Quando finalmente spezzarono i
limiti, non fu una sorpresa per nessuno dei due.
John aveva le mani che tremavano
e la camicia inzuppata di sangue di demone. Era stanco, esaurito. Si
sentiva le gambe deboli, perciò non provò nemmeno ad alzarsi. Restò
seduto sull'erba accanto a Chas, vegliandolo, in attesa che le sue
ferite si rimarginassero e che tornasse in vita. Si era fatto
uccidere, di nuovo, per salvarlo, per dargli il tempo di portare a
termine l'incantesimo. Una volta abbattuto il demone, John aveva
preso Chas e l'aveva trascinato di peso in un angolo più riparato –
non senza qualche difficoltà, - si era tolto l'impermeabile e lo
aveva appallottolato per farne un cuscino, gliel'aveva sistemato con
cura sotto la testa ignorando la fitta che lo tormentava da qualche
parte nel petto. Quella era la parte che odiava. Sapeva che prima o
poi le vite a disposizione di Chas si sarebbero esaurite, e temeva
quel momento con ogni cellula del proprio essere. Odiava vederlo
morire tutte le volte, la sensazione di perdita che lo prendeva
mentre gli sedeva accanto, in attesa. Avrebbe dovuto convincerlo a
tirarsi fuori da quella situazione, prima o poi. Una volta o l'altra,
sarebbe arrivato il momento in cui Chas non avrebbe più potuto
permettersi di rischiare la vita senza sapere se sarebbe tornato
oppure no... E John non voleva spingersi oltre il limite. Avrebbe
dovuto lasciarlo andare, avrebbe dovuto impedirgli di venire con lui,
di farsi coinvolgere. Avrebbe dovuto fare a meno di lui, e impedirgli
di morire – per l'ultimissima volta - per salvare il culo di un
esorcista ingrato. Non era questo che John voleva per lui.
Era l'ultima persona che avrebbe
voluto avere sulla coscienza.
Lo guardò. Teneva ancora gli
occhi aperti fissi verso il cielo. I primi tempi era inquietante: in
quel momento, era solo normale routine.
John cercò a tastoni un
pacchetto di Silk Cut nella tasca posteriore dei pantaloni, lo trovò,
ma poi lasciò stare. Nelle condizioni in cui era, sarebbe morto
soffocato, se si fosse acceso una sigaretta. Si avvicinò di più a
Chas. Ancora nessun movimento. Era ancora andato.
«Svegliati,» sussurrò,
accarezzandogli i capelli. Gli sollevò un lembo della camicia per
controllare la ferita che, fino a pochi minuti prima, si apriva al di
sotto, sul fianco. Era del tutto chiusa, e ne restava soltanto una
cicatrice rosea e lucida. Stava guarendo. John lasciò andare un
sospiro di sollievo, anche se tremava ancora leggermente. Desiderava
con tutta l'anima che quello spilungone si svegliasse. Perché aveva
preso una decisione. Non voleva sprecare più neanche un minuto del
tempo che condividevano. E doveva fare quel passo, dimostrare
coraggio e prendersi anche i rischi.
Aveva bisogno di Chas, un bisogno
devastante. Aveva bisogno dei suoi modi rassicuranti, della sua
lealtà, della sua presenza. L'unica sicurezza cui aggrapparsi in un
mondo caotico.
John era impaziente e teso,
voleva solo che riaprisse gli occhi al più presto per poterlo
stritolare in un abbraccio e dirgli quello che doveva dirgli.
Un rumore soffocato annunciò che
il suo desiderio era stato realizzato. Chas annaspò, cercando di
riprendere a respirare, sbattendo le palpebre mentre rimetteva a
fuoco gli oggetti. Ogni volta che tornava in vita era un piccolo
trauma, il cuore batteva come un martello pneumatico e si sentiva
profondamente disorientato. La prima cosa che distinse chiaramente fu
John; lo sentì stringerlo forte, più del necessario, mormorando
parole che il suo udito ancora non riusciva ad afferrare.
«Stupido,» disse John,
abbracciandolo più forte che poteva. Il sollievo gli scorreva dentro
come sciolto nelle vene, unito alla profonda tenerezza che provava
per Chas e che lo portò a ricoprirlo di baci in un modo insolito,
che risultava strano eppure allo stesso tempo normalissimo per
entrambi.
Appena fu tornato pienamente in sé,
Chas gli posò le mani attorno alla vita e lo allontanò leggermente.
«John? Stai bene?»
Era resuscitato da meno di un
minuto, eppure la sua preoccupazione era già tutta per John, così
nervoso ed eccezionalmente espansivo; così disperato, anche, con
l'aria allucinata e un tremore insistente sottopelle.
Chas lo tirò verso di sé,
posandogli una mano sulla guancia per obbligarlo a guardarlo in
faccia. John era pallido e provato, e questo non andava affatto bene.
Avrebbe dovuto portarlo subito a casa e costringerlo a riposare, e--
Non pensò più nulla, nel
momento in cui John gli mise le braccia attorno alle spalle e si
chinò a baciarlo. Non fu uno shock: non era la prima volta che
succedeva. Ma quasi sempre, era successo quando non erano in grado di
controllarsi. Non così, perfettamente svegli e padroni di sé
stessi. La prima reazione di Chas fu prenderlo di peso e sistemarselo
il più vicino possibile. Non gli era passato per la testa neanche
per un attimo di allontanarlo, e non si chiese perché. Sentiva le
mani di John sulle guance, ed era una bella sensazione. Sarebbe morto
anche altre trecento volte di seguito, se poi ad ogni risveglio
avesse potuto avere questo.
John lo baciò a lungo, con calma,
senza fretta. Lo aveva voluto così tanto che, ora che poteva farlo,
non ne aveva mai abbastanza. Si prese tutto il tempo che gli serviva.
I primi secondi furono tesi, perché non sapeva come Chas avrebbe
reagito, una volta ripresosi dalla sorpresa. Ma quando si accorse che
non gli dispiaceva, anzi, che lo aveva stretto a sé e aveva
ricambiato, l'ansia svanì e John provò soltanto piacere nel fare
quello che stava facendo.
Sembrò passare un tempo infinito,
prima che si staccassero. Chas continuò a tenere le braccia attorno
alla vita di John, che non smetteva di accarezzarlo.
Gli rivolse uno sguardo dubbioso.
«John-- Non sei...?». Si
interruppe a metà, riconoscendo che la domanda che stava per
porgergli era stupida – se John fosse stato posseduto, si sarebbe
comportato in ben altro modo, - ma era così stordito dagli
avvenimenti degli ultimi minuti che pensare gli riusciva difficile.
«Sono
io,» rispose John, sbrigativo, con un sorriso stanco appena
accennato, eppure pieno di calore. «Felice di vedere che stai bene.»
Chas
aggottò le sopracciglia. Sentiva ancora un formicolio diffuso, -
come tutte le volte che ritornava,
- ma era sopportabile. Si
sentiva soltanto confuso, ma quello non aveva a che fare con la
recente resurrezione. Aveva a che fare con John, con quel bacio
stranissimo che in quel momento, se Chas non avesse avuto le mani
ancora saldamente strette all'esorcista, avrebbe potuto giurare di
essersi sognato ad occhi aperti. Ma era vero, era successo veramente,
e, ora che lo stava realizzando, non sapeva cosa fare.
Lo
lasciò andare all'improvviso, staccandosi da lui con un milione di
pensieri che gli si sovrapponevano nella testa.
«Chas--»
Guardandolo
in faccia, John si pentì di ciò che aveva fatto. Chas era
impallidito di colpo, e sembrava essere andato nel panico. Non lo
aveva mai visto così.
John
lo afferrò per un lembo del giubbotto, impedendogli di alzarsi.
«Chas,»
ripeté. E poi, con una sfumatura di incertezza: «... Chas?».
Avrebbe voluto prendersi a martellate sulle dita, se questo gli
avesse consentito di tornare indietro e trattenersi, invece di
assalirlo così. Ma forse non doveva tornare indietro, forse doveva
solo insistere. Per la miseria, non si era affatto tirato indietro,
quando lo aveva baciato! Non doveva permettergli di farsi domande,
non doveva lasciargliene tempo. Perciò, lo strattonò con più
decisione e lo baciò di nuovo, giusto per mettere le cose in chiaro.
Lo sentì trasalire di sorpresa, percepì il suo battito accelerato
sotto le dita mentre gli sfiorava il collo; ma, quando ebbe insistito
abbastanza a lungo, sentì la mano di Chas salirgli dietro la nuca, e
capì che l'attimo di smarrimento era passato.
Il
secondo bacio che si scambiarono fu, se possibile, anche migliore del
precedente. John sentì le mani grandi di Chas addosso, e si stupì
di quanto sapesse essere delicato. Era un bel contrasto, qualcosa che
lo aveva sempre riempito di curiosità e attrazione. Chas aveva il
passo leggero e silenzioso, una discrezione e una dolcezza d'animo e
di modi che stonavano con la sua taglia. Quel suo modo di preparare
la colazione, la mattina, riuscendo a non produrre il minimo rumore,
per non svegliarlo; o la levità con cui riusciva a posare una
coperta sulle spalle di John quando si addormentava sul divano:
quella
era la vera magia.
E
John sapeva di esserne dipendente.
Aveva
bisogno di quella leggerezza, nella sua vita. Perché era l'unica
cosa che riusciva a renderlo sereno, renderlo felice.
Chas
si era sentito mancare la terra sotto i piedi, quando si era reso
conto del salto che avevano compiuto – o meglio, che
John aveva deciso di compiere,
- e per un attimo aveva fatto tilt. Non sapeva se restare dov'era o
scappare via, se restare in silenzio o balbettare qualcosa. Era da
quando aveva dieci fottuti anni che non si sentiva così:
imbarazzato, incerto, con le mani che tremavano e il cuore in gola.
Probabilmente era anche arrossito – sperava che John non se ne
fosse accorto-, e si augurò che la barba avesse nascosto
sufficientemente quel suo eccesso di emotività. Lo desiderava da
così tanto che, nel momento in cui il bacio aveva trovato
compimento, si era sentito-- Scombussolato?
Qualsiasi parola sarebbe
stata un eufemismo. Era stato come se il mondo si fosse ribaltato
all'improvviso; come se, per un attimo, non avesse più avuto terra
su cui poggiare, più nulla a cui aggrapparsi: e si era spaventato,
semplicemente.
Ma
poi c'era stato di nuovo John, che aveva preso in mano la situazione
e lo aveva costretto ad affrontarla, John che non gli avrebbe mai
permesso di scappare via; e Chas non avrebbe mai avuto parole adatte
per dirgli quanto gli era grato per aver deciso al posto suo, per
averlo messo di fronte all'evidenza, cancellando tutte le paure.
Poteva
davvero esserci qualcosa di semplice, per una volta. John lo voleva e
lui voleva John.
Si
calmò, si lasciò andare; passò le dita tra i capelli di John per
sentirlo più vicino, per fargli capire che aveva scelto, che poteva
farlo.
Da
quanto tempo voleva farlo.