Youngjae
sospirò leggermente mentre rileggeva la tesina che aveva appena finito di scrivere. Gli ultimi due giorni erano
stati
relativamente tranquilli, semplicemente perché lui e Daehyun
si erano evitati
l’un l’altro come la peste. Le rare volte in cui
erano entrambi nella stessa
stanza contemporaneamente, nessuno dei due diceva niente
all’altro, era più
facile così.
Youngjae sentì irrigidirsi
quando la
porta del bagno si aprì e Daehyun passò vicino
alla sua sedia. Era sempre in
tensione, sempre quando il ragazzo più grande era in giro.
Onestamente non si aspettava di
trascorrere la sua vita da studente universitario in questo modo. Era
stato in
grado di uscire un po’ di più, aveva partecipato a
eventi cristiani ed era
andato alla chiesa più vicina con Insoo. Anche stando vicino
ad altri cristiani
si sentiva strano perché erano molto diversi dal gruppo con
cui era cresciuto.
A loro andavano bene peccati come l’omosessualità,
mentre era una cosa assolutamente
inaccettabile al suo paese. Era dura da digerire, da comprendere, ma ci
stava
provando. Le cose erano proprio diverse qui.
Youngjae si sentiva davvero solo. Era
stanco di sentirsi come un emarginato e di distinguersi per i motivi
sbagliati.
Questo, niente di tutto questo, assomigliava alla vita da studente
universitario
che si era immaginato e tutto quello che voleva era ritornare a casa e
appallottolarsi nel suo letto per un po’, solo il tempo
necessario a rimettere
insieme i suoi pensieri perché davvero si sentiva vicino al
crollo mentale. Ma
non sarebbe successo. Poteva farcela – aveva solo bisogno di pregare che Dio lo guidasse
e gli desse la forza.
Youngjae gettò uno alle sue
spalle
quando un rumore catturò la sua attenzione, e si mise ad
osservare il compagno
di stanza che apriva un materassino per la yoga sul
pavimento. “Cosa stai
facendo?”, non poté fare a meno di chiedere.
“Pilates” rispose il
maggiore prima di
fare dei movimenti di stretching e Youngjae non potè non che
guardare con
curiosità. I suoi occhi si soffermarono sulle gambe forti di
Daehyun e il paio
di boxer di lycra che coprivano a malapena il suo sedere.
Youngjae si
sentiva avvampare sempre di più ogni volta che il ragazzo
più grande emetteva
un rantolo o un lamento. Era sicuro che il ragazzo più
grande stesse facendo
quei versi di proposito.
Youngjae spinse all’indietro la
sedia
per alzarsi, e passò con cautela vicino al compagno di
stanza sul pavimento.
Afferrò le sue chiavi e lasciò la stanza.
All'improvviso sentì che poteva
respirare di nuovo. Perché con Daehyun gli mancava sempre il
fiato? Rantolò
internamente; voleva cambiare stanza, con qualcuno che non lo facesse
sentire
così strano.
Lasciò l’edificio del
dormitorio e si
diresse alla mensa per prendere qualcosa per cena.
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Avanzò con passo lento mentre
lasciava
con riluttanza la mensa. Si era preso del tempo per mangiare la sua
cena, non
avendo assolutamente alcuna fretta di tornare alla sua stanza nel
dormitorio.
Ma quando poi aveva dato un’occhiata al suo orologio, sapeva
di essere stato
fuori abbastanza a lungo. Stava iniziando a fare tardi e voleva leggere
un po’
prima di andare a letto.
Continuò a camminare a passo
discreto quando
improvvisamente, qualcosa davanti a lui gli fece piantare saldamente i
piedi
per terra. La porta della sua stanza era stata lasciata spalancata.
Piegò la
testa su un lato, nel tentativo di svelare il mistero da lontano, fino
a quando
si rese conto che l’unico modo che aveva per andare fino in
fondo era osservare
da più vicino.
Avanzò dietro l’angolo
con cautela e
istantaneamente, un oggetto messo in un una certa maniera sul pavimento
catturò
la sua immediata attenzione.
La mia Bibbia.
La sua Bibbia era stata usata senza
riguardo come nient’altro che un fermaporta. Ogni esitazione
si placò quando
una rabbia immensa gli ribollì dentro, colorando le sue
guance pallide di un
rosso acceso.
Afferrò la sua Bibbia e chiuse
sbattendo la porta, pronto a dirne quattro al suo odioso compagno di
stanza.
Ma poi, il calore che era scorso
violentemente dentro di lui si infiammò quando fu
completamente dentro la
stanza afosa. Un cattivo odore riempiva l’aria che lo
circondava e si sentì
soffocare.
“Ehi, la stavo usando”.
Apparve
Daehyun, che indicava ripetutamente la Bibbia stretta possessivamente
da
Youngjae.
Ma le parole che pronunciò erano
inconsapevolmente cadute nel vuoto. Qualsiasi suo inveire che aveva
rimuginato
nella sua mente scomparve nel momento in cui posò gli occhi
sul ragazzo di
fronte a lui.
Lo colpì,
l’odoraccio che
persisteva nell’aria trasudava dai pori di Daehyun, e la sua
pelle baciata dal
sole risplendeva per il sudore che rivestiva il suo corpo.
Goccioline di
sudore si stavano accumulando sul suo busto nudo e in
quel momento il
sudore stava gocciolando sul suo addome. Youngjae
spostò forzatamente lo sguardo.
“Ehi, pronto?” Daehyun
agitò la mano di
fronte al viso del ragazzo intontito quando lui trovò il
coraggio per voltarsi
e tornare a guardarlo. Ad ogni modo, per una qualche ragione, rimase
ignorato e
roteò gli occhi. Portò le mani ai fianchi e fece
schioccare la lingua, attendendo
che fuoriuscisse qualcosa dalla bocca del suo compagno di stanza.
Stava facendo dello yoga quando aveva
deciso
che avrebbe potuto fare altri esercizi più impegnativi,
volendo sfogare la sua
energia in eccesso. L’essere rimasto a letto per un giorno
intero per la sua
piccola zuffa con Youngjae aveva avuto un effetto negativo su
di lui. Non
si era mai lamentato di dover rimanere a letto prima d’ora ma
adesso, il
pensiero non era poi così piacevole.
L’inutile libro di finzione di
Youngjae
era servito a qualcosa per una volta. Daehyun aveva bisogno di un po'
d'aria
fresca ma ovviamente il ragazzo di Gesù era dovuto tornare e
portargli via pure
quello.
Youngjae si fece coraggio e
fulminò con
lo sguardo Daehyun, ma si sforzò di mantenere lo sguardo dei
suoi occhi sui
suoi. Combatté la curiosità meglio che
poté, continuando a trattenere la sua
attenzione dal vagare più in basso. Almeno il suo compagno
di stanza aveva
avuto la decenza di tenere coperte alcune sue parti, anche se erano
coperte da
nient'altro che un paio di boxer di lycra aderentissima, era meglio di
niente.
“Dovresti rispettare la
Bibbia” disse
Youngjae. Aveva proteso il libro verso Daehyun, colpendo leggermente la
copertina per enfatizzare. “Non è fatta per essere
utilizzata come ti pare. E’
fatta per leggerla.” Infilò
poi
il libro tra le mani ignare del suo compagno di stanza. “Leggila.”
Il suo tono non lasciò
dubbi nella
mente di Daehyun che si trattasse di un ordine. Ma nonostante tutto,
rise al
comando e si voltò di scatto per gettare bruscamente la
Bibbia sulla scrivania
del suo proprietario. “Penso che dovresti farlo tu.
”
Youngjae assottigliò gli occhi.
“Conosco quel libro come le mie tasche. Credo a tutto quello
che mi dice e…”le
sue mani si irrigidirono ai suoi fianchi e si fece coraggio.
“E mi dice che tu
sei un peccatore e che devi pentirti.”
La schiena di Daehyun si
irrigidì
visibilmente quando le sue parole rimbombarono tra le pareti e lo
colpirono
duramente. Girò il volto abbastanza da guardare dritto negli
occhi Youngjae con
i suoi occhi penetranti.
“Non ti dice che anche tu sei un
peccatore? ” Non aspettò una risposta dal suo
compagno di stanza o un eventuale
silenzio, ce l'aveva scritto chiaro in faccia. “Non leggo quella roba
ma si dà proprio il caso che sia la
cosa che più al mondo detesto che mi venga imposta."
Le labbra di Youngjae si arricciarono
alle parole, ma rimase in silenzio tombale, fermo.
“Tutti pecchiamo”
affermò Daehyun.
“Cosa mi rende diverso da te?”
“Tutti pecchiamo”
ripeté Youngjae “ma
tu, cosa sei, è un peccato.” Respirò
con un tremito e incrociò lo sguardo in
attesa di Daehyun.
“Tu sei un
peccato.”
Fu onesto, brutalmente onesto ma a
volte la verità è dura da ascoltare.
Più volte glielo dirà, più forte
ficcherà
quelle parole in quella sua capoccia dura e quanto prima
capirà.
Almeno, è quello che pensava
fino a
quando la risata improvvisa di Daehyun distrusse quell' idea e ogni
speranza
che gli era rimasta si frantumò in milioni di pezzi. Forse
era una causa persa.
“Va bene, d'accordo” si
sollevò
Daehyun, cercando di riprendere fiato, “sono un peccato
vivente, che respira.” Agitò
in alto le braccia, le sue parole e i suoi gesti guidati da una
drammaticità
teatrale. “A chi cazzo importa?”
A me.
“Devi essere salvato”
disse Youngjae,
smorzando drasticamente l’atmosfera nella stanza. Daehyun
roteò gli occhi, uno
sguardo torvo che gli induriva i lineamenti. “Già,
da te e le tue prediche, più
sante della tua bocca."
Sorpassò Youngjae urtandolo, e
raccolse
con impazienza il
materassino dal pavimento. “Mi vado a fare una
doccia”.
Un secondo dopo, lo sbattere della
porta del bagno scosse il pavimento, facendo sussultare Youngjae. Emise
un
respiro tremante e diede un’occhiata nella direzione in cui
proveniva il suono del
suono dell’acqua che scorreva. I suoi occhi rimasero
incollati alla porta,
quasi a trafiggerla e poter scrutare cosa ci fosse dietro di essa. In
quel
momento pensieri impuri girarono per la sua testa, la scosse, sperando
di
liberarsi di quei pensieri.
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Leggere era sempre stato uno dei
passatempi preferiti di Youngjae. Era indescrivibile, la gioia che
provava
lasciandosi andare nelle scritture del Signore. La sensazione di
assoluta
beatitudine e pace, era così rilassante che senza rendersene
conto quando
accadde, si addormentò.
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Il suono della porta che si chiudeva aveva
risvegliato Youngjae dal suo torpore. La Bibbia che era aperta al suo
fianco
volò e precipitò a terra con un forte
‘thud’. Il rumore improvviso lo aveva
agitato e sbatté le palpebre rapidamente, aspettando che il
suo disorientamento
svanisse.
Quando ritornò alla
realtà, riusciva a
sentire altri rumori provenire da qualche parte della stanza. Poi
quello che
vide di fronte ai propri occhi, gli fece sbattere le palpebre di nuovo.
E di
nuovo. E di nuovo.
“Ehi, tu” gli
risuonò una voce
familiare, una voce che non poteva essere scambiata con altri che il
suo
compagno di stanza.
Ma la persona che gli stava davanti, o
meglio, che si sforzava di rimanere in equilibrio, era una donna.
Gli occhi di Youngjae si spalancarono,
diventando tanto tondi quanto era umanamente possibile, la sua bocca
aperta
come non lo era mai stata. Batté le palpebre lentamente,
mentre ammirava i
lunghi capelli castani che le cascavano fluidamente fino alle spalle,
le guance
rosse dal fard, il gloss brillante che faceva risaltare ancora di
più quelle labbra
carnose.
Si poteva intravedere un po’ di
scollatura attraverso una camicetta di pizzo trasparente, molto
trasparente, e
una gonna di pelle corta, molto corta lasciava poco
all’immaginazione. Guardò
le sue cosce spesse e le gambe forti prima che il suo viaggio
terminasse
nell’osservare delle scarpe con tacco da 6 cm. Poteva ancora
sentire quei
rumori rimbombanti che l’avevano svegliato
all’improvviso, risuonando nelle sue
orecchie.
Ma non poteva ancora credere a quello
che stava vedendo.
Pregò il buon Dio che non fosse
davvero
sveglio, che fosse una specie di sogno.
Ma la realtà era
sfortunatamente
un incubo che avrebbe dato la caccia a Youngjae per il resto dei suoi
giorni. O
se non altro, tutti i giorni in cui sarebbe stato obbligato a stare a
contatto
con lei.
Stargli a contatto. Lui.
“Ti ho svegliato?”
ridacchiò Daehyun,
con un sorriso pigro che rifletteva i suoi occhi stanchi.
“Io, io stavo
cercando di essere silenzioso.” Si chinò in avanti
e per poco non cadde di
faccia a terra quando tentò di togliersi i tacchi.
Youngjae deglutì e rimase rigido
nel
letto. Non riusciva a pensare, non riusciva a muoversi, nessuna delle
sue
funzioni fisiologiche umane voleva funzionare in quel momento.
Guardò in
silenzio il suo compagno di stanza che armeggiava con le sue scarpe e
poi,
desiderò che la vista lo avesse ingannato assieme agli altri
sensi.
Tutto era successo in un flash, Daehyun
era chiaramente troppo ubriaco per rendersi conto che stava pisciando
davanti a
uno spettatore ignaro.
Youngjae strillò e
indietreggiò nel
letto più che poté, fermandosi solo quando la sua
schiena urtò contro la
spalliera. Si portò le lenzuola fino alla bocca e
osservò il compagno di stanza
che lo guardò di sfuggita, le scarpe col tacco in mano.
“Hai l'aspetto di uno che ha
visto un
fantasma” ridacchiò Daehyun. “Sono solo
io, sciocchino” disse con un tono acuto
a esagerargli la voce. Il suo tono normale era stridulo a sufficienza
per
Youngjae e fece una smorfia.
Daehyun non se n'era ancora accorto e
si avvicinò barcollando al letto. Non fu prima che si fu
quasi seduto che
realizzò che aveva bisogno di sistemarsi.
“Oops”
ridacchiò e si voltò dalla parte
opposta di Youngjae, prima di portare le mani alla gonna,
mettendo
palesemente a posto il suo cazzo.
Youngjae girò la testa
bruscamente e strizzò
gli occhi. Strinse i denti quando tornò a guardare
apprensivamente il suo
compagno di stanza qualche momento dopo. Lasciò elaborare
tutto per minuti
mentre faceva del suo meglio per capire. Dopo un po’ di tempo
che il silenzio
pervase l’aria, pensò che fosse meglio chiedere a
voce alta invece di tenerlo
per se stesso.
“Quindi, sei un transessuale o
qualcosa
del genere?”
Aveva sentito parlare di questi tipi di
persone ma non le aveva mai viste con i suoi occhi e di certo non era
mai stato
in una stanza con uno di loro. II disagio che aveva sempre
sentito in
presenza dell’altro aumentò tremendamente.
Daehyun lo guardò lentamente,
mentre le
sue palpebre semichiuse lo guardavano storto.
“No, non lo sono.” La
sua risposta fu
severa ed enfatizzata dalla profondità del suo tono di voce.
Osservò il più
giovane che era a disagio per il suo sguardo e scosse la testa.
“Mi vesto per divertirmi, divertirmi”
disse lentamente, non sicuro se il suo compagno di stanza troppo
tutelato
conoscesse il termine che aveva usato. “E il fatto che in
questo modo attiri
più attenzione e più bevande gratis non
guasta.” Scrollò le spalle, uno sguardo
svampito in volto. “Festa”.
Quando non ricevette altro che
confusione e smarrimento negli occhi che lo fissavano di rimando, si
lasciò
sospirare.
“Devi
smetterla di guardare il
mondo in bianco e nero, Youngjae.” Alzò le
sopracciglia, e le sue parole fecero
ridestare Youngjae. “No, non tutti gli uomini gay si drogano,
né scopano a
destra e a manca e decisamente non si travestono da donne”.
Perso nei suoi
pensieri, la sua voce si affievolì e osservò lo
spazio della camera attorno a
loro per un momento. Guardò le sue lucette che coloravano
debolmente la sua
parte di stanza.
“Gli arcobaleni esistono per una ragione”.
Un sorriso a metà ornò i suoi tratti
quando guardò di nuovo Youngjae. “Non
è salutare stare al buio tutto il tempo.” E con
quello, spense le sue lucine
colorate e il rumore di dei passi fu tutto quello che
Youngjae sentì.
L’oscurità fu tutto quello che Youngjae vide.