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Autore: deba    22/04/2015    2 recensioni
Una FF per rivivere l'amore di Rose e Dimitri.
Rose Hathaway, vive e studia nell'accademia di St. Thomas, con l'unico scopo di diventare un guardiano più famoso della madre. Purtroppo durante un improvviso attacco strigoi, il suo mentore muore e la sua accademia viene distrutta. Così Rose si ritrova a partire da zero in una nuova accademia, la St. Vladimir, dove metterà in discussione se stessa più volte e troverà veri amici e il vero amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrian Ivashkov, Christian Ozera, Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Rose Hathaway
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 2

Capitolo 2

 

Mancava poco all’alba, ovvero alla mia notte. Vivendo a stretto contatto con i vampiri, il giorno e la notte venivano per forza invertiti, certo il sole non li uccideva seduta stante come per gli strigoi, ma li indeboliva parecchio.

Avevo deciso di andarmene a letto, ero un po’ più stanca del solito, quando incontrai Martin Ivashkov, il moroi dalle mani lunghe.

“Oh no, per favore, ancora tu, sono stanca e me ne voglio andare a letto, ok?”

Lui con il suo solito sorriso sprezzante, non parve accettare la cosa.

“Già stanca, Hathaway?  Volevo stancarti io!”.

Che patetico, sempre le solite battute squallide.

“Giusto per sapere, quant’è che tu i tuoi amici stronzetti avete scommesso per chi mi porta a letto per primo?”.

Lui sorrise di più, cattivo.

“Davvero pensi di valere qualcosa dhampir? Scommetto piuttosto che diventerai una sgualdrina di sangue.”

Lo aveva detto davvero?

Venivano chiamate sgualdrine di sangue quelle dhampir che non volevano diventare guardiani, e che invece spesso restavano incinta dei moroi e sceglievano di vivere in delle comunità. Ovviamente già dal nome si poteva intuire che servigi offrissero queste dhampir, ed era questo che le rendeva l’ultima ruota del carro di questo mondo e che garantiva alle moroi femmine il ritorno dei loro maschi a casa. Le apparenze prima di tutto.

Nel frattempo che la mia rabbia ribolliva, la mia mano aveva già stretto il collo di Martin sbattendolo al muro.

Per un attimo una scintilla di paura gli passò per gli occhi.

“E tu davvero pensi che potrei mai venire con un verme come te?” gli dissi con disprezzo.

Strinsi ancora di più la mia mano, e la cosa iniziò davvero a spaventarlo.

“Davvero credi tu, di valere qualcosa perché sei un reale viziato?”. Ero furiosa.

Lo vidi spostare lo sguardo oltre le mie spalle e sussurrare per quanto concesso il nome del preside. Lo lascai all’istante. Accidenti, Thompson mi avrebbe espulsa sto giro. Mi voltai sulla difensiva e non vidi nulla, mentre invece, sentivo Martin alle mie spalle sogghignare e riprendere fiato contemporaneamente. Mi girai e lui si era già allontanato.

“Sei una sfigata Hathaway!” e con questo si dileguò.

Rimasi sconcertata per come mi aveva presa in giro, mi aveva davvero fregata. Ero scioccata che gli fosse venuta in mente un’idea così intelligente.

La sua testa, forse non era proprio vuota. Già sentivo, l’indomani, tutta l’accademia ridere di me.

A passo di marcia andai in camera e mi buttai a letto vestita, volevo dimenticarmi dell’accaduto il prima possibile.

 

Il mattino seguente, ovvero a sole ormai tramontato, il mio risveglio fu orrendo. Avevo  avuto incubi tutta la notte. Avevo sognato quel dannato di un Ivashkov che si era tramutato in uno strigoi con la pelle cadaverica e le pupille cerchiate da una anello rosso, segno indistinguibile di uno di loro, e anche in quella forma aveva le mani lunghe. Solo che in questo caso era più forte e non riuscivo a difendermi. Dal nulla poi era spuntato fuori un paletto e chissà perché non riuscivo ad infilzarlo. Al sogno, o meglio, all’incubo, si era poi aggiunto Hanson, che mi borbottava di studiare meglio quel capitolo e alla fine, forse la parte più bella, era arrivato Nikolai e aveva preso a pugni… Hanson. Ok, questa parte aveva un che di comico, ma l’amaro in bocca mi era stato lasciato dalla sensazione di non riuscire ad avere la meglio su uno strigoi. E che quel strigoi mi sembrasse così vero. Non ne avevo mai visto uno da vicino. L’unica fonte che avevo, erano le foto nei libri e i documentare dei guardiani.

Era stato davvero un incubo.

Da questo ‘bel’ risveglio, non potei non ricordarmi gli avvenimenti accaduti prima di andare a letto, ed era meglio perciò farsi una bella doccia e mostrare la faccia più stronza che avevo, per difendermi da tutto ciò che avrebbero potuto dirmi.

Mezz’ora dopo feci il mio ingresso in mensa e come già sapevo attendermi, alcune occhiate si diressero insistentemente verso di me. Alcune sogghignavano, alcune invece, da parte del popolo femminile moroi, disprezzavano.

Queste proprio non le capivo.

Fui affiancata da un novizio che poteva rientrare nella categoria ‘persone apposto’ di Rose Hathaway.

“Ehi, Alan!”.

“Ehi!” mi disse lui un po’ imbarazzato. Era palese il perchè.

“Hai sentito anche tu, vero?” mi riferivo alla figuraccia fatta con Ivashkov.

Lui alzò sorpreso le sopracciglia.

“Già, ma è vero?” chiese un po’ titubante.

Sbuffai amareggiata.

“Si. Mi ha fregata.”

La sua faccia cambiò mille espressioni di disagio.

“Ehi, Alan. Non è mica una tragedia. Mettiti nei miei panni, se ci fosse stato davvero il preside Thompson, mi avrebbe espulsa!”.

“Non credo espellano per una cosa del genere!” disse con voce cattiva.

Non gli diedi peso.

“Uccidere un moroi? Hai ragione, probabilmente mi impiccherebbero senza un processo!”.

Il suo sguardo vacillò perdendo lucidità.

“Uccidere?”.

Forse avevo esagerato.

“No, non volevo ucciderlo. L’ho solo preso per il collo per non tirargli un pugno!”.

“Pugno, collo, uccidere, ma di cosa stai parlando Rose?”.

Lui mi guardava stranito ed io non ci capivo più niente.

“Perché tu di cosa stai parlando? Non è questo che va a raccontare in giro Martin? Che mi ha fatto credere che il preside Thompson avesse visto che avevo alzato le mani su di lui, e io me la sono fatto sotto?”.

Che umiliazione.

Lui sospirò impercettibilmente, sbattendo gli occhi più volte.

“Oh, che sollievo. Non volevo crederci che quello che avevo sentito fosse vero!”.

“Scusa, ma cosa stai farneticando, Alan?”.

Lui si grattò la testa a disagio.

“Scusa se ho dubitato di te un secondo, ma sapevo che non avresti mai fatto una cosa del genere!”.

“Alan…” l’ho rimbeccai.

“Ok, non fare niente di stupido o insensato, ma…”.

“Mi sto arrabbiando…”.

Chissà perché, ma sospettavo che la giornata sarebbe andata peggio di quanto mi aspettassi.

“Martin dice in giro che sei andata a letto con lui!”.

“COSA?” sbraitai.

Mi voltai di scatto verso il tavolo dove sedevano i reali e quando sentii le rise di beffa che avevano nei miei confronti, i miei piedi stavano già dimezzando i metri che ci separavano, senza che io avessi dato loro l’ordine. Non ci pensai proprio, ma così spontaneamente arrivai a Martin e gli tirai un pugno sull’occhio  che lo fece cadere dalla sedia e con mio grande soddisfazione gli tolse quel suo sorriso sprezzante.

“Lurido verme schifoso, neanche se fossi l’ultimo esemplare maschio rimasto sulla terra, verrei a letto con te!”.

Lo dissi a voce alta in modo da farmi sentire, non che avessi bisogno di attenzione. Tutti mi guardavano, alcuni perfino mi battevano le mani e urlavano felici che avessi tappato la bocca a quell’arrogante. Certo i guardiani non potevano pensarla così. Si avvicinò Nikolai e neanche farlo a meno, Hanson. Che scherzo poco divertente.

Mi misero ognuno una mano sulla spalla e mi guidarono fuori,  io non opposi resistenza.

Una volta in giardino, Hanson iniziò a sbraitare quanto il mio gesto sconsiderato mi avrebbe creato problemi. Che loro vanno protetti, non picchiati. Che loro vengono prima.

Eccola qua. Cercavo sempre di dimenticarla, ma quella frase, per chiunque voglia diventare guardiano era la preghiera quotidiana da dire, la legge in cui credere. Noi li proteggeremo sempre, anche a costo della nostra vita.

Dopo altri cinque minuti di ramanzina a cui avevo prestato poca attenzione Hanson disse: “Va in classe Hathaway, il preside al momento è assente e tornerà alla fine delle lezioni. Allora lui deciderà che farne di te!”.

Il vecchio non aveva detto una sola parola, e chissà perché, il suo silenzio era più significativo di tutto quello che aveva farneticato Hanson.

A capo chino presi la mia strada.

Sentii Hanson dire a Nikolai che finalmente gli dimostravo rispetto. Buffone, di certo anche Nikolai la pensava così, perché non gli rispose, ma mi seguì.

Non volevo voltarmi e vedere nei suoi occhi delusione, era così vecchio che avrebbe potuto essere il padre che non ho mai conosciuto, di cui mia madre non mi aveva mai parlato, e che mi era sempre mancato.

“Rosemarie!”.

Perfetto.

“Se mi chiami con il mio nome intero sono finita!”.

Non fece espressioni.

“Devi imparare a controllare le tue emozioni, non devi lasciare che siano esse a prendere le decisioni al posto tuo!”

Lo guardai sorpresa.

“Non posso neanche cercare di difendermi, dire perché ho reagito a quel modo?”.

Il suo sguardo era serio.

“No. Perché è comunque sbagliato, tu ti alleni tutti i giorni nei combattimenti, lui no. Eravate in una situazione non eguale, non ti fa onore. È come picchiare un bambino. E poi, ci sono altri modi per affrontare le situazioni. Tu hai preso la via più semplice: alzare le mani. Ti sei lasciata comandare dalle tue emozioni e non dalla ragione. Questo è un difetto imperdonabile per un guardiano, il quale deve sempre essere vigile e lucido in tutto quello che fa. Se non cambi, non sarei mai in grado di diventare come tua madre.”

E con questa stangata finale se ne andò.

Non so se lo preferivo silenzioso o così, perché in ogni caso, sapeva centrare il bersaglio.

Forse silenzioso, almeno si poteva dedurre i suoi pensieri e non sentirti sfracellare in faccia i tuoi peggiori incubi.

Con una morsa allo stomaco andai in palestra dove gli altri novizi erano già arrivati. Dovevamo combattere a coppie, ma stranamente oggi nessuno si acciuffava per fare coppia con me.

Qualcuno mi si era avvicinato dicendo un mi dispiace, alcuni un ben ti sta, altri un era ora che qualcuno gli desse un pugno a quello. Qualcuno mi disse che non aveva mai creduto al pettegolezzo di Martin.

Fatto sta che però tutti si tenevano alla larga, non si sapeva ancora la mia sorte. Potevo uscirne più forte di prima, o cadere nella vergogna.

Una persona però si avvicinò, Alan.

“Sono dispiaciuto, se non te lo avessi detto…”.

Si sentiva in colpa, lo capivo.

“Figurati, lo avrei saputo da qualcun altro e di sicuro il fine sarebbe stato lo stesso!”.

Era ancora in apprensione.

“Ti espelleranno?”.

Lo guardai un po’ smarrita alla sola idea.

“Non sarà così facile liberarsi di me!”.

Mostrai una sicurezza non mia. Cosa diavolo avrei mai fatto se mi avessero espulso? Dove sarei mai andata?

Io non so com’è il mondo al di fuori di queste mura, io fuori di qua, sono davvero sola. Senza famiglia e senza amici. Ripensandoci, la mia vita sociale faceva proprio schifo.

 

L’allenamento iniziò e io, non ci stavo con la testa. Alan riuscì a sopraffarmi due volte, cosa che non era mai accaduta, in maniera così ravvicinata poi.

Il resto della giornata non fu tanto diversa. Vivevo in una bolla d’aria tutta mia e continuavo a ripensare alle parole di Nikolai. Stavo davvero buttando la mia vita a rotoli.

Al termine delle lezioni nessuno mi aveva ancora convocato in presidenza, per cui sospettavo che Thompson non fosse ancora tornato e dato che andare ad allenarmi col vecchio mi intimoriva da paura, me ne andai in camera.

Per strada intravidi Martin, che alla mia vista si defilò facendosi piccolo piccolo, non prima però di avermi urlato da lontano: “Avrai quel che ti meriti!”.

Sbuff. Che idiota.

Una volta in camera mi gettai sul letto e andai in dormiveglia persa nei pensieri, fino a quando sentii bussare alla mia porta.

Mi ridestai di scatto, quanto tempo era passato?

Erano le quattro e trenta, fra poco ci sarebbe stato il coprifuoco e anche la mia condanna.

Alla porta c’era Nikolai, stavolta con uno sguardo meno duro, forse un po’ dispiaciuto per aver nominato mia madre. Non gliene avevo mai parlato, ma per le varie situazioni venutasi a creare in passato, ci era arrivato da solo.

“Il preside Thompson ti sta aspettando!”

Senza altri accenni prese a camminare ed io gli fui subito dietro. Chissà com’ero conciata. Non avevo fatto una doccia e non mi ero neanche cambiata dalla divisa scolastica. Di sicuro non dimostravo molto pentimento e serietà.

“Vecchio, dimmi la verità, che ne sarà di me?”

Lui continuava a camminare e mi rispose a pochi passi dalla mia sala delle torture: l’ufficio del preside.

“Non lo so, ma sarebbe uno spreco perdere un altro guardiano!”.

Wow, niente di rassicurante.

Non era un segreto che il numero dei guardiani non fosse alto come quello dei moroi. Quelli delle casate reali potevano avvalersi il diritto di avere più protezioni rispetto ad una casata normale, che spesso restava scoperta e presa di mira dagli strigoi. Il fatto poi che le donne fossero ben poche a prendere questa strada, le risorse erano davvero minime. Che l’avrei scampata per questo? Sarebbe stato un miracolo.

Entrai nell’ufficio e Nikolai prese posto a braccia conserte lungo il muro sulla mia destra, vicino alla finestra. Mossa tipica di un guardiano, mettersi nei punti strategici.

Il preside Thompson sedeva indaffarato sulla sua scrivania ed io mi avvicinai alla sua scrivania.

“Sieda, sieda signorina Hathaway!”.

Non volevo farlo, ma le gambe mi stavano cedendo in preda all’ansia. Maledette emozioni.

Alzò gli occhi e mi guardò neutro.

“Ma guarda, non fiata una mosca. Sarà mica che qualcuno si sia accorta di avere sbagliato?”.

Sembrava quasi divertito ed io volevo rispondergli per le rime, ma avrei peggiorato la situazione.

“Non ha niente da dire?”.

Presi un grosso respiro, ripensando all’episodio di Martin, ma appena prima di emettere un suono incrociai lo sguardo di Nikolai.

Controlla le tue emozioni. Sentivo la sua voce con l’accento russo nella testa.

“Niente, signore. Qualsiasi sia stato il motivo che mi ha portato a fare quello che ho fatto, ho sbagliato a comportarmi così!”.

Mi stavo rodendo per dire quelle parole, era stato davvero uno sforzo estenuante,  sudavo quasi.

Certo, quello che non potevo aspettarmi era di lasciare il preside senza parole. Sembrava incredulo. Volevo quasi sghignazzare per quella scena, ma così avrei mandato tutto a quel paese.

Sbirciai verso Nikolai, e lo vidi fissare il vuoto con sguardo fiero. Ciò mi riempì di ego, conscia di aver fatto la cosa giusta ai suoi occhi.

Thompson prese a schiarirsi la voce per parlare, ma Nikolai attirò subito la mia attenzione poiché la sua postura si era irrigidita e si guardava in giro in allerta.

“C’è odore di fumo!”

Credevo scherzasse, ma quasi un secondo dopo lo sentii anch’io. Qualcosa bruciava.

La porta dell’ufficio si spalancò di forza, mostrando il guardiano Felk, un donna di circa trenta anni, che in quell’istante ne dimostrava cinquanta, era fradicia di sudore e affannata, il suo volto pieno terrore.

“Gli strigoi ci attaccano!”.

E come per completare in bellezza quella notizia agghiacciante, un esplosione seguita poi da un’altra, fecero tremare la terra sotto i nostri piedi.

Buonasera a tutti.

Ho postato il secondo capitolo sperando di  accalappiarvi in questa mia storia. Come potrete vedere in seguito, i personaggi sono sempre loro, nei loro caratteri

che ci hanno conquistato. Toccherò le scene più belle dei primi libri della saga e cercherò di farvi innamorare di questa mia creazione.

Sarò lieta di confrontarmi con i vostri giudizi.

Alla prossima.

xoxo

Deba

 

  
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