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Autore: Mirai No    31/12/2008    6 recensioni
"Sbadigliò. Bulma, nonostante fosse presa dal racconto del figlio, se ne accorse, e le chiese se per caso voleva andare a letto.
Mirai scosse la testa, sentendo di colpo una fitta di paura. Non voleva allontanarsi da Trunks. Ora più che mai. Temeva, in modo del tutto irrazionale, che il ragazzo, se solo l’avesse lasciato per un attimo, avrebbe potuto scomparire in un’altra epoca, o semplicemente andarsene. "
La mia prima fan fiction, alla quale tengo davvero tanto.
E' stato inserito il 14° Capitolo
ATTENZIONE: Ho modificato un po' il secondo capitolo che presentava alcune incoerenze. Grazie moltissimo a Son Kla
Questa storia è "Riporta la pace... Rendile la voce" col titolo modificato.
Questa storia è scritta da me e da Pepesale
Genere: Malinconico, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Trunks
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 12 – IL SOGNO DI MIRAI

Avevo freddo. Rabbrividii, spaventata, nel mio intimo, cercando istintivamente di comunicare al mio corpo quel senso di disagio.
Eppure esso non mi ascoltava.
Le mie gambe si muovevano disinvolte per il vicolo buio, umido e spoglio, muovevo passi silenziosi, felpati. Ogni mossa era fluida, l’olfatto e l’udito più acuti del normale. Anche il modo in cui mi guardavo attorno era diverso.
Poi udii un odore. Cos’era? Perché mi faceva accapponare la pelle? E cos’era quel brivido? Paura? No… Piacere…
Senza sapere cosa stessi facendo, scoprii i denti in un brontolio eccitato e minaccioso.
Vidi di fronte a me un uomo.
Volevo implorarlo, chiedergli dove fossimo, perché io avevo bisogno di Trunks, un bisogno disperato di lui. Sentivo la gola stretta in un nodo.
Mossi un passo.
Ma… Perché mi guardava con orrore? Mi sentii confusa, e in qualche modo ferita. E nel suo sguardo c’era qualcos’altro… Terrore, perché?
Io avevo paura.
Poi, quando le mie gambe diedero al corpo la spinta necessaria per spiccare un balzo, e percepii una tensione piacevole in ogni fibra del corpo, capii. Era lui. Io ero lui.
Cercai di urlare, ma i suoi pensieri mi arrivarono alla mente, più vicini e nitidi di quanto non fossero mai stati. “Che hai, piccola?” mi domandava, in tono beffardo. Ricordai con chiarezza assurda, data la situazione, che anche Trunks a volte mi chiamava così, ma il tono che usava lui non aveva nulla del disprezzo che sentivo ora, non aveva niente in comune con quella vibrazione maniacale che sentivo tremare nella sua voce.
E Trunks? Dov’era Trunks, mi chiesi, con una fitta di panico.
“È un bel gioco, non ti piace?”
I suoi artigli raggiunsero la preda. Ed erano anche i miei artigli. Sentii la carne lacerarsi sotto le mie dita, e ne fui terrorizzata.
Era l’incubo più orripilante che avessi mai fatto. Non potevo scappare. Non potevo vomitare, né piangere, né urlare. Semplicemente, il mio corpo non mi obbediva. Il suo corpo, precisai, con una nuova ondata di nausea, perché non era il posto della mia mente.
L’odore di sangue era fortissimo. Metallico, salato, acuto. E quel che era peggio era che il mio olfatto si crogiolava in esso, assaporandolo con un gusto immenso.
“Lasciami!” urlai, nella mia mente, l’unica cosa che mi appartenesse a quel punto.
Percepii la sua essenza che si strusciava, nel senso meno fisico possibile della parola, contro la mia, come un enorme gatto che fa le fusa. Un gatto assetato di me. “Perché dovrei, sei così impaurita” considerò. “In più, dovresti essere felice” continuò quella voce inquietante, mentre i nostri denti laceravano altra carne, e la nostra lingua si posava su quel liquido vischioso. “Questa è una proiezione di ciò che, inevitabilmente, accadrà in futuro”.
Una fitta di terrore mi trapassò la mente.
“Non è vero!” mi dissi disperata, mentre il corpo che sentivo muoversi giocava con quel che restava della vittima.
“Io non sarò mai come te! Io… io sono diversa da te!”
Uno scatto rabbioso, voltai la testa, le narici dilatate dalla rabbia che provava lui. “E in cosa saresti diversa?!” Un’ondata di odio, talmente forte che mi parve una botta fisica.
“Hai ucciso, piccola”, di nuovo quel termine per farmi sentire maggiormente indifesa, “hai trasgredito regole, hai dimostrato di essere capace di far del male non solo agli altri, anche a te stessa!”
Era vero, veramente vero. L’aria fresca della notte mi accarezzava la pelle.
“Io ho Trunks!” Non sapevo da dove fosse partito quel mio urlo interiore, seppi solo che sembrava più la supplica di una bambina spaventata (e cos’altro ero?) che un grido di rabbia.
Un brontolio, sempre più forte. Mi accorsi che stavo ridendo.
“Il ragazzino?” Il tono scettico del suo pensiero mi ferì più di quanto avessi creduto fosse ancora possibile. “Per piacere! Lui… Cosa credi possa fare per proteggerti?”
“Lui vuole proteggermi!” Era uno stupido, capace di volermi bene, ma gli ero terribilmente grata per quello.
“Non lo nego… Ma tra volere e potere è una bella strada”. Piccolo passo ciondolante, pigro, in avanti. “Esempio. Tu vuoi liberarti di me, ma non puoi”.
Tenevo gli occhi socchiusi rivolti verso il cielo, il corpo totalmente rilassato.
“Lui non può seguirti nei sogni. Io sì. Io non sono solo all’aperto, pronto ad aggredirti, sono anche nella tua mente. Posso partecipare ad ogni tuo sogno. E, magari, nel sogno potrei colpire…”
Tentai di scrollarmi di dosso quel corpo, come se fosse stato anche lontanamente possibile.
“Oppure… Potrei lasciar stare. E allora saresti tu. Saresti tu a colpirlo, a vedere la sua espressione stupita”, nuova risata, “mentre si chiede che fai. Non reggerai a molto, piccola, soprattutto se io non lo voglio”.
Odiava Trunks, lo odiava moltissimo, capii.
“Però ringraziamo il ragazzetto. Senza di lui…” Schioccò la lingua. “Era da un po’ che non gustavo un terrore così genuino”. Sospirò, mentre mi sentivo rigida nella mente e rilassata e tranquilla nel corpo.
“Ma sarà una bella cosa, piccola, davvero bella. Hai visto l’agonia dell’uomo che abbiamo ucciso insieme. Anche il tuo Trunks potrebbe soffrire così, se non di più”.
Poi tutto iniziò a girare, avevo la nausea, volevo graffiare quel corpo, uscirne…
E di colpo spalancai gli occhi, drizzandomi a sedere. Mi guardai attorno, il respiro affannoso.
Il silenzio calmo della stanza che condividevo con Trunks mi tranquillizzò appena. Le figure del sogno svanirono poco a poco, lasciandomi un’inquieta agitazione.
Mi strinsi le ginocchia al petto, desiderando per un attimo di piangere. Ma non ci riuscii. Stetti semplicemente lì, gli occhi spalancati, le orecchie tese a percepire il respiro del ragazzo che dormiva nel letto vicino al mio.
Abbassai la testa. Ero stata una stupida a credere di potermi allontanare da lui. Aveva ragione, c’erano posti in cui Trunks non poteva proteggermi. Fra i quali la mia mente.
E, dopo tempo, la sentii di nuovo, forte e soffocante, quella stretta oppressiva al petto, o forse nella mia testa.
Quella presa che mi comunicava che non avevo scampo. Che lui mi tratteneva a sé tenacemente. In tutti quei giorni, mi ero solo illusa.
Almeno era stata una bella illusione.



Come tutti, mi sembra (e di sicuro sono troppo pigra per andare a controllare nelle vostre recensioni xD) avevate intuito, ecco che, conclusi i capitoli della “calma prima della tempesta”, ci ritroviamo nell’acquazzone.
maryana: mi fa piacere che tu abbia apprezzato il capitolo precedente nonostante fosse di passaggio e che ti sia piaciuta l’atmosfera un po’ tesa che ho cercato di caratterizzare^^
cri92: già, Trunks è, come al solito, bravissimo a capire quello che prova Mirai... x3 Non so se Bulma, nel caso li avesse trovati ancora “abbracciati” avrebbe avuto qualcosa da ridire, forse è dell’avviso che suo figlio dovrebbe mettere su famiglia (se è così, mi offro volontaria XD) ma Trunks si è cmq allontanato con un balzo...
Son Kla: sono felice che tu abbia gradito il capitolo. In effetti, inizialmente avevo scritto solo del mercato, ma dopo un po’ mi è balenata in mente anche l’idea del compleanno di Mirai. Onestamente, anche io credo che Trunks un po’ di decisione, altrimenti non so come sia durato nel mondo in cui ha vissuto... Hai, ragione, Trunks non può pensare che Mirai non ricordi il suo compleanno. Più che altro quel “Lui non mi chiese come potevo esserne certa” l’avevo inserito perché è Mirai a parlare e lei, non sapendo quando compie gli anni, non si aspetta che la gente lo sappia. Lo so ^^” è un ragionamento un bel po’ contorto... Riguardo a quando escono in giardino, anche a me suona un po’ troppo ridotto il tempo... Avevo provato a “estenderlo” ma è venuto su un casino da far accapponare la pelle. Poi, per come sono, potevo sempre essere io ad avere una visione distorta del tutto. Non so, magari più avanti cercherò di aggiustarlo un po’ (per adesso riesco a stento ad aggiungere nuovi capitoli...). Ciao^^
carol2112: ciao! Non preoccuparti, già è tanto che tu mi abbia lasciato tutte quelle altre lunghe recensioni^^ Mi fa piacere che ti sia piaciuto. Eh già, stavolta di Gohan non se n’è parlato. Amen^^
Al prossimo capitolo,
Mirai No
  
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