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Autore: lilac    30/12/2008    2 recensioni
Central Maze City, una metropoli come tante dove la corruzione e le ambizioni dei potenti sembrano dettare legge. Le uniche strade per sopravvivere sono l’indifferenza, il cinismo e il disprezzo per i propri simili. Ma, probabilmente, nemmeno queste cose bastano più. L’unica persona in tutta la città che sembra non avere a cuore niente e nessuno si troverà invischiata, suo malgrado, nelle mire del più malvagio e potente criminale istituzionalizzato del paese e, soprattutto, in un disegno ben più grande di lui, che pare coinvolgere l’intera umanità. Tra personaggi misteriosi e misteriosi poteri, scoprirà ben presto qual è il suo destino. Eppure, lui ne è convinto... I supereroi non esistono.
Piccolo Avvertimento: questa storia contiene alcune scene di violenza e linguaggio a tratti colorito.
Genere: Drammatico, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE (SECONDA PARTE):
Incredulità.


Hell’s Court, appartamento di Jason.
24 Dicembre, 7:40 a.m.

“Che vuoi dire con Oliver Shark non ha ottenuto tutto quello che ha in modo normale?”
Jason cominciava a sentirsi sempre più strano di fronte a quell’uomo. Da quando aveva iniziato a parlargli, non faceva altro che passare da un senso d’incredulità sempre più indispettito, quello di chi si sentiva preso per i fondelli, a una crescente curiosità e all’interessamento di chi, al contrario, sentiva istintivamente che in tutta quella follia c’era qualcosa di vero e soprattutto d’importante, che non poteva fare a meno di conoscere.
Il suo interlocutore aveva, inoltre, un modo di rivolgersi a lui che, se da un lato sembrava beffardo e dileggiante, riusciva in qualche maniera anche a rapire il suo interesse; in quelle espressioni sfuggenti e allusive, che sembravano comunicare più di quanto dicesse, e in quella sorta di serenità che nonostante tutto, dopo ormai diverse ore, continuava a mostrare come fosse un suo vecchio amico. Qualcosa in quell’ultima frase, che D. aveva accennato come fosse una tra le tante delucidazioni sulle svariate attività illegali di Shark, suggerì inspiegabilmente a Jason che era sul punto di scoprire qualcosa di rilevante.
“Insomma, spiegati meglio.”
“Voglio dire che non è dove è ora grazie a mezzi, come dire... convenzionali.” Il tono con cui aveva sottolineato quell’ultima parola aveva un che d’inquietante e Jason non aveva potuto fare a meno di notarlo. “Circa trent’anni fa, Shark fece una sorta di accordo. Potere, denaro e altre amenità da megalomane in cambio di... qualcosa cui avrebbe dovuto mostrare più affezione e attaccamento.” D. si era fatto di nuovo estremamente sarcastico.
“Non ti seguo. Mi stai dicendo che Shark ha fatto una specie di patto col diavolo o una cosa del genere?” domandò Jason palesemente scettico e vagamente derisorio.
“Più o meno, anche se ritengo che il diavolo sia un concetto semplicistico e sovrastimato, oggigiorno.”
La serietà della risposta lo lasciò all’improvviso piuttosto perplesso. “In che senso?” si lasciò sfuggire senza pensarci.
“Nel senso che non esiste” sospirò quasi annoiato l’altro. “Il diavolo. Le corna, il forcone e tutto il resto; e men che meno esiste la sua controparte con gli angioletti al seguito. E, naturalmente” precisò, come sottolineasse l’ovvio, “non sussistono patti con qualcuno che non esiste.”
Jason si ritrovò a commentare ad alta voce in tono esasperato. “Ora capisco anche meno.”
“Vedi...” L’altro, al contrario, si era fatto più riflessivo. “Come avrai avuto modo di notare tu stesso, il Bene e il Male invece esistono, in qualche forma riconoscibile.” Jason annuì involontariamente. “Ma è ovvio che non si tratti propriamente di due entità personificate.” proseguì l’uomo in tono vagamente disgustato. “Inutile dire che quelli sono solo patetici tentativi di dare un volto a qualcosa di ben più ineffabile, che trascende la dimensione e la... comprensione terrena.”
“Non mi dici niente di nuovo.”
A quel commento lapidario, D. si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto. “Tuttavia, per farla breve” decise di tagliare corto, notando l’espressione quasi tediata del suo interlocutore. “È possibile fare un accordo anche senza sapere con esattezza con chi lo si stia facendo; ed è quello che ha fatto Shark.”
“Spiegati meglio. Con chi, esattamente, avrebbe fatto quest’accordo?”
“Con quello che lui pensa sia il Male.”
“Quello che lui... pensa?” Il ragazzo non riuscì a nascondere ancora una volta la sua assoluta perplessità.
La reazione del suo interlocutore, invece, fu appena un sogghigno divertito. “Già. È piuttosto difficile spiegarlo in due parole...” S’interruppe un momento, seguendo un qualche ragionamento. “Beh, esiste una netta differenza tra ciò che puoi definire il concetto del Male assoluto, in sé, e l’immagine che fantasiosamente gli hai affibbiato.”
“E fin qui.”
“Ma non è questo il punto” proseguì. “Trent’anni fa, Oliver Shark ha ottenuto un grande potere, sacrificando una cosa preziosa e votandola al Male.”
“Cosa?”
“Non ha importanza” minimizzò. “Quello che importa è che quel patto ha avuto delle conseguenze spiacevoli con il passare degli anni.”
“Ovvero?”
“Si è venuto a creare un notevole squilibrio.” Jason lo fissò in silenzio. “La bilancia pende ormai da qualche tempo dalla parte del Male e le cose non tendono a migliorare. Il fatto è” ammise l’altro vagamente rassegnato, “che nonostante non possiamo fare a meno di goderci il momento, sappiamo perfettamente che, a lungo andare, questa situazione potrebbe ritorcersi anche contro di noi.”
Noi, eh?” La spensieratezza inquietante con cui D. aveva accompagnato l’ultima frase indusse Jason, quasi senza che se ne accorgesse, ad acuire il suo atteggiamento sprezzante.
L’altro non sembrò farci caso, apparentemente distratto ancora una volta dall’animale acciambellato ai suoi piedi. “Già, penso che ormai avrai capito in che squadra gioco.”
“In che modo, scusa?” Passò oltre Jason con una certa incredulità.
“Mettiamola così...” D. tornò a guardarlo negli occhi e a parlare in tono pacato. “Diciamo che l’eterna lotta che tutti pensano che si stia combattendo da sempre, in realtà, non è altro che un’amichevole partita a scacchi in cui i due avversari, a parte una cordiale antipatia dovuta a diversità di vedute, non si disprezzano affatto vicendevolmente; e tantomeno si contendono il dominio del mondo in una battaglia all’ultimo sangue... Quelle sono cose prettamente umane.” Sottolineò con un sorriso beffardo quelle ultime parole per poi farsi nuovamente serio. “Il problema è che se una delle due parti dovesse vincere davvero sarebbe un bel guaio; è questo il punto. Una volta che il Bene scomparirà del tutto, anche il Male cesserà di esistere, di conseguenza... O viceversa, se preferisci.” precisò provocatorio. “Sarebbe il caos. Capisci che voglio dire?”
“Più o meno. Ha un senso.” annuì Jason, non troppo convinto. “Non pensavo che Oliver Shark avesse tanto potere, comunque.” commentò poi in tono sarcastico.
L’altro sembrò accusare per un momento il colpo. “Non è lui in sé ad averne. Quell’uomo e i suoi favoreggiatori non sanno nemmeno lontanamente che cosa sia il Male, credimi.” Jason notò che era leggermente irritato e qualcosa, nel suo sguardo, per un momento sembrò suggerirgli di prendere sul serio almeno quell’affermazione. “Ma il potere di cui gode è un’aberrazione” proseguì D., ignorando l’impercettibile inquietudine che aveva notato nell’altro “che ha avuto i suoi effetti per più di trent’anni, proprio perché ha agito indisturbato in virtù di una circostanza innaturale. Non può continuare in questo modo. Nel modo più assoluto.”
Il giovane sembrò riflettere ancora una volta su quello che gli era stato detto. “Così, questa città è a un passo dallo sparire nel caos, eh?” dichiarò ritrovando un tono beffardo. “Saranno contenti i tizi del telegiornale; finalmente c’è qualcuno che dà loro ragione.”
L’altro sembrò per un momento scrutare sinceramente le sue reazioni, come per assicurarsi che avesse capito. Improvvisamente si alzò dalla poltrona e fece per raggiungere la porta che dava sul pianerottolo. “Ti faccio un esempio.” Jason si trovò a seguirlo con lo sguardo, allo stesso modo in cui aveva fatto il felino drizzando improvvisamente le orecchie. Quando il campanello suonò, esattamente in quel momento, non riuscì peraltro a nascondere la sua sorpresa.
“Signore, mi dà qualcosa per l’orfanotrofio di Hell’s Court? Vendiamo biscotti fatti in casa.” La ragazzina, sui dodici anni, si sforzò di sorridere all’uomo che aveva aperto la porta, con un certo imbarazzo.
“Non ho spiccioli, cara bambina, mi dispiace.” rispose gentilmente D.
Lei aggrottò per un momento la fronte con aria stizzita. “Se si vede lontano due isolati che sei ricco sfondato!” protestò. “Che ti costa?!”
“Non ti sembra di usare un linguaggio inopportuno, tesoro?” Fu la risposta cordiale che si sentì rivolgere un secondo dopo da quello strano individuo. In apparenza, tuttavia, la cosa sembrò irritarla maggiormente. “Senti, puoi anche darmi qualcosa, così me ne vado, ok? Già mi tocca farlo prima di scuola. Ci mancano solo gli spilorci come te!” sbottò insofferente.
D. si voltò verso Jason, allargando le braccia in segno di resa. “Visto? Il fatto è che le cose stanno così. Ora questa piccola insolente ti sembra insignificante, persino normale a voler essere cinico; sono le nuove generazioni, che non sanno cos’è il rispetto e blablabla... E invece, senza accorgertene, è il caos.”
“Parli come la mia maestra delle elementari” commentò sarcastico il ragazzo, a bassa voce.
L’altro sorrise sinceramente divertito, scuotendo appena la testa. “Ma guarda che mi tocca sentire.”
“Allora, signor ho–i–soldi-che-mi-escono-dal-culo, devo chiedertelo perfavoreeee? Non lo sai che i bambini poveri non possono comprarseli i tuoi bei pantaloni da damerino?” lo prese in giro la ragazzina, che aveva ascoltato le sue parole sbuffando.
D. sollevò leggermente il dito indice, facendo segno all’altro di aspettare, poi si voltò verso di lei. “E va bene, mi hai convinto.” Si chinò per parlarle all’orecchio e le disse appena due parole che Jason non riuscì a sentire, mentre le infilava in tasca un fascio di banconote. Il volto della ragazzina impallidì all’unisono con quel gesto e la sua espressione si contrasse in una maschera di terrore. Restò per un momento pietrificata, prima di riscuotersi alle parole apparentemente gentili dell’ospite, come fosse colpita da una fucilata. “Puoi andare, cara.” Scappò in preda al panico, senza farselo ripetere, correndo come un’indemoniata.
Il sorriso di Jason scemò nel nulla, quando sentì quella paura colpirlo con una violenza che non aveva mai avvertito prima. Osservò D., mentre tornava ad accomodarsi sulla poltrona come se nulla fosse, e per la prima volta cominciò a credere a quello che gli stava dicendo.
“Dicevamo?” lo apostrofò questi ricominciando ad accarezzare il gatto.
“Perché io? E cosa dovrei fare? Non potete fare qualcosa voi contro quel tipo, insomma non mi pare che abbiate bisogno di aiuto, così a occhio e croce.” commentò improvvisamente Jason, con un certo sarcasmo e una malcelata apprensione.
“Sì, giusto.” D. sembrò riprendere le fila del discorso. “Be’, ecco... In realtà è proprio grazie a questo tipo di interferenze passate che si è venuta a creare questa situazione. Non possono più verificarsi cose di questo genere, è imprescindibile.”
“E tu allora? Non è un’interferenza questa?” Il tono con cui lo chiese sembrava quasi una protesta.
“Non proprio.” dichiarò l’altro. “Io sono solo un semplice essere umano; come te. Anzi, probabilmente meno singolare di te. Che credi?”. Gli sfuggì un sorriso connivente. “E non sto facendo altro che raccontarti una storia, cui sei libero di credere o no.”
“Ma perché racconti questa storia proprio a me?” insistette l’altro.
“Perché sei una Nemesi.”
La risposta improvvisamente diretta e lapidaria, ancora una volta, lasciò Jason di nuovo senza parole. Lo fissò leggermente confuso, drizzandosi a sedere in una posa irrigidita. “Sono cosa?”
“Una Nemesi.” ripeté l’altro, assumendo nuovamente un tono accademico. “Gli antichi credevano che esistesse una sorta di giustizia compensatrice che distribuisse gioia o dolore nel mondo; per compensare, appunto, il bene e il male, affinché fossero in perfetto equilibrio fra loro.” spiegò in tono calmo. “Ovviamente, la consideravano una divinità.” Sorrise. “In realtà, al di là della mitologia, gli antichi non avevano tutti i torti. Nel tempo sono esistiti realmente degli individui particolarmente dotati, che si sono trovati in contingenze simili a quelle che viviamo oggi e hanno avuto questo ruolo... se così lo volessimo definire.”
“E sarei io, ma vuoi scherzare?!” proruppe improvvisamente Jason, iniziando a trarre le conclusioni da tutto quel discorso. Si alzò istintivamente in piedi spazientito.
Decisamente quel tipo stava oltrepassando ogni limite, con le sue storie.
“Mai stato così serio.” rispose serenamente l’altro, senza scomporsi. “In effetti, alcuni dei nostri oppositori erano propensi ad attendere che tu ti decidessi per conto tuo; quando saresti stato pronto. Ma non siamo tutti dello stesso avviso, come immaginerai.”
“Sai che ti dico? Che questa storia non è solo assurda, è semplicemente un’idiozia! A me non importa nulla di Shark, dei suoi accordi e di questa schifosa città. E tantomeno me ne frego di chi vince la partita a scacchi lassù o dove cazzo stanno giocando. Mi hai preso per un idiota, per caso?”
Nonostante riuscisse a non dimostrare una particolare agitazione, il ragazzo appariva ormai evidentemente irrequieto.
D. si limitò a osservarlo impassibile. “Già, come prevedevo.” Sogghignò sardonico, passandosi ancora una volta una mano fra i capelli. “Conoscendo la tua indole così altruistica e sensibile, immaginavo che l’idea di raccontarti tutto rendesse la cosa molto più interessante.”
Jason si voltò improvvisamente a guardare l’altro, che ridacchiava di gusto.
“Ma ti senti?!” Si sedette nuovamente, senza nascondere il suo totale scetticismo e il suo sarcasmo. “Ok. Sono qui, sul divano di casa mia, a prendere il caffè con una specie di man in black della metafisica che sostiene di essere un agente del Male, con la M maiuscola, il quale sta cercando di convincermi a usare i miei superpoteri contro il cattivo di turno, perché il suo potere è... come hai detto? Ah sì; un’aberrazione dell’equilibrio cosmico... per salvare il mondo dal caos.”
D. si limitò ad annuire pacatamente. “Direi che è un riassunto abbastanza esauriente della situazione, a parte qualche imprecisione.”
“Ma fammi il piacere! E poi, anche se ci credessi...” ammise con un’aria ormai palesemente divertita lui stesso. “Mettiamo pure che io decidessi di infilarmi un costumino attillato e una maschera da pipistrello e uscissi di casa a combattere il Male...” Quell’ultima parola suonò particolarmente beffarda. “Come diavolo pensi che ci riesca?!”
“Che vorresti dire?” chiese schiettamente l’altro.
“Dico che io non sono quello che credi.” protestò vagamente esasperato il ragazzo. “Leggo i pensieri, ok. Riesco a materializzare e a manipolare la paura della gente; ma queste stronzate psichiche funzionano con le menti deboli. Un qualsiasi ipnotizzatore ci riuscirebbe. Come pensi che possa competere con cyborg, armi tecnologicamente avanzate e tutte le risorse di cui dispone uno come Shark? Andiamo, questa storia sta diventando ridicola!”
D. sollevò per un momento gli occhi al soffitto. “E va bene, visto che ci siamo. Del resto sei rimasto ad ascoltare per tutto questo tempo.” sbuffò in un moto d’esasperazione. “Detesto il fatto che debba essere proprio io a fartelo presente, ma sei tu...” Il coltello che Jason vide saettargli contro sembrò materializzarsi dal nulla, tanto l’altro era stato veloce. “che credi di essere quello che non sei.”
La lama, ferma a mezz’aria a pochi centimetri dal suo volto, rifletté per un momento lo sguardo assolutamente sbalordito di Jason. Era stato lui a bloccarla? Con la sola forza del pensiero?
“Che cosa... Come...”
“Quello dovrebbe essere un giochetto per te.” rispose l’altro sovrappensiero.
“Come sapev... lascia stare.” si corresse da solo, mentre la lama fluttuava leggera verso il tavolino da caffè e si poggiava delicatamente su una rivista.
D. replicò con aria quasi annoiata. “Te l’ho detto, Jason, io ti ho solo ricondotto a casa.”
“Sono stato io a...” Il flusso dei suoi pensieri interruppe nuovamente le sue parole, mentre qualcosa di concreto cominciava ad affiorargli alla mente sottoforma di ricordo. Non era stato un sogno.
“Mi permetto di insistere.” affermò l’altro. “Esci da questa sorta d’inerzia in cui ti ostini a vivere. Chissà? Potresti anche scoprire che ti piace.”
Una serie di sensazioni lo colpì con violenza, mentre fissava il coltello sul tavolo. Possibile che non si era mai reso conto? Il tono divertito con cui D. aveva appena parlato lo sfiorò appena, perso ormai dentro mille domande e nella sua mente, in cui stava cominciando a scorgere cose mai viste. Possibile che quell’uomo sapesse meglio di lui... Ma chi diavolo era? Sollevò improvvisamente lo sguardo. “Aspetta, cos...” Al posto del suo interlocutore osservò una poltrona vuota e il gatto, sul pavimento, che attirò la sua attenzione con un miagolio.
Quando lo lasciò uscire dalla finestra, vide solo la solita strada; la signora Logan era appena uscita per andare a lavorare. E sotto la sua finestra, due gatti si stavano contendendo la piuma bianca di una colomba come fosse una preda succulenta.


CONTINUA...



taisa: Il misterioso D. continua ad essere misterioso anche quando si decide a parlare e Jason non ha ancora avuto la sua batmobile per Natale. Potremmo riassumere così gli ultimi sviluppi, se proprio volessimo... ok, la pianto di parlare come D. XD In realtà mi fa piacere che l'entrata in scena di questo nuovo personaggio contribuisca ad alimentare un po' il mistero e a ingarbugliare ulteriormente la situazione. È vero, D. ha una particolare propensione per i gatti, ma soprattutto ha il potere di ispirare un certo sarcasmo in Jason, sono contenta che si noti. Nel frattempo, la mia situazione attuale si può riassumere così: Grazie mille^^.

Lely1441: Che bello, sotto l'albero ho trovato una nuova lettrice quest'anno!XD Detto fra noi^^, le storie di supereroi di stampo "classico" non appassionano nemmeno me, a dire la verità, e Jason è nato un po' anche per questo. Sono molto contenta che tu l'abbia trovato "umano", preso un po' in mezzo in qualcosa che avrebbe preferito sicuramente evitare. L'entrata in scena di D. e dei suoi gatti XD, in effetti, sconvolgerà non poco ironicamente i suoi piani, perciò mi fa davvero piacere che la sua apparizione ti diverta. Grazie mille per aver colto tante cose in questi pochi capitoli. Spero che questa storiella continui a piacerti^^.

Tanti Auguri di Buon Anno a chi passa di qua (per caso e non XD)!


  
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