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Autore: franci893    07/05/2015    5 recensioni
Battaglia di Hastings, 1066: Guglielmo il Conquistatore sconfigge il re dei Sassoni e viene incoronato re d'Inghilterra. Una volta confiscate le terre ai nobili sassoni, le concede ai suoi cavalieri come ricompensa. Tristyn Le Guen, secondogenito di un conte bretone, riceve in cambio dei servigi offerti un piccolo feudo in Northumbria, regione fredda e montuosa al confine con il regno di Scozia.
Tristyn pensa che ora la strada sia tutta in discesa, ma governare un castello sarà veramente così semplice come pensa?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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8.
 
 
Northumbria, giugno 1067
 
 
 
Faceva particolarmente caldo, quel giorno.
Lynn si asciugò l’ennesima goccia di sudore dalla fronte, mentre continuava a camminare lungo la strada che conduceva al castello.
Il sole cadeva a picco sulla vallata, riempiendola di luce e calore e facendo scintillare tutti i minuscoli corsi d’acqua che serpeggiavano tra i campi verdeggianti e ricchi di messi in piena fioritura.
Se il tempo avesse continuato a essere così clemente, probabilmente quell’anno i raccolti sarebbero stati abbondanti e sarebbe stato più facile affrontare l’inverno successivo.
- Sarei dovuta andare al villaggio a cavallo – borbottò la ragazza, arrancando su per la salita che la separava dall’entrata del maniero e dal refrigerio della sua stanza.
Finalmente raggiunse il cancello, e subito le guardie la fecero passare, salutandola con rispetto.
Ancora qualche metro e finalmente si sarebbe liberata di quelle vesti pesanti che la stavano soffocando, e poi…
- Milady! –
Lynn alzò gli occhi al cielo, trattenendosi dal pronunciare parole sicuramente non degne di una dama ma che sarebbero calzate a pennello in quell’occasione.
Prendendo un bel respiro, si voltò per ritrovarsi faccia a faccia con Stefan e il suo volto sorridente.
- Buongiorno – lo salutò, schermandosi gli occhi per ripararli dai raggi del sole.
Iniziava a detestare il caldo, decisamente.
- Buongiorno – l’uomo ricambiò il saluto, chinando rapidamente il capo – siete di ritorno dal villaggio? – chiese, con tono educato.
- Sì, mi sono recata là questa mattina, ora vogliate scusarmi ma ho proprio bisogno di darmi una rinfrescata - fece per voltarsi ed entrare, ma fu nuovamente fermata dalla voce di Stefan.
- Sir Tristyn desidera la vostra presenza nella biblioteca. Per la questione dei Townsed, ricordate? E’ molto urgente, a quanto pare, per cui se volete seguirmi vi accompagno da lui - disse, conciliante e con il consueto sorriso affabile.
- Dite pure a sir Tristyn che lo raggiungerò più tardi. Sono molto stanca e ho bisogno di riposare un po’, per cui ora mi ritirerò nei miei alloggi. Non ci metterò molto – gli disse lei, educatamente ma con fermezza.
- Ma, milady, Tristyn ha detto che si tratta di un problema piuttosto importante, e la vostra presenza è quantomeno necessaria – ribatté lui, guardandola negli occhi con espressione grave.
Lynn ridacchiò tra sé, ci voleva ben più di uno sguardo del genere per farla demordere dalle sue intenzioni. Tuttavia aveva imparato a conoscere Stefan e la sua testardaggine, e non aveva alcuna voglia di stare lì a discutere con lui.
Decise di giocare d’astuzia.
- D’accordo, se le cose stanno così, allora andrò subito da lui. Ma prima – finse di avere un capogiro e si appoggiò contro il muro – non potreste portarmi un bicchiere d’acqua? La camminata deve avermi sfiancato più di quanto pensassi – mormorò, usando il tono di voce più lamentoso che le riuscì.
- Certamente! Aspettatemi qui, torno subito – rispose sollecito lui, allontanandosi in direzione delle cucine, poco distanti.
Prima che Stefan potesse accorgersene, Lynn sgattaiolò dentro il castello e corse verso le sue stanze il più velocemente possibile. Un po’ le dispiaceva averlo ingannato, ma in quel momento nessuno, nemmeno il potente sir Tristyn, l’avrebbe potuta separare da un bel bagno rinfrescante.
*
 
Se c’era una cosa che Tristyn amava dell’estate, era il caldo.
Adorava sentire il calore del sole penetrare nella pelle e scaldargli le ossa, lo faceva sentire vivo.
Mai come quell’anno aveva bramato l’arrivo della stagione estiva, dopo il lungo e rigido inverno inglese.
Peccato fosse costretto a rimanere chiuso ore e ore in biblioteca per occuparsi di mille faccende di cui il più delle volte non capiva nulla. Non c’era giorno in cui non ci fosse un problema da risolvere o una disputa da dirimere. Iniziava seriamente a rimpiangere i tempi in cui il suo unico dovere era allenarsi ore e ore a combattere, in quel modo almeno trovava uno sfogo fisico alla sua innata iperattività.
Qualcuno bussò alla porta.
Finalmente.
- Entrate pure – disse, senza alzare lo sguardo dai documenti che stava, senza grandi risultati, cercando di decifrare – vi stavo aspettando. Dovete aiutarmi a…- incominciò, ma presto s’interruppe – dove diavolo è? – sbottò, vedendo che Stefan si era presentato da solo.
- Ambasciator non porta pena – scherzò l’amico, alzando le mani in segno di resa.
- Perché non è qui? – domandò Tristyn, piuttosto alterato.
Era tutta la mattina che stava aspettando che Lynn tornasse dal villaggio per dargli una mano e la sua pazienza si era esaurita.
- Lady Lynn mi ha detto di essere piuttosto stanca e di comunicarti che ti raggiungerà dopo che si sarà un po’ riposata. E’ sparita dalla mia vista prima che potessi fermarla – gli spiegò, senza scendere nei dettagli, sarebbe stato troppo imbarazzante.
- E quindi io dovrei aspettare che Sua Grazia sbrighi le sue faccende personali prima di venire ad aiutarmi? Col cavolo! Sono stato troppo morbido con quella ragazzina, ed è solo colpa tua! – borbottò, chiudendo con un colpo secco il libro che stava leggendo.
- Colpa mia? – rispose incredulo Stefan – E perché mai? –
- “ Devi essere paziente con lei, Tristyn”, “ è poco più che una ragazzina, Tristyn” me lo hai ripetuto allo sfinimento da quando siamo arrivati qua. Ebbene, sono stanco di avere pazienza! Sono sceso a patti con lei, le ho dato il mio appoggio per farle riavere il suo posto di signora del castello, e in cambio lei che fa? Non si presenta quando le ho ordinato espressamente di venire ad aiutarmi! – sbottò.
Stefan lo guardava esterrefatto, quasi gli fosse spuntata un’altra testa.
- Suvvia, stai esagerando, lady Lynn ti ha aiutato moltissimo da quando siamo qui – gli fece notare – senza di lei probabilmente le cose sarebbero molto più complicate, e poi non è mica un tuo soldato, la devi trattare come una gentildonna – concluse, in tono pacato.
- Per favore, non cominciare di nuovo con la storia della povera dama indifesa. Ma non hai ancora capito che dietro quel faccino angelico si nasconde una piccola volpe? E’ astuta come pochi, e vi fa piegare tutti come fuscelli al vento – rispose, sogghignando nel vedere Stefan arrossire, punto nell’orgoglio.
- Dimentichi che si è trovata da sola a gestire un castello e un’invasione del giro di pochi mesi? Ammetterai che non dev’essere stato facile per lei – cercò di blandirlo Stefan.
Certe volte odiava l’abilità dell’amico nel saper rivoltare le conversazioni sempre a suo vantaggio, soprattutto quando si metteva a fare la parte del cavaliere dall’armatura scintillante a difesa dei deboli.
 - La vita non è mai facile, Stefan. Si è trovata in una situazione difficile, certo, ma adesso il castello è di nuovo al sicuro, e ha un uomo su cui fare affidamento e a cui deve obbedire – ribatté, alzandosi dalla sedia e marciando verso la porta.
- Dove stai andando? – gli chiese l’amico, prima di capire le sue intenzioni – Non puoi farlo, aspetta un…- ma Tristyn era già lontano.
A quanto pareva, quel giorno nessuno lo voleva ascoltare.
Sospirando, Stefan seguì l’amico.
Chissà perché, ma aveva l’impressione che si stessero profilando grossi guai all’orizzonte.
 
 
*
 
 
Lynn sospirò soddisfatta, appoggiando la testa contro il bordo della tinozza.
Sentiva l’acqua fresca lambirle la pelle, lavando via tutta la polvere e il sudore che l’avevano tormentata quella mattina, mentre era al villaggio.
Fuori si sentiva il cinguettio degli uccelli, il sole riempiva la stanza di mille riflessi e Lynn si sentiva veramente in pace.
Da quando Tristyn l’aveva aiutata a riprendere il suo posto all’interno del castello era sempre molto impegnata, più di prima poiché ora doveva anche trascorrere ore intere in biblioteca con lui per aiutarlo a leggere tutti i documenti e a comprendere come funzionasse il feudo.
Probabilmente era il momento della giornata più pesante perché loro due non andavano molto d’accordo. Si rispettavano, e davanti agli altri abitanti del castello cercavano di comportarsi in maniera educata e civile, ma quando erano soli i loro caratteri orgogliosi si scontravano in continuazione. Lynn cercava di non reagire al suo modo di fare autoritario e dispotico, ma certe volte la trattava alla stregua di un soldato, soprattutto quando si irritava perché non capiva quello di cui si stavano occupando. E lei non amava farsi mettere i piedi in testa, per cui la maggior parte delle volte i loro incontri finivano con uno dei due che se ne andava, sbattendo la porta.
Stiracchiandosi nella tinozza, chiuse gli occhi un istante, solo un minuto ancora per riprendere le forze e poi avrebbe raggiunto quell’uomo insopportabile.
Gli sembrava quasi di sentire la sua voce, stava diventando una presenza costante…
- Lady Lynn! –
Per la sorpresa la ragazza scivolò nella tinozza, finendo con il viso sott’acqua.
“ Ma che diavolo...?”
- Aprite subito questa porta! – ordinò sempre la stessa voce.
- Che cosa devo fare, milady? – le chiese Winfrid, la sua cameriera, terrorizzata.
- Aiutami ad asciugarmi, svelta – le disse lei, uscendo dall’acqua e lasciandosi avvolgere in un telo asciutto. I capelli ancora bagnati gocciolavano sul pavimento, mentre Winfrid li tamponava alla bell’e meglio, cercando di non ingrovigliarli più di quanto non lo fossero già.
- Milady, se non aprite, entrerò da solo – annunciò l’uomo al di là della porta, in tono sempre più arrabbiato.
Winfrid la guardò con occhi sbarrati.
- Non preoccuparti, non oserà. E’ pur sempre un cavalier…- Lynn stava rassicurando la ragazza, quando un suono agghiacciante, proveniente dalla porta, la interruppe.
Si girò a guardare in quella direzione, ma quello che vide – o meglio chi vide – la lasciò paralizzata dallo stupore.
Avrebbe voluto reagire come qualsiasi donna in una situazione del genere, mettendosi a urlare e andando a nascondersi dietro il paravento, ma non ci riuscì. Accanto a lei, Winfrid lasciò cadere a terra il telo bagnato, e si coprì la mano con la bocca, soffocando un urlo.
Lynn rimase immobile, infagottata nel telo di stoffa, a guardare sconvolta ora la porta spalancata ora chi ne era stato il responsabile. Tanto le sue gambe erano rigide e fredde tanto il viso era accaldato, probabilmente era diventato dello stesso colore dei suoi capelli.
Provò a parlare ma dalla sua bocca non uscì niente. Forse si era pure dimenticata di respirare.
Tristyn la guardava con la stessa espressione scioccata, quasi avesse visto un fantasma.
Sentì il suo sguardo scivolare lungo tutto il suo corpo, nascosto da un sottile strato di tessuto e nient’altro, dall’alto al basso, e poi di nuovo puntato sul suo viso.
- Io…- iniziò balbettando, sempre fissandola negli occhi – Io volevo…- ma a quanto pareva anche lui aveva perso il dono della parola.
Era come se il tempo si fosse fermato e non ne volesse sapere di andare avanti.
- Tristyn, per l’amor di… oh, Signore! - la voce di Stefan ruppe quello strano momento.
Lynn si riscosse e andò a nascondersi di corsa dietro il paravento, Tristyn si girò di scatto, andando a scontrarsi con l’amico, e Winfrid si mise a piangere, disperata.
- Milady, sono estremamente dispiaciuto, ho provato a fermarlo, ma…- si scusò Stefan, voltato rigorosamente di spalle e rosso per l’imbarazzo.
- Non preoccupatevi – riuscì a rispondere lei, ben nascosta dietro il paravento.
Un istante prima aveva avuto l’impressione di non respirare neppure, adesso l’aria le riempiva i polmoni quasi stessero per scoppiare, tanto che si dovette sedere sul pavimento.
La sua percezione divenne ovattata, le orecchie preda di un’insopportabile ronzio, e quasi non sentì tutta la confusione che regnava al di là del suo rifugio.
Le ci volle qualche minuto per riprendersi completamente.
Quando finalmente guardò oltre il paravento, Tristyn era scomparso.
 
*
 
Il tramonto stava calando su Welnfver, portandosi via gli ultimi momenti di quella giornata di prima estate.
Tristyn osservava la valle davanti a sé, appoggiato al parapetto della torre, ma in realtà non vedeva i giochi di luce accendere le acque del ruscello, né le chiome degli alberi mosse dalla brezza serale in un’invisibile e coordinata danza.
Vedeva lei.
Quell’immagine gli si era stampata in testa e non riusciva a cancellarla, per quanto avrebbe dovuto farlo – non sapeva come avrebbe fatto a guardarla di nuovo senza immaginarla nuda  - come anche avrebbe voluto dimenticare tutto quello che aveva fatto negli istanti precedenti.
Tristyn era una persona impulsiva, da sempre.
Lo sapeva lui, e lo sapeva suo padre, che fin dall’infanzia lo aveva affidato a precettori dal pugno di ferro, in grado di domare quel carattere ribelle e impetuoso. Ci erano riusciti, altrimenti non sarebbe mai potuto diventare un buon soldato. Aveva imparato a chinare il capo davanti ai suoi superiori, a obbedire agli ordini, giusti o sbagliati che fossero, a ingoiare il suo orgoglio.
Tutto questo per raggiungere il suo obiettivo, e ora era proprio lì, davanti ai suoi occhi.
Nei suoi sogni più sfrenati, Tristyn si era visto come un signore giusto e saggio, amato dalla sua gente. Invece, almeno fino a quel momento, si era comportato nel modo opposto, soprattutto con Lynn. Non ne comprendeva il motivo, ma quella ragazza faceva uscire quel lato di lui che tanti si erano prodigati a plasmare.
Forse era la sua sfrontatezza, il suo atteggiamento ribelle così inconsueto in una donna.
Lo faceva impazzire il fatto che lo sfidasse così apertamente e non stesse al suo posto, quasi lo facesse al solo scopo di irritarlo. E non capiva perché Stefan la difendesse così tanto, solo lui la vedeva per quello che era?
Eppure ciò che era accaduto quel pomeriggio l’aveva fatto ricredere.
Su tutto.
Per la prima volta aveva visto la ragazzina che era in lei, e che effettivamente era.
Nel suo sguardo attonito aveva scorto l’innocenza e la fragilità di una persona diventata donna troppo in fretta, uno sguardo così diverso da quello che normalmente sfoggiava con tutti.
Tristyn aveva avuto la sensazione che qualcuno gli avesse tirato un pugno in pieno stomaco, e non gli era ancora passata del tutto. Voleva essere un uomo ammirevole e giusto, e invece si comportava come un balordo. Era questo ciò che era diventato?
Sentì dei passi dietro di sé, ma non si voltò neppure.
Sapeva di chi si trattava.
- Non ho voglia di parlare, Stefan – disse, continuando a guardare un punto fisso davanti a sé.
- Io credo che dovremmo farlo, invece – gli rispose una voce, ma non era quella di Stefan.
Tristyn non si voltò subito.
Era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, in quel momento.
Tuttavia era un soldato, e non aveva intenzione di indietreggiare davanti a quella situazione, per quanto si sentisse divorare dalla vergogna.
Quando si girò, Lynn era di fronte a lui, in attesa.
Si era cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista – e ci sarebbe mancato altro – e indossava una lunga e semplice veste che le arrivava fino ai piedi.  I capelli rossi sembravano incendiati dalla luce del sole al tramonto, e gli occhi verdi spiccavano limpidi e determinati nel suo viso da ragazzina.
Acconciata in quel modo sembrava di nuovo la solita Lynn, ma ora aveva visto oltre le apparenze e non gli sembrava più così invincibile.
- Non ho scuse per il mio comportamento di oggi – le disse lui, in tono contrito, senza avere il coraggio di guardarla.
- No, non ne avete – rispose lei, imperturbabile.
Lui alzò lo sguardo, confuso.
- E allora perché volete parlare, se non volete accettare le mie scuse? – chiese.
- Non devo necessariamente accettare le vostre scuse per parlare con voi – ribatté lei.
- Penso di non seguirvi, allora – osservò lui.
Questa era decisamente una strana conversazione.
- Ho parlato con Stefan, poco fa. Mi ha raccontato quello che vi siete detti oggi – iniziò lei – e forse dobbiamo rivedere il nostro accordo…- s’interruppe bruscamente, non appena vide l’espressione sconvolta di lui.
- Non volete più aiutarmi? Sapete che non posso gestire tutto questo da solo, sto appena imparando la lingua! Come ha osato Stefan venire a parlare con voi? Lo…- attaccò, concitato.
- Sapete, se per una volta steste ad ascoltare senza interrompere forse riuscireste a capire qualcosa!- sbottò lei, incrociando le braccia al petto.
- Avete ragione. Scusate – le fece cenno di andare avanti.
- E’ evidente che non andiamo molto d’accordo, ma io vi rispetto. Come soldato, come comandante e come uomo. Avreste potuto uccidere me e la mia gente e invece ci avete risparmiati. Per questo ho deciso di aiutarvi, perché so che potrete fare buone cose per questo posto, cose che io non potrò mai fare – le ultime parole erano velate di amarezza, ma lui non disse niente – però se volete che il nostro accordo funzioni, dovete cercare di non trattarmi come un vostro soldato perché non lo sono. Non posso esservi d’aiuto se vi irritate in continuazione e non ascoltate quello che vi dico, o se perdete la testa perché non mi presento subito al vostro cospetto. E’ tempo sprecato, e con i tempi che corrono non possiamo restare con le mani in mano. Capite quello che vi sto dicendo? – chiese dubbiosa, accorgendosi che lui non aveva più proferito parola.
Tristyn la guardava attonito, strabiliato dalla capacità di quella ragazza di trasformarsi.
Un momento gli sembrava una monella impertinente, quello dopo una fanciulla innocente e adesso una donna matura e sicura di sé.
- Ho parlato troppo veloce? – gli domandò, perplessa.
A Tristyn scappò un sorriso, mentre quella sensazione di pesantezza che gli aveva imprigionato lo stomaco si dissolveva.
- No, ho capito e avete ragione. Sono stato eccessivamente rude con voi, e senza motivo. Vi chiedo perdono. Almeno queste scuse le potete accettare? – chiese, allungando una mano in un gesto di riconciliazione.
Lynn lo fissò per qualche secondo, incerta, ma alla fine strinse la mano alla sua, senza dire niente.
Ma Tristyn sapeva che l’aveva perdonato.
- Ora è meglio andare a cena, se non vogliamo restare a digiuno fino a domattina – disse lei, liberando la mano dalla presa, e dirigendosi verso le scale della torre.
- Lynn – la chiamò.
 Lei si girò, sorpresa.
- Pensate di poter accettare anche le scuse per quello che è successo oggi pomeriggio? – le chiese, arrossendo leggermente.
Lynn finse di pensarci su, prima di rispondere.
- Credo di sì – rispose, alla fine, facendogli tirare un sospiro di sollievo – E, comunque, mi auguro di non essere stata la prima donna che avete visto svestita – disse, e prima che lui potesse pronunciare una sola parola, era già sparita.
Tristyn, rimasto in un primo momento esterrefatto, quando realizzò quello che aveva detto, si mise a ridere.
Sì, quella era stata sicuramente la conversazione più strana della sua vita.



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Ciao a tutti!:)
Questa volta ho cercato di postare il prima possibile, anche perché con il periodo degli esami che si avvicina il tempo per scrivere temo diminuirà:(
Ci tengo molto a questo capitolo perché lo considero abbastanza importante per il proseguo della storia e soprattutto per l'evolversi del rapporto tra Lynn e Tristyn.
Grazie mille a tutti quelli che leggono e hanno messo la storia tra le seguite/preferite e ricordate, oltre ovviamente ai miei cari recensori, è sempre un piacere leggere le vostre opinioni e idee, sono molto importanti per me, per cui se volete lasciare anche solo un breve pensiero mi renderete molto felice:)

Un bacione a tutti
Francesca


 
   
 
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