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Autore: rossella0806    03/05/2015    2 recensioni
Piemonte, inizi del 1900.
Adele ha appena vent'anni quando è costretta a sposare il visconte Malgari di Pierre Robin, di quindici anni più vecchio, scelto in circostanze non chiarite dal padre di lei, dopo la chiusura in convento di Umberto, il ragazzo amato da Adele.
I genitori del giovane, infatti, in seguito ad una promessa fatta a Dio per risparmiarlo dalla tubercolosi, non ebbero alcun dubbio a sacrificare il figlio ad una vita di clausura, impedendogli di scegliere una strada alternativa.
Sono passati due anni dal matrimonio e dall'allontanamento forzato da Umberto, e Adele si è in parte rassegnata a condurre quell'esistenza tra Italia e Francia, circondata da persone che non significano nulla per lei, in balia di un marito che non ama, fino a quando, una sera di marzo, giunge a palazzo una lettera di Umberto, che le confessa di essere scappato dal convento di monaci e che presto la raggiungerà per portarla via.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Adele non riusciva a smettere di piangere: quel tragitto fino a palazzo le stava togliendo anche l’ultima fiammella di vita che le era rimasta in corpo.
Si sentiva tremendamente stanca e afflitta: era convinta che Umberto avrebbe capito, che quello appena trascorso sarebbe stato finalmente il momento giusto per dirglielo, per chiedergli di perdonarla e di comprenderla, invece avrebbe fatto bene a starsene zitta, come si era ripromessa quando era arrivata a casa di Maria, appena due giorni prima.
“Ti prego, smetti di piangere…” la implorò il ragazzo, mentre a fatica reggeva le redini del ronzino attaccato al calesse della stiratrice, che si era inutilmente opposta –ignara di tutto- alla decisione del giovane di restituire questa poverina.
“La smetterò solo se tu mi riporterai indietro …” mormorò Adele, sfregandosi le dita delle mani sui palmi: non riusciva a guardarlo in faccia, perché temeva che gli sarebbe saltata addosso, lo avrebbe avvinghiato con la forza della disperazione, lo avrebbe supplicato di ascoltarla e di perdonarla, ma non voleva umiliarsi più di quello che già si era mortificata.
“Dio santo, Adele! Come fai ad essere così testarda?!” sbraitò Umberto, strattonando con troppa forza le redini.
Anche lui non aveva il coraggio di guardarla, perché già gli faceva troppo male sentire i pigolii in cui si era trasformata la voce della giovane: vedere i suoi occhi disperati, acquosi per le troppe lacrime versate, lo avrebbe convinto all’istante a fare marcia indietro, a ritornare nella casa della stiratrice, cercando di dimenticarsi di quell’incidente di percorso, per provare ad essere nuovamente felici.
“Dimmi una cosa: tuo marito sa che sei … incinta?”
Comunque avrebbe risposto, sbaglierei, tanto vale dirgli la verità, pensò per un istante Adele, tormentando il fazzoletto ormai zuppo che stritolava tra le mani:
“Sì, lo sa” ammise in un sibilo.
“E allora come fai a chiedermi di tornare indietro? Vuoi privare tuo figlio di lui? Vuoi che cresca senza una figura paterna, additato per sempre come il bastardo la cui madre vive con un povero disgraziato…”
“Non chiamarlo così: se solo tu volessi, avrebbe il migliore dei padri, e non saprebbe mai chi in realtà lo ha generato, soprattutto non conoscerebbe mai la tristezza e le vessazioni che ho subito in questi due anni, sempre a dire sì anche quando non volevo, ad occuparmi di una casa che non mi appartiene, ad accompagnare il signor visconte nelle sue tenute, alle cene con i suoi amici, ai ricevimenti! Situazioni che detestavo, ma a cui ho sempre dovuto partecipare! Se tu mi riporterai indietro, Umberto, ci condannerai a una vita infelice, e tu sarai fuggito inutilmente dal convento in cui ti ha rinchiuso quella megera di tua madre! E’ questo quello che vuoi?! Guardami, è questa la dimostrazione di quell'amore di cui tanto ti vanti di provare per me?!”
Adele strattonò il braccio destro dell’innamorato, il quale, per un istante, perse la guida dei cavalli: sbandarono e finirono su un lato della strada di campagna, le ruote incastrate in un avvallamento più profondo degli altri.
“Io voglio solo il meglio per te, Adele, solo il meglio! Desidero con tutto il cuore, con tutto me stesso vivere insieme a te, in qualunque posto non m’importerebbe, ma solo tu ed io, non con i figli di quell’uomo!”
Umberto aveva il viso in fiamme, gli occhi lucidi e il petto che ansimava vistosamente sotto il maglione nero.
Scese dal calesse, senza aspettare che la donna ribattesse: continuando a non guardare la giovane, controllò il danno subito, quindi intimò anche a lei di scendere, il tono di voce più calmo rispetto a pochi secondi prima.
“Appena passerà qualcuno, mi farò aiutare a rimettere in piedi il barroccio. Se vuoi, puoi risalire e aspettare seduta. Questa è una strada abbastanza trafficata, tra non molto arriverà un contadino a darci una mano …”
“Non mi va di sedermi … attenderò in piedi”


Francesco Malgari di Pierre Robin non si dava pace: da quando la moglie era sparita due giorni addietro, sicuramente fuggita, aveva rinunciato alle sue passeggiate quotidiane nei campi, preoccupandosi solamente dei due Setter e del gatto persiano, unica compagnia disinteressata in quell’immenso palazzo.
Quando perciò la vide, affacciato alla finestra dello studio in cui aveva trovato rifugio per sbrigare la corrispondenza arretrata, il primo istinto fu quello di sorridere, perché l’aveva riconosciuta subito, sebbene fosse avvolta da un misero abito campagnolo.
Poi un odio troppo a lungo celato, o qualcosa che ci assomigliava moltissimo, prese il sopravvento nel suo cuore e soprattutto nella mente:
Sarei pronto a perdonarla se fosse venuta da sola, se fosse qui a chiedermi perdono: ma sono sicuro che quel ragazzo che l’ha accompagnata è il pezzente di cui si è innamorata! Hanno avuto una gran faccia tosta a presentarsi insieme! Credono che io sia così debole da far finta che non sia successo nulla? Non mi lascerò impietosire: lei è mia moglie e madre del figlio che mi darà. Adesso la cosa importante è questa, poi avrò tutto il tempo per fargliela pagare … ”
L’uomo decise quindi di non affrettarsi a scendere i gradini della lunga scalinata in marmo che lo separavano dalla moglie, ma attese che fossero quei due a fare la prima mossa, proprio come nel gioco degli scacchi con cui trascorreva le prime serate da sposato insieme ad Adele.
Trasse un profondo respiro e attese.


La giovane sposa si sentì nuovamente intrappolata: tutta la fatica che aveva fatto per riuscire a coronare il suo piano di fuga, la gioia appena provata nel ricongiungersi con Umberto, tutto ormai era finito, disgregato per sempre. La fitta insistente e fastidiosa al ventre tornò a farsi sentire, non appena varcò la soglia del palazzo.
Non cercò neppure un conforto fisico in Umberto, perché temeva un suo rifiuto e, questo, le avrebbe sicuramente dato l’ennesimo dolore nel giro di appena due ore.
Quando sentì i familiari passi degli stivali del marito scendere la scalinata, alzò di scatto lo sguardo: il maggiordomo, il signor Villani, aveva obbedito alle parole dello sconosciuto che aveva riportato a casa la padrona, andando a chiamare zelante il visconte.
Umberto, alla vista del rivale, divenne ancora più nervoso e cominciò a sudare freddo: cercò con gli occhi grigioverdi quelli di Adele, ma vi rinunciò quasi subito, rendendosi conto che, così facendo, avrebbe potuto solamente illuderla.
E’ la cosa giusta, continuava a ripetersi, non posso tornare indietro, non devo tornare indietro.
Adele cominciò a sentire la testa pesante, mentre riabbassava lo sguardo per non reggere quello del marito: gli avrebbe volentieri sputato addosso, lo avrebbe aggredito se avesse avuto le forze necessarie, ma semplicemente decise di non puntargli gli occhi contro, perché non avrebbe resistito all’ennesimo confronto, preludio di molti altri che si sarebbero susseguiti da lì per sempre.
“Buongiorno …” esordì con voce piatta Francesco, una lieve ombra di sorriso sardonico ad increspare le labbra.
Era vestito, come al solito, impeccabilmente: si era cambiato la giacca blu notte, prima di scendere, per sostituirla con una nera, che contrastava chiaramente con il candore della camicia bianca e il cravattino di seta grigio chiaro, mentre la parte sotto del completo metteva in risalto le gambe naturalmente scolpite dell’uomo.
“Siete tornata, mia cara” continuò con lo stesso tono incolore “questo giovanotto che vi ha accompagnato è il vostro salvatore?”
Adele continuava a non guardarlo, stropicciandosi con rabbia le mani, nascoste dietro il semplice e rattoppato vestito che indossava.
Umberto non sapeva come presentarsi, ovviamente non aveva pensato all’eventualità di un confronto con il marito della sua innamorata, eppure era stato da stupidi varcare l’ingresso del palazzo alla stregua un’ospite gradito e invitato, quando così non era.
Avrebbe dovuto lasciare che Adele entrasse da sola, ma ormai non poteva più tornare sui suoi passi, quindi decise di stare al gioco di quell’arrogante:
“Non ho salvato nessuno, signore, semplicemente ho riaccompagnato … ”
Come avrebbe dovuto chiamarla? Moglie era indubbiamente il termine più appropriato, forse Adele era il compromesso migliore, sebbene le parole che gli premevano per uscire di bocca erano la donna che amo, e che sempre amerò.
Decise quindi per la via diplomatica e, proseguendo, spiegò:
“Adele mi ha raccontato della sua situazione. Ho creduto fosse la cosa più onesta per entrambi riportarla da … voi … ”
Entrambi chi? Avrebbe voluto controbattere la diretta interessata che, però, continuava a rinchiudersi nel suo combattivo silenzio, mentre Umberto proseguiva a bassa voce, lo sguardo perso ostinatamente da un’altra parte.
Il visconte, le mani dietro la schiena, aveva seguito con apparente disinteresse il monologo del giovane.
Approfittando di una pausa non voluta, ma dettata dall’imbarazzo e dall’assurdità di quella situazione, s’intromise nella conversazione, la voce seria e sempre incolore.
“Dovrei ringraziarvi per questo vostro gesto di estrema gratitudine?”
Umberto non trovò le parole per ribattere, mentre un’ombra di smarrimento si dipinse sul volto.
“Comunque sia, avete fatto la cosa più giusta, la più naturale. Ora potete andare” continuò, poco prima che il ragazzo lo interrompesse.
Francesco fece per avvicinarsi ad Adele, le sfiorò un braccio per attirarla a sé, nello stesso istante in cui lei si ritrasse come punta da mille aghi invisibili.
Tanto bastò per far reagire Umberto che, portandosi pià vicino alla giovane, sputò tutto quello che aveva sulla punta della lingua, ma che temeva di dire per l'inutile educazione con cui i suoi genitori gli avevano riemopito la testa fin da piccolo.
“Non era la cosa più giusta, ma era mio dovere farlo” e, trovando un coraggio che fino a quell’istante credeva di aver lasciato fuori dalla porta, continuò:
“Vi sembrava giusto rinchiudere vostra moglie tra queste mura? Quando due anni fa avete acconsentito a sposarla, le avete impedito di vivere, di essere veramente felice! Avete una bizzarra concezione della parola giustizia, signor visconte!”
Adele si risvegliò da quel mutismo selettivo in cui era piombata pochi minuti prima, sgranando gli occhi in direzione di Umberto: la ragazza pregò che, finalmente, fosse rinsavito, che l’avrebbe portata via di lì e che, insieme, sarebbero tornati da Maria, questa volta per sempre!
“Come vi permettete?!” cominciò a surriscaldarsi l’altro uomo, stringendo le mani a pugno, nuovamente nascoste dietro la schiena.
“Non ho finito di parlare, signor visconte! Voi a cosa avete rinunciato per Adele? Che cosa le avete donato in tutto questo tempo? Ve lo dico io: lusso, bei vestiti, immagino moltissimi gioielli, schiavi che la riverissero per colmare la solitudine che sentiva dentro! L’avete costretta a vivere in una prigione dorata, dalle pareti talmente spesse ma trasparenti, da impedirle qualsiasi contatto reale con l’esterno! Vi ho riportato vostra moglie, è vero, ma solo perché aspetta un figlio vostro, altrimenti vi giuro che non l’avreste mai più rivista!”
Un sorriso di beffa anticipò le parole di Francesco, che diresse i suoi passi verso Umberto, fronteggiandolo a pochi metri di distanza:
“Eppure la verità è questa! Mia moglie mi darà un figlio, nostro figlio, e questa situazione è sufficiente per farla allontanare definitivamente da voi e dai suoi capricci di ragazzina viziata! Ho sopportato ogni umiliazione solo per accontentarla! E quando l’ho finalmente stretta tra le mie braccia, quando ho ricevuto i baci di cui mi ha troppo a lungo privato, ho capito che la mia pazienza era stata ampiamente ricompensata! Non vi lega nulla, non vi legherà mai nulla! Voi siete il passato, siete un sogno infantile e inutile, IO invece sono il suo presente e il suo futuro, perché in questa storia l’unico perdente siete voi, caro Don Chisciotte dei mulini a vento!”
"Ora state esagerando! Non vi permetto di chiamarmi in tale modo!"
"Sono libero di definirvi nella maniera che più mi aggrada, povero illuso! Forse dimenticate dove siete? Che questa è la  mia casa, e il pavimento che voi state insozzando con il vostro inutile passaggio appartiene a me solo?! Non otterrete altro da noi, vi ho già congedato, quindi fatemi il favore di uscire da quella porta e di non ritornare mai più!".
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Umberto rinsavì sì, come appena pochi attimi prima aveva tanto sperato Adele, ma solamente per sferrare un pugno in viso al visconte, il quale traballò e si portò meccanicamente la mano sinistra a livello della mascella, scalfita dalla botta e da un rivolo di sangue che sporcava il labbro inferiore.
Francesco si scagliò a sua volta sul rivale, alzandogli il bavero del maglione e addossandolo violentemente contro il muro vicino al portone d'ingresso.
Di nuovo quella fitta insistente e fastidiosa colpì il ventre di Adele: voleva ribattere, voleva manifestare tutto il suo appoggio nei confronti di Umberto e delle sue parole, ma improvvisamente non riuscì più a pensare e a ragionare.
Il buio l’avvolse e non sentì più nulla, non provò più nulla, non pensò più a nulla.



NOTA DELL'AUTRICE

Ciao a tutti! Scusate l'immenso ritardo con cui aggiorno, ma in queste settimane e per quelle che verranno sarò fuori casa e fuori città causa stage universitario.
Venendo alla storia, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!
Abbiamo finalmente assistito al confronto tra Umberto e Francesco: come sarà finito? Cosa è accaduto ad Adele?
Vi avviso che ci saranno massimo due capitoli, proprio perchè non riesco pù a dedicarmi al racconto con l'impegno e il tempo che vorrei!
Grazie infinite a chi legge, recensisce e inserisce la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Mi avete sostenuto tantissimo!
Un abbraccio,
a presto, spero!
   
 
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