi “Non sono qui per litigare, ma per offrirti il mio aiuto”.
“E io ti ho già detto che non ho tempo da perdere” provai a superarla, ma fu tutto inutile, anticipò ogni mio movimento. Con lei davanti e con la libreria alla spalle ero in trappola.
“Perdere tempo, davvero?” con una velocità del tutto inaspettata mi rubò il libro dalle mani e me lo sventolò sotto il naso “Stai leggendo un fottuto libro di botanica”.
“Ridammelo” sibilai con voce profonda e più minacciosa di quanto mi aspettassi.
“Tu hai bisogno di me” mi puntò l’indice al petto diminuendo ancora di più la distanza tra noi “Posso far innamorare Fine di te in un batter d’occhio” sussurrò maliziosa senza però riuscire a trattenere una leggera smorfia, in fondo non era mai stata una fan dell’idea di me e Fine come coppia.
Era l’unica a conoscenza di quella mia cotta, nemmeno Bright sospettava nulla. Come Rein lo avesse scoperto rimaneva un mistero, ma era ormai del tutto inutile negare, lo sapeva da sempre.
“E tu che ci guadagni?” chiesi ben consapevole di dove sarebbe andata a finire quella conversazione.
Rein abbassò lo sguardo per un istante prima di puntarmi di nuovo addosso quei suoi occhi smisuratamente grandi, questa volta però potei leggervi un po’ di timore, abilmente nascosto da orgoglio e determinazione.
“Tu… tu potresti ricambiare il favore”.
Bingo. I ruoli si erano appena invertiti. Avevo capito quello fosse il vero motivo dietro a tutta quella messa in scena non appena aveva nominato il nome dell’amica.
“Dovrei trasformarti nella ragazza dei sogni di Bright?” non riuscii a trattenere un grugnito derisorio.
La principessa che veniva a chiedere aiuto a me!
“Io sono la sua ragazza dei sogni! Lui solo… non riesce a vederlo!” s’imbronciò proprio come avrebbe fatto una bambina e, intenerito da quell’immagine, non riuscii a trattenere un sorriso.
Non ero mai stato del tutto immune al suo aspetto, Rein era molto bella e non lo avevo mai negato, peccato bastassero poche parole e il suo fascino evaporava come neve al sole.
“Quindi mi stai offrendo il tuo aiuto, quando in realtà sei tu a voler qualcosa da me” la stavo deliberatamente prendendo in giro. Finiva sempre così, mi ripromettevo d’ignorarla e finivo inevitabilmente per punzecchiarla alla ricerca di una sua reazione. Quei nostri battibecchi mi divertivano parecchio, specialmente quando riuscivo a farla arrabbiare.
“La tua barca sta decisamente affondando per chiedere aiuto a me, principessa”.
“Quello che ancora non hai capito è che siamo sulla stessa barca, sfigato”.
Mi ammutolì con poche parole dritte al bersaglio.
Il silenzio calò tra di noi, nonostante la differenza d’altezza puntò i suoi occhi nei miei e sostenne il mio sguardo con fierezza, senza nessuna intenzione di abbassarlo e interrompere così quella che era diventata ormai una sfida. Eravamo talmente vicini da poter sentire il suo respiro solleticarmi il collo. Il suo profumo mi avvolse completamente e mi ritrovai ad osservare le numerose lentiggini che le adornavano il volto, disseminate su guance, naso e alcune, più sparse, sulla fronte.
Trattenni inconsciamente il fiato quando il suo viso si fece ancora più vicino, ma il tutto finì meno di un secondo dopo. Rein sistemò il libro che mi aveva sottratto nello scaffale alla mie spalle e si allontanò velocemente da me.
“Ti chiedo solo di pensarci” come se nulla fosse successo rindossò gli occhiali e si aggiustò il velo che le copriva la testa, ricacciando all’interno qualche ciocca sfuggita a quella prigione di tela.
Senza aggiungere altro si voltò e se ne andò, lasciandomi solo con il suo profumo che aleggiava nell’aria e il ticchettio dei suoi tacchi che diventava sempre più debole.


 




“Penso che Rein sia arrabbiata con me”.
Avevamo deciso di passare la pausa pranzo nel cortile dell’accademia. Sdraiato all’ombra di una vecchia quercia osservavo distratto il ricamo dei suoi rami sopra le nostre teste.
“È una donna, le passerà” seduto accanto a me, Bright continuava a strappare fili d’erba fingendo di ripassare la lezione, il libro di storia sulle sue ginocchia ormai completamente cosparso di piccoli cadaveri verdi.
“È due giorni che non mi parla” Bright ignorò completamente le mie perle di saggezza, la preoccupazione nella sua voce era evidente e fui obbligato a tirarmi a sedere. Subito capii da dove nascesse quella conversazione, Rein era seduta a pochi metri da noi insieme ad un ragazzo dalla carnagione scura e Bright non aveva smesso un secondo di guardarla.
Non capivo perché si tormentasse tanto per il fatto di non averla vista per qualche giorno. In fondo si conoscevano sì e no da un paio di mesi e raramente si erano visti al di fuori dell’accademia.
Osservai il mio amico per poi puntare nuovamente lo sguardo sulla chioma azzurrina della ragazza… era forse una scenata di gelosia?
“E la cosa ti preoccupa… perché?” chiesi consapevole di non essere molto d’aiuto.
“Perché è mia amica!” lo disse come se fosse una cosa talmente ovvia che quasi mi vergognai di avergli fatto una domanda così stupida.
“Non è da lei e sono preoccupato” strappò l’ennesimo filo d’erba e poi un altro ancora “Potresti andare a parlarle? Solo per vedere se va tutto bene”.
Meditai per un momento sulle parole più adatte per mandarlo a fanculo. Col diavolo che sarei andato a parlarle di mia spontanea volontà!
“Non se ne parla. Vacci tu” mi sdraiai nuovamente e mi voltai dandogli le spalle a supporto delle mie parole.
“Per favore?”.
“No”.
“Non mi parla e poi…”.
“E poi?”.
“Ha sempre preferito te a me”.
Grazie al cielo Bright non poteva vedermi in viso, la mia bocca si spalancò talmente tanto che la mascella cominciò a farmi male. Ci misi qualche secondo a riprendermi e Bright dovette interpretare quel mio silenzio come un tacito assenso perché mi diede una pacca sulla spalla e parlò con rinnovato vigore.
“Grazie Shade! Sono sicuro a te dirà tutto, le piaci molto!”.
Dovetti schiarirmi la gola per rispondergli e anche quando aprii bocca per farlo nulla ne uscì, ero ancora in stato di shock. Possibile che avessimo recitato così bene da fargli pensare d’essere diventati grandi amici?
“Ti sbagli” mormorai tra me alzandomi con qualche difficoltà “Ti sbagli di grosso, amico”.
A passo lento e svogliato raggiunsi la coppia felice, parlano fitti fitti e nessuno si accorse della mia presenza nonostante la mia ombra li avessi oscurati entrambi.
Finsi un colpo di tosse e il ragazzo si accorse finalmente di me, Rein invece preferì continuare ad ignorarmi.
“Principessa, non mi presenti il tuo amico?”
Piegò il collo all’indietro per guardarmi, si tamburellò il dito sul mento prima di sorridermi angelica.
“No”.
La sua risposta monosillabica mi lasciò senza parole. Momentaneamente perso, cercai con gli occhi Bright che mi incoraggiava da lontano con movimenti molto simili a quelli di una ragazza pon-pon.
Perché sono amico di un tale cretino?
“Dobbiamo parlare” dissi intenzionato ad arrivare al dunque.
“Sono tutte orecchie” il ragazzino di poco prima mi stava ancora guardando. Sembrava volesse incenerirmi con il solo sguardo e la cosa non mi piacque affatto.
“In privato” Rein sbuffò infastidita, si voltò verso il ragazzo e gli rivolse un sorriso genuino e gentile, un privilegio di cui pochi erano degni.
“Ti invierò l’articolo corretto questa sera, grazie mille per l’aiuto Fango”.
Se si fosse offeso per essere stato congedato così velocemente lo nascose bene, prese la mano di Rein tra le sue e vi posò un delicato bacio.
“È stato un piacere dolce Rein” si alzò e prima di allontanarsi mi lanciò un ultimo sguardo che avrebbe dovuto risultare minaccioso, ma che fu invece molto inquietante.
Senza fare complimenti mi sedetti accanto a Rein, dando le spalle al mio migliore amico. Non avevo nessuna intenzione di assistere al suo patetico tifo da stadio, avevo bisogno di tutte le mie energie per mantenere i toni di quella conversazione civili e pacifici.
“Dolce Rein?” aveva chiuso gli occhi e con il viso puntato verso il cielo si stava godendo il flebile sole primaverile. Le gambe stese davanti a sé e i gomiti fissi al suolo come sostegno.
“Fango è un po’…”
“Suonato?” Rein non riuscì a trattenere una piccola risata e quella reazione mi lasciò piacevolmente stupito. Non ero mai riuscito a farla sorridere, tanto meno ridere. Evidentemente c’era una prima volta davvero per tutto.
“Particolare” mi corresse senza però smettere di sorridere “È il tuttofare del giornale, mi stava aiutando con l’articolo. Domani andiamo in stampa! Non vedo l’ora!” aprì improvvisamente gli occhi e al loro interno notai una luce tutta nuova, era euforica e il sorriso sulle sue labbra aveva contagiato persino lo sguardo.
Non sapevo cosa diavolo fosse successo dal nostro ultimo incontro poche ore prima per averla resa così di buon umore, ma di certo la cosa giocava in mio favore. Lanciai un’occhiata alla mie spalle, Bright era sparito, ma la mia missione non era ancora conclusa.
“Dolce Rein dovremmo parlare…” come risvegliatasi da un sogno troppo bello per essere vero Rein sbatté le palpebre più volte regalandomi un’espressione di disgusto misto a sorpresa. Probabilmente si era resa conto di aver abbassato la guardia proprio in presenza del suo acerrimo nemico. Ogni traccia di felicità scomparve dal suo viso e tornò la solita vecchia Rein.
“Allora?”
“Allora cosa?” risposi sulla difensiva un po’ disorientato dopo quel repentino cambio di umore.
“Non dovevi dirmi qualcosa?” mi diedi mentalmente dello stupido, io ero lì per Bright!
“Sì, ecco...”
“Ciao Fine!” non ero riuscito neanche ad iniziare una frase di senso compiuto che al sentir nominare quel nome ero saltato in aria come se mi fosse appena esplosa una mina accanto. Cercai freneticamente la chioma magenta di Fine e quando i miei occhi si posarono nuovamente su Rein, vi trovai un sorrisetto compiaciuto che non si addiceva per niente alla parte di ragazza innocente che mi stava propinando.
“Quanto sei infantile”
“Ce la metto tutta” fece un sorriso a trentadue denti, mostrando gli incisivi leggermente più grossi del normale, e cominciò a dondolare avanti a indietro tutta soddisfatta della sua malefatta.
“Smettila di fare la bambina. Bright è preoccupato, dovresti andare a parlargli”.
Rein si bloccò immediatamente, raddrizzò la schiena e per un momento rimase immobile a guardarmi con bocca socchiusa e occhi sgranati.
“Ti… ti manda Bright? Pensa che lo sto ignorando e non ha il coraggio di venire a parlarmi?” mi sentivo uno studente vittima di una domanda trabocchetto. Non capivo cosa voleva le rispondessi, era forse arrabbiata con Bright? Consapevole che ogni parola uscita dalla mia bocca non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, mi limitai ad annuire e quel piccolo gesto scatenò l’inferno.
“Che carino! Ma quanto è adorabile?! Allora lo ha notato! E pensare che sono solo stata molto impegnata! Pensavo non se ne sarebbe neanche accorto. Devo andare a parlargli, anzi no! Farò la misteriosa, dovrai dirgli che…” ingranò la quinta e, con occhi a forma di cuore, non fece altro che blaterare stupidaggini senza senso su quanto Bright fosse l’uomo perfetto per lei. Smisi subito di prestarle attenzione e rivolsi la mia attenzione ad una partita di calcio improvvisata da qualche ragazzo del secondo anno.
“Shade, mi stai ascoltando? Devi andare a dire a Bright…” Rein mi si piazzò davanti con fare prepotente sventolandomi una mano davanti agli occhi.
“Principessina, io non gli dirò proprio un bel niente!”
Gli occhi di Rein s’incupirono e diventarono per un attimo più grandi di quanto già non fossero, aprì la bocca pronta a rispondermi per le rime quando qualcosa le fece cambiare idea.
“Ciao Fine” credeva davvero che ci sarei cascato una seconda volta?
Ero così sicuro di me che quando Fine comparve magicamente al mio fianco per poco non saltai in aria per la sorpresa. Uno squittio davvero poco virile mi scappò dalle labbra e non potei non notare Fine lanciare un’occhiata confusa all’amica. Rein per risposta sorrise maligna e mi guardò dritto negli occhi. Potevo leggere una e una cosa soltanto nel suo sguardo: vediamo come te la cavi senza di me.
Se voleva sfidarmi, io non mi sarei fatto indietro. Il fatto che la principessa avesse avuto ragione una volta, non significava io avessi bisogno del suo aiuto. Non volevo rientrare nel suo piano malato ed ero sicuro avrei conquistato il cuore di Fine senza dover dipendere da altri.
In fondo mi aveva solo dato una dritta o due, me la sarei saputa cavare anche senza quei suoi piccoli insignificanti suggerimenti.
Stai a vedere.
Cercai di ricompormi da quella prima, sfortunata, impressione e analizzai con un’occhiata Fine e ciò che aveva portato con sé. Se Rein mi aveva insegnato qualcosa era di osservare e di sfruttare a mio vantaggio piccoli dettagli, esattamente come quel libro che Fine stava tirando fuori dalla borsa, libro che il fatto volle conoscessi come il palmo della mia mano.
“Il linguaggio segreto dei fiori”, un grande tulipano rosso primeggiava sulla copertina e io mi sentii subito più vicino a Fine. Leggere gli stessi libri sarebbe potuto essere un particolare irrilevante per un altro, ma non per me. Non riuscii a trattenere un sorriso e ringraziai mentalmente Bright per avermi spedito a risolvere i suoi bisticci con sua altezza reale. Non solo sarei riuscito a conquistare Fine, ma lo avrei fatto davanti a Rein mostrandole di non aver assolutamente bisogno del suo aiuto. Già salivavo all’idea di quella piccola, ma determinante, vittoria.
Mi schiarii la gola e partii all’attacco.
“Fine non ho potuto non notare il libro che stai leggendo” Fine, che stava parlando animatamente con l’amica, si bloccò di colpo e guardò l’incriminato che riposava tra le sue mani.
“Oh, io veramente…”
“Non sapevo fossi interessata di florigrafia. Posso consigliarti decine di libri sull’argomento! Potresti iniziare con…” cominciai ad elencarle ogni singolo libro mi passasse per la testa e man mano parlavo, più ero sicuro di aver fatto bingo. Fine mi guardava con quei suoi grandi occhi scarlatti, tutta la sua attenzione fissa su di me e per poco non iniziai a balbettare quando un leggero rossore apparve sulle sue guance.
“E sono certo tu sia familiare con l’Hanakotoba*, se vuoi posso prestarti un manuale davvero ben fatto e naturalmente puoi venire a farci visita al club di giardinaggio. Mi farebbe davvero piacere.” terminai così il mio monologo. Fine mi guardava ancora stupita, la bocca che continuava ad aprirsi per poi richiudersi, l’avevo lasciata senza parole! Mi congratulai con me stesso e spostai lo sguardo su Rein per godere della sua espressione davanti ad una così palese sconfitta. Quello che non mi aspettavo era di trovarmi davanti un sorriso divertito e canzonatorio. C'era qualcosa di strano in tutto quello.
“Grazie mille, davvero sei stato molto gentile, ma…” la voce di Fine ricatturò la mia attenzione e subito mi voltai verso di lei. Aveva iniziato a strappare fili d’erba proprio come Bright poco prima e il rossore sulle sue guance si era amplificato notevolmente. Lanciò uno sguardo all’amica come se fosse alla ricerca d’aiuto e Rein non riuscì a trattenere una risatina sciocca.
Mi sentii subito incredibilmente in difficoltà, tagliato fuori com’ero da quel dialogo silenzioso.
“Diglielo, Fine. Ha parlato per mezz’ora, tanto vale che sappia la verità”.
Fine ridacchiò a sua volta e nel disperato tentativo di metterla a sua agio risi anch’io.
“Come stavo dicendo, sei molto gentile Scot, ma purtroppo questo libro non è mio. Rein lo ha dimenticato a casa mia, glielo stavo solo riportando prima di andare agli allenamenti. Sai, io non amo molto leggere”.
Il mio castello di carta fu abbattuto da quelle poche semplici frasi, neppure il sorriso consolatorio che mi rivolse una volta terminato di parlare mi fu d’aiuto. Il mio disagio raggiunse livelli mai toccati prima, ero sicuro la mia faccia fosse diventata un grande pomodoro e ciliegina sulla torta… come diavolo mi aveva chiamato?
“Io devo scappare, il coach non vuole che arriviamo in ritardo, ma voi ragazzi avrete un sacco di cose di cui parlare se vi piacciono gli stessi libri! Rein, Scot alla prossima!” con un’ultima pugnalata al petto Fine abbracciò l’amica e saltellò via, il libro dimenticato alle sue spalle, nelle mani della vera proprietaria.
Probabilmente Rein aveva organizzato tutto, dubitavo fosse un’appassionata di composizioni floreali e, come mi aveva mostrato in pasticceria, aveva un certo talento a manipolare le situazioni e le persone a suo favore. Di tutto quello, però, ormai poco mi importava.
I fatti erano chiari: mi ero appena comportato da stupido davanti alla ragazza dei miei sogni, la quale non sapeva neanche il mio nome.
Ero un disastro vivente.
Solo allora realizzai che avevo davvero bisogno dell’aiuto di Rein e la cosa mi terrorizzò.
Quando alzai lo sguardo, le sue iridi azzurrine mi stavano aspettando pazienti.
“Allora? Abbiamo un accordo?" chiese calibrando ogni parola e le fui segretamente grato per aver deciso di non prendermi in giro "Scot?" come non detto.
La verità era che tutto era già stato deciso quel pomeriggio di pochi giorni prima. I dadi erano già stati tratti da tempo e io non me ne ero neanche reso conto.
Accettando i suoi consigli e comprando quelle dannata praline, avevo ingenuamente venduto l’anima al diavolo e ancora non avevo realizzato appieno le conseguenze di quel piccolo, all'apparenza insignificante, gesto.
Il mio demonio personale, senza corna nè forcone, tese la mano destra dritta di fronte a sè.
Senza aspettare un preciso comando, le mie dita si ritrovarono intrecciate alle sue.
"Affare fatto. Io aiuto te, tu aiuti me".
In cosa mi ero cacciato?
Chi è causa del suo mal pianga se stesso.









*Ipomea - sono impazzita per cercare una lista decente sui significati dei fiori, ne ho trovata una interessante in un blog che fa riferimento al linguaggio dei fiori giapponesi (Hanakotoba), Ipomea significa promessa
*Sandy - ovvero la co-protagonista di Grease, naturalmente qui si parla della Sandy pre-trasformazione :D
*Hanakotoba - linguaggio dei fiori giapponese


Ringrazio i tre tesori che hanno recensito lo scorso chap e le utenti che hanno inserito la storia nelle ricordate, seguite e preferite :) Grazie davvero.
Che dire? Spero il capitolo vi piaccia, la vicenda entra nel vivo ;P

Random Ramblings:
Canzoni ascoltate durante la stesura - e che non c'entrano assolutamente con la storia:
This is gospel (versione al piano)
Toy Soldiers
e in generale canzoni a muzzo dei P!ATD e dei Marianas trench.

Alla prossima e grazie per aver letto il mio sproloquio!
  
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