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Autore: Najara    16/04/2015    2 recensioni
Jordan, pilota di carro armato, ha perso tutto, la sua famiglia, la sua casa il suo futuro. Ora combatte e quando si risveglia nel bel mezzo del nulla con la sola compagnia di tre commilitoni dovrà imparare a riempire quel vuoto senza una bottiglia ad aiutarla.
Genere: Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buon capitolo! Tanto per cambiare un po’ ;-)

 

 

Sesto capitolo: Terremoto

 

Il medico doveva averli avvisati perché quando uscì dall’infermeria fu letteralmente rapita da metà base, solo metà perché gli altri si stavano occupando dei suoi tre compagni. In meno di dieci minuti si ritrovò ospite d’onore di una gran festa. L’imbarazzo di essere al centro dell’attenzione si dissipò velocemente quando si ritrovò assieme ai suoi compagni, il comandante minacciava di rappresaglie su tutti ma lo faceva in un modo così divertito che nessuno gli badava, Sten cercava di raccontare la loro avventura ad ogni orecchia disponibile e Loewy faceva fatica a respirare a causa del numero di soldati che le offriva una danza. Jordan vide passare dell’alcool, sentì la bocca secca e la tentazione farsi prepotente poi vide gli occhi di Sarah rivolgersi verso di lei. Occhi pieni di promesse.

La ragazza era dall’altra parte della sala. Jordan vedeva ogni dettaglio delle sue labbra, la sua pelle leggermente arrossata dalle danze, gli occhi limpidi e invitanti. La folla all’improvviso smise di fare rumore, almeno alle sue orecchie, e lei la fendette come se non esistesse. Sarah non smise mai di guardarla e quando finalmente lei la raggiunse rimasero un tempo infinito a guardarsi. Jordan l’avrebbe baciata, incurante della folla, incurante delle regole e delle punizioni ma Sarah sembrava sufficientemente in sé per evitare a tutte e due seri problemi, le prese la mano e si voltò.

La condusse nei corridoi, senza parlare e Jordan la seguì senza porsi domande.

Poi furono nel locale docce. La cosa lasciò Jordan perplessa, mentre si guardava attorno sentì che la porta veniva bloccata. Sarah le mostrò con un sorriso la scheda di chiusura prima di farla sparire di nuovo in una tasca.

“Qua non ci disturberà nessuno…” Mormorò alla sua orecchia facendola rabbrividire. Jordan sentì la tensione salire in lei, non era più sicura di nulla, come se Sarah parlando avesse infranto l’incantesimo. Aprì la bocca per parlare ma Sarah le pose delicatamente un dito sulle labbra. Poi la guardò accarezzandole una guancia,

“Non succederà niente che non desideriamo entrambe”. Camminò all’indietro allontanandosi da lei, ma senza perdere il contatto visivo, poi lentamente si sfilò la giacchetta dell’uniforme, poi slacciò la cintura. Jordan la guardava rapita, come una falena davanti al fuoco, come un serpente davanti al suo incantatore. Nello spazio di un battito di ciglia Sarah era nuda davanti a lei, il cuore rombava nel petto di Jordan, incapace di muoversi, incapace di fare alcunché. Poi Sarah le sorrise e aprì l’acqua della doccia. Il fragoroso rumore la risvegliò. Jordan mosse un passo poi un atro, prima che potesse rendersene conto era sotto la doccia e la baciava. Fu come toccare il fuoco, il suo corpo s’infiammò e così i suoi sensi. Perse ogni inibizione, solo il corpo di Sarah e il suo contavano. Si liberò dell’uniforme cachi e gemette quando i loro corpi furono finalmente uno contro l’altro. Le loro bocche si divoravano mentre le loro mani esploravano con frenesia l’altra ancora sconosciuta.

Il tempo passò senza che neppure se ne accorgessero e quando Sarah fu dentro di lei nulla ebbe più senso se non il piacere.

 

Sarah giocherellava con le gocce d’acqua sulla sua pelle, un sorriso appagato sulle labbra. Jordan era stesa accanto a lei sul freddo pavimento che le aveva accolte nella loro passione e la guardava, ancora frastornata dal piacere provato, il cuore e la respirazione solo da poco le erano tornati normali.

“Come ti senti?” Le chiese Sarah e rise dolcemente nel vederla arrossire, “Adoro vederti arrossire, sei ancora più bella”, il commento la fece arrossire ancora di più, ma Sarah aspettava una risposta e lei cercò di ascoltarsi, oltre al senso di piacere che aveva provato, cosa c’era, come si sentiva? Come si sarebbe sentita quando quell’appagamento si sarebbe dissipato?

Si sentiva bene ma… una domanda la tormentava. Forse era troppo presto ma…

“Cosa provi per me?” Le chiese tutto in un fiato, il suo cuore batteva di nuovo velocemente, Sarah la guardò a lungo, sembrava stupita dalla domanda e al contempo contenta che fosse stata posta,

“Jordan…” Sorrise, poi le catturò le labbra in un bacio, gli occhi chiusi, le mani stretta nelle sue, “Io ti amo” Mormorò poi, soffiando le parole sulle sue labbra, lasciandola fremente come prima, ma non per il piacere fisico, questa volta era stata scossa la sua anima. L’amava, amava lei!

Aprì gli occhi e sorrise lasciandosi avvolgere da quel calore dentro lei che sapeva non sarebbe stato spento da nessuno.

“Ti amo” Disse a sua volta facendo sorridere Sarah, i suoi occhi che si illuminavano di una luce nuova e brillante. Poi si baciarono e fecero ancora l’amore, perdendosi una nell’altra.

 

“Siete sparite ieri sera” Sten le guardò e sorrise nel vedere Jordan arrossire, Sarah invece si strinse nelle spalle, sorrise a Jordan e risalì rapida lungo il fianco di Bobby. “Bene bene…” Sten fu interrotto dall’arrivo del comandante Ramirez.

“Lo voglio come nuovo, datevi da fare insieme ai meccanici, ne ho chiesti tre e me ne hanno dati quattro e questa la dice lunga sul nostro stato di eroi!” L’uomo sorrise loro tutto felice per poi mettersi a girare attorno al carro armato facendo l’inventario di tutto quello che c’era da cambiare.

I quattro meccanici arrivarono poco dopo nel grande hangar e si misero a lavorare su Bobby, staccando le grandi piastre danneggiate e sostituendole con altre. Jordan stava aggiornando il software, caricando le ultime mappature quando Sten, che era intento a sostituire tutti i circuiti elettrici la guardò.

“Jordan, come va il tuo braccio?”

“Bene, è come nuovo, pazzesco no?” L’uomo annuì, poi però si morse un labbro.

“Non trovi strano che con la nuova nave non siano arrivati nuovi armamenti?”, la ragazza si voltò per guardarlo, sistemandosi gli occhiali che le erano scivolati sul naso,

“Forse non ci sono stati significativi miglioramenti…” L’uomo aggrottò la fronte,

“Quanto saranno stati per loro? Duecento anni? Decina più decina meno, nel campo medico hanno fatto meraviglie, è possibile che non ci siano nuovi sviluppi nelle armi?”. Jordan si strinse nelle spalle poi tornò a voltarsi perché il computer con un bip aveva richiamato la sua attenzione. Sten non aveva torto, non ci aveva pensato ma effettivamente era strano.

La Terra aveva scoperto degli strappi nello spazio, strappi in cui le grandi astronavi passavano ingannando il tempo. Un viaggio di qualche mese in questi strappi vedeva il resto dell’universo avanzare di centinaia di anni. Gli esseri umani che viaggiavano sapevano partendo che non avrebbero mai più visto vive le persone che lasciavano. Ovviamente se una seconda nave partiva dieci minuti dopo la prima sarebbe arrivata con uno scarto di decine di anni dall’altra parte dello spazio. Paradossi temporali e relatività erano il pane dei marinai spaziali. Ma cosa rendeva quel pianeta tanto speciale da giustificare una guerra? Il fatto che si fosse formato all’interno dello strappo e fosse quindi virtualmente immune dal tempo. In realtà anche lui invecchiava, esattamente come avveniva agli uomini che brulicavano sulla sua superficie, ma, da un punto di vista esterno allo strappo, con estrema lentezza. Il pianeta era poi una vera miniera di propellente, quello che muoveva le grandi navi e tutti i loro mezzi, la Terra ne era ghiotta, era infatti indispensabile ai viaggi spaziali essendo l’unico che poteva spingere le navi negli strappi. Talmente ghiotta che anche altri abitanti dell’universo lo volevano così che da quando erano arrivati combattevano per conquistarlo.

Sten aveva quindi ragione nel chiedersi come mai la Terra con l’ultima nave non avesse inviato armi nuove e più sofisticate.

“Jordan, vieni su un attimo?” Il solo sentire la voce dell’armiere la fece sorridere, senza attendere oltre uscì e risalì lo scafo fino a raggiungere la torretta dell’armiere e del comandante. Sarah era infilata in uno dei vani.

“Ti serve aiuto?” La guardò, facendo correre lo sguardo lungo il suo corpo, perdendosi gran parte delle sue parole.

“Potresti farlo tu?”, Lei vedendola confusa sorrise maliziosamente, poi ripeté, sempre il sorriso sulle labbra: “Il computer di puntamento deve aver ricevuto un colpo di troppo, bisognerebbe cambiarlo, mi chiedevo se potevi farlo tu, altrimenti devo chiamare un tecnico informatico e sono sicura che ci vorrà tutto il pomeriggio”,

“Devo darci un occhiata prima di dirlo…”,

“Vieni pure” Le disse lei, sorridendole ancora, poi si morse le labbra come se lo scherzo le stesse sfuggendo dalle mani e anche la sua mente le riproponeva ricordi di piacere.

“Soldato Jordan?” La ragazza si voltò sobbalzando, poi guardò l’aviere che se ne stava impettito sulla porta dell’hangar guardandosi attorno interrogativo.

“Sono qui” Rispose lei poi guardò Sarah, “Torno subito… per darti un’occhiata al computer” Si risistemò ancora gli occhiali tentando di non arrossire poi scese e raggiunse l’aviere.

“Dovete seguirmi, il colonnello vuole parlarvi”,

“Il colonnello?” Chiese lei stupita, poi furono raggiunti da Ramirez.

“Cosa succede aviere?”

“Il colonnello Brayton ha chiesto di vedere il soldato semplice Jordan.” Ripeté allora l’uomo.

“Molto bene… Jordan vai pure”

“Sì signore” Ramirez non sembrava contento e la cosa la mise ancora di più in agitazione. Con un ultimo sguardo al carro armato lasciò l’hangar seguendo l’aviere.

 

Quando raggiunsero l’ufficio del colonello l’aviere l’annunciò e poi la lasciò entrare da sola. L’uomo era sulla quarantina, rasato e in un’uniforme perfetta era degno di figurare su un manifesto di reclutamento, seduto davanti a lui c’era già un uomo, un maggiore, più giovane e con uno sguardo da rapace.

“Riposo Jordan, non ho avuto l’occasione di ringraziarla e di complimentarmi per l’azione che ci ha salvato da una situazione alquanto delicata”, il colonnello le sorrise e poi le indicò la sedia ancora libera.

“Grazie signore” Gli rispose per poi sedersi. Non riusciva a capire cosa ci facesse lì e questo nell’esercito era assolutamente inquietante.

“Questo è il maggiore Hang Ho, è appena arrivato con la Vegan. Quello che è venuto a fare qui è… particolare…” Il colonello si alzò e si voltò, lo sguardo che percorreva la pianura di fronte alla base, pianura ancora butterata dalla recente battaglia, “Ebbene, Jordan, immagino che come molti nella base anche voi vi siete chiesta perché non sono giunte nuove armi dalla Terra.” Si voltò e lei annuì senza dire altro, era confusa. “Il fatto è che la Terra… non considera più prioritaria la nostra missione”

“Come è possibile signore?” Si lasciò sfuggire, il colonnello si voltò, sul volto un sorriso amaro.

“Sono passati molti anni Jordan… ora la Terra è diversa da come la conoscevamo, il governo terrestre ha trovato altre cose di cui occuparsi, altri mondi, altri progetti…”

“La guerra è fuori moda” Intervenne per la prima volta il maggiore, aveva un accento marcato e uno sguardo duro, la guardò poi annuì secco al colonnello, “Lei andrà bene, saranno necessarie degli interventi, ma ci penserà il mio staff”. Jordan lo guardò senza capire, poi guardò il colonnello che aveva stretto la mascella, ma non sembrava pronto ad opporsi.

“Colonnello, non capisco…” Osò dire, e l’uomo ammorbidì lo sguardo.

“Jordan, lei è quello di cui abbiamo bisogno, un’eroica combattente che restituisca lustro e importanza alla guerra qui…”

“Ma signore…” Il maggiore si alzò interrompendola.

“Avremmo scelto l’armiere ma è di origine israeliana, molto meglio un’americana, sono così sensibili agli eroi laggiù, e il mondo è pronto a seguire tutte le loro mode”. Jordan sentiva la testa girare, il mondo attorno a lei crollava e non c’era nulla che lei potesse fare per opporsi. Il colonnello le disse ancora qualcosa che lei non sentì, poi il maggiore intervenne.

“Imbarco domani alle 06.00, non possiamo perdere altro tempo”.

 

  
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