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Autore: niire    17/05/2015    2 recensioni
L’armonia più dolce è il suono della voce di colei che amiamo. (Jean de La Bruyère)
Dal testo:
Quella sua voce calma e rassicurante che lo ipnotizzava totalmente, sarebbe stato disposto ad ascoltarla per ore senza battere ciglio, anche se Lily avesse blaterato della cosa più insulsa e noiosa del mondo. La sua voce, tuttavia, non era solo dolce ma, al contempo, risultava anche forte e, se necessario, sprezzante, seppur quel tono fosse riservato in particolar modo a James Potter e ai suoi amici.
Ed eccolo di nuovo lì, James Potter.
Quel lurido, viscido presuntuoso riusciva a fare capolino persino nella sua mente, quando l’argomento dei suoi pensieri era tutt'altra cosa.

♣ Seconda classificata al contest “Harry Potter e le 5 W” indetto da rhys89 sul forum di EFP.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La sua voce
L'armonia più dolce è il suono 
della voce di colei che amiamo.
(Jean de La Bruyère)

 
***
 
Il debole venticello d'inizio estate si faceva largo fra i sottili spiragli delle finestre socchiuse, insinuandosi prepotente fra le tende chiare, che lasciavano trasparire la fioca luce del sole mattutino, ed entrava nella spaziosa stanza, facendo così svolazzare con dolcezza le pagine sottili dei libri aperti sui vari tavoli.
Il silenzio regnava sovrano e Hogwarts, ancora quasi interamente addormentata, splendeva imponente, innalzandosi verso il cielo privo di nuvole, e ammirando, dalla sua immensa altezza, l’enorme giardino, la cui erba si muoveva appena, accarezzata da un dolce venticello quasi impercepibile.
Ad alcuni metri dal castello, invece, l’acqua del Lago Nero scintillava sotto la flebile luce, intanto che la grande quercia sulla riva si specchiava in quella macchia trasparente, mostrandosi in tutta la sua maestosità.
Tutto sembrava incantato, mentre il sole nascente si posava con innata dolcezza su qualsiasi cosa incontrasse, facendo brillare le minuscole gocce 
 ultimo ricordo della pioggia che si era abbattuta sul castello il giorno prima  che scivolavano lente lungo le pareti scure della scuola, quasi si rincorressero l’un l’altra, poco prima di esalare il loro ultimo respiro e sparire nel nulla.
Seduto ad uno dei lunghi tavoli di legno della spaziosa biblioteca, con il viso in parte nascosto da un voluminoso libro, sul quale compariva a caratteri cubitali la scritta “Incantesimi e Magie dal 1700 ad oggi”, Severus Piton sfogliava annoiato le pagine chiare, che si increspavano appena sotto la pressione esercitata dalle sue esili dita.
Gli occhi piccoli e neri come la pece si muovevano lenti, mentre il viso cereo, contratto in una smorfia concentrata, rimaneva immobile, impassibile ad un qualsiasi movimento nella biblioteca, ancora quasi interamente vuota data l’ora.
L’unico rumore percepibile, in quel quadro di tranquillità, era il leggero respirare del ragazzo dai capelli corvini, in contrasto con il suono prodotto dalle pagine ingiallite dei libri, che si muovevano appena, spinte dal dolce soffio del vento estivo.
Severus ripensò all’ultima volta che era stato in quella stanza, l’ultima volta che c’era stato con lei.
Mancavano pochi giorni ai G.U.F.O., così lui e Lily avevano passato ore chiusi in quella sala, sommersi da libri e pergamene.
Lei studiava e lui la guardava.
La guardava scrutare i tomi leggermente ingialliti con quei suoi meravigliosi occhi verdi, osservava la sua fronte corrucciarsi  appena quando non riusciva a capire qualcosa, ed ammirava come si passava una mano distrattamente fra i capelli rossi, scostandoseli dal viso, mentre quelle dolcissime labbra si muovevano lievemente finché leggeva in silenzio, accarezzando le parole dipinte di nero sulla carta leggera.
Avrebbe passato ore ad osservarla, circondati dal più totale silenzio; l’avrebbe, semplicemente, osservata.
Ma la cosa che, più di tutte, lo affascinava di lei era la sua voce, così melodiosa e dolce persino quando ripeteva gli argomenti che avrebbe dovuto studiare per il giorno seguente.
Era per quello che l’ascoltava narrare almeno una decina di volte la stessa frase, quando tentava di memorizzarla, ed era per quello che, seppur avesse già compreso un argomento, lasciva che lei glielo rispiegasse.
Solo per sentire la sua voce.
Poi, però, avevano concluso gli esami e tutto era precipitato. Come un minuscolo sassolino, poggiato sull’orlo di un immenso burrone che, dopo un colpo di vento, è scivolato giù, senza avere più alcuna possibilità di risalire, perché era la verità: anche se Lily lo avesse perdonato, nulla sarebbe mai tornato come prima.
E tutto per colpa di una parola.
Di una parola di troppo che aveva abbandonato le sue labbra, piegate in un ghigno carico di disprezzo, sfregiando irrimediabilmente il loro rapporto.
Ritornò con gli occhi scuri a percorrere quelle frasi incise sulla carta con l’inchiostro nero, ormai leggermente sbiadito dal tempo, e sospirò in un sussurro.
Ormai erano finiti tutti gli esami e nel giro di un paio di ore avrebbe dovuto salire sull’Espresso che lo avrebbe ricondotto a casa, eppure, senza saperne il motivo, era andato in quella stanza e aveva tirato fuori il libro di Incantesimi.
“Voglio solo portarmi avanti con i compiti per le vacanze” aveva borbottato, più a se stesso che a qualcun altro in particolare, ma sapeva perfettamente anche lui che non era quello il vero motivo.
Perché la verità era che gli necessitava di pensare, e quel luogo era pieno di ricordi, di ricordi di lei, di loro.
Ricordi che lo distruggevano, ma allo stesso tempo che colmavano, almeno in parte, quel vuoto che si sentiva dentro. Erano pensieri dolorosi ma di cui, comunque, aveva bisogno.
Con uno scatto improvviso, chiuse il libro, facendo sobbalzare l’anziana bibliotecaria appisolata su di una grande sedia con il capo poggiato contro la sontuosa scrivania, sulla quale erano disposte varie scartoffie e cianfrusaglie.
Ignorandola si voltò e osservò al di là delle vetrate, lì dove il sole ormai iniziava ad intravvedersi con più nitidezza, perdendosi nel guardare il cielo così limpido e chiaro, seppur solo il giorno prima avesse piovuto.
Era talmente intendo ad ammirare le sfumature che la luce mattutina assumeva, creando piccole ombre su tutto ciò che incontrava, che non si accorse di due figure, le quali, silenziosamente, si sedettero al suo tavolo.
«Pensieroso, Piton?» chiese Mulciber, facendolo voltare di scatto, ma, seppur sorpreso, il ragazzo non lo diede a vedere, limitandosi a guardarlo sprezzante.
«Non sono affari tuoi» disse atono, iniziando a riporre i suoi libri nella borsa logora, appoggiata accanto alla sedia, leggermente traballante, su cui sedeva.
«Ma noi ci stiamo solo preoccupando per te» ghignò sprezzante Avery Junior, scuotendo appena il capo, con finto dispiacere.
«E non è normale che tu faccia i compiti oggi che è l’ultimo giorno di scuola» proseguì per lui l’altro, lanciando uno sguardo di sottecchi a Severus, che ora iniziava ad alzarsi.
«Come vi ho detto, non sono affari vostri» dalla sua voce non traspariva alcuna emozione «voglio rimanere da solo» finì di parlare, mentre lo sguardo annoiato si posava sui suoi due amici.
«Ah, ho capito, sei triste perché la Mezzosangue ti ha scaricato» rise sprezzante Mulciber, mentre la mascella del ragazzo dai capelli corvini si induriva leggermente.
«Ma povero Piton, non essere così cattivo Mulciber» lo rimproverò ghignando Avery «cerca di capirlo, dopotutto senza quella lurida Sangue Sporco il nostro caro Sev è tutto solo» rise ancora.
Lo sguardo di Severus, intanto, si era fatto furente, le mani tremavano appena.
«Non è vero» il suo non fu più di un sussurro, ma arrivò chiaro ad entrambi.
«Che c’è Piton? Non ti manca forse la tua lurida Mezzosangue?» chiese ancora Mulciber, beffeggiandosi del giovane che lo guardava fisso negli occhi scuri.
«Lei mancarmi? Niente affatto!» ma era una bugia bella e buona.
Quando proferì quelle parole distolse lo sguardo, afferrando la borsa e dirigendosi a grandi falcate verso l’uscita della biblioteca, pentendosi, ancora una volta, di ciò che le sue labbra si erano lasciate sfuggire.
 
***
 
Il rumore monotono del treno accompagnava lo sguardo di Severus al di là del piccolo finestrino dello scompartimento, nel quale il ragazzo aveva scaricato i bagagli.
Non era mai stato solo su quel treno, o almeno non per così tanto tempo.
Ogni volta che dovevano andare a Hogwarts – o eventualmente tornare a casa –, c’era sempre Lily a fargli compagnia; chiacchieravano, scherzavano e lei gli raccontava, con gli occhi illuminati dall’entusiasmo, tutto ciò che aveva in programma di fare in quel periodo, mentre lui semplicemente l’ascoltava assorto, incantato dalla sua voce così dolce e melodiosa.
Quella sua voce calma e rassicurante che lo ipnotizzava totalmente, sarebbe stato disposto ad ascoltarla per ore senza battere ciglio, anche se Lily avesse blaterato della cosa più insulsa e noiosa del mondo. La sua voce, tuttavia, non era solo dolce ma, al contempo, risultava anche forte e, se necessario, sprezzante, seppur quel tono fosse riservato in particolar modo a James Potter e ai suoi amici.
Ed eccolo di nuovo lì, James Potter.
Quel lurido, viscido presuntuoso riusciva a fare capolino persino nella sua mente, quando l’argomento dei suoi pensieri era tutt’altra cosa.
Lo odiava con tutto se stesso, perché era colpa sua se aveva litigato con Lily, lui li aveva allontanati provocandolo, ed ora, a causa sua, quella meravigliosa voce non si sarebbe più rivolta a lui dolce ed amorevole, ma solo carica di disprezzo, lo stesso disprezzo con cui lui aveva proferito la frase che li aveva divisi, sfasciando il meraviglioso rapporto che avevano costruito in tutti quegli anni; quella frase che non riusciva nemmeno più a ripetere a se stesso.
Severus sospirò amaramente, ricordando quando Lily piangeva a causa della sorella e lui era sempre lì, a consolarla e a dirle che Petunia non era che invidiosa, perché lei era speciale, esattamente come le aveva spiegato la prima volta che si erano parlati a Spinner’s End, ormai più di cinque anni prima, durante quel meraviglioso pomeriggio che aveva cambiato la sua vita per sempre
La sosteneva e la rassicurava, perché odiava sentire quella meravigliosa voce scossa da singulti ed intrisa di lacrime, almeno quanto detestava vedere la sua migliore amica triste.
Il viaggio passò lento e silenzioso, gli occhi del giovane accarezzavano con dolcezza il paesaggio che si intravvedeva oltre il finestrino, imprimendosi nella mente quei minuscoli particolari che talvolta riscopriva, quasi si trovasse lì per la prima volta.
Il treno non impiegò molto ad arrivare e, quando Severus vide, dalla finestrella del suo scompartimento, la stazione di King’s Cross, non poté evitare che un sorriso amaro si dipingesse sulle sue labbra sottili.
Scese lentamente dall’Espresso, trascinando con fatica il sontuoso bagaglio, fino a che non sentì l’aria fresca soffiargli contro il viso pallido, mentre le urla degli studenti, che si ricongiungevano con i vari parenti, gli arrivavano alle orecchie, provocando un piccolo sbuffo da parte sua.
Si guardò attorno con occhio critico, finché la chioma scura della madre non comparve nel suo campo visivo, i capelli acconciati elegantemente dietro la nuca in uno stretto chignon e il lungo abito nero le davano un’aria sofisticata e raffinata; il suo viso, invece, pallido e allungato, caratterizzato da folte sopracciglia, era contratto in una smorfia contrariata e leggermente triste. La vide guardarsi attorno e cercarlo, mentre si affrettava a raggiungerla, lasciandosi alle spalle le grida dei ragazzini che ormai percepiva solo in modo confuso.
Quando finalmente sembrò aver raggiunto la madre, una voce lo fece voltare verso l’entrata del treno, poco distante, dove una quindicenne dai lunghi capelli rosso fuoco scendeva dall’Espresso per Hogwarts, trascinando il baule dietro di sé, mentre un’altra ragazza, probabilmente Mary McDonald, la seguiva a ruota, raccontandole qualcosa – che Severus non comprese – e gesticolando animatamente.
Ma il giovane Serpeverde non badò a lei, concentrandosi sulla voce di Lily, che era intenta a spiegare qualcosa alla compagna, senza però sembrare particolarmente presa dalla conversazione.
Era bella esattamente come sempre, con i capelli, che ricordavano mille lingue di fuoco, lasciati sciolti sulle spalle e leggermente sparsi sul viso, mentre il volto, un po' pallido, era cosparso di minuscole efelidi, che le davano un’aria piuttosto sbarazzina.
C’era qualcosa di differente, però, in lei.
I suoi meravigliosi occhi color smeraldo, che lui aveva sempre amato – perché del colore della sua Casa –,  erano spenti, tristi e privi di quel fuoco che solitamente li caratterizzava. Fu quando vide quelle meravigliosi iridi che Severus capì che, forse, anche lui mancava a Lily.
Forse anche lei soffriva per il loro allontanamento.
Forse lei teneva ancora a lui.
E con quella piccola speranza il giovane Serpeverde si voltò, raggiungendo il genitore, mentre, a sua volta, anche Lily se ne andava, allontanandosi da lui, ma questa volta per sempre, come un soffio di vento, destinato a non tornare mai più, trascinandosi dietro quella meravigliosa voce che, ogni volta, lo incantava.

 
MLittle Corner

Who? Severus Piton.
What? Studiare (o svolgere i compiti di) una materia a scelta.
Where? King’s Cross.
When? Nel periodo tra la fine degli esami e il rientro a casa.
Why? «[Lui] mancarmi? Niente affatto!» Ma era una bugia bella e buona.

Premetto che ho scritto questa One Shot da grande ed immensa fan della coppia Lily/James, tuttavia il personaggio di Severus mi ha sempre intrigata parecchio. Diciamo che lo vedo molto come un ragazzo all’apparenza forte e “privo di sentimenti” ma molto più contorto all’interno – come ci ha ben mostrato la cara zia Rowling!
Spero davvero che sia stata di vostro gradimento, sono sincera, alla prossima!

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