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Autore: _The Little Dreamer_    26/04/2015    2 recensioni
Breve One-shot.
"Gli occhi dalle mille sfumature di ambra si scontravano con quelli azzurri della bimba dalla pelle candida."
"Alle sue spalle sentì un singulto trattenuto e una presenza familiare che si avvicinava sempre più a lui, fino a stringerla da dietro in un abbraccio. "
"Aveva rialzato gli occhi quando Kurt non vide più nessuno di fronte a lui “Blaine?” aggrottò un sopracciglio."

Future Christmas!Klaine
Daddy!Klaine
1.223 words
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Here comes the sun.

 
 
 
Anche quella volta era facile intuire l'arrivo del giorno più atteso dai piccini.                                                         
Nell'aria si respirava quella nota tanto pungente quanto fresca.
In sua occasione le strade di New York non sono mai affollate, una stranezza per quella città; le mani delle madri strette forti a quelle dei figli, per evitare di perdersi tra le vie confusionarie; le luci invoglianti dei negozi che riuscivano a strappare qualche dollaro in più ai passanti.                     
Generalmente tutto questo rispecchiava quella festività, alcune volte capace di riunire gente perduta da anni.                                       
La bellezza del Natale, però, era quella di simboleggiare un qualcosa di diverso da persona a persona.                                                  
Quelle ventiquattro ore passate con i propri cari lasciavano, anche se per un istante di secondo, la felicità abbandonata fin dai primi anni di vita.
In poche parole si ritornava bambini e come diceva la famosa pubblicità sul “pandoro”, anche più buoni.
A contrastare quella teoria c'era il Grinch: la pelle di un verde simile a una palude e gli occhi minuscoli di un giallo penetrante, ma ciò che lo rendeva davvero temibile era il suo cuore gelido, capace di intimorire anche una piccola creatura di soli quattro mesi.   
Situato al terzo piano, c'era un ampio appartamento, dove spiccava una sola stanza che si distingueva dalle altre:
il camino, su cui erano appese già delle calze dai colori vivaci, regnava all'interno del soggiorno; le pareti  erano giallo canarino, come le piume del povero Pavarotti, morto troppo giovane.                                                      
L'arredamento, mai dai colori freddi, che invece caratterizzavano il resto della casa, erano molto raffinati ma allo stesso tempo semplici.
Il pianoforte, situato in un angolo della stanza, veniva suonato ogni sera, come per tradizione, da Blaine.                                           
Gli occhi dalle mille sfumature di ambra si scontravano con quelli azzurri della bimba dalla pelle candida.                                             
Blaine teneva stretta a sé quella bellezza rara al mondo, così fragile come un bicchiere di vetro.                    
Era arrivata nella sua vita solo quattro mesi fa, ma una cosa l'aveva capita: odiava quel dannato film, denominato Grinch. Piangeva, forse, da più di venti minuti e così il padre tolse il DVD dal lettore, alzandosi subito dopo con in braccio lei: iniziò una lenta danza per tutta la casa, nel tentativo di calmarla e magari strapparle quel sorriso in grado di illuminare anche una giornata buia come quella."Shh, quanto sei bella, tesoro. Per favore non piangere. Sai che fa papà adesso?" alle sue spalle sentì un singulto trattenuto e una presenza familiare che si avvicinava sempre più a lui, fino a stringerla da dietro in un abbraccio.                                               
"Blaine, ti amo. Anzi, vi amo" e quella voce spezzata si abbandonò in un lieve pianto di commozione.                                   
Con la bambina in braccio si avvicinò al viso di suo marito e sfiorandogli una guancia, lasciò su quelle labbra così carnose e rosee un bacio a fior di labbra. Rimasero con le fronti impresse per alcuni minuti, coccolandosi con qualche carezza sul collo, sulle spalle, scontrando ogni tanto le mani coinvolte in quei brividi provocati al contatto.                                                  
A turno lasciavano piccoli bacetti sulla testolina leggermente capelluta di loro figlia e soavi risatine si estendevano in tutta la stanza.   
E se prima esisteva un duo, si era appena formato un trio inscindibile che davvero nessuno avrebbe diviso.                                             
Quell'apparente pace durò solo pochi minuti, perché la bimba riprese a piagnucolare, agitandosi tra i corpi dei due padri. "Forse non avrei dovuto farle vedere quel maledetto film, Dio mio" Blaine emise dei lamenti, sfinito da ciò.
"Non mi dire... il Grinch" tirò quasi ad indovinare Kurt, poggiando automaticamente una mano sul corpicino della creatura che continuava a dimenarsi, compiendo dei massaggi circolari sulla sua schiena, per calmarla.
“Una volta mi raccontò papà che ero terrorizzato da quel mostro” disse, scoppiando in una fragorosa risata.                             
Poi gli venne spontanea fare una domanda all'altro "Ma le hai dato da mangiare?"                                         
Blaine deglutì con violenza, spalancando gli occhi, quasi affogandosi; diede la bambina a Kurt e senza aggiungere una parola sgattaiolò in cucina.
"Quante volte ti ho detto: non si può nutrire da sola, Blaine!" fece una breve pausa "Te lo scordi sempre, è normale che pianga: è digiuna!" aggiunse con tono accusatorio, poggiando la bimba nel seggiolino della cucina.
"Scusami, scusami. E' che... niente, niente, lascia stare" Blaine abbassò lo sguardo, mentre preparava il cucchiaino per l'omogeneizzato.
"Ehi, dimmi. Non voglio parole non dette tra noi, okay?" Kurt poggiò la testa nell'incavo del collo di suo marito.
"Sento di avere paura. Sento che prima o poi, anche quando continuerò il lavoro, non avrò più la bambina per tutto il giorno. E magari non sarò un buon padre. Già non credo di esserlo, in realtà" disse ansimando e rivolgendo lo sguardo verso il basso.
Mille emozioni si leggevano sul suo viso che curvava le sopracciglia al minimo dello sfogo.                  
“Tu sei un padre perfetto. Hai solo bisogno che qualcuno te lo ricordi. E io che ci sto a fare qui altrimenti? Devi essere più sicuro di te stesso, Blaine” rispose Kurt, in un abbraccio caloroso da dietro la schiena. Si allontanò da Blaine, dopo aver sentito le sue mani posate su una guancia come a rispondere “Grazie.”
Arrivando dalla bambina ancora nel seggiolino, la prese in braccio per sbaciucchiarsela.                                                                         
Dopo un paio di secondi erano tutti seduti nel tavolo: Kurt la imboccava e Blaine si godeva la scena, con la sua solita aria sognatrice e meravigliata da quel quadretto.
"Su, arriva l'aereo planino. Guarda, Hope!" gesticolò Kurt.                                                        
Entrambi non capivano cosa li aveva spinti a quella fatidica scelta.                                                                           
Sentirono fosse quello giusto: suonava così perfetto e dolce per l'angioletto davanti ai loro occhi.                                                           
E Hope significava molte cose: quella che spinse entrambi a lottare per un mondo migliore, senza discriminazione;                                                
quella che fece rialzare più volte Blaine in quei giorni in cui Kurt non era al suo fianco;                                                        
quella che desideravano alimentasse proprio loro figlia.                                                                                                                      
Sarà anche un detto banale ma vero: “la speranza è l'ultima a morire.”
Poi se a essa unisci l'amore, sei l'umano più felice e invincibile sulla faccia della terra.                                                                             
Quel pomeriggio in ospedale, quando l'infermiera aveva chiesto più volte il suo nome, ancora con gli occhi lucidi dall'emozione, incrociarono gli sguardi e quasi risultò naturale pronunciarlo.                                             
Adesso si stavano guardando, non ancora abituati a quel cambiamento, quel passo in più che avevano fatto ancora una volta insieme. 
Persi nei loro sguardi, pieni di parole non dette, ma comprensibili solo per loro due, la bimba ebbe il tempo di afferrare il cucchiaino e gettarlo sul pavimento in un rumore sordo e fastidioso.                                                              
Aveva rialzato gli occhi quando Kurt non vide più nessuno di fronte a lui “Blaine?” aggrottò un sopracciglio “Blaine, dove sei andato?” prese in braccio Hope e ci volle un po’ di tempo per indovinare la camera: era seduto sul seggiolino dinanzi al pianoforte, stava rimirando uno spartito.
“Ti abbiamo trovato!” disse in una risata sentita, tirando un sospiro di sollievo.                                                        
“Finalmente!” disse Blaine, lasciandosi coinvolgere da quel suono così piacevole.“E adesso sedetevi, voglio suonarvi una cosa.” continuò con gli occhi che brillavano come stelle.                                                                                                              
Kurt ebbe il tempo di accomodarsi sul divano, Hope sulle sue ginocchia, tenendola stretta al suo petto e quando suo marito posò le dita sui i tasti del pianoforte, si godette solo quel momento.                                                           
Una splendida melodia nacque da quei dolci movimenti:

“Here comes the sun,                                                                                                                                                                      
Here comes the sun,                                                                                                                                                                     
and I say It's all right!”


 “Ecco, arriva il sole,
Ecco, arriva il sole,
E io dico è tutto a posto!”

 


Angolo Autrice.
Ciao!
Ecco che approdo con un'altra storia, questa volta interamente "fluff".
Finalmente parlo di loro due, insieme, mentre passano il primo Natale con Hope (ho sempre immaginato una bimba).
Spero vi emozioni come lo ha fatto con me, mentre si scriveva da sola tra le pagine di Word.
E quindi a presto!
  
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