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Autore: rose_    27/04/2015    1 recensioni
[2006-2008] Marta Peterson è l'acclamata tastierista dei Bleeding Through. Un tour a fianco degli Avenged Sevenfold le presenta Zacky Vengeance e l'amore nella sua accezione più pura. Ma qualcuno pronto a tutto pur di averla per sé ha in serbo qualcosa per lei... e Marta è decisa ad arrivare fino in fondo alla verità, costi quel che costi.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE PRIMA

02.

JUST ANOTHER PRETTY FACE

 

You stare so emotionless
but still I fall down

 

12 Ottobre 2006

“E come ovvierete al problema della diversità di calligrafia?”, domandò Brandan dopo aver ascoltato il racconto delle due sorelle Peterson riguardo alla richiesta un tantino fuori dal comune di Therese, “Voglio dire: tu fotograferai qualche posto in Europa ma agli altri posti chi penserà? I cartellini avranno tutti una scrittura differente...”

Marta appoggiò un gomito sul tavolo e sistemò il mento nella conca creata dalla mano, pensierosa. In effetti non aveva preso in considerazione questo piccolo particolare e, a giudicare dall'espressione sorpresa di Kristine, non doveva averlo fatto neanche lei.

Occhieggiò il resto della band in cerca di qualche suggerimento ma nessuno pareva riuscire a trovare un'idea convincente: alla donna sembrava di essere nel bel mezzo di un consiglio direttivo di chissà quale importanza, senza lo straccio di una soluzione al problema principale dell'incontro.

“Falli scrivere alla tua amica prima di partire, no? Le città che toccheremo con il tour sono già di pubblico dominio, basta che ci aggiunga una data qualsiasi ed è fatta.”

La tastierista sembrò risollevarsi del tutto dallo stato di sconforto in cui stava scivolando. “Si, è un'idea geniale! Non avrei avuto voglia di scrivere tutti quei cartellini...”

“E poi ricordati la cosa più importante, Marta: hai una grafia pessima!”, rise Brandan e lei lo incenerì con lo sguardo. Sapeva bene a cosa stesse alludendo e non lo avrebbe lasciato parlare oltre: tutti, da adolescenti, possono fare degli errori di calcolo, no? E lei non era mai stata esente da questa legge. Perciò un giorno, durante il secondo anno delle superiori, si era presentata davanti all'armadietto metallico di un ragazzo piuttosto carino e vi aveva fatto scivolare dentro una lettera scritta a mano in cui, pensandoci con più calma e a mente lucida, si metteva letteralmente in ridicolo nella speranza di fare colpo. Fortunatamente il ragazzo non riuscì a decifrare che qualche breve frase e lei si salvò da una delusione sentimentale certa, guadagnando però un massiccio periodo di prese in giro da parte del proprio migliore amico che, a quanto sembrava, ricordava allegramente quel suo fallimento ancora adesso.

“Corro a chiamarla”, annunciò Kristine abbandonando la panca su cui era seduta, “Così glielo propongo e sento cosa vuole fare.”

Marta seguì con lo sguardo l'esile silhouette della sorella scomparire dietro alla grande vetrata che dava sul salotto, poi infilzò una zucchina grigliata. “Sappiate che, comunque vada, uno di voi mi dovrà dare una mano”, deglutì il boccone e puntò la forchetta contro Derek, “Tu, ad esempio, dato che hai già tutta l'attrezzatura di sorta.”

Il batterista sollevò le spalle e annuì senza troppa convinzione e, nonostante lo scarso entusiasmo fosse palpabile, tanto bastò per farle pensare di aver appena trovato un valido compagno di avventura.

Qualcuno tentò di prendere le difese del povero Derek ma un rumore di passi sulla ghiaia attirò l'attenzione di tutti i presenti e la conversazione si chiuse automaticamente con quella tacita vittoria femminile.

A pochi passi da loro, un uomo dalle possenti spalle tatuate stava salutando Brandan con un esperto gioco di mani, muovendo le labbra al ritmo di una frase che nessuno, a parte i due diretti interessati, riuscì a captare.

Marta aveva conosciuto quel ragazzo ad una festa di diversi anni prima, quando nessuna delle due band poteva ancora considerarsi famosa, se non all'interno del panorama musicale locale; avevano pronunciato i loro nomi, scambiato qualche parola di circostanza e poi lui era sparito, dileguandosi tra la folla e stringendo la mano di una bionda dall'aria decisamente disponibile.

“Piacere, Matt”, annunciò ora quello stesso omaccione, cominciando il consueto giro di strette di mano. Quando si trovò di fronte a Marta sembrò esitare una manciata di secondi, poi sorrise e sfoderò un paio di fossette che a lei parvero assolutamente psichedeliche.

“Noi due ci siamo già conosciuti. Marta, giusto?”

La donna annuì sommessamente e cercò di non cadere nel tranello di seguire quel corpo atletico con lo sguardo, nel momento in cui le passò oltre per prendere posto su una delle panche.

Pochi istanti più tardi fecero la loro comparsa altri due ragazzi: il primo, ad un'occhiata superficiale il più carino e appariscente dei due, stava ridendo dell'espressione scontrosa che il secondo, pallido e stretto nelle spalle, non sembrava voler nascondere. Lo scarso tatto impiegato dal ragazzo numero uno lasciava sottintendere una buona complicità tra i due.

Marta puntò lo sguardo su quella pelle chiara nel tentativo di carpirne qualche segreto ma dovette abbandonare le proprie intenzioni quando si sentì addosso, di riflesso, il peso di quelle stesse iridi glaciali impegnate a difendere la propria privacy da sguardi sconosciuti e indiscreti.

“Ehi, mettimi giù ho detto!”, urlò un quarto ragazzo e tanto bastò per fare in modo che tutti i presenti catalizzassero la propria attenzione su un unico punto del giardino: un gigante dall'aria affabile e dal taglio di capelli leggermente squadrato teneva ripiegato su una spalla un ragazzetto di dimensioni minori, del tutto insensibile ai continui lamenti di quest'ultimo.

“Buonasera a tutti”, esordì il più alto, nascosto dietro ai grandi Ray-Ban. Un brusio generale ricambiò il saluto e l'uomo si concesse un'occhiata di ricognizione. “Se avessi saputo che ci sarebbe stata una bella ragazza, mi sarei messo in ghingheri!”

“Sei bellissimo al naturale, Rev”, ironizzò il bello del gruppo imitando scioccamente la voce di una donna, “Non sai quante mutandine devo cambiare, quando ti vedo!”

Mentre tutti si godevano una sana risata, Marta regalò al ragazzo in spalla al gigante un sorriso solidale: quante volte si era ritrovata in quella stessa situazione? Tante, troppe. Improvvisamente decise che quel ragazzetto dall'aria simpatica le sarebbe andato sicuramente a genio.

“Oh, ciao splendore”, biascicò qualcuno quando Kristine tornò al tavolo.

“Mi sono persa un bel po' di presentazioni, a quanto vedo!”, constatò la nuova arrivata prendendo posto accanto alla sorella, “Siete voi i fortunati che partiranno insieme a loro?”

“Esattamente”, confermò allora il bello, “E tu chi sei?”

“Kristine, sorella minore e sfigata della qui presente rockstar di fama mondiale.”

Il tono sarcastico non era riuscito a distogliere l'attenzione dei presenti dall'evidente diversità delle due sorelle.

“Siete sicure di avere gli stessi genitori?”

“Direi proprio di si”, sospirò Marta.

“E parti anche tu con noi?”

“Spiacente, penso proprio che mi toccherà rimanere qui.”

“Che peccato.”

“Ma verrai a trovarci almeno un paio di giorni”, insistette Brandan e Marta lo occhieggiò con sguardo interrogativo. Cosa aveva in mente di fare?

“Bene, così possiamo parlare di un'uscita tutti insieme”, aggiunse allora l'altro indicando prima se stesso e poi le due Peterson, “Con tutti insieme intendo noi tre, ovviamente.”

“Non ci siamo neppure ancora presentati e già cerchi di combinarti la serata?”, lo ammonì il ragazzetto, finalmente libero dalle grinfie del gigante, “Sono Johnny”, dichiarò stringendo la mano a Marta e procedendo in senso orario con tutti gli altri presenti, “E loro sono i ragazzacci che mi sono toccati in sorte”, e prese ad elencare i loro nomi.

 

*

 

“Così siete degli straight-edge”, considerò Matt ad alta voce, “Ho sentito parlare di questo stile di vita ma non ho mai approfondito l'argomento.”

“È tutta una questione di scelte: noi vogliamo essere indipendenti da qualsiasi cosa non sia una nostra stretta decisione”, spiegò Brandan aprendo l'ennesima bottiglietta di acqua tonica, “Non è da tutti comprendere una scelta di vita simile ma vi assicuro che è meno faticoso di quanto possa sembrare.”

“Ci sono cose che non potete fare?”, domandò quindi Synyster agguantando l'ultimo peperone rimasto in tavola, “Tipo parlare di certe cose o visitare determinati posti?”

Derek trattenne una risata. “Possiamo parlare di qualsiasi cosa e visitare qualsiasi posto, affermativo. Abbiamo qualche piccola regola personale ma si tratta di divieti auto-imposti. D'altronde sarebbe un controsenso parlare di libero arbitrio e farsi condizionare da leggi preimpostate, no?”

“Non beviamo alcolici, non fumiamo, non ci droghiamo, non mangiamo carne”, elencò Marta aiutandosi a contare ciascun punto con le dita di una mano.

“Non penso potrei mai riuscirci”, si arrese Jimmy, seguito a ruota da una scrollata di capo del resto dei componenti degli Avenged Sevenfold, “Tanto per cominciare adoro bere litri di alcool, perciò non credo di essere ad un buon punto di partenza.”

Johnny sembrava interessato alla discussione più di qualsiasi altro. “Quello che vorrei davvero sapere è come fate a seguire questo stile di vita fatto di privazione in un ambiente in cui esagerare è la parola d'ordine... dico sul serio!!!”

Ai loro occhi dovevano davvero apparire alla stregua di una popolazione indigena scoperta di fresco.

“Ci sono molti modi alternativi per passare il tempo”, spiegò Brian grattandosi la nuca con aria furba, “Semplicemente non utilizziamo sostanze capaci di alterare la nostra percezione delle cose, ma vi assicuro che Ryan ed io troviamo sempre qualche scemenza alla quale attaccarci.”

“Confermo: sono due bulli senza quartiere.”

Era strano trovarsi a dover spiegare il proprio stile di vita a dei perfetti sconosciuti eppure l'esperimento poteva tranquillamente considerarsi riuscito: gli Avenged Sevenfold sembravano persone affabili e disponibili al confronto. La serata si stava trasformando lentamente in un piacevole scambio di opinioni, dando la possibilità a ciascun individuo di mostrare la propria personalità, di farsi conoscere dagli altri senza indossare una maschera. Avrebbero dovuto trascorrere qualche mese a stretto contatto ed era importante che si sviluppasse un certo clima familiare tra loro o le cose avrebbero rischiato di prendere una piega spiacevole.

L'atmosfera era calda e di totale agio ma qualcosa o, per meglio dire, qualcuno sembrava stonare all'interno di quel quadretto idilliaco. Il ragazzo imbronciato, colui che era stato presentato loro con il nome di Zacky Vengeance, non sembrava intenzionato ad abbandonare il proprio stato di apatia. Se ne stava seduto in un angolo con lo sguardo perso nel vuoto, la fronte contratta in un'espressione pensierosa e la bocca serrata in un silenzio forzato. Da quando aveva messo piede in quel cortile non aveva pronunciato una sola parola.

Tra una domanda e l'altra, Marta aveva spesso gettato occhiate curiose nella sua direzione ma lui non sembrava essersene nemmeno accorto così, quando lo squadrò per l'ennesima volta, quasi saltò sulla panca alla vista di quegli stessi occhi fissi su di lei.

Una strana sensazione di disagio si impossessò del suo stomaco e subito la donna distolse lo sguardo, felice di tornare a posarlo su volti più rassicuranti.

“Perciò non pratichiamo sesso occasionale, è stata una scelta unanime.”

“Porca puttana e ce la fate a resistere?”, sbottò Synyster con occhi sbarrati, “Siete strani forte.”

“Scelta di vita discutibile ma devo dire che vi fa onore”, concesse Matt.

“Quindi non vi dispiacerà se le donne ce le terremo tutte per noi.”

“Sono tutte vostre, Rev.”

A quel punto la discussione aveva preso a spostarsi verso lidi meno personali, portandoli a scambiare opinioni ed esperienze riguardo ad un argomento capace di accomunarli tutti quanti: il tour.

Nonostante il grande successo riscosso in quegli ultimi anni, gli Avenged Sevenfold sembravano essersi improvvisamente trasformati in una band alle prime armi a cui era stato concessa una chiacchierata con i propri idoli e i Bleeding Through, da parte loro, non potevano che esserne oltremodo lusingati.

Tornando ad estraniarsi dal discorso, Marta prestò attenzione alla sorella, che fino a quel momento era rimasta seduta accanto a lei in silenzio, forse decisa a non perdersi nemmeno una virgola di quei botta e risposta dai risvolti esilaranti.

“Mi dispiace, ti starai annoiando...”

“Per niente! I ragazzi sono uno spasso, è divertente sentirli parlare.”

“Non lo dici solo per farmi felice?”

“Certo che no!”, le circondò le spalle con un braccio, “E poi non ho nulla di meglio da fare, stasera.”

“Ah, beh! Se la metti su questo piano, grazie della considerazione!”, ironizzò sollevando lo sguardo al cielo, “Cosa ha deciso di fare Therese?”

“Domani scriverà tutti i cartellini, così posso passare a portarteli prima che tu parta.”

“D'accordo, grazie. Assicurati anche che -”

“Vero Marta?”, il tono squillante di Brandan richiamò la sua attenzione, interrompendola nel bel mezzo della frase. La tastierista di sistemò meglio sulla panca e fece una smorfia spiacente. “Non stavo seguendo il discorso, prof.”

“Parlavo di Line In The Sand e di come è nata l'idea del testo.”

“Ah, si. Scott e le sue beghe sentimentali. Un enorme spunto per i nostri testi...”

Ricordava bene la storia che aveva ispirato quella canzone: un paio di anni prima Scott aveva preso a frequentare una ragazza. Nell'arco di poco tempo i due erano passati dall'essere un reciproco passatempo al diventare una vera e propria coppia, tanto da decidere di affrontare un passo importante come quello di andare insieme all'altare. Da quel momento era partito l'incubo: la donna pedinava Scott ovunque andasse, gli tendeva addirittura dei veri e propri agguati quando lui raggiungeva i ragazzi in studio di registrazione per lavorare al nuovo album. Scott non perse tempo e, senza pensarci due volte, tagliò tutti i ponti con lei. La donna non sembrò prenderla troppo bene: lo tempestò di lettere in cui domandava ossessivamente cosa avrebbe potuto fare per vincere il gioco contro di lui. Da lì era nata la frase Would you still leave?/Will you ever change?/And I still feel empty/Will I always lose this game?, così maledettamente drammatica da risultare perfetta per un testo profondo e diretto come quello.

“È una storia fuori di testa!”, rise Jimmy sistemando meglio gli occhiali sul naso, “L'unico sano di mente del gruppo, senza offesa per voi persone per bene, stava per sposare una pazza schizofrenica!”

“E non è tutto: nei mesi successivi lo ha tempestato di messaggi minatori. È persino arrivata ad appostarsi sotto casa di Isabelle, la nuova ragazza di Scott. Magari un giorno scriveremo una canzone anche su questo piccolo seguito infernale.”

“Quella è da rinchiudere!”, esclamò Johnny scuotendo la testa, “Robe da pazzi.”

La suoneria di un cellulare zittì tutti i presenti, costringendoli a occhieggiarsi gli uni con gli altri nel vano tentativo di capire da dove arrivasse il suono.

Quando Zacky abbandonò il proprio posto, allontanandosi dal gruppo di qualche decina di metri e portando all'orecchio un apparecchio luminoso, il quesito divenne un altro: quale diavolo di problema aveva quel ragazzo?

“Di solito è un tipo brillante”, spiegò Matt con aria spiacente, “Non ha aperto bocca nemmeno con noi, oggi. Credo proprio sia successo qualcosa...”

“Sicuramente qualcosa è successo”, convenne Synyster accendendo una sigaretta, “Ma è meglio lasciarlo stare. È testardo come un mulo, quando decide di non parlare.”

Le uniche parole vagamente udibili si potevano racchiudere in una serie di imprecazioni a denti stretti; era chiaro che stesse succedendo qualcosa di anomalo e che lui, suo malgrado, ci si fosse trovato dentro fino al midollo.

“Me ne vado”, ringhiò Zacky facendo ritorno verso la tavolata a grandi falcate, “Se non volete andarvene anche voi, ditelo subito. Io chiamo un taxi e me ne torno a casa.”

“Vee, cosa cazzo...”, tentò Synyster aggrottando la fronte e sputacchiando dalle labbra un po' di fumo.

“Non ora, Haner.”

Marta scambiò con Brandan un'occhiata stupita e fece appena in tempo a intravedere la figura di Zacky, ormai divenuta una sagoma nera priva di alcun particolare, allontanarsi in direzione dell'auto con le braccia lungo i fianchi.

“Andiamo bene. Siamo già alla fase lasciami stare o ti chiamo per cognome...”, ironizzò Syn spegnendo definitivamente la sigaretta, utilizzando un bicchiere di plastica riempito con un po' d'acqua come posacenere di fortuna.

“D'accordo, gente. Direi che la serata, per noi, è da considerarsi conclusa”, sospirò Matt abbandonando la panca, imitato immediatamente dagli altri membri della sua band.

“Grazie della chiacchierata illuminante”, sorrise Jimmy producendosi poi in un piccolo e buffo inchino diretto alle due sorelle, “È stato un piacere, ragazze.”

“Ci si vede tra una settimana”, si congedò Synyster portando due dita alla fronte in un gesto che avrebbe saputo far capitolare onde intere di fans adoranti senza il minimo sforzo.

Anche Johnny salutò tutti con un veloce cenno della mano e subito l'intera band degli Avenged Sevenfold sparì in strada.

“A questo punto non resta che sparecchiare”, Ryan sfregò le mani l'una contro l'altra, “E poi io e Brian ce ne andremo a fare un giro. Vi unite a noi, non è vero?”

 

*

 

Con occhi stanchi e a mezz'asta, Marta fece rientro a casa.

Non aveva avuto la forza di seguire Ryan, Brian e Brandan in giro per le strade di Orange County, troppo stanca addirittura per ripensare all'intera serata trascorsa senza incappare in uno sbadiglio.

Mettendo piede nella sua auto, Derek le aveva detto che la prospettiva di abbracciare il proprio materasso era l'unica che sentiva di poter prendere in considerazione e lei non riusciva a trovare affermazione più veritiera di quella.

Si sentiva stanca e tutto ciò che voleva era stendersi nel letto e abbandonarsi ad un profondo sonno ristoratore fino a che non fosse stata mattina inoltrata.

Kristine le aveva promesso di passare da lei per portarle i cartellini di Therese, l'indomani, e quello era l'unico pensiero a lungo termine al quale Marta aveva la forza di pensare in quel momento.

Sfilò maglia e jeans con gesti veloci, sganciò il reggiseno e rimase in slip, unico indumento con il quale era solita andare a dormire, poi si infilò sotto le coperte e fissò per per qualche secondo il soffitto, in attesa di lasciarsi trascinare in un viaggio tra le braccia di Morfeo.

 

Credits: 'Just Another Pretty Face' by Bleeding Through.

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n.d.A: Buonasera a tutti! Eccomi con il secondo capitolo.. spero sia stato di vostro gradimento!
A lunedì per il terzo! Buona serata e un grazie di cuore a chi ha letto: siete tanti!!! GRAZIE

rose_ 

  
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