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Autore: deba    24/04/2015    2 recensioni
Una FF per rivivere l'amore di Rose e Dimitri.
Rose Hathaway, vive e studia nell'accademia di St. Thomas, con l'unico scopo di diventare un guardiano più famoso della madre. Purtroppo durante un improvviso attacco strigoi, il suo mentore muore e la sua accademia viene distrutta. Così Rose si ritrova a partire da zero in una nuova accademia, la St. Vladimir, dove metterà in discussione se stessa più volte e troverà veri amici e il vero amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrian Ivashkov, Christian Ozera, Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Rose Hathaway
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 3 Buonaseraaaa...
ecco a voi il terzo capitolo. Un po' struggente.
Spero vi piaccia.
xoxo





Capitolo 3

 

 

Il preside si attaccò subito al telefono parlando con non so chi. Il guardiano Felk si ritirò dicendo che sarebbe andata nella parte occidentale della scuola, dove c’erano gli alloggi dei moroi  e dei dhampir più piccoli. Nikolai mi strattonò più volte per le spalle.

“Rose. Rose!”.

Non sapevo di essermi irrigidita in tale maniera. Ero in preda al panico. Ero vittima della paura, la sentivo strisciare dentro.

“Non farti prendere dal panico, Rose! Ho bisogno che tu adesso corra. Corri verso gli alloggi dei moroi. Lì sarai al sicuro!”.

Stavo cercando di sbloccarmi, ma il mio cervello era fermo solo su un punto.

“C-com’è possibile? Noi abbiamo difese magiche…”.

La mia voce si affievolì. Il signor Thompson si avvicinò dicendo qualcosa che non capii, mentre Nikolai annuiva  lui sparì oltre la soglia.

“Rose, ci penseremo dopo a come hanno fatto a rompere le difese, ora ti prego, dimmi che andrai agli alloggi, hanno bisogno di me!”.

Lui era un guardiano con forte esperienza, avrebbe ucciso quantità di strigoi ne ero sicura, così come già indicava la sua nuca. I guardiani che avevano ucciso degli strigoi avevano un contrassegno sulla nuca, oltre al tatuaggio col simbolo della promessa che facevano una volta diplomati, e potevi trovarci tanti molnija (delle saette incrociate) quanti questi ne aveva abbattuto, e il collo di Nikolai ne era zeppo.

 Feci di si con la testa, forse enfatizzai troppo il gesto, ma temevo che il mio collo non mi obbedisse, e lui teso corse via.

Cercai di muovere un passo, ma i miei piedi erano come asfaltati a terra.

Dannazione, Rose! Mi dissi mentalmente, muovi quei maledetti piedi!

È così che pensi di diventare  un guardiano?

No, non dovevo farmi vincere dalle paure, o da qualsiasi altra emozione, dovevo saperle comandare, dovevo sapermi controllare.

Non era facile, ma mossi un passo, e poi un altro, e senza accorgermene stavo correndo. C’era così tanto fumo in corridoio, che l’aria iniziò a mancare e tossii. Cercavo di trovare ossigeno muovendo all’impazzata a destra e sinistra, ma l’aria era ormai irrespirabile. Alzai la maglietta alla bocca e corsi nel piazzale, lo so che non avrei dovuto, ma non resistevo più e quando trovai uno spazio respirabile mi fermai e tossendo ripresi aria. Quando mi calmai alzai lo sguardo verso l’accademia e lo spettacolo che mi attese fu spettrale.

Tre quarti degli edifici stavano andando a fuoco, era surreale. La notte era come illuminata a giorno e più mi sforzavo di trovarvi un senso, più la mia mente si sconnetteva e andava in panico. Cercai di distrarmi, ma fu peggio. Ai margini dell’ampio piazzale due guardiani stavano combattendo tre strigoi. Rimasi scioccata. Non ne avevo mai visto dal vivo, e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare, era che all’accademia non ci istruivano come si deve. Erano dannatamente più feroci e veloci, di quello che la mia mente, nei vari anni di istruzione aveva infine metabolizzato.

Un falshback mi fece rabbrividire. Le immagini dell’incubo della notte precedente mi passarono davanti agli occhi e mi accorsi di quanto quel Martin-strigoi assomigliasse a quelli originali.

Dannazione a me, ma cosa credevo? Erano mostri, non potevano certo correre allegramente con fiori in mano, ed io dovevo svegliarmi, era questo il mio futuro: combatterli, ma sarei stata in grado? Volevo andare ad aiutare quei guardiani in numero inferiore, ma appena mossi un passo, vidi che erano riusciti ad impalarne uno e ora si preparavano ad affrontare i due che restavano. Probabilmente sarei stata solo d’intralcio. Ricordai che Nikolai voleva che fossi in salvo e perciò, anche se una parte di me era amareggiata, mi voltai.

Guardai lo stabile degli alloggi moroi e con mio sollievo vidi che le fiamme non lo avevano toccato. Non ancora almeno.

Corsi verso la sua ubicazione, ma quando fui nei pressi, sentii qualcuno urlare aiuto.

Affannata mi guardai attorno, cercando di capire da dove provenisse quella richiesta. Proseguii per il lato dello stabile che dava sull’enorme prato e dietro ad alcuni cespugli vidi una moroi inginocchiata a terra, che gridava e piangeva. Se l’avesse sentita uno strigoi sarebbe morta e mi stupivo del fatto che non fosse ancora successo. Dovevo portarla in salvo, subito!

“Ehi, tu!”.

La ragazza strillò.

“Sshhh, va tutto bene. Sono …”

“Hathaway!” piagnucolò.

Guardai meglio e sotto i chili di mascara sciolto, riconobbi Lucinda Ivashkov, sorella di Martin mani lunghe. Oltre il danno, la beffa.

Scacciai il disprezzo che provavo, anche perché era niente in confronto alla vita reale, era stupido.

“Lucinda, ce la fai ad alzarti?”.

Lei mi guardava con le lacrime che ancora sgorgavano, terrorizzata.

“I-io… sono… c-c’era una f-festa.. non..”.

La strattonai per le spalle.

“Torna in te, maledizione. Devo portarti al sicuro o moriremo!”.

“Moriremo…” disse lei con filo di voce, mentre tremava come una foglia in una burrasca.

Mi inginocchiai alla sua altezza, e con voce più ferma possibile le dissi: “Se non vuoi morire, devi alzarti! Subito!”

L’ultima parte parve darle un po’ di lucidità. Iniziò a guardarsi intorno spaventata.

“Riesci ad alzarti in piedi?”.

Cercò forse di capire le mie parole, e poi annuì. La aiutai.

“Ora ascoltami bene, dobbiamo correre verso i vostri alloggi. Li saremo al sicuro, come le norme ci hanno insegnato. Pensi di farcela?”.

Annuì ancora.

“Al mio tre. Uno. Due. Tre.”.

La trascinai e presi a correre. Stavo allerta e come ci veniva insegnato, misi il moroi in una posizione protetta, in questo caso, tra me e lo stabile. Io all’esterno controllavo ogni angolo visibile e fu ciò che mi permise di vedere un’ombra sulla mia sinistra. Uno strigoi ci stava per attaccare.

Mi fermai da stupida e con me Lucinda. Lui a pochi passi ci guardava trionfante.

Perché mi ero fermata?

Vidi un sasso a terra e il più velocemente possibile lo presi e glielo tirai contro, mentre lui lo afferrava come fosse arrivato lentamente, io avevo spintonato via Lucinda e con una voce che non ammetteva repliche, le dissi di correre senza mai fermarsi. Fortunatamente mi ascoltò.

Ecco cosa avevo fatto: un diversivo. Io ero il diversivo.

Lo strigoi mi puntò e mi diede un pugno che faticai a parare, ma non so come ebbi la giusta lucidità per sferrargli un calcio a sorpresa, che andò a segno, ma non lo stordì.

Cominciammo a girare attorno studiandoci. Era più alto di me, di ben venti centimetri. I suoi vestiti erano sporchi e strappati. I suoi muscoli in tensione gridavano: pericolo e i suoi occhi: morte. Non potevo non guardarlo in faccia, ma la cosa mi turbava parecchio. Quegli occhi cerchiati di rosso erano orribili.

All’improvviso fece una mossa, persi un secondo e fu lo sbaglio più grande che potessi fare, perché si trattava di una finta e lui spostandosi di lato mi colpì così forte che mi mandò a terra, sbattendo la testa al suolo.

Era stato velocissimo ed io ora ero senza fiato, poiché mi aveva centrato allo stomaco. Lo sentii avanzare ancora, ma non arrivò nessun colpo. Nikolai si era messo in mezzo e ora combattevano davanti a me. Erano alla pari, ma notai che, mentre i colpi dello strigoi erano dettati dal nulla, in quelli di Nikolai riconoscevo gli insegnamenti che mi aveva dato.

Perché non mi ero mai impegnata di più?

Con una finta da maestro, Nikolai infilzò il suo paletto nel petto dello strigoi, uccidendolo. Era stato impeccabile.

“Rose, perché non sei al sicuro?”.

Era accorso da me, tastandomi la testa. A quanto pare ero ferita, perché vidi la sua mano cosparsa di sangue. Ecco cos’era quella cosa che sentivo colarmi lungo il viso.

“Una moroi era in pericolo, dovevo aiutarla! In quel momento mi è sembrata la scelta giusta da fare!”.

Mi sorrise gentile.

“Si, hai fatto bene!” il suo sguardò però si allarmò di nuovo “Alzati, dobbiamo andare…”.

Non finì la frase che uno strigoi lo attaccò alle spalle. Aveva abbassato le difese e questo lo metteva su una situazione di svantaggio. Lo strigoi gli sferrò un pugno, colpendolo, ma mentre egli perdeva l’equilibrio riuscì a tagliarlo con il paletto facendolo urlare.

“Corri Rose!”.

Non volevo muovermi, ma in questo caso, qual era la cosa giusta da fare?

Mi alzai barcollando e incapace di intendere e di volere, provai a correre e vidi lo strigoi seguirmi.

Perché diamine mi seguiva? Perché gli strigoi oggi si stavano comportando nel modo contrario in cui li conoscevamo? Di solito attaccavano il più forte, non il più debole.

“No!” urlò Nikolai. “Stai combattendo con me!” e lo chiamò in qualcosa di russo.

Lo strigoi parve non sentirlo, io mi girai per guardarlo avanzare verso di me, magari sarei stata una distrazione che avrebbe permesso a Nikolai di finirlo, ma a quanto pare la stessa tattica, la usò lo strigoi.

Vidi la scena a rallentatore.

Nikolai stava per acchiappare lo strigoi, il quale con una lama che non avevo visto nascosta dalla mano aperta tirò un fendente alla sua gola… squarciandola.

Il sangue iniziò a zampillare… ovunque. Era così rosso, che riuscivo a vederlo nonostante fosse notte.  Lo strigoi cambiò atteggiamento subito, era famelico e si fiondò sul collo di Nikolai.

In quell’istante il mio mondo si fermò e tutta la mia vita, tutte le mie scelte mi passarono davanti. Rividi le lezioni di quel dannato vecchio, i suoi insegnamenti. Tutto ciò in cui credevo andò in frantumi. Uccidere strigoi non sarebbe più stato solo lavoro, non più.

Volevo urlare, volevo dilaniare le mie corde vocali pur di far in modo che quel strigoi la smettesse, che avesse un modo per rimettere tutto in ordine, che ridasse la vita a Nikolai. Quello che vedevo però, era che lui gliela stava togliendo… a sorsi, e mi venne da vomitare. Non poteva essere vero. Nikolai non poteva essere… e quell’essere non poteva…

Iniziai a guardarmi attorno in cerca di qualcosa, dovevo fermare questo orrore, e fu allora che lo vidi. Il paletto di Nikolai. A metà strada tra me e lo strigoi.

Qual era la cosa giusta? Questa!

L’adrenalina scorreva a fiumi in me, e mentre correvo verso il paletto e lo prendevo in mano, mi ero resa conto che Nikolai non mi aveva spiegato come colpire il cuore da dietro, ma solo da davanti. E si era trattato solo di ieri, ma sembrava un anno fa. Tutto era lontano ormai, annebbiato, triste. Scossi violentemente la testa per concentrarmi. Dovevo far girare lo strigoi, così forse avrei avuto una possibilità per piantargli il paletto nel cuore, anche se forse avrei avuto solo la possibilità di farmi ammazzare. Dovevo tentare, doveva onorare quel dannato vecchio. Una lacrima sfuggì incontrollata, mentre un piano stupido, si davvero stupido, perché così lo avrebbe definito un guardiano, mi apparve in testa e non solo per il fatto che mi trovassi ancora lì.

Nascosi il paletto nella mano sinistra lungo il corpo e contemporaneamente alzai il braccio destro, fingendo di avere un’arma pericolosa, o così speravo avrebbe inteso quel mostro. Urlai, per attirare la sua attenzione che era mezza sfocata nella sete di sangue, come se stessi per colpirlo, e questa era la parte stupida del piano. Un guardiano doveva muoversi in silenzio, non attaccare i cartelloni del suo arrivo, ma io, non avevo scelta. Se fossi scappata, me ne sarei davvero pentita, per il resto della mia vita.

Come sperai, lo strigoi pensò che avessi un’arma e ancora in ginocchio  di fronte a me, si voltò a destra col busto per bloccarmi il braccio in una morsa, ahimè, di ferro. Dovevo muovermi o un braccio spezzato sarebbe stato l’ultimo dei miei pensieri. Con la mano sinistra, quella nascosta in cui stringevo il paletto, tirai un fendente sulla sua nuca, che lo fece urlare e piegare macabramente la testa all’indietro, luogo in cui accorsero anche le sue mani. Speravo reagisse così.

Ora sapevo che quella era la mia unica possibilità di sopravvivere, non potevo perdere neanche un secondo. Mi spostai di lato e inquadrai il suo cuore, poi con l’angolazione che mi aveva insegnato Nikolai lo infilzai con tutta la forza che avevo in corpo, forza che non pensavo di possedere.

“Muori!” dissi, e la cosa che mi spaventò di più fu la mia voce. Irriconoscibile.

Lo strigoi stramazzò al suolo, sapevo che era morto, o almeno una parte lontana di me forse se ne era resa conto, ma era un voce così impercettibile, che la sensazione che lui fosse ancora li in grado di fare del male, era mille volte più grande. Con la coda dell’occhio scorsi il corpo inerme di Nikolai e rimasi scioccata di quello che vedevo, o meglio non vedevo. La sua faccia sempre seria, era una maschera di sangue e il suo collo squarciato. Sembrava sbranato. Iniziai ad affondare il paletto nel cuore ancora, e ancora e ancora. Ormai aveva una voragine. Non vedevo niente. Non sapevo niente. Ero persa. Sapevo solo che dovevo vendicare Nikolai.

Quando non ebbi più forza di alzare il braccio, mi accovacciai vicino al mio vecchio, dovevo vegliare su di lui. Se un altro mostro fosse arrivato a richiamo del suo sangue, lo avrei difeso.

Il braccio mi faceva male, ma non volevo mollare la presa, strinsi il paletto più forte, tremando, anche se non ne capivo il motivo.

 

Non so dopo quanto tempo udii delle voci, mi sembrava che chiamassero il mio nome, ma non ne ero certa.

Forse si trattava di un trucco, dato che questi strigoi erano come preparati.

“State indietro!” dissi prontamente.

Con la mano libera attirai il corpo di Nikolai più vicino a me.

“Non osate avvicinarvi!” e per enfatizzare il mio ordine, tirai un fendente con il paletto in aria, di fronte a me, nella direzione in cui avevo sentito le voci.

La mia mente cercava di capire come fare a riattivarsi, non riuscivo a mettere a fuoco quanti avversari avevo.

Presi a battere più volte gli occhi e sentii una voce lievemente familiare.

“E’ sottoshock. Serve del tranquillante!”.

Non vedevo niente, tutto era offuscato e chi parlava? Chi era sottoshock?

Non feci a tempo a pensare ad altro, perché un fastidio alla nuca mi fece perdere le forze, i sensi, e me stessa.

  
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