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Autore: Aimondev    12/05/2015    1 recensioni
L'umanità è a rischio estinzione.
Ogni giorno Zeus distrugge una polis Greca.
Ermes è stato assassinato.
Nelle forge di Efesto è in lavorazione un'armata di colossi più grandi di qualsiasi edificio umano.
Esseri mostruosi fuoriescono dalle loro spoglie mortali affermando che l'inizio di una nuova era è cominciato.
Il mondo è già stato sconvolto ma adesso Klearcos, l'assassino più abile di tutta la Grecia, sa per cosa combattere.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'alba degli eroi senza nome'
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“Noi non prestammo alcuna attenzione alle antiche profezie.

Come dei folli ripiombavamo nelle vecchie diatribe e combattemmo così come avevamo fatto per generazioni, fino al giorno in cui i mostri infernali si rivelarono dalle oscurità entro cui s’erano annidati e il nuovo nemico venne tra noi.

E ora siamo qui sull’orlo della distruzione, poiché il regno del caos, infine, è arrivato.

I racconti degli anziani erano veri. Le leggende erano reali. I demoni esistono e ora stanno venendo a prendersi il mondo che hanno sempre agognato: il mondo degli uomini.”

 

“La battaglia di Deres fu una delle più sanguinose che il mondo avesse mai ricordato sino a quel giorno.

Centinaia di migliaia di persone erano state osteggiate da pochi. Nell’aria riecheggiava rimbombante una voce grottesca che parlava con la lingua degli uomini.

 Fu terrificante quasi come quel giorno…Quando il cielo si plasmò a immagine di Zeus, e terribili lampi colpirono la terra, trasformando il nostro mondo in una valle di lacrime.

La voce grottesca ricattò gli eserciti che si davano battaglia:  disse che avremmo potuto salvarci da quell’incubo se gli avessimo portato cinque lingue, strappate da altrettante bocche di esseri umani.  Dovevamo strapparle quando essi erano ancora in vita, suppliziandoli, in caso contrario i mostri ci avrebbero punito.”

 

La morte dei nemici aveva infine illuminato il popolo eletto. Coloro che si erano distinti erano ritti sulle proprie gambe, stringendo tra le mani i loro macabri trofei…Tutti gli altri giacevano a terra morti e senza lingua serviti come banchetto per i corvi.

I vivi erano poco più di quindicimila. Era stato un genocidio. E ora, Messeni e Lacedemoni, che fino a poco prima combattevano tra loro, si mescolavano assieme come un’unica armata. 

Adesso diverse fiumane di gente erano in attesa davanti ad alcune tende spartane, dentro le quali altrettanti di quei mostri, come solerti burocrati, controllavano una per una le lingue donate, che avrebbero svolto la funzione di chiave per entrare nel popolo prescelto.

Ci si sarebbe dovuti limitare a cinque lingue, ma, poiché gli uomini sono depravati, avidi e sanguinari e i loro bisogni illimitati, alcuni ne palesarono più di venti per mostrarsi da subito più degni degli altri. Ma ciò che risultò strano fu che gli spartani, i guerrieri più forti di tutti, nati per la battaglia, si limitarono tutti a presentare il minimo richiesto.  Furono gli iloti, i miserabili servi, a macchiarsi più del dovuto del sangue dei loro stessi fratelli, poiché non sarebbero mai riusciti a rubare la lingua agli odiati nemici lacedemoni.

 

Leneo, il nuovo generale, si leccò le labbra dall’eccitazione nel vedere così tanti premi.

“Guarda Aristomene…  disse al comandante dei messeni indicando alcune mostruosità ricoperte di penne e piume, esseri che avevano mutato le proprie sembianze pur di sopravvivere e che ora camminavano affiancando gli umani nella stessa armata.

“…A me piace la meritocrazia, e adesso possiamo dire di aver portato alla luce il vero popolo eletto.”

Cisso, il pupillo di Leneo, entrò di gran lena dentro la tenda superando tutti gli altri, e fece rotolare due teste: erano i due Polemarchi e generali supremi dell’esercito spartano Anassandro e Anassidamo. Quei mostri avevano trucidato i loro stessi superiori.  Agivano realmente per compiacere Ares?  Aristomene non ne era più sicuro. Erano diventati una scheggia impazzita preda della propria follia. Un nucleo dedito al solo terrorismo. 

Dai a degli uomini un po’ di potere ed essi faranno di tutto per ottenerne dell’altro e annientare i più deboli.

L’uomo, Aristomene, rabbrividì, ora veniva la parte più difficile: andare a caccia del Falcone Nero e annettere al proprio esercito tutti coloro che, secondo la logica perversa di Leneo, sarebbero stati degni. 

Era piano del Falcone quello di fare in modo di far credere a tutti di essere lui. Aristomene lo aveva seguito alla lettera indossando il suo elmo. Ma adesso? Anche quell’inconveniente era previsto?

 

Guarda Aristomene” lo ridestò il generale supremo Leneo.

“Adesso possiamo anche setacciare il mondo dal cielo.”   Disse indicando le umanità mutate che ora erano ricoperte di penne e piume ed erano dotate di possenti ali spiegate. La pelle sulla faccia era segnata da una mascherina rossa che li caratterizzava ulteriormente come specie. Sembravano cardellini.

“Seguimi” disse l’anziano.  Era nudo, calvo, la pelle madida di una sostanza lucida e divelta da ogni peluria. Proseguì arrancante verso le oscurità di un corridoio.  
Per terra c’erano tubolari ovunque e le pareti apparentemente di metallo sembravano l’allucinante confine di un incubo: piene di leve, manopole e specchi per altri mondi.
Una donna, ugualmente nuda, calva e nelle stesse condizioni dell’altro, lo seguiva a pochi passi.
“Vogliamo farlo veramente? Saremo puniti per questo. Già quello che abbiamo fatto potrebbe portarci alla morte, lo sai?”
Disse scansando con un piede il corpo esanime di un essere apparentemente umano, ma il cui buco in testa rivelava ingranaggi e parti che non avevano nulla di organico.

“Non ha importanza. Sarebbe molto peggio se non agissimo in fretta invece poiché il nostro sogno morirebbe assieme a questo pianeta. E poi…Noi non moriremo per questo.”
Dopo aver percorso una certa distanza, i due anziani giunsero verso un enorme finestra da cui poterono contemplare il mondo. Era meraviglioso, ricoperto dagli oceani e avvolto dal suo manto di pallidi effimeri nembi.
“Bellissima” commentò la donna, mente l’uomo agitava un marchingegno facendo balenare lambi purpurei contro gli esseri che erano seduti su delle sedie davanti ad alcuni pannelli.

L’uomo si avvicinò alla finestra, contemplando la meraviglia della vita che affiorava da fuori di essa, in contrasto con la non-vita che aveva spento poco prima e che dominava dentro ognuna di quelle stanze.
“Vogliamo farlo?”
“Facciamolo insieme!”
I due umani spinsero assieme una leva rossa e, illuminati dalla luce riflessa del corpo celeste, si abbandonarono in un bacio appassionato. La stanza in cui si trovavano fu illuminata da lampi rossi e fu scossa da un terremoto.

Il re di Sparta Aristodemo sedeva sul suo scranno di legno a capotavola, nella sua terrificante figura corazzata di piastre placcate d’oro e d’argento. Il cielo dell’Agrolide, sotto cui si trovava era placido e sereno. Il sovrano teneva con un unico sguardo tutti i sovrani dell’intera Grecia.

I più importanti gli stavano attorno: Acrisio signore di Argo; Creonte sovrano di Tebe; Re Pandione di Atene Ialiso signore di Rodi e i suoi fratelli Lindo e Camiro.

C’erano poi vari altri sovrani minori:  Meandro re di Pessinunte;  Ditti, signore dell’isola di Serifo; Epito, re di Arcadia; Liparo eponimo re dell’isola di Lipari;

Enopione signore di Chio, re eete dalla Colchide, Mane di Frigia e Idamante da Creta.

Tutte queste autorità riunivano insieme una grande armata di oltre centomila uomini.

 

“Sovrani di tutta l’Ellade, siete stati qui riuniti per volere dell’Olimpo!  I rivoltosi che da tempo immemore sporcano la nostra bella terra, ora si sono fatti avanti.  Nel Peloponneso, su tre campi differenti, si sono mostrati altrettanti uomini che affermano di essere inviati dell’Olimpo, al solo scopo di farsi seguire dai piccoli. Ma io so che è un inganno. Costoro sono in realtà i cani del Falcone Nero, il cui scopo è destabilizzare il nostro mondo.

I messeni a centinaia di migliaia hanno minacciato seriamente la nostra libertà. Altrettanti dissidenti hanno preso Micene, e molti altri si trovano nell’Arcadia…”

“…A questo proposito, mio Primo-Inter-Pares, chiediamo immediati rinforzi  Disse Epito, signore di quella terra.

Aristodemo bloccò l’impertinente interruzione con un gesto della mano.

“Interrompimi un’altra volta e non vivrai abbastanza da vedere la tua terra venire liberata da quei ratti.”

Epito si ammutolì.

Aristodemo continuò a parlare:  L’invasione dell’Arcadia, la presa di Micene, e sette giorni fa, l’insurrezione dei messeni… Sono solo uno specchietto per le allodole.

Vogliono attirarci verso il Peloponneso, ma non è lì che si trova il Vero Falcone. Voi sapete dove si trova l’Imetto?”

Contemplò i volti degli altri re studiandone le espressioni di sorpresa.
“Attica!” Esclamò Pandione. “Per quale motivo l’uomo più ricercato dell’Olimpo dovrebbe portarsi nella bocca delle Aquile?”

Aristodemo strinse gli occhi.
“Evidentemente perché forse non tutte le Aquile servono lo stesso nido…Avete mai sentito parlare dell’Imetto? E’ lì che il Falcone è diretto. È per di lì che è stato visto andare.”

“Il massiccio dell’Imetto…” Sussurrò Creonte.  “Si narra che tra quelle montagne leggendarie si aggirino mostri oltre ogni immaginazione. Un labirinto di rocce affilate come lame, da cui nessuno è mai riuscito a uscire vivo. Chi ci condurrà? E con quale forza riusciremo ad averla vinta?”

Aristomene sorrise.

“Ecco la risposta alla prima domanda! Portate qui il pezzente”

 

Due spartani entrarono nella tenda comando dove un uomo sporco di fango e letame venne fatto entrare. Un uomo quasi scheletrico, aveva gli occhi dilatati e un terribile sorriso sdentato. Stringeva tra le mani un teschio umano.

 

“Il mio nome è Trofonio, progettista di innumerevoli labirinti e allievo del leggendario Dedalo. Miei potenti re, vi condurrò io a destinazione verso l’alcova del grande ribelle.”

Tutti i re nella sala restarono allibiti da quelle parole. Solo il re di Atene ebbe l’ardore di manifestare un’ovvia obiezione.

“Aristomene, vuoi davvero affidarti a questo vecchio pazzo?  Questo straccione!”

Il re di Sparta strinse i denti dalla rabbia. 

“Stai attento, Pandione perché in questo ‘vecchio pazzo’ brilla imperitura una fiamma. La fiamma dei prescelti dell’Olimpo. Costui è un Eletto”

“Eletto?! Ma di cosa stai parlando?”

“Qui rispondo alla seconda domanda:  mi chiedevi con quale forza avremmo potuto averla vinta? Trofonio, mostra a questi mortali che cosa vuol dire essere un PRESCELTO”

 

Il vecchio sorrise ancora più orribilmente e d’un tratto gli occhi sbucarono fuori dalle orbite, facendo inorridire tutti i presenti.  Emise uno squillo acuto e stridulo che parve essere lo stridio di un demone.

Da fuori la tenda comando si udirono innumerevoli urli sguaiati che divennero via via sempre più ferali.

“Ma che cosa…”

Tutti i re si affacciarono fuori dalla tenda e gridarono di orrore e sorpresa.

“Dei dell’Olimpo…”

Aristodemo sorrise.

In mezzo alle schiere di uomini, uno su cento, sopraffatto da gemiti e convulsioni di dolore, prendeva le sembianze di un mostro.

Uno dopo l’altro gli Eletti si facevano avanti: uomini di pietra, uomini ricoperti di corteccia, mostruosità alate e molto altro…

“Con un’armata di questo genere, nessun uomo, neppure il Falcone, riuscirà mai a contrastarci”

Parentesi anacronistiche 10:

Ciclopi:

(Vedi il capitolo 1)  Sono i guardiani di Efesto. Il risultato vincente della sinergica intesa tra ingegneria genetica e informatica. Gli esseri sono stati creati sulla base di feti di esseri umani resi radioattivi prima della nascita e trattati con ingenti modifiche agli alleli di miostatina e follistatina (vedi parentesi anacronistiche 6) atti a farli crescere spropositatamente nel giro di pochi giorni. Infine poiché le radiazioni avevano provocato in loro diversi effetti collaterali (incapacità di parlare, l’unico occhio, mancanza di organi genitali) tra cui un’instabilità mentale che rendeva loro caotici e intrattabili,  prima della crescita veniva  impiantato in una zona del loro cervello un chip  che programma il loro comportamento in relazione a determinate situazioni.

  
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