Secondo
Capitolo.
-Mmh…-
qualcuno mi stava scuotendo con il solo scopo di
svegliarmi. Quel ‘qualcuno’ era mio fratello Oliver
del quale percepivo la
presenza al mio fianco e mi stava sussurrando dolci parole
all’orecchio, parole
che solo un fratello poteva dire. –Ollie…altri
cinque minuti.- dopo questa
richiesta sentii i suoi passi allontanarsi e la porta essere chiusa.
Finalmente
un po’ di pace, ero stesa e sentivo ancora il
fiato di Roy sul mio collo. La sera prima ci eravamo baciati per ore,
fino a
quando non aveva ricevuto una telefonta dai suoi
‘amici’, lo volevano con loro
per fare un lavoretto. Ovviamente ero arrivata anche a capire di cosa
si
trattava, doveva spacciare droga in uno dai locali più
importanti a Starling
City. Ero certa del fatto che lui non volesse andarci, voleva
migliorare per la
sua famiglia e guadagnare dei soldi. Mi aveva raccontato che quando mio
fratello gli aveva offerto quel posto di lavoro, lui pensava fosse una
burla.
Invece ora si ritrova con uno stipendio a cinque zeri e poteva
comprarsi una
macchina e una casa per vivere. Ero felicissima per lui, insomma si era
impegnato molto per avere una vita degna di questo nome.
Avevo
richiuso gli occhi, e stavo per riprendere a
dormire quando un cuscino mi colpii in faccia facendomi svegliare del
tutto.
-Ma
sei scemo?!- gli urlai contro. Si sedette su di me e
iniziò a lanciarmi cuscini sulla faccia. Dopo un momento di
smarrimento, presi
quello che stava sotto la mia testa e lo colpii in piena faccia
facendogli
perdere l’equilibrio. Cadde accanto a me e si stese
passandomi sulle spalle un
braccio.
-Com’è
andata ieri sera con il tuo ‘socio’?- inutile dire
che alla parola socio ci aveva aggiunto uno sguardo e un tono maliziosi.
-Abbiamo
mangiato e basta.- e ci eravamo baciati fino
allo sfinimento e ci eravamo rotolati tra le lenzuola per due ore. Ma
non
avevamo fatto sesso.
-E
quindi il rumore del letto…era la mia immaginazione?-
domandò squadrandomi. Il mio letto non aveva fatto tanto
rumore, quanto il suo.
-Sono
certa che Sara ce lo saprà dire con precisione…o
possiamo chiedere al mio ‘socio’. Come lo chiami
tu.- rimase interdetto per un
momento ma poi si alzò di scatto e mi trascinò
con sé in cucina.
-Sono
contenta del fatto che oggi mi accompagni tu a
lavorare.- dissi guardandolo mentre guidava. Non avevo ricevuto nessuna
telefonata da Roy, né tantomeno un messaggio. Avevo un
brutto presentimento, ma
non sapevo perché. Forse gli era successo qualcosa, anche se
si sapeva
difendere molto bene da quello che mi aveva raccontato Oliver. Non sapevo cosa pensare in
quel momento. O
forse si era stancato di me? Di già?
-Thea…siamo
arrivati.- mi guardai intorno e notai che era
vero. Il Verdant era ancora spento, strano. Era mezzogiorno e di Roy
neanche
l’ombra, forse si era veramente già stancato di
me, oppure su era ricreduto
sulla nostra amicizia.
Con
lo sguardo perso nel vuoto e con gli occhi tristi
entrai nel locale e aprii il nostro ufficio. Mi sedetti alla mia
scrivania e
notai che c’era un post-it attaccato sul monitor del mio
computer.
‘Buongiorno
Thea, se
stai leggendo questo foglietto significa che non sono arrivato a lavoro
oggi.
Oggi ci sarà la consegna dei cocktail e degli stuzzichini
per stasera. Ti prego
pensaci tu.
Ti
voglio bene, Roy.’
Rilessi
quel messaggio un centinaio di volte, o almeno
fino a quando non sentii una presenza dietro di me. Mi voltai di scatto
e vidi
un ragazzo biondo, sulla ventina che mi guardava. Aveva in mano una
console da
DJ, dal quale deducevo fosse un dipendente del locale.
-Tu
devi essere Thea Queen.- disse baciandomi la mano
destra, che eravamo nell’Ottocento?
-E
tu sei, invece?- chiesi focalizzandolo meglio. I
capelli erano lunghi e gli occhi verdi, ma non aveva nulla a che vedere
con
Roy. Già Roy, chissà dov’era e con chi
era.
-Sono
il DJ del locale, mi ha assunto Roy. Piacere.-
-Doveva
stare proprio male per assumerti. Comunque vai a
fare il tuo lavoro e non importunarmi mai più.- sorrisi
falsa e tornai a
lavoro. Lui uscì dall’ufficio e si mise a provare
delle canzoni per stasera.
Avevo
finito. Erano arrivati i fornitori e avevano
scaricato il carico. Li avevo pagati
ed
erano andati via. Ma di Roy non c’era la minima traccia. Ogni
volta che il mio
cellulare squillava speravo fosse lui, e invece era mio fratello
Oliver.
Guardavo fuori dalla finestra e speravo di vedere il suo SUV spuntare
dell’angolo, ma ciò non accadeva. Io e quel DJ,
del quale non avevo ancora
capito il nome, stavamo per tornarcene a casa quando una macchina rossa
si era
avvicinata a noi e spenta poi. Dal sedile posteriore uscii Roy. Aveva
la faccia
livida, sembrava che l’avessero preso a pungi a lungo. Mi
avvicinai a lui e lo
poggiai a me.
-Roy.
Che ti è successo?- gli domandai portandolo nel
locale.
Lo
feci sedere su uno sgabello e andai a prendere la
valigetta del pronto soccorso dal piano di sopra. Ero confusa per
quanto era
appena accaduto, se fossimo andati via prima lui sarebbe rimasto solo
qui in
mezzo alla strada. Ringrazio quel ritardo nella consegna dei cocktail
di oggi.
-Mi
spieghi come hai fatto?- chiesi medicandogli alcune
delle ferite. La sua faccia era ancora livida, dal sopracciglio usciva
del
sangue e non si fermava. Abbassai lo sguardo e notai che anche la
maglietta era
sporca.
-Roy.
Mi dici che succede?- sbuffò e smise di guardarmi
negli occhi.
-
Quando sono andato via da casa tua, non sono andato da
loro. Sono tornato a casa però c’erano anche loro.
Ho rifiutato di andare con
loro e mi hanno picchiato, ho cercato di difendermi ma erano sei contro
uno.
Prima sono andato a casa tua però non c’eri allora
sono venuto qui.- lo
ascoltai in silenzio mentre continuavo a medicargli le varie ferite
sulle
braccia e sulle mani. Forse aveva cercato di dare dei pugni
però non c’era
riuscito.
-Ce
ne sono anche sotto la maglia, ma…sono profonde-
-In
che senso sono profonde?- mi guardò e si alzò la
maglia.
-Me
le hanno fatte con un coltellino…ho bisogno dei
punti.- presi la borsa e lo presi per mano. Uscimmo dal locale e lui
iniziò a
fare domande.
-Andiamo
in ospedale.-
-Sei
fortunato ad avere un’amica come Thea.- disse il medico
guardando Roy, lui si girò verso di me e mi sorrise, forse
riconoscente.
-Lo
so.- il
dottore si alzò dalla sua sedia e si diresse verso il suo
carello.
-Roy,
hai visto che…ma che ti prende? Roy?- lui guardava
nella direzione opposta. Fissava la siringa che aveva in mano
l’uomo dal camice
bianco.
-Non
capisco perché mi debba fare un’iniezione se
è solo
un taglio superficiale.-
-Hai
paura di un piccolo ago…perché dai non
è possibile.-
mi misi a ridere pensando fosse solo uno scherzo, invece non era
così. Quando
il dottore si avvicinò a lui s’irrigidì
subito. Non ci pensai due volte e feci
voltare la sua testa verso la mia, la seconda volta in due giorni. Lo
baciai e
cercai di non fargli pensare al ago nella sua pelle.
-Fatto.-
disse il dottore, prese un batuffolo d’ovatta e
glielo sfregò su punto dove aveva fatto la puntura. Lo
ringraziammo e uscimmo
dal suo studio.
-Hai
paura degli aghi?- domandai, non pensavo minimamente
che una persona come lui, potesse avere un timore simile.
-Se
ti rispondo che si, cosa penserai di me?- rispose
guardandomi di sottecchi. Si poggiò allo sportellino della
macchina con cui
eravamo arrivati.
-Penserei
che sei un ragazzo che sta lavorando per avere
un
futuro e che sei molto coraggioso.- dissi fissandolo
negli occhi. Rimanemmo in silenzio per quelli che mi sembravano anni
infiniti,
invece erano pochi secondi.
-Che
ne dici di andare a mangiare qualcosa a casa
tua?- scossi la
testa sorridendo.
-Se
non ti conoscessi, direi che vuoi venire a rubare a
casa mia, e fai così per conoscerla meglio.- entrammo in
macchina, lui alla
guida e io accanto a lui.
-Chi
ti dice che non lo farò?- ci guardammo, di nuovo, e
poi scoppiammo a ridere entrambi e insieme.
Una
volta a casa notammo che Oliver era già arrivato e
stava cucinando, o meglio Sara lo stava facendo. Lasciai Roy con mio
fratello a
parlare di calcio e io raggiunsi la Lance in cucina, ma mi accorsi che
c’era
anche Laurel.
-Ciao.-
dissi dando un bacio sulla guancia a testa, loro
mi sorrisero e risposero con un –Ehi.- sincronizzato.
-Chi
è quel ragazzo?!- gridò, sottovoce, Sara. Guardai
Laurel e ci mettemmo a ridere.
-Si
chiama Roy ed è mio socio al Club.- risposi
osservando in sua direzione. Vedevo come parlava agilmente con Oliver e
Tommy,
era presente anche lui, il ragazzo che mi piaceva fin da quando avevo
una
decina d’anni. Lui e Ollie sono come fratelli e quindi
passavano molto tempo in
casa nostra; mi ricordo di quando mi nascondevo dietro la porta della
loro
stanza e spiavo ciò che facevano. Ritornando a Roy, si stava
divertendo e se lo
meritava dopo quello che aveva passato tra ieri e oggi.
-Ti
piace tanto vero?- sentii la voce di Laurel
abbastanza vicina al mio orecchio, mi voltai di scatto e le sorpresi ad
osservarmi insistentemente.
-E’
carino, ma è troppo presto per dire se me ne sono
innamorata o meno.- risposi semplicemente, prendendo il primo piatto e
portandolo in tavola. Ci sedemmo tutti quanti; io e Ollie a
capo-tavola, vicino
a me Laurel e Roy, e accanto a lui Sara e Tommy. Le ragazze avevano
preparato
un antipasto di noci, ostriche e salmone crudi. Amavo tutto questo, ma
preferivo cenare con una pizza o con un hamburger. Era calato un
silenzio,
interrotto solo dalla suoneria del cellulare di mio fratello, sempre
lui; anche
quando cenavamo con la nostra famiglia non lo spegneva mai e si
prendeva molti
rimproveri da Robert e mamma, quanto mi mancavano.
-Pronto…
si, domani mattina… riferirò… buona
serata anche
a te.- chiuse la telefonata e sbuffò sonoramente.
-Che
succede?- domandò Sara prendendo una forchettata di
salmone, accompagnato da un pezzo di pane.
-Cose
di lavoro.- liquidò velocemente il discorso facendo
ricadere il silenzio a tavola.
Appena
finita la cena, io e Roy andammo a passeggiare in
giardino per lasciare gli altri da soli a parlare di affari loro.
-Piaciuta
la cena?- scherzai mentre camminavamo mano
nella mano. Sembravamo due fidanzati, ma non lo eravamo; almeno non
credevo che
lo fossimo.
-Non
so come fai a sopravvivere. Ma dico seriamente.-
sorrise.
-Io
e mio fratello non siamo amanti della vita mondana,
ma quando dobbiamo dare feste o cose del genere siamo costretti.- feci
spallucce e mi sedetti sull’erba, invitandolo a fare lo
stesso.
-Sai
mi piace molto questo giardino.- disse guardandosi
intorno. Presa non so da quale istinto, poggiai la mia testa
nell’incavo del
suo collo. Lui mi cinse le spalle con il suo braccio e, rilassata,
socchiusi
gli occhi. Roy mi lasciò un tenero bacio sulla fronte e
accostò la sua con la
mia.
-Dove
vivi?- non so perché gli feci quella domanda, ma lo
volevo sapere ad ogni costo. Lui era rimasto da me per una notte e
sapeva dove
abitavo, ma io non sapevo nulla su di lui e sulla sua storia.
-T’importa
così tanto?- chiese, quasi rude. Alzai di
scatto la testa e l’osservai, era serio e aveva la mascella
contratta.
-Stai
scherzando?! M’importa perché siamo amici e sai
tutto di me, mi pare ovvio conoscere qualcosa di te.- mi alzai e mi
pulii i
jeans sporchi di terreno, e iniziai a camminare verso
l’entrata della villa,
velocemente. Sentivo i suoi passi dietro di me, speravo che non mi
raggiungesse
perché non volevo che mi vedesse piangere, non volevo
pensasse che fosse
diventato importante per me nel giro di due giorni.
-Fermati
Thea! Non volevo offenderti!- con uno strattone
mi tirò all’indietro e mi fissò
attentamente. Forse notò che avevo gli occhi
lucidi, o forse no; ma fatto sta che mi abbracciò e io mi
sfogai sulla sua
spalla.
-Non
volevo risponderti così, è solo che non parlo mai
di
me. Con nessuno. Non vorrei che tu andassi via. Una cosa te la posso
dire,
abito a The Glades.- la sua voce s’incrinò
nell’ultima frase e fu lì che capii i non dover
andare oltre, il resto poi
sarebbe venuto da se.
-Grazie.-
disse e a quel punto, dopo esserci sorrisi,
rientrammo in casa.
Oliver
e Tommy erano seduti sul divano del grande salotto
e stavano vedendo una partita di calcio; entrambi erano patiti di
sport, li
seguivano tutti, dal tennis al calcio. Io invece odiavo
l’attività sportiva e
mi ricordo che quando frequentavo la scuola superiore durante
l’ora di
educazione fisica andavo in giro per la scuola. Sara e Laurel, invece,
erano
nella mia stanza, lo capii dal biglietto che mi avevano lasciato:
‘Parliamone!
Nella tua stanza.’ Sorrisi e le raggiunsi. Mentre camminavo
Roy mi prese per i
fianchi e mi baciò, un bacio dolce e casto.
-Mi
mancavano le tue labbra.-
A
quel punto non potei fare altro che sorridere e
ribaciarlo a mia volta.