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Autore: suni    30/12/2008    7 recensioni
Giuseppina, per gli amici Giù, Pi per gli affezionati. Diciotto anni di goffaggine, sfortuna e individualismo. Quando suo malgrado cambia città e arriva nella nuova scuola non si aspetta altro che una nuova scarica di sfighe, e invece la ruota sembra girare. Perché Eva è una vicina di banco strepitosa, Francesco l’amico ideale, Greg, Lalla, Patty e Jack la compagnia perfetta. Ma Giù è Giù e la vocina nella sua testa le ricorda che non può essere su.
E difatti c’è un un ma. Un ma alto e biondo, con tanto di occhi azzurri, adorabili fossette e giacca arancione.
Tra serate alcoliche adolescenziali, improbabili sessioni cinematografiche, confidenze tra i banchi e risate miste alle lacrime, Giù scoprirà che anche affrontare i cambiamenti non è un’impresa impossibile. E che ad essere se stessi, alla fine, c’è soltanto da guadagnare. Anche quando si è, appunto, insostenibilmente Giù e tassativamente…sfortunati?
Genere: Generale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ahm…

Il Natale e il torpore post-banchetti mi hanno un tantino rallentata, ma eccomi di ritorno per la vistra…bah…gioia.

Buona lettura.

suni

 

 

II. FRA’

 

Giù continuò a chiacchierare con Eva per entrambe le ore di matematica. O meglio, ascoltò il ciarlare leggero e spumeggiante della sua nuova amica che la informava su quanto di immancabile occorreva sapere del loro liceo, sulle attività ricreative e serali più interessanti che la città forniva e sui suoi personaggi di maggior spicco.

Giù pensò di chiederle informazioni sul misterioso e bellissimo Tizio che l’aveva abbagliata alla discesa dall’autobus, ma non le riuscì di trovare il coraggio per riferire l’episodio. Poi, appena suonata la campanella dell’intervallo di metà mattinata, Eva si volatilizzò in uno sventolio di capelli abbandonandola nelle mani di Francesco.

“Allora, Giù,” inizio amichevolmente il ragazzo facendole strada verso la macchinetta del caffè. “Cosa fai di bello fuori da scuola?”

Per un secondo lei ebbe il terrore che le stesse chiedendo di uscire come esordio, poi realizzò di aver leggermente travisato e le sfuggì un sorriso. Come se chiunque potesse avere l’idea di innamorarsi di lei semplicemente vedendola, con quei capelli allucinanti e le borse agli occhi e la sua goffaggine innata. Ridicolo.

“Non so,” iniziò, incerta. Non era affatto facile parlare di sé, ma Francesco la guardava senza pressioni, camminando mani in tasca, e la cosa la rilassò. “Veramente, niente di speciale. Mi piace stare con gli amici, fare cose normali tipo andare ai concerti oppure al cinema…”

“Ti piace il cinema?” la interruppe lui, illuminandosi.

Passarono il resto dell’intervallo a parlare dei loro film preferiti. Giù quasi urlò di entusiasmo quando seppe che anche lui da bambino aveva visto cento volte Labyrinth anche se era un film vecchissimo e che aveva all’attivo anche innumerevoli visioni di Lèon perché Gary Oldman era spaziale. Aveva guardato anche lui tutti i film con Johnny Depp, nonostante fosse un maschio eterosessuale, perché lo riteneva un attore straordinario e infine gli piacevano i Monty Python.

Giù decise che Eva aveva buon gusto in fatto di amici.

“Ma dov’è andata quell’altra?” chiese a quel punto, guardandosi intorno mentre Francesco gettava via il bicchierino del caffè ormai vuoto.

“Eva, dici?” chiese Francesco con sorrisetto paziente, stringendosi nella spalle. “Sarà andata a cercare Stef,” commentò distrattamente.

Stef?” ripeté Giù, incuriosita.

Francesco sogghignò, saputo.

“Il suo principe sul pisello,” spiegò scherzoso, con un sospiro melodrammatico. “E’ il suo nuovo straordinario ragazzo e non riesce a staccarsene per più di tre ore consecutive. Fa sempre così ma tanto poi li molla. Greg dice che questo non regge fino a Natale,” concluse grave, annuendo tra sé.

Greg, considerò lei facendo mente locale, era il bruno coi capelli in faccia dell’ultima fila.

“Ma a me sembra che Stefano le piaccia più degli altri. Magari se lo tiene fino a Carnevale.”

Giù scoppiò spontaneamente a ridere a quell’ultima affermazione buttata lì casualmente, mentre la campanella sanciva la fine dell’intervallo. Seguì Francesco verso l’aula con un insolito senso di ottimismo, perché aveva immaginato quella mattinata infinitamente più catastrofica di quanto si stesse rivelando.

“E tu non hai lasciato un principe a Trento?” chiese svogliatamente lui, salendo le scale.

Giù scosse la testa.

“Lui ha scaricato me, ma prima che saltasse fuori del trasferimento. E tu?” si affrettò a concludere, per non attardarsi sul pensiero malinconico di Paolo che le aveva spezzato il cuore a metà e ci aveva giocato a freccette.

Francesco si grattò pensosamente il mento, vago.

“Ci sto lavorando,” borbottò indeciso. “Ti farò sapere, all’occorrenza.”

Eva era già in classe e sorrideva radiosa. Francesco le fece un occhiolino e lei rispose con un artefatto sospiro sognante, portandosi melodrammaticamente la mano alla fronte.

Nell’ora successiva Giù le rese noto di essere venuta a conoscenza dell’esistenza di tale Stef e Eva si dilungò nell’illustrarle della festa di Halloween durante la quale era riuscita ad accalappiare l’ambita preda, che quella storica sera suonava il basso nella sua band scalcinata, quindi passò ad illustrare senza troppe cerimonie le sue interessanti prestazioni sessuali delle ultime due settimane e finirono per farsi rimproverare entrambe dalla professoressa di chimica, perché ridevano leziosamente con strombettii soffocati.

Nel cambio d’ora Eva raggiunse i tre ragazzi in fondo e Francesco tornò a sostituirla.

“Ci scommetto che so di cosa parlavate quando la prof vi ha cazziate,” esordì ridendo, e Giù sorrise colpevolmente.

“Di principi sul pisello,” ammise divertita.

Francesco le sganciò un occhiolino, malizioso.

“Ne dobbiamo trovare uno anche a te?” chiese, con fare losco.

Giù esitò, prima di lanciarsi in un inusuale slancio di confidenza.

“Credo di aver visto l’uomo dei miei sogni sull’autobus. L’ho guardato in faccia e nel mio cervello è partito il coro dell’Angelus della messa di San Pietro,” annunciò rapita, ricordando il meraviglioso sorriso di Tizio, le sue fossette e le sue dita affusolate.

“Però…C’era il dolby surround?” s’informò lui interessato.

Giù annuì solennemente e il ragazzo emise un fischio ammirato.

“Cazzo. Allora è Amore Vero,” commentò grave.

Scoppiarono a ridere in coro. Quando la professoressa di inglese entrò in classe e Eva tornò al suo posto stavano ancora sghignazzando come deficienti.

All’uscita da scuola Giù aveva stabilito definitivamente che la sua proverbiale sfiga l’aveva abbandonata, forse per non fare ritorno. Non c’era altra spiegazione al fatto che le due persone che le camminavano accanto le fossero simpatiche, che la sua sedia non si fosse rotta per ragioni ignote capottandola in terra ed esponendola al ludibrio dell’intera classe, come le era successo il primo giorno del primo anno di liceo, che il suo zaino non si fosse rotto riversando il proprio contenuto per le scale e che nessuno avesse commesso atti di bullismo nei suoi confronti.

Oppure, come una vocina savia continuava a sussurrarle nell’orecchio, c’era una madornale fregatura che l’aspettava perfidamente. Ricordati che sei Giù, ribadiva la vocetta, malvagia, e se sei giù non puoi essere su.

“Ci vediamo domani, Pi,” la riscosse Eva, sfiorandole il braccio, quando ebbero oltrepassato il portone d’ingresso nella calca degli studenti in uscita.

“Io…” mormorò lei, interrompendosi quando la mano di Francesco fece comparire magicamente nel suo campo visivo un pacchetto di sigarette. “Grazie!” trillò sollevata.

Il ragazzo si era sistemato accanto alla parete, per togliersi dal passaggio, ed Eva stava piantata accanto a lui. Giù li imitò, cavando fuori l’accendino dalla tasca del cappotto e rischiando poi di dar fuoco alla propria sciarpa.

Per qualche secondo nessuno dei tre parlò, quindi lei si calcò meglio il berretto sulla testa. I suoi capelli cominciavano a sembrare spaventosamente afro.

“Io vi ringrazio,” iniziò, di slancio. “Ero terrorizzata dal primo giorno di scuola perché sono sempre stata una sfigata cronica,” illustrò con una smorfia.

“Ti aspettavi un tormento?” chiese Eva, divertita.

Giù annuì, stringendosi nelle spalle.

“Pensavo che come minimo un gruppo di skinhead mi avrebbe appesa per le mutande al lampadario e invece tu mi hai persino offerto il caffè,” specificò, con un cenno del capo verso Francesco.

“Capirai, per trenta centesimi,” bofonchiò lui, palesemente lusingato.

Giù sorrise un po’ impacciata, stringendosi nelle spalle per ripararsi dal freddo. Eva continuava a guardarsi intorno con febbrile aspettativa e Francesco lanciò alla nuova amica un’occhiata d’intesa, cui Giù rispose con un ghigno malefico mentre il suo piede s’incastrava da solo in una crepa del marciapiede. Si aggrappò prontamente al ragazzo per evitare un capitombolo e quasi lo strangolò con il collo dell’eskimo.

Forse la sua nuova fortuna era strettamente circoscritta al perimetro interno del liceo Calvino.

“Allora, il tuo principe?” interloquì, recuperando l’equilibrio mentre Francesco tossicchiava.

Eva sbuffò pazientemente, scrollando la testa.

“La quinta b esce sempre per ultima e Stef è l’ultimo degli ultimi. È lento come la fila alla cassa della Coop,” illustrò rassegnata.

L’autobus numero 64 veleggiò in quel momento verso la fermata e Giù lanciò uno strillo, riconoscendolo.

“Il mio autobus!” ragliò allarmata, lanciando via la sigaretta che mancò di poco il cappuccio di un estraneo sfortunato. “Devo correre!”

“A domani!” la salutò Francesco, mentre Eva sventolava la mano sul suo scatto da velocista. Giù caracollò di corsa verso l’automezzo con lo zaino che rimbalzava sulla schiena, travolse due ragazzini del primo o secondo anno e si spappolò una tibia contro un idrante. Balzò sull’autobus all’ultimo secondo sventolando le braccia come pale di mulino, perse il berretto appena messo piede a bordo e la foresta dei suoi capelli esplose libera.

Ansimò, abbandonandosi contro il finestrino, mentre tentava di recuperare il fiato e si guardava cautamente intorno, speranzosa. Esaminò attentamente tutti gli altri passeggeri ma purtroppo non c’erano tracce di Tizio, della sua giacca raccapricciante e del suo sorriso da denuncia per molestie.

Peccato.

Sua madre la aspettava impeccabile con un piatto di maccheroni al sugo e un trancio di torta sacher grosso come un comodino. Era una fanatica della buona cucina e tra le mille attività cui si dedicava c’era quella di preparare leccornie per tutta la famiglia. Era quel genere di cuoca che ama preparare prelibatezze anche per se stessa e Giù non capiva come mai non fosse grassa come un porcello, ma questo le dava buone speranze per il futuro. Dopotutto le somigliava molto: da lei aveva preso i capelli a bomba atomica, i piedi a papera e la faccia tondeggiante, anche se disgraziatamente non possedeva un’oncia del suo carisma vulcanico e della sua grazia naturale.

“Allora, Pi, questa nuova scuola?” chiese Serafina, speranzosa.

La ragazza si sfilò il cappotto con espressione pensosa, emise uno sbuffo depresso e infine si aprì ad un sorriso luminoso.

“Ho due amici,” annunciò, ancora sorpresa lei stessa per quel felice evento.

Trascorse le due ore successive spiegando a Serafina tutto quello che le riuscì di descrivere di Eva, Fra’, il professor Ventura, la bidella, il Preside, la macchinetta del caffè, il suo banco verde e la corsa alla fermata. Quando smise di parlare le faceva male la gola e si sentiva contenta come non aveva pensato di poter mai essere nella nuova città.

Era dannatamente strano.

Forse stava diventando Buffy..?

 

 

 

 

 

 

 

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Nunichan: Oh, grazie! Ahm, ammetto che al momento non so nemmeno bene io dove andrò a parare, la trama ha già subito tre modifiche sostanziali ma a grandi linee il fulcro continua a rimanere il medesimo. Quanto a Tizio… ^__^ L’effetto voluto era un po’ quello lì. Mi fa piacere che tu voglia seguire la storia, spero davvero di non deluderti.

Sky88: Certo che puoi chiamarla Pi, anzi, a lei fa molto piacere. Non ti azzardare ad uscirtene con Giusy o ti sfranteca la faccia. ^__^ Che altro dire…speriamo bene. Mi auguro di riuscire a mantenere la storia interessante. Grazie, alla prossima.

Aglaia: tesoro, tu mi commuovi. “Pasticcino”, awww! Lo so che mi sei fedele, e non sai quanto ti sono grata per questo. Davvero. Quanto alla nostalgia del liceo…bah. Per certe cose forse sì, ma la vita da universitaria mi calzava molto di più. Che altro…ah sì. La battuta, vedi, Giù se la fa anche da sola…^__^ Apresto, besos.

linduzz: Grazie! Ti somiglia? Beh, almeno vorrà dire che è un pochino realistica, il che mi conforta. Spero il resto della storia ti aggraderà altrettanto, alla prossima.

   
 
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