Paradigma
Xigbar è seduto su una parete verticale. Xemnas si è sempre chiesto perché ha l’abitudine di fare così. Il fatto che sia in grado di controllare la gravità a suo piacere non spiega perché lo fa senza praticamente un attimo di tregua. Che differenza fa per lui starsene sul pavimento, piuttosto che sul soffitto o su una parete? La sola spiegazione ottenuta, una volta che ha trovato la voglia di chiedere, è che non si rende conto di farlo. Spiegazione che, se dovesse giudicare, giudicherebbe una solenne scempiaggine. Riesce quasi a credere che il suo vecchio amico non si accorga di invertire il suo asse gravitazionale, ma come fa a non rendersi conto di vedere le cose capovolte? Non che la cosa lo infastidisca o lo sorprenda. E’ solo curioso, ecco tutto.
Xaldin, invece, è immobile come una statua. Xaldin non si disturba a mimare gli atteggiamenti umani se non ne ha la necessità e rapportarsi a un altro nobody non è una necessità.
Anche questa non è una sorpresa.
Fatica a ricordare l’ultima volta che qualcosa lo ha sorpreso.
Xemnas si stira sullo stretto parapetto cristallino su cui è disteso e la sua attenzione scivola via, per tornare a qualcosa di diverso dai due uomini che gli fanno compagnia sulla terrazza.
Sopra di lui, a intervalli, la luna fa capolino fra gli squarci di cielo limpido, mentre gli strati di nubi si susseguono.
Immagina che, tra poco, ricomincerà a nevicare. La tregua fra le bufere è durata fin troppo a lungo per la stagione.
Dovrebbe ascoltare, non guardare il cielo. Ma ascoltare è una cosa troppo elaborata.
Le parole filtrano nella nebbia del torpore che comincia ad avvolgerlo, lo raggiungono in forme strane e nuove. Singolarmente, può anche riconoscerle. Nell’insieme, formano solo un susseguirsi di suoni privi del benché minimo significato, non troppo diverso del sibilo del vento. Deve fare un faticoso e noioso lavoro di ricostruzione. Catturare le parole, una per una, e combinarle insieme fino a ottenere un senso compiuto da quei suoni.
Eppure, sono cose importanti.
“Marluxia…
quel dannato ragazzo è già abbastanza una spina nel culo. Adesso ci si mette
pure Ienzo a fare il rivoluzionario.”
“E’
solo una congettura, Xaldin. Lo conosci. Da dieci anni a questa parte non fa che
montare e smontare ipotesi sulla natura dei Cuori. E’ il gioco preferito suo e
di Vexen. Questa è una delle tante. Non arriverà a nulla.”
“Se
fosse come le altre volte, Zexion se ne starebbe nel suo studio. Hanno chiesto
di allontanarsi. Le altre volte non ci siamo mai
divisi.”
“Per
anni abbiamo tenuto un insediamento secondario nella Terra del Crepuscolo, anche
dopo aver abbandonato quel pianeta.”
“Quello
era solo un laboratorio sull’uscio di casa, Xigbar. Qui si parla di una
fortezza in un crocevia primario nella rete dei Mondi e Marluxia e Larxene hanno
intenzione di trasferircisi con tutta la loro gente. Tu dai un avamposto
collegato a mezzo multiverso, un esercito e una flotta in mano a due individui
notoriamente ribelli? Ma ti rendi conto di quello che dici? Oppure credi che
vogliono soltanto giocare a fare i signori del castello? Finora non si sono mossi
solo perché, anche con il sostegno delle loro armate, non hanno mai avuto ragionevoli
possibilità di successo. Adesso si stanno presentando loro le condizioni più
favorevoli. Un territorio
proprio e l’occasione di portare dalla loro parte tutti quelli che possono. Non possiamo
permetterci squilibri e Zexion può causare una frattura nella nostra coesione.
Quello che afferma è un avallo
proprio di quelle tesi che Marluxia non ha mai taciuto. Se Marluxia e Zexion si
mettono a lavorare insieme, tutto quello che abbiamo costruito fino a questo
momento saranno stati solo anni persi.”
“Non
lo faranno.”
“Ma
se lo facessero…”
“Ma
non lo faranno. Non ora. Non così e non in queste condizioni. Andiamo, te lo
vedi Vexen mettere il naso fuori dei suoi laboratori per guidare un gruppo di
marmocchi ribelli? Ma se non li può neppure soffrire. Se fosse stato per lui,
avremmo dovuto annegarli tutti appena trovati e il sentimento è reciproco. Loro
non sopportano lui e, a parte Roxas e forse Luxord, tutti considerano Zexion un
bastardo borioso e viziato.”
“C’è
Lexaeus. E’ sempre stato il principale sostenitore di Zexion ed è molto
rispettato. Lo ascolterebbero. Demyx di sicuro, non aspetta altro. Sappiamo
benissimo che lui sta con noi solo perché ha paura di quello che c’è là
fuori, ma non è d’accordo con niente.”
“Sai
cosa ci si può fare del sostegno di Demyx?”
“Anche
del sostegno di Demyx. Braig, non sto neppure parlando di uno scontro armato.
Potrebbero arrivare a uno scisma, dimezzando effettivamente i nostri contingenti
e, una volta chiusi a Oblio, non avremmo l’opportunità materiale per
riportarli indietro, se non con un attacco diretto. Superato il muro
dimensionale c’è l’oscuramento delle comunicazioni. Per noi non ci sarebbe
più modo di controllarli in tempo reale, né di ordinare i movimenti delle
forze che stanno con loro. Sarebbero completamente indipendenti. A parte che, se
arrivassero ad avere un sufficiente consenso, non avrebbero proprio bisogno di
ribellarsi, in nessun modo. A quel punto, loro sarebbero la maggioranza e noi la
voce dissidente e le decisioni passerebbero di mano. Non ci vorrebbe neppure
molto. Normalmente Luxord non si schiera, ma non ci scommetterei, in un caso
simile. Axel è imprevedibile, ma c’è Roxas e dove va Roxas, Axel lo segue. A
proposito, vogliamo parlare di Roxas? Se dovessimo arrivare a un confronto, chi credi
sceglierebbe, lui? E senza Roxas…”
“Andremmo
avanti come abbiamo sempre fatto. Fino a sei mesi fa, Roxas non esisteva. Fino a
un anno fa, non sapevamo neppure dei keyblade. Non ci siamo certo seduti ad
aspettarli. La loro comparsa è stata un’occasione che abbiamo colto. Se non
ci fossero stati, avremmo trovato un altro mezzo. Xaldin, già anni fa abbiamo dovuto affrontare la
possibile crisi dovuta al dissenso di Vexen. Non è successo nulla di drammatico
e di sicuro non abbiamo discusso di eventuali scissioni né di insurrezioni.
Abbiamo messo Vexen a guinzaglio corto, lo abbiamo chiuso nei laboratori e tutto
è continuato come al solito.”
“Stavolta
non stiamo parlando di Vexen. Parliamo di Zexion e Zexion è un animale a sangue
freddo. Lo è sempre stato. Ienzo ha convinto Ansem a
proseguire le ricerche sull’Oscurità e il Direttorato a devolvere metà dei
fondi annuali destinati alla ricerca a nostro favore. Poi i laboratori
sotterranei. Ha compilato i protocolli di sperimentazione su cavie non sempre
consenzienti, cavie che sono stati i nostri stessi concittadini. Ha progettato
il coro mentale con cui abbiamo bandito Ansem e ci ha convinti a usarlo. Lo
ricordi? E questo quando era un ragazzino umano. Secondo te, di cosa potrebbe
essere capace, adesso, se volesse?”
“Ci
ha convinti… continui a ripeterlo. Io non ricordo che Ienzo ci abbia puntato
un’arma alla testa per obbligarci. Lo abbiamo seguito ben più che
spontaneamente. Adesso vuoi scaricare la colpa su di lui?
E’ stata una scelta, la nostra. Una scelta consapevole. Sapevamo bene cosa
stavamo per fare e, a quanto ricordo, anche quello cui potevamo andare incontro.
Nessuno di noi, nessuno, è mai stato tanto incapace da avere bisogno che
qualcuno gli dicesse che fare. Non saremmo qui, altrimenti. Quello che siamo, lo abbiamo voluto tutti.”
“Non
essere melodrammatico, Xigbar. Io non incolpo nessuno per quello che ho fatto,
ma non è certo una novità quelle che sono le priorità di Zexion. Se dovesse
pesare sulla bilancia tutti noi contro una linea di ricerca che sta seguendo,
non ci penserebbe due volte.”
“Stai
cercando di convincermi che Zexion è un pericolo, per noi?”
“E’
un pericolo per chiunque si frappone fra lui e un suo obiettivo, Braig.”
Ancora
Braig. E Ienzo.
Xaldin
continua a usare i loro vecchi nomi. Xaldin è astuto. Non usa mai una parola se
non intende esattamente usarla.
E’
un modo per riaffermare l’identità con il passato?
Chissà
come chiamerebbe lui, allora.
Anche
se la confusione che ha contaminato i suoi ultimi mesi di vita umana è svanita da anni,
prova ancora disagio a sentirsi chiamare… a sentirsi chiamare con entrambi i
nomi, in realtà.
Ma Xaldin è troppo accorto per chiamare anche lui con un nome umano. Uno a scelta, qualunque esso sia.
Volta un po’ la testa dall’altro lato e quello che vede è la parete esterna del parapetto, una superficie bianca e levigata che cade in verticale verso la città al di sotto. Ma, a quel punto, tutto è distorto dalla prospettiva dal suo angolo visuale e diventa solo un insieme disordinato di luci.
Rosse e gialle e verdi e blu.
“Zexion
ci è sempre stato fedele. Probabilmente più di chiunque altro. Dimmi una sola
volta in cui ha agito per qualcosa di diverso che l’interessa di tutti noi.
“E’
fedele alla condizione che gli forniamo, possibilità illimitata di fare ricerca
e nessuna restrizione. E’ l’ambiente a lui congeniale e farà di tutto perché
continui a essere così, a prescindere da tutto il resto. Se mai questa
possibilità gli venisse meno, ci getterebbe via senza esitare un solo secondo. Ti
ricordi cos’è successo all’ultimo che ha tentato di mettere Ienzo a
guinzaglio corto? Ti sei dimenticato qual è il suo livello di tolleranza alle
opposizioni? Vuoi trovarti a condividere l’eternità con Ansem? Scommetto che
la dimensione del Nulla è abbastanza grande da ospitarci tutti.”
“Nessuno
di noi sei ha mai tollerato limitazioni, in nessuna delle nostre vite.
Ienzo e Xehanort sono stati solo quelli che hanno avuto il coraggio di agire.
Quelli che hanno fatto ciò che tutti noi volevamo fare. Xaldin,
stiamo perdendo di vista la misura delle cose. Te lo ripeto. E’ solo un’ipotesi come tante. Non ha dimostrato nulla e senza prove, riscontri e verifiche Vexen e Lexaeus non faranno niente. Lo stesso Zexion non farebbe
niente.”
“Se
le fornisse, queste prove?”
“Se
le fornisse, allora dovremmo accettarle e accettare la verità.”
“Quale
verità?”
“Qualunque
essa sia.”
“Ce
ne sono tante, di verità. La mia verità, la tua, la verità di Ienzo. Siamo
tutti topi in un labirinto, per lui, allora dimmi, Braig, qual è la verità?
Il formaggio che vediamo, le pareti del labirinto, il laboratorio, oppure quello
che ci aspetta con il bisturi in mano? Oppure il mondo fuori dal laboratorio?
Tutto quanto è vero. Come vedi, ci sono strati su strati di verità, uno dopo
l’altro. Dobbiamo solo vedere a quale vogliamo fermarci. Credi che a Zexion
interessi altro che guardare tutti noi, i Mondi, gli abitanti dei Mondi, correre
dietro all’esca che ci agita davanti al naso? Sai perché sostiene il
nostro lavoro? Per sperimentare quello che accadrebbe nel caso avessimo
successo. Gli può interessare solo fino a quando non trova qualcosa che lo
incuriosisce di più.”
Le nubi si
assottigliano. La luna è una sagoma luminosa, nebbiosa e
indistinta.
E’
come guardarla da dietro un vetro. No. E’ come essere sott’acqua e guardare
le forme oltre la superficie.
Sott’acqua
va bene. E’ come annegare.
Xaldin
gli rifila una manata a un fianco.
“Sveglia,
Xemnas. Se sei qui per dormire, tanto vale che ce ne andiamo tutti.”
Si
scuote. Il bordo della balaustra gli sfrega contro le scapole.
Slaccia le braccia che tiene incrociate sotto la testa e le allunga dietro di sé.
Le dita incontrano una massa gelida. Ha spazzato via la neve prima di sdraiarsi,
ma, intorno a lui, il parapetto è ancora ricoperto di uno spesso cuscino
bianco.
Stava
davvero per addormentarsi. E’ fin troppo comodo e piacevole stare a fissare il
cielo e far finta che il resto non lo riguardi. Non poteva durare a lungo.
Si
decide ad alzarsi. C’è una persona in più, con loro, e chissà da quanto è
qui. E’ arrivato in silenzio e si è seduto sul cornicione, indifferente alla
neve dove è immerso. E’ a così poca distanza da lui e neppure si è accorto
della sua presenza. Ma nessuno si accorge di Saïx, se non è lui che lo vuole.
Viene
da chissà dove, dal fare chissà cosa. Xemnas non gli ha mai chiesto nulla.
Tutti loro, talvolta, si allontanano da soli per soddisfare necessità che non
possono condividere con nessuno. Ma sono pochi, forse solo lui stesso, a farne
una costante quanto Saïx. Anche se i suoi seguaci non hanno mai osato
interrogarlo, molti di loro non nascondono la curiosità. Forse resterebbero
sorpresi nel conoscere la risposta.
Nessuno
vuole davvero sapere cosa fa Saïx quando li lascia.
“State
andando avanti così bene da soli… perché adesso chiedete a me?”
“Perché
non stiamo giocando e vorremmo anche il tuo parere, Vostra Maestà, Luce di noi
tutti.”
Non
risponde subito. Anche se è abituato a servirsi delle parole come strumenti per
ottenere quello che vuole da chi vuole, adesso, qui, sarebbe inutile. I due che
lo circondano lo conoscono abbastanza da trovare il significato di ogni
sillaba detta e non detta. Potrebbero chiamare ogni suo inganno, quindi inutile
cercare di tessere i suoi incantesimi con loro.
Si
conoscono da quando sono bambini. Hanno giocato insieme e si sono usati l’un
con l’altro. Insieme hanno commesso un parricidio e devastato i Mondi. Si sono
uccisi a vicenda. Sono rinati insieme. Finora l’un con l’altro si sono
aiutati a sopravvivere.
E’
abbastanza per essere onesti, almeno qualche volta.
“State
a fare i conti di chi sarebbe con noi e chi con loro, come se ci preparassimo a
una guerra civile. E io non escludo per niente questa possibilità, ma vorrei
chiedervi una cosa. A che servirebbe, per chiunque di noi?”
Nessuno
dei due uomini sembra capire il senso di quello che ha detto e Saïx non appare
intenzionato a intervenire.
“Riformulo
la domanda. Secondo voi, perché Marluxia sta progettando una rivolta?”
“Vuole
il tuo posto.” afferma Xaldin.
“Non
dire cazzate. Fosse questo, mi preoccuperei anche di incartarglielo e
infiocchettarglielo, il mio posto. Per quale motivo?”
“Smania
di potere?
“Modi
diversi per dire la stessa cosa.” brontola Xigbar.
Xemnas
lo ignora.
“Potere.
Il mio potere, Xaldin?”
“Quale
altro?”
“Che
potere ho? Il potere su tredici persone sperdute e un imprecisato numero di
creature che forse non possiamo più neppure chiamare persone? E’ un grande
potere, davvero invidiabile. Il potere di distruggere mondi? Dovrei
compiacermene, quando non posso camminare liberamente per le strade di casa mia?
Il potere di mettere fine all’esistenza di miliardi di esseri? Ho tutto questo
potere e non mi basta per sapere chi sono. La mia vita è solo il ricordo di un
passato mutilato. Se Zexion ha ragione, sono ricordi di un altro. Io non ho
potere degno di nota e non ho nessun potere che desidero. Hai così poca
considerazione di me e di Marluxia, Xaldin? Credi che tutto questo sia una rissa
fra i ragazzi del quartiere per decidere chi è il capo? Il potere è solo un
mezzo, uno dei tanti e nemmeno quello sempre più efficace. Qualche volta può
anche essere un ostacolo. Non c’è ragione per cui non dovrei regalare il
trono più alto di tredici a chiunque lo voglia, se fosse in grado di darmi
quello che chiedo. Se vuole Oblio, per me può prenderselo e a non darglielo…
credete che, in un caso o nell’altro, questo chiuderà la faccenda? Che non ci
sarà un’altra occasione, in un altro momento? Marluxia sa quanto me qual è
la vera estensione del mio potere e quanto trascurabile sia. Sa bene che, se solo
fosse per questo, sarei ben lieto di lasciarglielo. Sa bene che non si tratta di
potere. Non questo genere di potere. Non sottovalutatelo.”
“Allora
cosa vuole?” domanda Xigbar.
“Non
è quello che vuole. E’ quello che è. Vita. La vita si espande, cambia, e non
torna mai indietro. La vita non conosce limiti e non avanza a passi prudenti.
Travolge. La vita è spietata. Procede per prove ed errori e gli errori li
lascia distruggere. Per Marluxia questo è solo un altro passo avanti, solo
un’altra occasione, solo un altro cambiamento a cui adattarsi. Vorrà che ce
ne siano altri come noi. Vorrà
crescere e conquistare qualsiasi spazio libero e farsi strada in quello già
occupato. Marluxia non considera la nostra condizione come qualcosa a cui
rimediare, ma come un’opportunità da sfruttare e Zexion è come lui. Più
cauto, più accorto, meno evidente nei suoi scopi, ma è proprio come lui. Vita
e Mente. Che altro potrebbero volere?”
“Va
bene, allora cosa facciamo? Chiediamo a Zexion di piantarla di fare il cretino
e di tornare al suo lavoro? Sarebbe più facile fermare una valanga con un
fischio. E, per amore di precisione, quello che fa è il suo lavoro e il
mio e il tuo e quello di tutti noi.”
“E
gli altri, Xigbar?” si intromette Xaldin.
“Gli
altri?”
“Coloro
che non sono stati capaci di mantenere forma e mente. Abbandoniamo anche loro
con un ’Grazie di tutto. Ci spiace, ma siete perdite
della selezione e non ci servite più’? Noi siamo quelli fortunati. Cosa diremmo a quelli che verranno
lasciati indietro? Per ognuno di noi, quante centinaia di loro?”
“Zexion
è convinto di poter revertire il loro stato.”
“E
tu sei disposto a riorganizzare l’intera umanità sulla base di una
convinzione?”
“Una
convinzione di Ienzo? Perché no? Una sua convinzione ha rivoluzionato
l’universo. Potrebbe rifarlo e, questa volta, a nostro favore.”
“No,
Xigbar. E’ troppo drastica, come scelta.”
“Perché
si è scoperto?” chiede improvvisamente Saïx.
“Prego?”
“Zexion
non si scopre mai. Avrebbe dovuto lasciare che fossero Vexen o Lexaeus a esporre
il suo progetto. Sarebbe stato molto più coerente con il suo carattere. Non lo ha
fatto. Perché?”
“Dillo,
se lo hai capito.”
Saïx
fissa su Xigbar quello sguardo che fa sempre venire voglia di scappare a trovare
un nascondiglio e, se il nascondiglio non c’è, a crearselo scavando nel
pavimento. Anche se il pavimento è di acciaio e il solo strumento a
disposizione sono le unghie. Anche se il giovane è uno degli individui più
pazienti e tranquilli del loro piccolo mondo personale, ma nessuno può sapere
dove si piazza la linea di confine della sua tolleranza.
“Se
ho chiesto, è perché non lo so. Però sono sicuro che ci sia una ragione.
Suppongo che siamo molto più
vicini al cambiamento di quanto pensiamo e che questo cambiamento, la crisi se
preferisci, Xaldin, sia molto più rivoluzionario di
quanto noi altri non valutiamo al momento. Zexion è piuttosto metodico nei suoi
comportamenti. Non devierebbe da uno dei suoi schemi se non fosse per una
ragione che considera estremamente valida. Presumo sia convinto dell’attendibilità
della sua ipotesi.”
“Quindi,
secondo te è in grado di fare quello che dice?”
“No,
dico che lui ne è convinto, ma vi ricordo che Zexion può trarre deduzioni
perfettamente logiche e ottenere proiezioni di eventi attendibili partendo da un
numero infimo di dati. Fa parte delle sue capacità. Quanto a Marluxia, non mi
azzarderei a mettere in discussione qualsiasi sua opinione in merito alle
condizioni degli esseri viventi.”
“Questo
non vi fa pensare che, forse, potrebbero avere ragione?” interviene Xigbar
“Fino a questo momento, ci siamo affidati proprio a queste facoltà di Zexion e non abbiamo mai sbagliato. Allora perché, adesso,
le mettiamo in dubbio? E’ qualcosa in quello che ci ha detto?”
“Un attimo fa, hai detto che
questo è solo un gioco per Zexion. Adesso affermi il contrario. Credi davvero che potrebbe essere nel giusto?” chiede
Xaldin.
“No.
No, non lo credo, ma questo non è il mio campo, è il suo. Non ho la pretesa di
competere con lui. Saïx qui ha detto bene. Se Zexion afferma una cosa simile, è
perché la ritiene possibile e, se la ritiene possibile, è perché è in grado
di dare una dimostrazione valida. Te lo ripeto. Dobbiamo
essere disposti a rivedere e ridiscutere le nostre convinzioni, se escono fuori
prove sostanziali.”
“La
struttura mentale di Roxas è stata stabilizzata.” mormora Saïx “Di questo
abbiamo avuto una documentazione comprovante. O credete che Zexion possa avere
falsato i risultati delle sue ricerche?”
“No.”
esclama Xigbar “E non contraddirmi, Xaldin. Non lo farebbe. Non quello.”
Saïx
guarda gli altri due in attesa di una risposta.
“No,
certo che no.” ammette Xaldin.
Xemnas
scuote il capo in una negazione
“Quindi,
signori miei, non posso escludere la possibilità che, ad avere tempo, sia in
grado di fissare indefinitamente anche la nostra condizione e ricondurre gli
altri nobody a uno stato superiore.”
“E
sulla base di questo lo lasceresti giocare con le esistenze di tutti noi?”
Un
refolo di vento gelido li accarezza. Saïx sorride e scopre i denti acuminati.
“No,
Xaldin. Ma non potete pensare che si fermerà spontaneamente. Se ritiene di
poter ottenere un risultato di tale portata, continuerà a
prescindere da ogni obiezione. Io lo farei, voi lo fareste. Lui lo farà. Se
credete che non debba andare avanti, dovrete fermarlo.”
Xigbar
scende finalmente dalla parete e si avvicina al bordo della terrazza. Xemnas ha
il sospetto che prenderebbe volentieri a pugni uno di loro. Uno qualsiasi.
“Perciò
siamo arrivati a parlare di condanne a morte. Nessuno vuole chiamare la cosa con
il suo nome, ma si tratta di questo. Xemnas, loro fanno parte di noi. Fanno
parte di coloro per cui facciamo tutto questo. Se non ci saranno più, per chi
andremo avanti? La sola cosa che ci resta siamo noi stessi, contro l’universo
intero. Se cominciamo a massacrarci fra noi, quanto ci vorrà prima che
l’ultimo scompaia?”
“Se
lasciamo che si frantumino le ragioni per cui stiamo insieme, quanto dureremo?
Se non facciamo nulla, finirà così.” esclama Xaldin.
Xemnas
ordina il silenzio con un gesto della mano.
“Quella di Zexion
è solo un’ipotesi, vero. A parte noi, per quanti la cosa farà differenza? Avete parlato di
spaccature. Guardaci, Xigbar. L’ha già
fatto. Solo parlarne ha causato una divisione fra noi, qui.
Cosa succederà quando anche gli altri cominceranno a rendersi conto di quello
che significano le sue parole, se cominceranno a credere che ha una qualche
possibilità di riuscita? Cosa succederà quando non saremmo più noi, ma noi e loro?
Chiunque saremo noi e chiunque saranno loro.”
“Xemnas,
se
non per qualsiasi altra considerazione, ricordati che Zexion è il solo fra noi
capace di mandare avanti strategie accettabili. Dieci anni che
l’universo cerca di annientarci e siamo ancora qui, in buona parte grazie a
lui. Chi altro potrebbe farlo? Io no. Tu sei un sognatore, non ne sei in grado.
Saïx? Sicuro, quando è in fase giusta. E quando salta fuori
quella sbagliata? Axel, certo. Se siamo fortunati, per un intero giorno. Demyx
non voglio neppure considerarlo. Luxord ne sarebbe capace, ma non lo farà.
Roxas? Sì, Roxas sì. Tra qualche anno, quando perderà i denti da latte e, a
quel punto, sarà un problema quanto Zexion. Quanto a te, Xaldin, non vorrei
avere nessun altro a coprirmi le spalle, ma l’idea di dipendere da una tua
scelta strategica mi fa accapponare la pelle. Il solo in grado di fare una cosa
simile è proprio Marluxia, ma lui è escluso, giusto? Dimentichiamo una cosa. Non siamo soldati. Non lo siamo mai stati.
Il nostro posto è in un laboratorio o dietro una cattedra. Arranchiamo per fare
qualcosa di cui non sappiamo nulla o quasi, contro gente ben più abile ed esperta,
ma non è
il nostro mestiere e dieci anni non l’hanno fatto diventare il nostro mestiere. Uno di noi è stato graziato delle capacità di
Zexion. Ora
vorresti buttare via questa fortuna? E non considero il fatto che lui ha una
rete di contatti che si estende in buona parte dei Mondi. Gli infiltrati nei
vari governi. Gli agenti dormienti. Queste sono informazioni che Zexion gestisce in esclusiva. Non possiamo sostituirle perché le tiene nel suo
cervello e, anche se le conoscessimo, in molti casi la chiave di attivazione può
essere comandata solo da lui. Se lo togli di mezzo, fai traballare l’intero
nostro sistema ben più di quanto non potrebbero fare Larxene e Marluxia se si
arroccassero a Oblio con metà della flotta. Pensa anche alle conseguenze.”
“E’
vero, Xigbar. Zexion non perde nessuna battaglia. Non possiamo permetterci di
averlo come avversario. Lui, Vexen e Lexaeus sono tre persone. Tre. Quanti sono
tutti gli altri? Noi siamo la causa delle loro condizione, noi dobbiamo farcene
carico.”
“Se
ha ragione, non abbiamo fatto niente. Ci siamo ritrovati in questo mondo come
tutti gli altri, senza più responsabilità di loro per quello che siamo.”
“Adesso
chi cerca di giustificarsi?” sibila Xaldin.
“Xigbar…”
mormora Saïx.
Xigbar
guarda con rancore il giovane. Saïx non batte ciglio.
E’
talmente in bilico. Solo qualche centimetro lo separano dall’abisso. Dovesse
perdere l’equilibrio, precipiterebbe.
Non
si farebbe veramente male. Oppure sì? Nemmeno lui è in grado di sopravvivere a una
caduta da quell’altezza e Xemnas non è sicuro che riuscirebbe ad aprire un
portale o frenare il volo in tempo.
Basterebbe
una piccola spinta, un leggero slittamento della gravità.
Saïx
fissa tranquillo Xigbar, con i suoi luminosi occhi di felino che sembrano
perforare l’anima.
Il
sorriso di Xigbar è quasi un ringhio.
“Tu
restane fuori, d’accordo, ragazzino? Poi che ci fai, qui? Non dovresti essere
a Oblio?”
Affari
di famiglia.
Xigbar
si è sempre fatto un punto d’onore nel tenere insieme la famiglia.
Braig
si occupava di loro. Braig ed Aeleus. Badavano che Even si ricordasse di
dormire, che Dilan non si ostinasse nel passaggio di qualche formula non
risolta, che Xehanort non si nutrisse solo di cioccolato e caffè e sigarette. Che, ogni tanto, andavano a recuperare Ienzo dai suoi computer.
Loro
si ricordavano di cibo e bevande e loro spegnevano il televisore quando
qualcuno si addormentava sul divano.
Braig
li aveva cacciati tutti fuori della sala dell’esperimento ed era rimasto
indietro, da solo, per salvare Xehanort con il corpo frantumato dalla pressione
incalcolabile dell’Oscurità sorgente che lo aveva trasformato nel suo canale
per irrompere nell’Universo. Anche se Xehanort era già perduto.
Xigbar
è diverso, ma, in fondo, quello non è cambiato. E’ l’uomo che lo ha tenuto
ancorato all’esistenza nei primi, inverosimili giorni della sua nuova vita,
quando il Nulla cercava di consumarlo, anche se lui stesso doveva combattere i
suoi personali mostri. E’ quello che lo ha seguito per primo, quando ha
proposto cosa fare.
E’
ancora lui quello che ride e scherza con i neofiti, come se cercasse di
sdrammatizzare la loro situazione e, anche se Xemnas è incline a credere la cosa
inutile, capisce la necessità di Xigbar, così simile a quella di Braig, a
quella di Lex, di sentirsi responsabile di qualcuno o qualcosa, anche qualcuno
che non ha alcun bisogno di protezione o di conforto.
La
famiglia non si abbandona e, nel personale sistema di riferimento di Xigbar, c’è
una precisa gerarchia di importanza.
La
famiglia va protetta e Saïx, in questo momento, è una comoda e accessibile
valvola di sfogo. Tanto non reagirà. Non in sua presenza. Non per una cosa
simile.
“Xigbar,
stai perdendo la tua obiettività.” conclude Saïx.
Xigbar
non replica. Si appoggia alla balaustra e guarda verso il basso, la città
spiegata sotto di loro, le propaggini del deserto di ghiaccio all’orizzonte.
“Ti
ricordi di Ansem?”
Non
si è rivolto a nessuno in particolare, ma non c’è il minimo dubbio a chi è
diretta la domanda.
“Dovresti.
Era il tuo maledetto padre.”
“Xigbar…”
“Ansem
ci ha sventolato di fronte la pena capitale o la ricostruzione mentale se non
gli avessimo obbedito, a lui e allo sgorbio che gli teneva il guinzaglio. Morte
o castrazione cerebrale per noi e per le nostre famiglie, nel nome di un alieno
che pretendeva la nostra fede.”
“Xigbar,
piantala.”
“Il
prossimo passo quale sarà? Chiudere di nuovo gli universi e gettare via la
chiave come voleva quel bastardo? Abbiamo vissuto entro i sentieri di un
paradigma, finora. Tu vuoi farlo diventare un dogma.”
“Ti avverto…”
“Ricordati
cosa sei, Xemnas!”
“Nessuno.
Ecco cosa sono.”
Xigbar
mi ha tenuto vivo. Ricordalo. Ha tenuto lontana quella cosa
che mi cercava inseguiva trovava sempre per divorarmiinghiottirmicancellarmi.
Xigbar
ha tenuto lontano il Nulla.
“Noi
possiamo dire di essercelo voluto, Xigbar, ma gli altri? Che colpa hanno, loro?
Non hanno fatto nient’altro che essere i più forti, i più attaccati alla
vita, e il compenso è questa specie di incubo in cui si sono trovati. Il
riconoscimento per essere sopravvissuti è venire cacciati come animali
rabbiosi. Vogliono vivere e hanno una volontà che non ha pari nei
Mondi. La tentazione di costruirsi un’esistenza con quello che hanno senza cercare i
frammenti di quello che avevano e aggrapparsi alla speranza di quello che
potrebbero avere è forte. Possono cominciare a pensare che è meglio
accontentarsi, piuttosto che perdere ancora anni per un
obiettivo così poco distinto. Puoi biasimarli?”
“Pretendi
di far credere di essere addolorato per loro? Proprio adesso?”
“Abbiamo strappato
loro mondo e vita e adesso li guardo e vedo solo
armi animate da scagliare contro altri mondi e altre vite. Vorrei che mi
spiacesse, ma, per quanto posso volerlo, in realtà non mi importa niente, se non quanto possono servirmi per arrivare allo scopo che mi sono
prefisso. Non ricordo nemmeno quando per la prima volta ho guardato una persona
e tutto quello che ho visto è stato un mezzo, uno strumento o un ostacolo. Ora
Zexion mi dice che non ho mai visto il mondo in un altro modo, che quello che
ricordo della mia vita non è mai stato mio. Che io sono solo questo mostro
capace di cancellare pianeti e usare i superstiti per cancellarne altri e non
potrò mai essere diverso. Forse è stato davvero Xehanort a fare tutto, forse
siamo stati entrambi, forse nessuno dei due. Non importa. Io ricordo e se non
sono stato io, non riesco a trovare la differenza.”
“Zexion
si fida delle persone.” mormora Saïx.
“Tu
sei ubriaco, ragazzo.” brontola Xigbar.
“E’
una delle sue caratteristiche principali. Zexion si fida della sua capacità di prevedere i loro comportamenti.
Inoltre, probabilmente, non riesce a capire altro
che la logica più stringente e questo lo porta a escludere comportamenti che
non siano strettamente utilitaristici e razionali, quindi prevedibili. Aggiungi
le capacità che gli permettono di percepire qualsiasi variazione negli schemi
mentali. E’ convinto di essere sempre in grado di anticipare i comportamenti
altrui, il che lo porta a fidarsi.”
“Si
chiama presunzione, non fiducia.”
“Gli
effetti sono uguali.”
“Ma
che significa?”
“Che
sbaglia. Non può prevedere tutti. C’è una persona del tutto
imprevedibile, fra noi.”
“Tu?”
chiede Xaldin.
“No,
io sono molto prevedibile. Occorre qualcuno il cui modo di agire e comportarsi si basa su una serie
di movimenti casuali e illogici. Così sarà
invisibile a Zexion.”
“Axel…”
“Axel è intelligente e astuto, ma non ha alcuna prospettiva. I suoi traguardi si piazzano in un futuro molto prossimo. Adesso, oppure domani. Non ha concezione di risultati ottenuti a lungo termine e non è capace di proiettare le sue azioni in un momento posteriore a quello dell’ottenimento del suo obiettivo. Zexion, invece, di ogni cosa valuta innanzi tutto le conseguenze e i flussi di eventi che ne scaturiscono a lungo termine. Architetta i suoi piani su una scala che per Axel è inconcepibile, così come Axel si muove in una sfera di percezione cui Zexion è cieco. Come si dice, l’uno vede gli alberi, l’altro le foreste. Nemmeno Axel stesso sa come agirà fino a quando non agisce. Zexion non può prevederlo, almeno non fino a quando non è così prossimo all’esecuzione degli eventi al punto che sono già effettivamente attuati. Ma Axel è un’arma a doppio taglio. A dargli tempo, finirà per appoggiare Zexion e Marluxia. E’ inevitabile.”
“Perché?”
“Perché
hai ragione, Xaldin. Roxas si schiererà con Zexion e Marluxia. Anzi, sono
sicuro che sarà proprio lui il tramite tra i due. Quello che permetterà loro
di appianare le divergenze.”
“Come
fai a dire una cosa simile?”
“E’
scontato. Zexion e Marluxia sono complementari. Anima e Corpo. Manca ancora una
cosa e saranno completi.”
“Il
Cuore.”
“Roxas.”
“Hai
studiato bene.” sibila Xigbar.
Saïx
abbassa la testa in quello che appare un gesto di sottomissione nei confronti di
Xigbar. Solo lui può caricarlo di tale sarcastico scherno.
Saïx
è bravo a capire le debolezze. Tutti i predatori sono bravi, in quello. E’ il
loro lavoro, dopo tutto. E’ una buona cosa che i millenni di civiltà non
abbiano offuscato il suo intuito. E’ quello che serve loro. Per vincere una
belva, ne serve una più feroce.
“Adesso
basta. Potete andare.”
“Xem…”
“No.
Andatevene.”
Nessuno ribattere più. Xigbar e Xaldin annuiscono e si svaporano nelle ombre. Solo Saïx non si allontana con gli altri, ma per Saïx non valgono le regole che governano tutti loro.
Esiste
una curiosa favola, un modo di dire, più che altro, diffuso in così tanti Mondi da essere una di quelle bizzarrie che sembrano replicarsi in ogni
dimensione e nessuno sa se si tratta di copie carbone oppure del risultato di un
tempo in cui gli universi erano collegati e c’era libero scambio fra essi.
Quelli come Saïx sono i soli ad avere diritto di restare seduti in presenza dei re.
Va bene così.
Xemnas non vuole avere intorno i suoi antichi compagni. Li ha ascoltati fin troppo e si chiede quanto le loro parole lo abbiano già influenzato. La responsabilità è solo sua. Almeno questo, lo deve loro. Ma non riesce a estendere la cortesia anche a Saïx. Ha fiducia in lui e si fida soprattutto in questa occasione. Saïx non ha l’abitudine di indulgere nei ricordi e fingere emozioni. Non vuole niente che non sia originale. Soprattutto, non gli importa nulla degli altri.
Xemnas può giustificarsi in questo modo.
“Mi odi, Saïx?”
Il giovane ha le mani strette insieme, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il volto sulle dita intrecciate. Nonostante la scarsità di luce, le sue pupille sono fessure verticali sottilissime, quasi inesistenti. Lo sta osservando con una curiosa espressione.
Attenzione.
Può definirla così. Concentrazione, anche. Interesse?
E’
come se stesse assimilando ogni suo gesto.
Xemnas
ricorda che, in assenza di luce, nella specie di Saïx le pupille si contraggono
comunque come riflesso funzionale di caccia.
“No.”
“E’
questa la cosa peggiore. Che non riesci a odiarmi.”
“Noi
non odiamo.”
“Ma
Xaldin non ha mai perdonato Zexion.”
“La
domanda è, più che altro, se siamo in grado di perdonare. Il perdono implica
un certo grado di attenuazione nel ricordo di una sofferenza. Un nobody, un
essere la cui memoria non sbiadisce, può perdonare quello che considera un
torto?”
“Quindi,
Xaldin è rimasto intrappolato in un ricordo. Ma questo non basta per sostituire
l’odio.”
“No.”
“No.
Forse non odiamo, ma possiamo volere. Non dovresti voler stare vicino a
me. Non dovresti neppure seguirmi. Di tutti noi, tu sei forse quello che
troverebbe meno difficoltà a vivere fuori da qui.”
“Tutti
facciamo cose che non dovremmo fare, oppure non facciamo quello che sarebbe più
logico. Non hai mai pensato che, forse, ti seguo proprio perché tu mia dia di
nuovo la capacità di odiarti e che, quel giorno, ti seguirò per una diversa
ragione?”
Xemnas si siede sul parapetto, le gambe a penzoloni nel vuoto. Si sporge un po’ per guardare di sotto, il baratro di centinaia di metri che lo separano dalla superficie del pianeta e dalla città.
“Non ti sei espresso su cosa fare,
Saïx.”
“Ti
ho dato il mio consiglio.”
“No.
Mi hai detto solo quale sarebbe il modo più efficace di comportarsi,
qualunque sia la mia decisione, ma non cosa faresti. Dimmelo
adesso. Cosa pensi dovrei fare?”
“Sei
tu il re. Tu devi decidere.”
giallo blu rosso verde
Un
oceano variopinto e ronzante di luci artificiali.
“Io
sono re solo per caso, solo perché sono stato trovato per strada dall’uomo
sbagliato. Avrei potuto essere un contadino. Non hai ascoltato Xigbar? Ha
ragione. Sono uno scienziato. Da quando ho memoria non sono mai stato altro, non
ho mai voluto essere altro. E sono anche un maledetto topo da biblioteca, se
vuoi saperlo. Sono sempre stato persino peggio di Zexion e Vexen. Non ho mai
voluto essere un re. Sul mio mondo avevamo confuso le due cose, messo
sul trono uno studioso e costui si era dimenticato della sua vera natura per
correre dietro al potere terreno. Non sono un re. Sono la scusa della paura di un uomo.”
“E’
tardi per ritirarsi dalla carica, Xemnas. Qualunque cosa sei stato in passato,
adesso sei quello che abbiamo.”
verde
rosso giallo blu
Un
oceano dove affogare.
“Allora,
se sono il tuo re, rispondi alla mia domanda. Te lo ordino.”
Saïx
inarca delicatamente un sopracciglio azzurro cielo.
Quelli
come lui non si alzano in presenza dei re e possono decidere a chi donare la
propria amicizia e persino la propria vita, ma non la propria volontà. Quella
mai.
“Te
lo chiedo. Per favore, Saïx.”
blu giallo
verde rosso
Basta
far cadere leggermente il baricentro oltre il bordo, sporgersi un po’ di più.
Oppure alzarsi in piedi e muovere un passo di troppo. O lanciarsi, anche.
“Questa
volta non ho risposta, Xemnas. Qualunque azione mi sembra, al tempo stesso, la
più logica e la più inappropriata. Non riesco a distinguere la strada giusta,
ammesso che ci sia una strada giusta, o che ci sia quella sbagliata. Per questo
avrai il mio sostegno, qualsiasi cosa sceglierai.”
“Però
dovrò scegliere da solo.”
“Tu
sei il re.”
rosso
rosso rosso rosso
Ci
sono tanti modi per cadere.
Li
ha già sperimentati tutti, più di una volta. Più di una volta, ha cercato di
resistere all’impulso di teletrasportarsi o controllare la caduta. Potersi lasciare andare del tutto, schiantarsi in fondo all’abisso.
Ma
non riesce. Non può riuscirci.
Non
perdere tempo a provarci. Non importa cosa credi di volere. Tu vuoi
ancora vivere, nonostante tutto.
“Ienzo
mi aveva insegnato ad andare a vela, allora, per ricambiare, decisi di
insegnargli a sciare. La capitale di Radiant Garden era circondata da montagne
splendide e aveva una delle stagioni sciistiche migliori della galassia.”
Non
ha la più pallida idea se Saïx sappia che significa sciare e neppure se gli stia
dando retta. L’importante è che ci sia.
Non
racconta a beneficio di Saïx, ma al suo e non è ancora arrivato al punto di
parlare da solo, senza uno spettatore che, almeno, faccia finta di ascoltare.
“Lo
portai nello chalet di Ansem, deciso a non andarmene né a farlo andare via
prima che fosse capace perlomeno di fare una pista arrivando in fondo ancora in
piedi. Come risultato, io mi fratturai una clavicola e, a quel punto, Ienzo non
sapeva cosa fare. Passammo il tempo a guardare film e mangiare
cioccolato, elaborare protocolli e sistemare software. Tornammo ancora e, per
la fine dell’anno, era capace anche di starmi al passo. Non dovremmo odiare,
ma io riesco ancora a odiare Ienzo per quello che ha fatto e a provare rancore
per Zexion per quello fatto da Ienzo, e mi stringo a quest’odio e questo
rancore perché so che sono sbagliati, che io ho fatto quello che ha fatto lui,
di mia scelta, allora odio e rancore sono ingiusti e ipocriti, ma sono le sole
cose che mi fanno sentire ancora umano, proprio perché sbagliate, ingiuste e
ipocrite. Ma, giorno dopo giorno, odio e rancore mi sfuggono. Giorno dopo
giorno, il mio essere nobody diventa sempre più forte, a ogni istante cancella il
mio essere umano e se non proverò più nemmeno odio e rancore, sarò davvero
perduto. Ma, allora, come posso decidere obiettivamente in questo caso? Come posso
anche solo pensare di essere obiettivo? Una vita in comune me lo impedisce. Non
sono più l’uomo che ero. Forse non sono più nemmeno un uomo. Non so come tornare indietro.”
Saïx contrae lievemente le dita artigliate.
“Io…”
Non
continua quell’abbozzo di risposta che non è neppure una risposta.
Saïx
aveva una buona vita.
Anche
molti degli altri, ma per un motivo o per l’altro, Saïx aveva qualcosa di più.
Aveva tutto quello che voleva e non aveva mai voluto altro.
Aveva
una famiglia, gente che amava e lo amava. Che aveva visto morire sotto i suoi
occhi. Adesso è il più solo di tutti.
Era
un uomo di scienza in un mondo di pace, adesso è l’assassino più feroce dei
Mondi.
Aveva
amato e coltivato la ragione e la sua ragione è un fragile schermo a barriera
di una bestia sanguinaria.
Aveva
padroneggiato le leggi delle stelle, ora è schiavo di un satellite.
Era
il più sano e adesso è pazzo, lacerato fra la sua volontà di pensiero e la sua
natura di belva.
Di
tutta la rovina di cui è stato causa prima o artefice, questa è quella che non dimentica mai.
Non
è logico. Tutte le altre vite spente sono numeri, la misura della
progressione verso il suo obiettivo. Passi avanti sul suo cammino.
Saïx
è solo uno di tanti.
Non
è logico che una sola persona significhi più di interi universi. Non
è logico desiderare che Saïx non avesse mai perso il suo mondo, o che fosse
morto con esso.
No,
non è logico.
Forse
è soltanto perché lo conosce e, anche più che per gli esseri completi, per un nobody
le emozioni sono attivate dalla familiarità e dall’abitudine.
Non
è logico neppure così.
“Io
ricordo la mia famiglia. Ricordo mia moglie e i miei figli.
I miei genitori, i miei amici. Ricordo il mio mondo. Eravamo l’esempio per
molti altri mondi. Ci sono tornato. La mia famiglia è scomparsa e la mia gente
arranca per sopravvivere su un pianeta che si spegne giorno per giorno. I
superstiti vivranno come esuli, se vivranno. Se non decideranno di sparire con
il nostro mondo, per non chiedere la compassione di coloro che ci guardavano
come guide. Ridammi la capacità di odiarti, Xemnas. Oppure quella di
perdonarti.”
* * * * * * * * * * * * *
Un
grazie a tutti i commentatori per le vostre parole. Stavolta approfitto anche
per fare gli auguri a chiunque si troverà a passare da queste parti ^__^
Un
po’ in ritardo per Natale, ma teneteli buoni per l’anno nuovo.
Giodan:
Non so cosa sia un Drow. Se si comporta
come Axel, immagino sia qualcosa di estinto.
Io
cerco di salvare la dignità di Axel, ma se davvero si dedica al triplo gioco
con ricombinazione e scelta multipla che mi prospetti, allora è senza speranza
^O^
Capirei
se avesse deciso di voltare faccia e sostenere Xemnas vedendo che le cose
andavano male, ma Marluxia va a un filo dal vincere. E’ proprio a causa di
Axel che non ci riesce. Quindi, il nostro amico aspetta sino al momento in cui
tutto si volge al meglio per i nostri giovani cospiratori. A quel punto, dà
time-out, fermi tutti, ci ho ripensato. Faccio vincere l’altro, lo psicotico
che mi tratta come un calzino rivoltato.
Così
non mi convinci mica tanto della sua brillante intelligenza, sai? ^O^
Xion…
la conosco e non apparirà. Non mi piace per niente. Con 13 persone, 14 con
Naminé, di cui non si sa niente o quasi, devono introdurne una mai nominata
prima e che è fatta e sputata uno dei personaggi originali inseriti nelle
fanfiction? Poi chiediamocelo. I nobody hanno davvero bisogno di un altro
adolescente angosciato, fra loro? Non hanno già patito abbastanza, poveri
stellini?
In
realtà, non tengo in considerazione tutti gli eventi e i personaggi introdotti
in giochi successivi a KH2. Addirittura, mi baso sulle versioni originali, non
quelle finalmixate, che detesto abbastanza. Eccetto che lo spazio dato a Zexion
e Marly, e le loro voci, naturalmente. Perfette. Se già non avessi un debole
per loro, mi basterebbe sentirli pronunciare qualcosa, anche snocciolare gli
ingredienti per fare la torta di mele, per squagliarmi come un ghiacciolo di
sale al sole ^__^
Quindi,
non troverai discorsi angst fra Roxas e Axel sulla torre del crepuscolo, niente
Xemnas che dà di matto parlando a una corazza vuota (già parla alla luna e mi
pare più che sufficiente), il solo modo per far piangere Axel è metterlo a
pelare cipolle, Vexen non ha gli occhi pallati e non è il personaggio comico. E
Zexion non ha armi. Adoro il Lexicon. E’ l’arma dei 13 che preferisco e ho
tirato un sospiro di sollievo quando ho saputo che era un libro e non una katana,
una frusta o chissà che altro. Ma volete mettere di quando è disarmato?
E
anche niente
Terra, Aqua e Ven, in particolare Ven, la brutta copia di Roxas. Prima mi
assassinano il cucciolo in modo brutale, poi ci mettono un personaggio con il
suo aspetto. Sì, e quello che conta, cioè lui, dove sta?
Potrei
salvare Terra se davvero è Xehanort (una delle ipotesi sentite), ma preferisco
far finta che non esistono, anche perché la loro esistenza manda all’aria la
già sballatissima cronologia degli eventi. Nove anni prima del gioco, Ansem e i
suoi non sapevano niente degli altri mondi e questi erano separati, però, un anno
prima, Terra e i suoi amici combattevano le guerre dei keyblade e saltellavano
allegramente di mondo in mondo?! Ma che razza di problema ha con la memoria
storica, ‘sta gente?
Lux:
Collaborare con chi ti disprezza è
davvero il male! Al momento, non mi viene in mente nessun comportamento più
ripugnante. Anche
se, per ora, Roxas è stato davvero uno zucchero con tutti. Fa quello che la sua
famiglia gli dice di fare perché è un bravo bambino obbediente, ma non è
proprio convintissimo. Gli esseri umani non
gli hanno fatto ancora nulla di male e lui fondamentalmente agisce solo spinto
dall’opportunismo. Il che vuol dire che può essere la persona più innocua
del mondo o l’esatto contrario. Il momento che si convince davvero che la sola
esistenza degli esseri con un cuore è un pericolo… E Roxas subisce per
mano loro cose orribili. E’ solo perché il gioco è un prodotto Disney per
bambini, dove su certi particolari si glissa alla grande. Eppure quello che gli
viene fatto è già abbastanza da avere raggelato me. Fosse stato in versione
realistica, chissà cosa sarebbe saltato fuori. Gli esseri umani non sono famosi
per il riguardo con cui trattano i nemici finiti nelle loro mani e DiZ odia
realmente i nobody. Quanto a Riku… beh, lui sarebbe felicissimo. Ne
approfitterebbe per fare qualcosa di orripilante e poter poi rimestare nel
calderone della sua compiaciuta autodenigrazione e sentirsi adeguatamente
mostruoso. Ti ricorda nessuno? ^O^
C’è da dire che, per come è impostato il tutto, non credo nella possibilità di una coesistenza pacifica nobody–umani. Se le parole e il comportamento di Riku lasciano qualche speranza, i commenti di Sora & c. spazzano via i dubbi. Gli esseri completi sono intolleranti e dogmatici. I nobody spietati, decisi e bellicosi. Come mettere l’inquisizione a confronto con gli spartani.
Non sono neanche sicura di chi ha cominciato le ostilità. Nel gioco, da che ricordo, fino a un punto molto avanzato della storia i 13 si limitavano a raccogliere i cuori, ma non spingevano deliberatamente gli heartless a invadere i mondi. Re, saggi e Sora erano decisi a distruggerli da prima.
E’ ovvio che se nell’universo di KH sono i cuori a servire da sistema di riferimento per definire l’esistenza, i nobody sono fregati. Probabilmente Riku è più possibilista perché lui stesso è in una situazione alquanto ambigua, o perché se c’è una cosa che distingue i buoni dai cattivi, è che i cattivi sono di mente molto più aperta. Ma non escludo un po’ di comprensibile paura. Forse ha pensato bene che, a proposito di chi ha fatto casini nei mondi, qualcuno si sarebbe ricordato di lui ^__^
Molto
felice che ti piacciano i fiori. Anch’io adoro le piante. Ti faccio avere un
vaso pieno di quelle di Marluxia? ^O^
Chris:
Lo ammetto. Io stessa sono stata molto
in dubbio se inserire questo capitolo. E’ davvero incasinato.
Però
da troppo tempo i 13 facevano la figura di balie e avevo un folle e disperato
bisogno di uccidere. Poi da tanto non descrivevo un pianeta alieno e qualche bel
fenomeno naturale. Ok, adesso sembro posseduta da Saïx e dallo spirito del
National Geographic ^O^
Vedo
però che il casino non mi è riuscito tanto bene. Dubbi o no, hai capito tutto.
Il mondo dove c’è Oblio è lo stesso dove vaga Roxas tra un ricordo e
l’altro (i ricordi vanno più o meno in retromarcia. Si comincia dal più
recente e termina con il più vecchio, salvo un’eccezione di scarsa
importanza) ed è il mondo con i tre soli e anche quello dove Marluxia ha
liberato i suoi fiori qualche capitolo fa.
Perché tre soli? Inventato di sana pianta. Non mi pare che il mondo di Oblio
abbia tre
soli. Forse non ha neppure ‘un’ sole. In realtà, sono convinta che i mondi
del gioco e le loro caratteristiche siano da intendere in senso più o meno
simbolico. Solo che mi fa male pensare a qualcosa così poco realistico. Devo
inquadrare il tutto in un giusto contesto ambientale e ‘questa cosa
rappresenta l’oscurità insita in tutti noi’ non è un giusto contesto
ambientale ^__^
Quindi
trasformo il tutto in veri pianeti e dimensioni, con quello che ne
consegue. Ok, dunque, il pianeta di Oblio è davvero un mondo crepuscolare,
proprio come Twilight Town, e ci sono fulmini
da tutte le parti. Bene, per… Crepuscopoli (ma chi ha fatto la traduzione
italiana del gioco?! Paperino?), uso l’ambiente più classico per questi casi.
Ma qui volevo fare qualcosa di diverso.
Sapevo
che ti sarebbe piaciuto il pezzo ‘domestico’ con Luxord ^O^
Ho
questa buffa idea che i 13, fra loro, non fossero per niente violenti come li fanno
apparire spesso. Sono troppo bene armati per natura, oltre a essere
interdipendenti. Non durerebbero un’ora. Poi da dove salterebbe fuori tutta
quell’irrazionale ferocia?
Mi
sono pure fatta l’idea che Roxas fosse un bambino spaventosamente viziato, almeno nel
modo con cui può essere viziato un nobody.
Lietissima
che ti piaccia Larxene. Avevo proprio voglia di ritirarla fuori. E’ uno dei
miei personaggi preferiti e fa davvero onore al genere femminile, senza niente
della dolente e fragile bamboletta da soccorrere. Mi piace così tanto che lei e
Marluxia sono una delle pochissime coppie virtuali di cui sono fan. Anche non ho
proprio intenzione di convincere nessuno che sia una coppia canon
^__^
All’opposto,
più scrivo di Naminé, più mi rendo conto di che razza di orribile persona
sia. Le ho dato del drago. Le è andata ancora bene.
La sola cosa che me la fa sopportare è che, proprio a causa di quello che fa, finirà fregata nei suoi obiettivi stragisti. Sì, è uno spoiler ^O^