Contest
_ Turno 5
Team Estate
Autrice: Wolf’sEyes
Stanza: Impero Romano
Personaggio base: Naruto
Personaggio aggiuntivo: Sai
Prompt: Paura
Luogo: Arena
Fan Fiction
Genere:Drammatico
Raiting: Arancione
Avvertimenti:Alternative Universe, POV Naruto,
(OOC)
Naruto Sfida le Dodici Stanze:
Vivere o
morire
Ognuno di noi, una volta giunto lì, si chiedeva se
non fosse giunto alle porte dell’Inferno. E mentre questo quesito sarebbe
rimasto senza risposta, noi eravamo consapevoli che nessuno di noi sarebbe
uscito vivo dal Colosseo. Qui, tutti, avremo trovato la nostra fine.
Eravamo prigionieri di guerra, poveri che non
avevano pagato le tasse, nullatenenti. Persone abbastanza forti da non essere
vendute come schiavi o uccise sul momento ma
condannate ad una sorte ben peggiore: combattere nell’arena del Colosseo.
Si trattava di puro e semplice “vivere o morire”.
Equipaggiati con armi ed armature, o almeno così accadeva ai più fortunati, o
meritevoli ad avviso delle guardie, avremo dovuto lottare fino a che non
avessimo avuto fiato in corpo. Uno contro l’altro, all’ultimo sangue,
all’ultimo respiro, finché non avessimo prosciugato l’ultima briciola di forza,
mossi da coraggio o follia.
Ogni mezzo era lecito, non c’erano né regole né
limitazioni per uccidere. Era solo la legge del più forte a dettare regole
naturali che avremmo, tutti, inconsciamente seguito, senza che ne fossimo a
conoscenza.
Il pubblico godeva nel vederci mentre lottavamo
ammazzandoci nei modi più crudi ed atroci possibili, mentre l’istinto di
sopravvivenza prendeva il pieno controllo di noi, offuscando la nostra ragione
ed annullandone tutti gli impulsi razionali. Non c’era più alcuna dignità per
lo sconfitto, nessun onore per il vincitore. Non eravamo uomini, eravamo
bestie, belve che una volta giunte in arena si sarebbero azzannate e sbranate,
senza esclusione di colpi, fino alla morte. Tutto per vivere di quell’orrenda
vita.
Al buio, in quella grande prigione sotterranea, tra
noi detenuti albergava la morte. Silenziosa e sorridente di un ghigno malefico,
si sarebbe alzata in piedi e ci avrebbe scelto. Ad uno ad uno,
prima o poi, saremo risaliti dalle tenebre, in arena, e vi saremo
ricaduti, una volta sola, restandovi per sempre.
Insieme alla morte viveva nei nostri cuori la
disperata paura di dover combattere, di essere scelti. Un terrore palpabile,
che sentivi scorrere nelle vene e invadere tutto il tuo corpo, come fosse un
veleno mortale, più mortale del combattimento stesso, perché logorava la mente.
Quel giorno la paura dentro di me era più forte. Seduto
con la schiena appoggiata alla parete fredda ed umida, mi sentii tremare. Chi
sopravviveva tornava quaggiù e raccontava, raccontava che quando stanno per
chiamarti senti la paura dentro crescere a dismisura, che quando ti trovi lassù
ti convinci a lasciarti morire per l’insostenibilità di questa vita e che poi,
nonostante questi buoni propositi, finisci per uccidere. Da vittima della paura
diventi carnefice per mano dell’istinto di sopravvivenza. Così dicevano,
finendo per odiarsi per ciò che avevano fatto e facendo del non guardare negli
occhi l’avversario morente una regola di vita.
Ripensando a quelle parole, mi resi conto che
sentivo dentro di me che mi avrebbero chiamato, e fu ciò che accadde. Avevo una
paura terribile di morire. Benché la mia vita prima di finire lì dentro fosse
quella misera di uno schiavo fatto poi prigioniero, avrei
voluto continuare ugualmente a vivere.
Salii una rampa di scalini di pietra ripidi e non
appena abbandonai del tutto le tenebre una luce troppo forte per i miei occhi,
che non ne erano più avvezzi, mi costrinse a chiuderli e a ripararli con un
braccio. Sbirciai e notai che le tribune erano gremite di persone che
applaudivano e chiamavano i combattenti, che volevano la prossima battaglia, il
prossimo spettacolo. Eravamo un intrattenimento, ecco cosa significavamo per
loro.
Mi avevano infilato una leggera armatura sopra gli
stracci che indossavo e mi avevano fornito una spada dalla lama segnata e
rovinata. Solo i veri gladiatori combattevano con vere armi ed armature, noi
eravamo l’antipasto del pubblico prima del vero spettacolo. L’armatura era
lacera e macchiata di sangue vecchio ed incrostato, sarebbe servita solo ad
impedirmi di morire ai primi colpi subiti. Guardai la spada che reggevo senza
quasi rendermene conto, talmente ero inebetito da ciò che stavo per fare,
chiedendomi quante persone avesse mai trafitto.
Il mio avversario, al mio fianco, era equipaggiato
come me.
Lo riconoscevo. Era arrivato da poco qui e
probabilmente avevano voluto metterlo subito alla prova. Da dove venisse non avrei
saputo dirlo, ma mi impressionò la sua pallida carnagione quando lo vidi per la
prima volta, in netto contrasto con i capelli scurissimi e lo sguardo vuoto e
cupo. Sembrava morto ancor prima di combattere, impassibile, mentre io tremavo
di brividi che a stento mi lasciavano respirare. Mi si formò un groppo in gola
al ricordo della nostra prima ed unica conversazione, quella mattina.
« Ehi tu, biondino. Come mai
tremi tanto? Sei malato, forse? »
« Io? », domandai titubante,
non sicuro del fatto che si fosse rivolto a me. « No, non sono malato. Ho
paura. Come tutti, qui dentro », ammisi.
« Paura per cosa? », mi
domandò, quasi con naturalezza.
Mi chiesi se sapesse in
quale luogo fosse finito. « Per cosa, mi chiedi? Ho paura di morire, ho paura
di andare a combattere! », mi alterai, rispondendo.
Lui non mi rispose, non
disse nulla, semplicemente abbassò lo sguardo. Lo osservai e mi domandai se
avesse compreso le mie parole. Il suo sguardo era inespressivo, lontano, come
se gli avessi detto che ci avrebbero dato zuppa e non un pezzo di pane, per
pranzo. Più parlavo con lui più mi stupivo e non mi capacitavo del fatto che
esistesse una persona simile. Mi dava i nervi.
« E tu non hai nessuna paura? Qui devi ammazzare la gente se non vuoi morire!
», dissi.
« No, non ho paura. Non so
che cosa sia. L’ho mai provata? Chissà? », disse, apatico.
« Se non hai paura né di morire né di uccidere, allora non hai idea di
che cosa voglia dire vivere! », esclamai, prima di allontanarmi da lui.
Mi riscossi da quei pensieri quando il boato delle
grida del pubblico si fece più forte, ricordandomi di trovarmi in un’arena
arida ed enorme, e sentii una mano premere al centro della schiena e spingermi
a fare passi in avanti che non avrei mai fatto di mia volontà. Una voce ci
disse di combattere e ci incitò a aggiungere il centro dell’arena, mentre il
pubblico, nel vederci finalmente comparire alla luce, ci accolse con altri
applausi e grida che mi facevano rivoltare lo stomaco. Stavamo per morire e
loro gioivano.
Ciò che stavo per fare andava contro ogni mia etica
morale. Mi recai al centro dell’arena insieme a quel ragazzo apatico che, sì,
odiavo, ma che mai avrei ammazzato. I piedi sembravano pesare come macigni e,
quando mi voltai verso il mio avversario, mi parve di vedere un’emozione
riflettersi nel suo sguardo apatico. Che fosse la paura che ora aveva
totalmente invaso me? Forse era stata solo una mia impressione…
Ci fermammo l’uno di fronte all’altro, fissandoci.
Sentii una voce omaggiare un imperatore del quale non mi sarebbe mai importato
nulla e dare il via al nostro combattimento. Sarei rimasto ancora immobile ed
inebetito a fissare i segni delle precedenti a numerose battaglie in
quell’arena se non avessi visto il mio avversario caricare contro di me brandendo
la spada. Di istinto mi difesi, parando il colpo. Allora era vero. L’istinto di
sopravvivenza aveva mosso il mio braccio per proteggermi. Io da solo, sconvolto
com’ero, non ci sarei mai riuscito.
Combattemmo a lungo, ferendoci a vicenda. Eravamo agguerriti,
o meglio, lui era agguerrito, io mi difendevo. Avrei giurato di vedere una
sempre crescente emozione nei suoi occhi. Forse ora anche lui stava provando la
paura di morire, facendola trasparire solo nello sguardo e non nelle azioni.
Non cedevo e questo lo spiazzava, facendo vacillare le sue sicurezze.
Fu quando riuscì a ferirmi ad una gamba,
atterrandomi, che una paura ancora più forte mi colpì in pieno petto come un
pugno. Una paura terribile, devastante, che mi toglieva il respiro e bloccava
ogni pensiero della mia mente, lasciando che su soltanto uno potessi
focalizzare la mia attenzione. La consapevolezza che mi avrebbe ucciso, che
sarei sprofondato nelle tenebre eterne e che non avrei potuto più fare niente
per salvarmi.
Ma qualcosa scattò in me, come se non fossi stato io
a decidere di muovermi ma fosse stato il mio corpo a farlo autonomamente.
Schivai il suo colpo mortale, alzandomi in piedi con una forza che credevo di
non avere più, e per un attimo incrociai il suo sguardo. Non era più apatico.
Aveva paura. E la consapevolezza di essere senza speranza che un istante prima
lui aveva fatto mia, io l’avevo appena fatta sua.
Afferrai saldamente la spada e la brandii con una
forza che non mi riconoscevo, sentendo la lama incontrare un ostacolo e trapassarlo.
Il cuore mi batteva a mille, sentii i rumori della
folla allontanarsi e diventare confusi. Sentivo solo il martellare continuo nel
mio petto, un martellare che non avrei dovuto sentire più.
Lasciai la presa sulla spada e chiusi gli occhi.
Sapevo cos’avevo appena fatto. Cosa il mio inutile istinto mi aveva portato a
fare. Restai immobile ed attesi per secondi che sembravano eterni.
Poi lo sentii. Il tonfo sordo di un corpo esanime,
il rumore metallico di una spada che cadeva.
Mi lasciai cadere in ginocchio, prendendomi la testa
tra le mani e ricominciando a sentire le voci della folla, mentre il sangue
pulsava nelle vene e una sensazione di disgusto mi salì allo stomaco.
Ora, la mia paura non era più quella di morire, ma
quella di dover continuare a vivere con dentro il peso dell’assassinio di un
innocente.
Angolo dell’autrice
Va bene, va bene, ero certa di aver finito, invece no >_>’
Ad ogni modo, dato che mi dimentico sempre di cercare questo benedetto schema di valutazione, ho deciso di pubblicare ugualmente, dando finalmente un termine a questa “cosa”, quando lo ritroverò provvederò ad inserirlo. Tanto ricordo di essere stata penosa, quindi il mio punteggio ha poca rilevanza… (il pacchetto mi aveva messo non poco in difficoltà)
Beh, che altro dire… Un grazie a tutti coloro che hanno letto questa raccolta e che (?) la leggeranno in futuro. Un ringraziamento speciale ad ellacowgirl per il bel contest a cui ho avuto l’onore di partecipare e, non meno importanti, a tutte le persone che hanno partecipato insieme a me.
Singolarmente, mi classificai terza, mentre insieme al mio Team Estate (comprendente chi aveva scelto come personaggi Kankuro e Hidan) salii sul podio.
Se qualcuno che ha partecipato al contest si imbatte in questa cosa, oltre a synoa, non esitate a comunicarmelo: inserirò i vostri nomi nei ringraziamenti!
Grazie di cuore a tutti!
WolfEyes