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Autore: Miss Fayriteil    05/05/2015    1 recensioni
Questa storia è nata un po' per caso, volevo provare a scrivere un romanzo rosa, nello stile di Lauren Weisberger o Sophie Kinsella, che mi piacciono molto. Mi sono ispirata un po' anche alla coppia che amo di più in Grey's Anatomy. Capirete perchè. La trama... è un romanzo, una storia d'amore. La donna single che trova l'amore della sua vita. Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La famiglia si allarga



 
 
Contrariamente a quanto avevano deciso alla festa per l’adozione di Erica solo pochi mesi più tardi, cioè il giorno del suo primo compleanno, l’argomento del secondo figlio venne affrontato di nuovo e questa volta proprio da Dana. Non ne avevano più parlato soprattutto perchè a settembre ci fu il loro primo anniversario di matrimonio e i loro tre giorni a New York dovevano essere assolutamente privi di bambini. Erica era rimasta tre giorni con Benji e la sua famiglia. Deena e Sam erano stati contentissimi all’idea che la cuginetta stesse da loro per un po’. La gita nella Grande Mela era stata assolutamente perfetta e il modo migliore per festeggiare un anniversario di matrimonio. Ali credeva di non avere mai fatto così tanto sesso in vita sua e al ritorno si sentiva magnificamente.
  Circa un mese più tardi arrivò il giorno del compleanno di Erica e loro decisero di organizzare una festa per l’occasione. Dana preparò una bellissima torta a forma di “uno” ed entrambe si diedero da fare per sistemare il giardino. Nonostante fosse ormai fine ottobre, il tempo era soleggiato e tiepido, e così avevano deciso di allestire la festa all’aperto. Era un’occasione unica a Seattle, perciò avevano voluto approfittarne. Poi quella sera era la vigilia di Halloween quindi anche il loro giardino, come quelli delle case del vicinato, era già decorato con zucche, candele arancioni e vari addobbi a tema. Mentre apparecchiavano il tavolo sotto il gazebo Dana fece un commento così a bassa voce che sarebbe potuto essere rivolto solo a se stessa. E probabilmente era proprio così.
  «Però sarebbe bello avere un altro figlio, in effetti» mormorò. Ali si voltò di scatto verso di lei.
  «Che hai detto?» le chiese. Credeva di aver capito, ma non ne era sicura. Dana strinse le spalle.
  «Non ho detto niente» mentì. Ali la guardò stringendo gli occhi.
  «Non è vero...» disse. «Ho sentito chiaramente la parola “figlio”. Cosa stavi dicendo?»
  «E va bene» acconsentì Dana, «ho detto che in effetti mi piacerebbe avere un altro figlio. Contenta?»
  «Pensavo che per ora non dovessimo parlarne» osservò Ali esultando in silenzio. «Credevo che avessimo deciso che intanto era ancora troppo presto».
  «Lo so» sospirò Dana. «Però ho anche pensato che non voglio che Erica rimanga figlia unica troppo a lungo e se tu vuoi restare incinta dobbiamo cercare un donatore e potrebbe volerci tanto tempo».
  «Hai ragione. Non vedo l’ora di farlo, tesoro!» esclamò Ali. Dana sorrise.
  «Sì, lo immaginavo» osservò. Sospirò e aggiunse: «Adesso però possiamo concentrarci sulla festa di compleanno per nostra figlia? Quella che abbiamo già?»
  «Assolutamente. Certo» rispose Ali sistemando alcuni piatti di carta su un tavolo. «Hai ragione». Si voltò all’improvviso e si trovò Dana davanti agli occhi. Sorrise, l’afferrò per il collo della camicia e le diede un bacio molto appassionato. «Quanto ti amo...»
  «Ti amo anch’io, Ali...» fece Dana stupefatta ricambiando il sorriso. «Che succede?»
  «Niente... Sono felice» rispose Ali stringendosi nelle spalle.
 
La festa cominciò un paio d’ore più tardi. Il giardino brulicava di bambini che correvano con in mano biscotti e caramelle gommose, inseguiti dai propri genitori. Erica era ormai sul punto di muovere i primi passi, perciò le sue mamme la tenevano costantemente d’occhio, emozionate. Ali, aveva addirittura la precisa sensazione che sarebbe accaduto proprio quel giorno. E aveva ragione.
  Successe in maniera del tutto naturale. Loro due erano in piedi in mezzo al giardino, mentre Erica era a mezzo metro da loro seduta nell’erba. A un certo punto si alzò in piedi e come se niente fosse mosse alcuni passi barcollanti nella loro direzione. Ali e Dana si guardarono incredule. «Sta camminando!» esclamarono in coro. Ridacchiarono entrambe e Dana aggiunse: «Non ci posso credere! È il suo compleanno e praticamente fa un regalo a noi». Si inginocchiò fino ad arrivare all’altezza della bambina, appena in tempo per accoglierla tra le sue braccia.
  «Tesoro, sei stata bravissima!» le disse e lei rise. Le diede un bacio sulla guancia e si rialzò tenendola in braccio. Ali intanto aveva assunto un’espressione pensierosa.
  «Come credi che ci chiamerà?» chiese all’improvviso. Dana le lanciò uno sguardo interrogativo.
  «Che intendi dire?» le domandò. Ali scrollò le spalle.
  «Mi chiedevo se ci chiamerà “mamma” tutte e due. In quel caso potrebbe creare un po’ di confusione. Pensi che dovremmo insegnarle a chiamare una di noi due in modo diverso?»
  «Sì sarebbe una buona idea» osservò Dana. «Dio non posso crederci che comincerà a parlare, ma quanto è cresciuta? Mi sembra ieri che l’abbiamo incontrata in ospedale...»
  «Lo so... sono volati questi mesi, vero?» disse Ali baciando prima sua moglie e poi sua figlia. Dana fece tornare Erica a terra che mosse ancora qualche passo incerto prima di cadere pesantemente sull’erba. Ali si allarmò subito, ma la bambina, senza fare una piega si rialzò e ricominciò a camminare. Loro due si guardarono e sorrisero, poi Dana chiese: «Tagliamo la torta?»
  «Certo» fece Ali stringendosi nelle spalle. Andò a prendere Erica che era sempre impegnata a gironzolare intorno a loro e insieme si avviarono verso il tavolo con le cibarie. Come se la famigliola fosse il pifferaio di Hamelin, tutti i presenti le seguirono e si strinsero intorno al tavolo, mentre Dana accendeva l’unica candelina che si trovava sulla torta. Dopo un breve coro di “Tanti auguri a te” tagliò la torta e di lì a poco il giardino era pieno di bambini con la bocca impiastricciata di panna e cioccolato. Erica era una di loro naturalmente e sia Ali che Dana non riuscivano a guardarla senza sorridere.
  «Come sarà averne due?» chiese Ali. Dana le passò un braccio attorno alla vita.
  «Sarà il doppio più difficile, ma il doppio più bello. Mi sembra che con lei stiamo facendo un buon lavoro no? Ce la faremo, vedrai». Ali annuì e le appoggiò la testa sulla spalla.
  «Tutto bene ragazze?» fece Taylor comparendo all’improvviso. «Erica cammina! Mi sembra incredibile! Ed è davvero una bella festa, i miei complimenti!»
  «Grazie mamma» disse Ali allontanandosi dalla moglie per abbracciarla. «È già passato un anno da quando ve l’abbiamo presentata, non è incredibile?»
«Hai ragione» disse Taylor. «Erica è diventata davvero bellissima. Ma allora questo secondo figlio arriva oppure dovrò aspettare? So che ne avete parlato». Ali e Dana si scambiarono uno sguardo.
  «Sì... ne abbiamo parlato» fece Ali. Taylor fece passare lo sguardo da una all’altra.
  «E? Parlate, Santo Cielo!» esclamò poi. Le altre due ridacchiarono.
  «Avremo un altro figlio» rispose Dana. «Con un donatore anonimo». Taylor rimase a bocca aperta.
  «Oh, ragazze, ma è meraviglioso!» esclamò commossa abbracciandole entrambe. Ali ricambiò subito la stretta con gli occhi umidi e Dana fece lo stesso dopo un attimo di sorpresa. Anche se era passato più di un anno dal matrimonio si sentiva sempre un po’ strana quando Taylor la abbracciava. Quando alla fine le lasciò andare e si allontanò per raggiungere il marito le due si guardarono e si scambiarono un lungo bacio molto appassionato che non si trasformò in qualcosa di più solo perchè sopraggiunse un minimo di razionalità a farle desistere dal commettere atti osceni in luogo pubblico.
  «Stasera?» chiese Dana inclinando la testa. Ali annuì con un sorrisetto.
  «Stasera. Quando saremo da sole» convenne lei. Fece una carezza alla moglie e tornò dagli ospiti. Era il momento di aprire i regali e molti genitori, lei compresa, erano più eccitati dei bambini.
 
 
La sera dopo la festa, Ali e Dana finirono di sistemare il giardino e crollarono insieme sul divano.
  «Una bella giornata» esordì Ali con un sospiro. Sua moglie annuì.
  «Faticosa, ma sì... molto bella» disse. Le diede un bacio leggero e aggiunse: «Allora... un bambino. Pare che lo faremo davvero, giusto?»
  «Sì giusto» fece Ali guardandola di traverso: Dana le sembrava perplessa. «A meno che tu non abbia cambiato idea e non voglia più».
  «No... non ho cambiato idea, che cosa te lo fa pensare?» le chiese Dana genuinamente stupita. Ali scrollò le spalle.
  «Non lo so, mi sembrava che avessi un tono poco convinto. D’accordo se non hai cambiato idea meglio» disse, poi si illuminò. «Perchè io non vedo l’ora!»
  «Lo so, tesoro!» esclamò Dana con un grande sorriso. «E anch’io non vedo l’ora!»
  «Allora dobbiamo cominciare a pensarci sul serio» fece Ali con aria pensierosa. «Dobbiamo cercare un donatore e io dovrò andare dalla ginecologa per farmi visitare. Dio, vorrei che Erica fosse grande abbastanza per poterle dire che sta per avere un fratellino o una sorellina...»
  «Non è meglio aspettare che tu sia effettivamente incinta prima di parlare al presente indicativo?» osservò Dana mettendole una mano sulla spalla. Ali la guardò per qualche istante.
  «Certo» rispose annuendo. «Assolutamente. Hai ragione». Era emozionata, ma per qualche strana ragione invece di mettersi a cantare e ballare per la stanza chiuse gli occhi per un attimo e si guardò le ginocchia riflettendo su tutto quello che avrebbero dovuto fare. Dana si schiarì la gola.
  «Tesoro...» cominciò con voce esitante. Ali sospirò e alzò lo sguardo.
  «Che c’è, Dana?» le chiese. Lei ebbe un altro colpetto di tosse. Sembrava imbarazzata per qualcosa.
  «Riguarda il bambino. Ehm... io so che Erica è stata adottata quindi è solo un caso, però fisicamente assomiglia a te» Ali le lanciò uno sguardo sbigottito, «intendo dire che ha i tuoi colori scuri... E io... io vorrei che questo nuovo bambino assomigliasse a me». L’altra sembrava perplessa.
  «Vuoi portare avanti tu la gravidanza?» le chiese. Dana scosse la testa e fece una smorfia spaventata.
  «No assolutamente no!» disse. «Però intendevo dire che potremmo usare i miei ovuli così il bambino sarebbe biologicamente un po’ di entrambe. E... e poi potremmo cercare un donatore biondo, per avere più possibilità». Ali riflettè un attimo e poi scrollò le spalle.
  «Sì okay» replicò. «Facciamo così».
  «Grazie tesoro!» esclamò Dana. Fece un gran sorriso e la baciò.
  «Prima però dobbiamo sentire anche cosa dice la ginecologa» osservò Ali e sua moglie annuì. Erano sedute sul divano l’una accanto all’altra. Si baciarono di nuovo, Ali si sdraiò e Dana le si mise sopra. Le baciò leggermente il collo e Ali perdendo il controllo cominciò a spogliarla muovendosi a scatti. Non avevano alcuna intenzione di alzarsi ed arrivare fino alla camera da letto. Dana le infilò una mano sotto la maglietta e Ali si lasciò sfuggire un gemito ad alta voce. Dana la baciò per farla stare zitta.
  «Voglio vedere quanto riusciamo a essere silenziose. È un buon allenamento» sussurrò. Ali sorrise mentre riprendevano a baciarsi.
  «Va bene ci sto» mormorò con le labbra di Dana sulle sue. Continuarono a rotolarsi sul divano per circa un’ora e alla fine decisero di andare a letto. Si infilarono sotto le coperte e continuarono a parlare rimanendo abbracciate finchè entrambe non si addormentarono.
 
 
Qualche giorno dopo Ali aveva preso appuntamento dalla ginecologa e lei e Dana ci andarono un lunedì mattina. Dalla visita di controllo la dottoressa sentenziò che era tutto perfetto e che potevano fare l’inseminazione quando volevano. A questo punto Ali e Dana si scambiarono uno sguardo e quest’ultima annuì. Perciò Ali disse: «Senta dottoressa Harrison. Io e mia moglie ci stavamo chiedendo una... una cosa. Se fosse possibile». La donna annuì.
  «Certo, chiedete pure. Può rivestirsi» disse. Ali la ringraziò con lo sguardo, saltò giù dal lettino, si rimise slip, pantaloni e scarpe e si accomodarono tutte e tre intorno alla scrivania del medico.
  «Abbiamo un’altra figlia che abbiamo adottato e come Dana mi ha fatto notare, anche se è casuale, assomiglia a me, ha i miei stessi colori scuri. Perciò abbiamo pensato che sarebbe carino avere un altro figlio che assomigli a Dana. Quello che volevo chiederle è: posso portare avanti la gravidanza, ma portando in grembo un bambino che sia “suo”?»
  «Mi faccia capire...» cominciò la ginecologa con voce incredula, «lei vorrebbe fare da madre surrogata... per sua moglie?»
  «No» rispose Ali leggermente frustrata. Era così difficile da capire? «Semplicemente, gliel’ho detto, vogliamo un figlio che assomigli a lei e che sia biologicamente di entrambe. Quindi volevamo usare i suoi ovuli e il seme di un donatore anonimo, ma impiantati nel mio utero. Si può fare?»
  «Sì è lo stesso procedimento che si usa con la madre surrogata. Quindi volete fare così? Siete sicure?».
  «Siamo sicure?» chiese Dana. Le due si guardarono. «Sì, siamo sicure. Quando possiamo cominciare?»
  «Per me possiamo cominciare anche subito» fece la dottoressa, questa volta rivolgendosi a Dana. «Se vuole le segno subito un appuntamento per cominciare la procedura». Dana annuì e strinse convulsamente la mano di Ali con entrambe le sue.
  «D’accordo» disse. Baciò sua moglie sulla guancia e le sorrise emozionata. «Non ci credo che stiamo per farlo, non è vero tesoro?». Ali annuì e l’abbracciò alla vita.
  Quella sera a casa, dopo cena, si sedettero insieme sul divano e cominciarono a esaminare i profili dei vari donatori che si erano procurate. Avevano scartato a priori quelli che non erano biondi, visto quello che avevano deciso. C’erano uomini diversissimi: alti, bassi, più o meno attraenti e con diversi interessi e gradi di istruzione. Ne guardarono circa una decina facendo cadere infine la scelta su un venticinquenne di bell’aspetto, laureato e appassionato di musica.
  «Non vedo l’ora di rimanere incinta» disse Ali con un sospiro, guardando la foto del donatore da bambino. «So cos’aspettarmi perchè sia Fay che Lara mi hanno raccontato dei dettagli più spaventosi della gravidanza, ma non ho paura. Sarà bellissimo dare alla luce il fratellino o la sorellina di Erica».
  «Lo so» replicò Dana. «E io non vedo l’ora di viziarti per i prossimi nove mesi».
  «Non sono  ancora incinta, Dana, ricordalo. Forse è meglio aspettare che sia andato tutto a buon fine, non credi?» fece Ali dandole un bacio sulla punta del naso.
  «Lo so, ma sono talmente sicura che andrà tutto bene che ormai sono già in quell’ottica. Secondo te possiamo fare entrambi i procedimenti nello stesso giorno? Io penso di sì».
  «Penso anch’io. Comunque domani mattina chiamo la ginecologa e glielo chiedo. Se dice di sì prendo l’appuntamento più vicino, d’accordo?»
  Dana annuì e Ali annuì in risposta. A quel punto decisero di andare a dormire, perciò dopo una breve visita in camera di Erica che dormiva tranquillamente da circa un’ora, andarono nella loro stanza e si infilarono sotto le coperte.
  «Dobbiamo solo telefonare alla Harrison per confermare l’appuntamento» disse Dana.  «Così riusciremo ad avere presto il bambino. Mi sembra che esista già e non vedo l’ora di conoscerlo».
 
 
Come avevano deciso il mattino seguente Ali telefonò alla ginecologa per confermare l’appuntamento che sarebbe stato il giovedì di quella settimana. Si era informata e aveva saputo che potevano fare entrambi i procedimenti lo stesso giorno. Dopo aver riagganciato chiamò la sua migliore amica per comunicarle la notizia. Doveva per forza dirlo a qualcuno e Faith era la persona adatta.
  «Pronto?» rispose Faith al secondo squillo. Ali fece un gran sorriso.
  «Fay, è fatta!» le disse con la voce che tremava per l’emozione. L’altra rispose in tono perplesso.
  «Cosa è fatta?» le chiese. Ali le raccontò in breve la storia. Alla fine Faith era emozionata quanto lei.
  «Oddio non ci credo!» esclamò. «Quindi avrete sul serio un altro bambino? Ma è fantastico!»
  «Lo so Fay, siamo emozionatissime! Giovedì andiamo dalla ginecologa a fare tutto e poi dovremo solo incrociare le dita. Fay e se dovessi rimanere incinta per davvero? A dirti la verità sono leggermente terrorizzata all’idea».
  «No Ali. Lo so che può fare paura, ma è un’esperienza meravigliosa. E tu e Dana ve la caverete alla perfezione, come sempre. Ne sono sicura».
  «Grazie Fay. Ti voglio bene, lo sai?» le disse Ali con un improvviso slancio di affetto. Le capitava di rado, ma non perchè fosse una persona poco affettuosa. Tutt’altro. Faceva solo fatica, certe volte, ad esprimerlo a parole. Faith sorrise, piacevolmente stupita da quella frase.
  «Anche io ti voglio bene Ali. Te ne vorrò sempre. D’accordo adesso devo andare, tesoro. A presto!» esclamò Faith, che detto questo riagganciò. Ali rimase ferma per qualche secondo sorridendo tra sè e ripensando alla conversazione appena avvenuta. All’improvviso non vedeva l’ora che arrivasse giovedì, nonostante tutti i suoi timori. Guardò l’orologio e vide che la pausa pranzo era quasi finita, perciò prese le sue cose e si affrettò a tornare in ufficio.
  Quel pomeriggio nonostante fosse concentrata sul suo lavoro non poteva fare a meno di continuare a pensare all’appuntamento dalla ginecologa. Era lunedì e giovedì le sembrava lontanissimo. Più tardi tornò a casa e parlò di tutto quanto con Dana rendendosi conto che lei provava la stessa cosa. A cena, mentre pulivano la cucina, mentre mettevano a dormire Erica e durante la loro serata normale non parlarono d’altro. L’argomento era solo quello che sarebbe successo quel giovedì e l’arrivo del nuovo bambino. Dana disse che voleva prendere una maglietta per Erica, in modo da farla essere parte della situazione nonostante fosse ancora così piccola, ma Ali la guardò perplessa.
  Alla fine nonostante i giorni sembrassero non passare all’inizio, prima che potessero rendersene conto, arrivò giovedì e con esso il fatidico appuntamento in cui la loro vita sarebbe cambiata. O meglio, avrebbe subito un ulteriore cambiamento. Erica era stata un regalo meraviglioso, aveva reso speciale la loro vita e ora con questo nuovo bambino l’opera sarebbe stata completa. La loro famiglia sarebbe stata completa. Ne erano entrambe sicure. Erano sedute una accanto all’altra in sala d’attesa di fronte a una giovane coppia, marito e moglie, che si teneva per mano. Non c’era nessun altro lì dentro. La donna ad un certo punto le guardò e sorrise.
  «Avete un appuntamento con la dottoressa Harrison?» chiese. Ali annuì.
  «Vogliamo avere un bambino. Il secondo, dopo la bambina che abbiamo adottato l’anno scorso. E voi invece? Per scelta o... per necessità magari?» rispose. Poi si interruppe temendo di aver detto troppo. Il giovane però sorrise a sua volta.
  «Necessità. Abbiamo provato diverse volte ad avere un bambino in maniera... tradizionale, ma non ci siamo riusciti. Magari in questo modo saremo più fortunati».
  Loro vennero chiamati per primi, perciò Ali e Dana rimasero nella sala da sole. Non sapendo che fare per ammazzare il tempo si misero a leggere qualche rivista sui bambini che c’erano lì, ma smisero subito perchè le cose che lessero le spaventarono a morte.
  «Dana... non so se sono pronta a farlo» mormorò Ali. Dana si voltò verso di lei e la baciò.
  «Lo so» disse. «Ma ce la faremo vedrai. Tu e io insieme possiamo conquistare il mondo. Sicuramente riusciremo anche a crescere due bambini. Io ho fiducia. Questo basterà».
  Una decina di minuti dopo un’infermiera entrò nella sala d’attesa e le chiamò. Loro due si guardarono e con un cenno della testa si alzarono e tenendosi per mano entrarono nell’ambulatorio. Erano nervose, ma sapere di essere insieme in una cosa così grande aveva calmato molte loro paure. Nonostante tutto quello che avevano passato erano ancora insieme, e innamorate come il primo giorno. Erano decise e pronte ad affrontare qualsiasi cosa.
 
 
Più tardi tornarono a casa con la consapevolezza che ormai potevano solo affidarsi al caso e alla speranza. La ginecologa aveva detto che Ali poteva fare il test di gravidanza dopo due settimane circa. Quella sera erano troppo stanche per fare qualsiasi cosa che non fosse stare sul divano a guardare la televisione, ma il giorno seguente quando Ali fu uscita dal lavoro andarono tutte e tre a fare qualche acquisto per la camera del bambino. Tante cose sarebbro state le stesse che aveva usato Erica, ma tanto per cominciare, non era nemmeno detto che fosse un’altra femmina.
  Senza che potessero accorgersene in mezz’ora il carrello era pieno di oggetti che a dire la verità nemmeno loro sapevano come ci fossero finite. Avevano afferrato praticamente qualsiasi cosa vedessero, dalle tutine alle scarpine, ai giocattoli. Arrivate vicino alle casse ripresero lucidità e si resero conto di avere esagerato. Ali guardò nel carrello e disse:
  «Tesoro, non pensi che forse dovremmo lasciare qualcosa anche agli altri? Forse ci siamo lasciate prendere un po’ la mano. Teniamo solo quello che davvero ci serve».
  «Ehm... credo che tu abbia ragione Ali» osservò Dana prendendo tra le braccia un orso di peluche gigante che non ricordava assolutamente di aver visto sullo scaffale. Perciò si allontarono dalle casse e una spingendo il carrello, l’altra il passeggino di Erica rifecero il giro del grande magazzino rimettendo al loro posto ciò che non avevano realmente intenzione di comprare. Alla fine andarono alla cassa con in mano solo due tutine bianche e un coniglio di peluche a cui davvero non avevano saputo resistere. Pagarono i loro acquisti e tornarono finalmente a casa. Mentre viaggiavano ad un certo punto Dana si voltò verso Ali con aria pensierosa. Quest’ultima la guardò con la coda dell’occhio sempre però guardando la strada.
  «Che cosa c’è?» le chiese. Dana lanciò un’occhiata a Erica che si era addormentata e poi si voltò di nuovo verso la moglie.
  «Se sei incinta... io voglio sapere il sesso del bambino. Non so perchè. Forse voglio essere preparata. Sapere il più possibile riguardo lui o lei prima che arrivi. Che ne dici?» disse Dana.
  «Prima voglio sapere se sono incinta. Ma poi... sì immagino che sia un ragionamento sensato. Anche se fosse un maschio alcune cose di Erica le potremo riutilizzare comunque» rispose Ali. Dana annuì e gli ultimi minuti di viaggio prima di tornare a casa rimasero in silenzio. Entrambe non vedevano l’ora che le due settimane di attesa finissero e Ali potesse finalmente fare il test di gravidanza.
 
 
Alla fine le due settimane passarono. Ali si era svegliata quella mattina con la netta sensazione che fosse successo qualcosa di grosso. Era rimasta sdraiata nel letto con gli occhi sbarrati finché non aveva sentito Dana muoversi accanto a lei.
  «Ali da quanto sei sveglia?» le chiese la moglie con voce assonnata. Lei l’aveva guardata negli occhi per qualche istante con calma assoluta.
  «Devo comprare un test di gravidanza» disse. Dana aprì del tutto gli occhi e si sedette sul materasso.
  «È vero oggi è il giorno!» esclamò. «Pensi di essere incinta?»
  Ali annuì e disse: «Credo di sì, ma devo esserne sicura». Dana piegò le ginocchia e ci appoggiò sopra il mento. Ali sorrise: quel gesto la inteneriva tantissimo. Dopo una trentina di secondi l’altra alzò di nuovo la testa e ricambiò il sorriso.
  «Vado subito a prenderlo. Mi vesto e corro alla farmacia più vicina. Ma non credi che dovremmo andare dal medico per saperlo davvero?» chiese con aria perplessa.
  «Certo» replicò Ali stringendosi nelle spalle. «E nei prossimi giorni ci andremo. Ma adesso devo saperlo subito, non posso aspettare!»
  «In realtà neanche io riesco ad aspettare» disse Dana davvero emozionata.  La baciò e aggiunse: «Va bene, vado e torno! A dopo, ti amo!»
  «Ti amo anch’io, Dana!» rispose Ali ad alta voce mentre l’altra usciva. Rimase seduta sul letto con un vago sorriso e si riscosse solo quando sentì Erica che la chiamava.
  «Mamma!» disse la bambina con la sua voce infantile e così dolce. Ali si alzò e aprì la porta della sua camera da letto trovandosela davanti. Si piegò sulle ginocchia e la prese in braccio, ma il momento durò solo pochi istanti, perchè presto Erica cominciò a divincolarsi e volle tornare a terra. Da quando aveva imparato a camminare non amava più stare in braccio, a meno che fosse stanca o malata.
  «E mami?» chiese. Ali sorrise: in quelle due settimane sua figlia aveva imparato a distinguere lei e Dana con i due nomi che le avevano insegnato.
  «Mami torna subito» rispose, accarezzandole la testa e dandole un bacio leggero sulla fronte. È andata a prendere una cosa per mamma. Forse avrai un fratellino, lo sai?»
Erica fece un sorriso sereno e andò verso camera sua per giocare seguita dalla madre. Non aveva idea di cosa sarebbe successo di lì a nove mesi e non sapeva che presto avrebbe avuto un altro bambino con cui dover dividere i suoi giochi e le sue mamme. La vita di tutte e tre sarebbe cambiata e nemmeno loro sapevano quanto. Le cose per loro erano solo all’inizio.
 
 
 
 
NdA: Scusate tantissimo per questo ritardo! Purtroppo per settimane non ho avuto il computer e non ho potuto scrivere, nè fare niente. Mi perdonate? Intanto ho pubblicato il nuovo e ahimè terzultimo capitolo di questa storia. Spero vi piaccia. Have fun!
 
 
  
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