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Autore: Layla    04/05/2015    1 recensioni
Jennifer Jenkins è una cheerleader qualunque.
Tom DeLonge il suo stalker personale che vuole farla diventare la sua ragazza a tutti i costi.
Jennifer non sopporta Tom.
Tom la vuole.
Tutto statico fino a quando, dopo una serie di avvenimenti, Jen si accorgerà che forse non ha poi così bisogno che Tom esca dalla sua vita.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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3)Se stai troppo vicina a fuoco alla fine ti bruci.

 

I lunedì fanno sempre schifo e sono persino peggiori se sai che presto arriverà qualcuno a farti una predica. Mentre Cheryl copia fedelmente i miei compiti di mate, una ragazza dai lunghi capelli biondi, inguainata in un abito rosa fin troppo stretto avanza verso di noi con la sua falcata da modella: Madison.
“Ciao, ragazze. Passato un buon week-end?”
Cheryl annuisce, Jess invece grugnisce, io non rispondo.
“Tu cosa hai fatto Jen?”
“Mah, niente. I compiti, ho aiutato mia madre a cucinare, la solita routine.”
“Ti sei persa una svendita in uno dei grandi magazzini del centro, c’erano un sacco di cose carinissime.”
“Non ho molti soldi in questo periodo, forse dovrei mettermi a lavorare.”
“Lavorare?”
Lei sbarra gli occhi.
“No, tesoro. Le cheerleader non lavorano, fatti aumentare la paghetta dai tuoi.”
Io sospiro.
“Ci proverò.”
Penso che non me la aumenteranno, perché non siamo ricchissimi e io non ho voglia di sprecare troppi soldi in vestiti che andranno di moda quest’anno e poi saranno out il prossimo. Devo fare come Coco Chanel, crearmi un mio stile intramontabile, ma con la macchina da cucire sono un disastro.
“A cosa stavi pensando?”
Mi chiede petulante Maddie.
“A nulla.”
“Nemmeno a Chris? È molto dispiaciuto di come sia finito il vostro appuntamento.”
“Lo sai che ho un orario di rientro.”
“Sei troppo remissiva e poi comunque potevate pomiciare un pochino prima di andarvene.”
“Lo conosco a malapena.”
“E allora? È figo!”
Decido di lasciar perdere ed entrare, DeLonge fa i suoi soliti apprezzamenti da coglione, ma oggi non ho voglia né di ascoltarlo né tantomeno di rispondergli.
Sono già stanca e la prima ora non è nemmeno iniziata, quanto vorrei qualcuno che mi capisse!
Prendo i libri necessari ed entro nella classe di spagnolo, pronta per il compito in classe, Cheryl si siede accanto a me.
“Ti sei divertita alla festa?”
“Ti ho chiesto Madison di chiedermelo?”
“No, volevo solo saperlo. Perché sei così paranoica, Jen?”
“Perché questa forma di controllo che esercita mi dà fastidio e soprattutto mi dà fastidio che non accetti le mie decisioni e le mie idee.”
Il nostro dialogo viene interrotto dall’arrivo del prof che distribuisce i compiti, io inizio a scrivere in silenzio, chiedendomi se davvero posso parlare con Cheryl o è meglio che mi chiuda la bocca perché lei lo riferirebbe a Madison.
Finito il compito vado a fare due ore di arte, evitando Cheryl, magari le parlerò dopo.
Oggi tocca a me disegnare Tom e lo vedo piuttosto gasato.
“Oggi per due ore sarai obbligata a guardarmi.”
“Che culo, oh!”
“Fortuna o no, oggi non puoi scappare Jen.”
“Stai zitto e non muoverti.”
Gli intimo fredda, poi inizio a disegnarlo con mio sommo dispiacere. È un pessimo modello, ogni tre secondi deve grattarsi quello o questo, tanto che a un certo punto – piuttosto spazientita – appoggio la matita al cavalletto.
“Sentimi bene, DeLonge, se vuoi che ti disegni devi stare fermo. FERMO.
Così non va bene, continui a muoverti e se continuerai a farlo mi rifiuterò semplicemente di disegnare!”
Dopo la mia predica cerca di stare più fermo e in due ore ho abbozzato un disegno almeno decente. Alla fine dell’ora il prof passa da noi per controllare.
“Buono anche il tuo risultato, Jenkins.”
“Non si può dire lo stesso delle capacità di modello di Tom, si è mosso un sacco.”
“Lo so che Tom è iperattivo, ma te la sei cavata bene.”
Esco dall’aula e mi godo il breve intervallo, nascondendomi nel mio luogo segreto per fumare una sigaretta in pace. Se Madison sapesse che fumo mi farebbe un predica che finirebbe l’anno prossimo, perché le cheerleader devono avere uno stile di vita salutare ed essere un modello e bla bla bla.
Fa niente che poi si facciano tutti i ragazzi cosiddetti fighi, esponendosi a malattie sessuali e gravidanze indesiderate, la sigaretta è un oggetto vietato e da biasimare.
“Ipocrisia. Non c’è nient’altro che ipocrisia attorno a me.”
Borbotto a bassa voce.
Rientro in classe per fare le ultime due ore di letteratura e poi vado a mensa, Madison non fa altro che fare battutine sulle santarelline, tanto che a un certo punto cambio tavolo.
È un tavolo deserto, ma poco dopo Cheryl mi raggiunge.
“Sei qui per conto di Madison?”
“No, sono qui perché ti vedo strana.”
“La  festa di sabato è stata uno schifo, lui si è ubriacato, mi ha baciata senza un minimo di romanticismo, mi ha palpeggiata e alla fine sono stata costretta a guidare la sua macchina fino a casa mia. Lui sembrava e deluso dal mio comportamento, forse si aspettava una scopata, ma io non scopo con gli sconosciuti ubriachi, anche se sono solo fighi.
Madison non è d’accordo su questo, ma io voglio un po’ di romanticismo, vorrei qualcuno che tenga un po’ a me come persona e non solo come cheerleader.
Non sono come voi e non sono come quelli che bullate, non so cosa sono e mi sento imprigionata in una rete.”
“Madison ti sta organizzando un altro appuntamento con Chris.”
Io sospiro finendo la mia insalata.
“Ci andrò. Così almeno finirà questa pagliacciata.”
“Potresti perdere il posto in squadra.”
Io non dico nulla, penso a Dan e mi dico che vorrei assomigliargli almeno un po’, il necessario per non essere così perennemente indecisa e spaventata.
Ormai non c’è più nulla sul mio vassoio, quindi mi alzo seguita da Cheryl e butto via gli avanzi, pensando che – come i perdenti – la mia vita faccia schifo.
Esco dalla mensa e trovo Chris che mi aspetta, un sorriso dispiaciuto sui suoi lineamenti da bambino, un ciuffo di capelli biondi che gli ricade sugli occhi.
“Ehi, Jen. Come va?”
“Bene, tu?”
“Uhm, bene. Mi dispiace per sabato, ti ho fatto trascorrere una serata non proprio carina, posso avere la possibilità di rimediare?”
-“È solo un gorilla che si vanta di quante tizie scopa, vuoi davvero finire sulla sua lista?”-
“Uhm, perché no?”
“Sono felice di sentirtelo dire. Cosa ne dici di venerdì?”
“Va bene.”
“Vengo a prenderti alle sette, ti porto fuori a cena. A venerdì.”
Lui si allontana e io rimango a guardarlo, domandomi se ho fatto la cosa giusta.
“Ti ha invitata fuori di nuovo?”
Mi chiede Cheryl, io annuisco lievemente.
“Tu cosa gli hai detto?”
“Sì, ovvio no?
Non potevo certo dirgli di no.”
“Non sembri felice.”
“No, non lo sono. Non so se ho fatto la cosa giusta, la me stessa di qualche giorno avrebbe fatti i salti di gioia, ma vedere come è il vero Chris a quella festa mi ha aperto gli occhi.”
“Il principe azzurro non esiste.”
“Non ho bisogno di un principe azzurro, solo di un ragazzo che mi rispetti e che mi ami.”
Lei mi regala un sorriso triste.
“Hai ragione, da un po’ di tempo non fai più parte di noi. Qualcosa si è svegliato in te, Maddie ti butterà presto fuori dalla squadra.”
“Se me l’avessero detto qualche tempo fa mi sarei disperata, adesso non lo so, vedrò.”
Vado a seguire le lezioni del pomeriggio e quando finiscono vado in palestra a cambiarmi in vista dell’allenamento.
Prima che inizi vengo avvicinata da Madison.
“Ho saputo che Chris ti ha invitato fuori un’altra volta, vedi di dargli quello che ti chiede questa volta.”
Io non le rispondo e penso alle parole di mia madre, il liceo non dura per sempre, nessuno mi obbliga a sottostare alla sua dittatura.
Nessuno.
Devo solo trovare il coraggio di alzare la testa e ribellarmi, ma sono ancora troppo spaventata e poi voglio vedere cosa farà Chris per il nostro appuntamento.
Chissà perché mi ha chiesto di uscire un’altra volta?
Sabato mi sembrava scazzato da morire, perché non si cerca una ragazza più carina e più disponibile?
Forse perché per lui rappresento una sfida, una ragazza difficile da portarsi a letto e per cui bisogna impegnarsi. Non vedo altra spiegazione, quel gorilla è troppo impegnato a farsi qualsiasi cosa che respiri per pensare a una relazione seria.
Come ho fatto a pensare che potesse innamorarsi di me?
Dovevo avere due salami interi sugli occhi, come si dice?
Non c’è peggior schiavo di quello che non sa di essere schiavo.
Ah, la saggezza popolare ogni tanto ci azzecca.
L’allenamento a cui ci sottopone Hitler oggi è massacrante, quando finalmente ci permette di andare a casa mi fanno male tutte le ossa e non vedo l’ora di farmi una doccia nel mio piccolo bagno privato che ho in camera.
Arrivo a casa, parcheggio, saluto la mia famiglia e mollo la roba di scuola in camera, poi finalmente mi faccio una doccia.
Il calore e lo scorrere dell’acqua mi sciolgono un po’i muscoli e alleviano il dolore, uscita mi sento meglio o quantomeno pronta per affrontare i compiti, che – per fortuna – non sono molti.
Sul cell c’è un messaggio di Maddie che ignoro, immagino mi darà dei consigli per “accontentare” Chris, peccato che non sia quello che voglia io.
Io  ho altri progetti.

 

Venerdì arriva con una lentezza esasperante e io sono stretta tra l’incudine e il martello, da una parte c’è Madison che mi pressa perché ci stia con Chris, dall’altra c’è Tom che continua a provarci con me.
Basta!
Vorrei trascorrere una settimana da fantasma per disintossicarmi da tutta questa attenzione non voluta. Mi sento come un burattino con due burattinai che tirano uno da una parte, uno dall’altra.
In ogni caso è finalmente arrivato l’ultimo allenamento della settimana e io posso tirare un sospiro di sollievo, scappo via non appena Maddie dà il segnale. Immagino che lei voglia parlarmi, ma io non voglio ascoltarla, ne ho le scatole piene. Adesso capisco alla perfezione perché la chiamino troia e – pur essendo una mia quasi amica – devo ammettere che hanno ragione.
Non fa altro che parlare di ragazzi e di quello che ci ha fatto, io ogni volta mi trattengo dal dirle che – se non si dà una calmata – presto si ritroverà incinta o con l’aids.
Arrivata a casa mia, invece di entrare, decido di fare una passeggiata nel parco che c’è lì vicino. Ho bisogno di pace e silenzio.
Tanto silenzio.
Salgo su un’altalena lasciata libera dai bambini e inizio a spingermi, cercando di non pensare a nulla, a concentrarmi su quello che vedo. L’azzurro limpido di un cielo autunnale, attraversato solo a tratti da nuvole dorate e da qualche uccellino, sui colori delle foglie, sul verde acceso del prato.
Lentamente sento la mia mente svuotarsi e riempirsi di tutta la meraviglia che provoca la scoperta delle piccole cose.
Ora sì che mi sento meglio!
Con un salto agile e aggraziato scendo dall’altalena e vado a casa mia, dentro c’è un buon odorino: mamma sta cucinando e io non mangerò nulla delle sue pietanze.
Salgo al piano di sopra e mi faccio subito una doccia, radendomi più per la forza dell’abitudine che per la voglia di fare qualcosa dopo la cena con Chris.
Mi metto un tubino nero molto accollato, mi trucco leggermente e metto qualche gioiello, poi scendo al piano di sotto e guardo un po’ di tv mentre la mia famiglia mangia.
Alle sette precise suona il campanello, io mi metto un paio di scarpe a tacco alto e la mia giacca e li saluto ricevendo borbottii indistinti.
Chris mi sta aspettando appoggiato negligentemente alla macchina, con il suo solito ciuffo e vestito elegantemente.
“Buonasera, Jennifer. Stai benissimo vestita così.”
“Anche tu.”
Mi apre di nuovo la portiera e poi sale al posto del guidatore e partiamo.
“Dove mi porti di bello?”
“In un posto che spero ti piaccia.”
Mi risponde lui con un sorriso disarmante.
“Oh, sono sicura che sarà un bel posto.”
Rispondo io con un sorriso falsissimo.
No, non c’è attesa, non c’è elettricità o desiderio di stare con lui; solo voglia di finirla alla svelta.
Si ferma in una pizzeria molto carina sul mare, dove ci riservato un tavolo che dà sulla baia: maledettamante romantico. Si vedono le luci della città e delle navi.
“Ti piace?”
“Molto.”
Lui mi sorride
“Fanno un’ottima pizza.”
“Non vedo l’ora di assaggiarla.”
Una cameriera ci porta due menù e regala un sorrisone a Chris, lui ricambia, ma la cosa non mi turba. È come se non ci fossi io a questo appuntamento, ma qualcun altro.
Inizio a consultare il menù tanto per fare qualcosa, so già che prenderò una margherita, la più leggera, adatta a una cheerleader.
Una decina di minuti dopo la cameriera è di ritorno e fa di nuovo gli occhi dolci a Chris, che li ricambia apertamente. E per fortuna eravamo partiti con il piede sbagliato alla festa di Ed!
Visto il silenzio che si è creato tra di noi inizia a parlare degli allenamenti, della squadra e delle loro possibilità di successo. Io lo ascolto fingendomi interessata, almeno non devo parlare perché altrimenti finirei per chiedergli se una volta si è mai sentito preso in giro da questa gerarchia sociale del liceo.
Lui non capirebbe, lui sa di essere al vertice e ci sta bene, senza farsi troppe domande. Fa quello che gli piace, ha le ragazze che vuole e quando andrà al college continuerà a giocare più che a prestare attenzione alle lezioni nella speranza di essere notato e diventare famoso e pagato.
Non ha tempo e forse nemmeno la struttura mentale per pensare che tutto questo è solo una gabbia.
Arrivano le pizze e lui si getta sulla sua dopo avermi augurato “buon appetito”, devo ammettere che ha scelto una buona pizzeria: il cibo è davvero buono.
Io mi gusto la mia con lentezza, ovviamente non ordino il dolce e non rubo un po’ del suo. Una cheerleader non ordina mai dolci.
“È stata una bella cena, non è vero?”
“Sì, molto bella.”
No, una rottura di palle su di te, la tua squadra e il tuo cazzo di futuro di cui io non farò parte, grazie a Dio.
“Che facciamo adesso?”
Gli chiedo.
“Mh, una passeggiata.”
Ci alziamo e lui paga per me, la cosa mi infastidisce un po’ perché so che nella sua ottica, ora gli devo qualcosa.
Usciamo nel locale e ci incamminiamo lungo la marina, io presto più attenzione al cielo in cui sono sorte le prime stelle e la luna, al mare che si infrange in onde calme lungo la spiaggia e alle bancarelle.
Lui non prova a prendermi per mano, ma ha un ghigno che non mi piace: uno di quelli di uno che pensa di essersi meritato qualcosa. La mia verginità, in questo caso, ma io non cederò.
Io non voglio che la mia prima volta sia con lui, Dan ha ragione: è solo un gorilla, niente di più e io voglio qualcosa di diverso per me. Adesso ne ho la certezza.
Mi infilo in parecchi negozi e compro qualcosa tanto per tirare l’orario a cui deve portarmi a casa, per un po’ me lo lascia fare e penso di essere al sicuro. La mia sicurezza  inizia a vacillare quando mi trascina in un vicolo buio tra la spiaggia e il lungomare.
Faccio per protestare, ma lui mi ficca prepotentemente la lingua in bocca, io mi dimeno un po’, lui prende i miei polsi e li stringe portandoli sopra la mia testa.
“Ti ho pagato il ristorante e le stronzate che hai comprato, puttana. Una scopata me la devi.”
Io cerco di dimenarmi ancora di più e lui mi tira un violento ceffone e mi rificca la lingua in bocca per evitare che io urli, intanto con una mano mi strizza un seno.
Inizio lentamente a piangere.
“Sì, piangi. Amo le puttane che piangono mentre le fotto!”
Con poca gentilezza mi strizza ancora le tette e prova a baciarle, ma io urlo e lui è costretto a darmi un’altra sberla. Vorrebbe togliermi le mutande, ma non ci riesce così si toglie la cintura, i pantaloni e i boxer prima. Tenta di nuovo di baciarmi le tette, ma io urlo.
La prima cinghiata mi arriva dritta in pancia, istintivamente mi volto e il resto dei colpi lo ricevo sulla schiena, non si ferma fino a che non sento un liquido caldo sulle pelle.
Sangue.
Con un’ultima manovra mi strappa le mutandine e sta per violentarmi del tutto quando qualcuno me lo toglie di dosso. Istintivamente mi abbasso il vestito e cerco di coprirmi i seni.
Sento dei rumori di lotta e poi vedo il volto del mio salvatore:Tom.
Senza dirmi niente mi dà la sua felpa e mi prende in braccio, io gli sussurro le indicazione per dove ho lasciato la macchina come un trance.
Trovata, mi mette sul sedile passeggeri e si mette alla guida. Mi porta a casa e non mi viene nemmeno in mente di chiedergli come sappia il mio indirizzo.
Arriviamo a casa mia e lui mi prende di nuovo in braccio e suona il campanello, apre mia madre e urla non appena mi vede.
Mio padre e mio fratello accorrono.
“Chi è stato?”
Chiede duro il primo, in quanto a Dan corre fuori, prende una mazza da baseball dal garage e poi la mia macchina. I miei sono talmente scioccati che non tentano nemmeno di fermarlo, lo guardano e basta
“Chi è stato?”
Chiede di nuovo mio padre.
“Chris McBridge. Tom mi ha salvato, ha impedito che…”
Mormoro io con un filo di voce.
“Il figlio dell’avvocato?”
“Sì, mi ha frustato sulla schiena. Fa male.”
I miei e Tom si guardano sconvolti.
“Grazie, ragazzo. Adesso è meglio che tu vada a casa, Jen deve risposare.”
“Sì, signore. Posso chiamare domani per sapere come sta?”
“Sì, certo.”
“Allora, arrivederci.”
Tom se ne va e mio padre chiude la porta.
“Domani parlerò a suo padre, ti prenditi cura di Jen.”
Mia madre mi porta in bagno e poi va a prendere dei vestiti e della biancheria puliti. Io mi tolgo lentamente il vestito, lei urla quando vede i segni delle frustate, facendo accorrere di nuovo mio padre.
“Io lo denuncio.”
“Sì, tesoro. Ma adesso esci, Jenny si deve cambiare.”
Mi cambio e poi mi butto a letto, a pancia in giù sperando che tutto questo sia solo un incubo.
Un fottuto incubo di quelli che ti gelano la mattina alzata.
È la realtà.
La dura, fottuta e schifosa e realtà.
Il dolore pulsante alla schiena me lo ricorda ogni minuto, ogni secondo.
Ho voluto giocare con il fuoco e mi sono bruciata.
Inizio a piangere silenziosamente. Non voglio più fare parte dei popolari, non voglio più fare parte di nessuno gruppo, voglio solo sparire.
Sparire insieme al dolore che mi porto dentro.
Lacrima dopo lacrima cado finalmente tra le braccia di Morfeo.

Angolo di Layla.

Mi piacerebbe ricevere qualche recensione.

   
 
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