Buon
capitolo! Tanto per cambiare un po’ ;-)
Sesto capitolo:
Terremoto
Il
medico doveva averli avvisati perché quando uscì dall’infermeria fu
letteralmente rapita da metà base, solo metà perché gli altri si stavano
occupando dei suoi tre compagni. In meno di dieci minuti si ritrovò ospite d’onore
di una gran festa. L’imbarazzo di essere al centro dell’attenzione si dissipò
velocemente quando si ritrovò assieme ai suoi compagni, il comandante
minacciava di rappresaglie su tutti ma lo faceva in un modo così divertito che
nessuno gli badava, Sten cercava di raccontare la loro avventura ad ogni
orecchia disponibile e Loewy faceva fatica a
respirare a causa del numero di soldati che le offriva una danza. Jordan vide
passare dell’alcool, sentì la bocca secca e la tentazione farsi prepotente poi
vide gli occhi di Sarah rivolgersi verso di lei. Occhi pieni di promesse.
La
ragazza era dall’altra parte della sala. Jordan vedeva ogni dettaglio delle sue
labbra, la sua pelle leggermente arrossata dalle danze, gli occhi limpidi e
invitanti. La folla all’improvviso smise di fare rumore, almeno alle sue
orecchie, e lei la fendette come se non esistesse. Sarah non smise mai di
guardarla e quando finalmente lei la raggiunse rimasero un tempo infinito a
guardarsi. Jordan l’avrebbe baciata, incurante della folla, incurante delle
regole e delle punizioni ma Sarah sembrava sufficientemente in sé per evitare a
tutte e due seri problemi, le prese la mano e si voltò.
La
condusse nei corridoi, senza parlare e Jordan la seguì senza porsi domande.
Poi
furono nel locale docce. La cosa lasciò Jordan perplessa, mentre si guardava
attorno sentì che la porta veniva bloccata. Sarah le mostrò con un sorriso la
scheda di chiusura prima di farla sparire di nuovo in una tasca.
“Qua
non ci disturberà nessuno…” Mormorò alla sua orecchia facendola rabbrividire.
Jordan sentì la tensione salire in lei, non era più sicura di nulla, come se
Sarah parlando avesse infranto l’incantesimo. Aprì la bocca per parlare ma
Sarah le pose delicatamente un dito sulle labbra. Poi la guardò accarezzandole
una guancia,
“Non
succederà niente che non desideriamo entrambe”. Camminò all’indietro
allontanandosi da lei, ma senza perdere il contatto visivo, poi lentamente si
sfilò la giacchetta dell’uniforme, poi slacciò la cintura. Jordan la guardava
rapita, come una falena davanti al fuoco, come un serpente davanti al suo
incantatore. Nello spazio di un battito di ciglia Sarah era nuda davanti a lei,
il cuore rombava nel petto di Jordan, incapace di muoversi, incapace di fare
alcunché. Poi Sarah le sorrise e aprì l’acqua della doccia. Il fragoroso rumore
la risvegliò. Jordan mosse un passo poi un atro, prima che potesse rendersene
conto era sotto la doccia e la baciava. Fu come toccare il fuoco, il suo corpo
s’infiammò e così i suoi sensi. Perse ogni inibizione, solo il corpo di Sarah e
il suo contavano. Si liberò dell’uniforme cachi e gemette quando i loro corpi
furono finalmente uno contro l’altro. Le loro bocche si divoravano mentre le
loro mani esploravano con frenesia l’altra ancora sconosciuta.
Il
tempo passò senza che neppure se ne accorgessero e quando Sarah fu dentro di
lei nulla ebbe più senso se non il piacere.
Sarah
giocherellava con le gocce d’acqua sulla sua pelle, un sorriso appagato sulle
labbra. Jordan era stesa accanto a lei sul freddo pavimento che le aveva
accolte nella loro passione e la guardava, ancora frastornata dal piacere
provato, il cuore e la respirazione solo da poco le erano tornati normali.
“Come
ti senti?” Le chiese Sarah e rise dolcemente nel vederla arrossire, “Adoro
vederti arrossire, sei ancora più bella”, il commento la fece arrossire ancora
di più, ma Sarah aspettava una risposta e lei cercò di ascoltarsi, oltre al
senso di piacere che aveva provato, cosa c’era, come si sentiva? Come si
sarebbe sentita quando quell’appagamento si sarebbe dissipato?
Si
sentiva bene ma… una domanda la tormentava. Forse era troppo presto ma…
“Cosa
provi per me?” Le chiese tutto in un fiato, il suo cuore batteva di nuovo
velocemente, Sarah la guardò a lungo, sembrava stupita dalla domanda e al contempo
contenta che fosse stata posta,
“Jordan…”
Sorrise, poi le catturò le labbra in un bacio, gli occhi chiusi, le mani
stretta nelle sue, “Io ti amo” Mormorò poi, soffiando le parole sulle sue
labbra, lasciandola fremente come prima, ma non per il piacere fisico, questa
volta era stata scossa la sua anima. L’amava, amava lei!
Aprì
gli occhi e sorrise lasciandosi avvolgere da quel calore dentro lei che sapeva
non sarebbe stato spento da nessuno.
“Ti
amo” Disse a sua volta facendo sorridere Sarah, i suoi occhi che si
illuminavano di una luce nuova e brillante. Poi si baciarono e fecero ancora
l’amore, perdendosi una nell’altra.
“Siete
sparite ieri sera” Sten le guardò e sorrise nel vedere Jordan arrossire, Sarah
invece si strinse nelle spalle, sorrise a Jordan e risalì rapida lungo il
fianco di Bobby. “Bene bene…” Sten fu interrotto dall’arrivo del comandante
Ramirez.
“Lo
voglio come nuovo, datevi da fare insieme ai meccanici, ne ho chiesti tre e me
ne hanno dati quattro e questa la dice lunga sul nostro stato di eroi!” L’uomo
sorrise loro tutto felice per poi mettersi a girare attorno al carro armato
facendo l’inventario di tutto quello che c’era da cambiare.
I
quattro meccanici arrivarono poco dopo nel grande hangar e si misero a lavorare
su Bobby, staccando le grandi piastre danneggiate e sostituendole con altre.
Jordan stava aggiornando il software, caricando le ultime mappature quando
Sten, che era intento a sostituire tutti i circuiti elettrici la guardò.
“Jordan,
come va il tuo braccio?”
“Bene,
è come nuovo, pazzesco no?” L’uomo annuì, poi però si morse un labbro.
“Non
trovi strano che con la nuova nave non siano arrivati nuovi armamenti?”, la
ragazza si voltò per guardarlo, sistemandosi gli occhiali che le erano
scivolati sul naso,
“Forse
non ci sono stati significativi miglioramenti…” L’uomo aggrottò la fronte,
“Quanto
saranno stati per loro? Duecento anni? Decina più decina meno, nel campo medico
hanno fatto meraviglie, è possibile che non ci siano nuovi sviluppi nelle
armi?”. Jordan si strinse nelle spalle poi tornò a voltarsi perché il computer
con un bip aveva richiamato la sua attenzione. Sten non aveva torto, non ci
aveva pensato ma effettivamente era strano.
La
Terra aveva scoperto degli strappi nello spazio, strappi in cui le grandi
astronavi passavano ingannando il tempo. Un viaggio di qualche mese in questi
strappi vedeva il resto dell’universo avanzare di centinaia di anni. Gli esseri
umani che viaggiavano sapevano partendo che non avrebbero mai più visto vive le
persone che lasciavano. Ovviamente se una seconda nave partiva dieci minuti
dopo la prima sarebbe arrivata con uno scarto di decine di anni dall’altra
parte dello spazio. Paradossi temporali e relatività erano il pane dei marinai
spaziali. Ma cosa rendeva quel pianeta tanto speciale da giustificare una
guerra? Il fatto che si fosse formato all’interno dello strappo e fosse quindi
virtualmente immune dal tempo. In realtà anche lui invecchiava, esattamente
come avveniva agli uomini che brulicavano sulla sua superficie, ma, da un punto
di vista esterno allo strappo, con estrema lentezza. Il pianeta era poi una
vera miniera di propellente, quello che muoveva le grandi navi e tutti i loro
mezzi, la Terra ne era ghiotta, era infatti indispensabile ai viaggi spaziali
essendo l’unico che poteva spingere le navi negli strappi. Talmente ghiotta che
anche altri abitanti dell’universo lo volevano così che da quando erano
arrivati combattevano per conquistarlo.
Sten
aveva quindi ragione nel chiedersi come mai la Terra con l’ultima nave non
avesse inviato armi nuove e più sofisticate.
“Jordan,
vieni su un attimo?” Il solo sentire la voce dell’armiere la fece sorridere,
senza attendere oltre uscì e risalì lo scafo fino a raggiungere la torretta
dell’armiere e del comandante. Sarah era infilata in uno dei vani.
“Ti
serve aiuto?” La guardò, facendo correre lo sguardo lungo il suo corpo,
perdendosi gran parte delle sue parole.
“Potresti
farlo tu?”, Lei vedendola confusa sorrise maliziosamente, poi ripeté, sempre il
sorriso sulle labbra: “Il computer di puntamento deve aver ricevuto un colpo di
troppo, bisognerebbe cambiarlo, mi chiedevo se potevi farlo tu, altrimenti devo
chiamare un tecnico informatico e sono sicura che ci vorrà tutto il
pomeriggio”,
Devo
darci un occhiata prima di dirlo…”,
“Vieni
pure” Le disse lei, sorridendole ancora, poi si morse le labbra come se lo
scherzo le stesse sfuggendo dalle mani e anche la sua mente le riproponeva
ricordi di piacere.
“Soldato
Jordan?” La ragazza si voltò sobbalzando, poi guardò l’aviere che se ne stava
impettito sulla porta dell’hangar guardandosi attorno interrogativo.
“Sono
qui” Rispose lei poi guardò Sarah, “Torno subito… per darti un’occhiata al
computer” Si risistemò ancora gli occhiali tentando di non arrossire poi scese
e raggiunse l’aviere.
“Dovete
seguirmi, il colonnello vuole parlarvi”,
“Il
colonnello?” Chiese lei stupita, poi furono raggiunti da Ramirez.
“Cosa
succede aviere?”
“Il
colonnello Brayton ha chiesto di vedere il soldato
semplice Jordan.” Ripeté allora l’uomo.
“Molto
bene… Jordan vai pure”
“Sì
signore” Ramirez non sembrava contento e la cosa la mise ancora di più in
agitazione. Con un ultimo sguardo al carro armato lasciò l’hangar seguendo
l’aviere.
Quando
raggiunsero l’ufficio del colonello l’aviere l’annunciò e poi la lasciò entrare
da sola. L’uomo era sulla quarantina, rasato e in un’uniforme perfetta era
degno di figurare su un manifesto di reclutamento, seduto davanti a lui c’era
già un uomo, un maggiore, più giovane e con uno sguardo da rapace.
“Riposo
Jordan, non ho avuto l’occasione di ringraziarla e di complimentarmi per
l’azione che ci ha salvato da una situazione alquanto delicata”, il colonnello
le sorrise e poi le indicò la sedia ancora libera.
“Grazie
signore” Gli rispose per poi sedersi. Non riusciva a capire cosa ci facesse lì
e questo nell’esercito era assolutamente inquietante.
“Questo
è il maggiore Hang Ho, è appena arrivato con la
Vegan. Quello che è venuto a fare qui è… particolare…” Il colonello si alzò e
si voltò, lo sguardo che percorreva la pianura di fronte alla base, pianura
ancora butterata dalla recente battaglia, “Ebbene, Jordan, immagino che come
molti nella base anche voi vi siete chiesta perché non sono giunte nuove armi
dalla Terra.” Si voltò e lei annuì senza dire altro, era confusa. “Il fatto è
che la Terra… non considera più prioritaria la nostra missione”
“Come
è possibile signore?” Si lasciò sfuggire, il colonnello si voltò, sul volto un
sorriso amaro.
“Sono
passati molti anni Jordan… ora la Terra è diversa da come la conoscevamo, il
governo terrestre ha trovato altre cose di cui occuparsi, altri mondi, altri
progetti…”
“La
guerra è fuori moda” Intervenne per la prima volta il maggiore, aveva un
accento marcato e uno sguardo duro, la guardò poi annuì secco al colonnello,
“Lei andrà bene, saranno necessarie degli interventi, ma ci penserà il mio
staff”. Jordan lo guardò senza capire, poi guardò il colonnello che aveva
stretto la mascella, ma non sembrava pronto ad opporsi.
“Colonnello,
non capisco…” Osò dire, e l’uomo ammorbidì lo sguardo.
“Jordan,
lei è quello di cui abbiamo bisogno, un’eroica combattente che restituisca
lustro e importanza alla guerra qui…”
“Ma
signore…” Il maggiore si alzò interrompendola.
“Avremmo
scelto l’armiere ma è di origine israeliana, molto meglio un’americana, sono
così sensibili agli eroi laggiù, e il mondo è pronto a seguire tutte le loro
mode”. Jordan sentiva la testa girare, il mondo attorno a lei crollava e non
c’era nulla che lei potesse fare per opporsi. Il colonnello le disse ancora qualcosa
che lei non sentì, poi il maggiore intervenne.
“Imbarco
domani alle 06.00, non possiamo perdere altro tempo”.