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Autore: deba    18/05/2015    2 recensioni
Una FF per rivivere l'amore di Rose e Dimitri.
Rose Hathaway, vive e studia nell'accademia di St. Thomas, con l'unico scopo di diventare un guardiano più famoso della madre. Purtroppo durante un improvviso attacco strigoi, il suo mentore muore e la sua accademia viene distrutta. Così Rose si ritrova a partire da zero in una nuova accademia, la St. Vladimir, dove metterà in discussione se stessa più volte e troverà veri amici e il vero amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrian Ivashkov, Christian Ozera, Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Rose Hathaway
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 10

Capitolo 10

 

 

 

Quando arrivai in palestra per la lezione, scoprii amaramente che oggi era il turno di Dimitri. Finsi di non vederlo e quando entrai, andai da Mason che stava parlando con Eddie.

“Ehi, Rose. Tutto ok?”.

“Si, ragazzi, voi?”.

Si strinsero nelle spalle. “Tutto bene, parlavamo dell’occhio nero di Ryan. Lui dice che ha preso un’anta in camera, ma a noi la cosa puzza.”

Eddie annuiva. “Esatto, sappiamo bene cosa produce un pugno su un occhio, ed è molto simile a quello che ha Aylesworth!”. Rise.

“Ma davvero?” cercavo di essere interessata. Ripensavo alla reazione di Lissa appena raccontato il fatto di ieri. Si era infuriata davvero, come non avevo mai visto, quando le avevo riferito la cattiveria detta a Christian, ma ciò che mi stupì, fu che mi rimproverò per avere alzato le mani su Ryan. Mi disse che non sempre la violenza era la soluzione. Sempre troppo buona, ma ciò mi ricordò Nikolai e di conseguenza lui, Dimitri. Alzai lo sguardo e lo trovai a fissarmi. Imbarazzata mi voltai dall’altra parte, e vidi Ryan entrare in palestra.

Mason mi colpì il fianco con una gomitata, dicendomi di prestare attenzione, per confermagli la loro teoria.

Ryan ci passò davanti e un lampo di rabbia gli passò negli occhi, quando il suo sguardo incontrò il mio , poi proseguì come nulla fosse.

Mason ed Eddie non se ne accorsero e ripreso il loro discorso sul fantomatico pugno, dopo avermi chiesto conferma.

Christian aveva ragione, dovevo guardarmi le spalle.

 

La lezione iniziò quando arrivò Hanson. Quel giorno ci saremmo esercitati con il paletto. Quello che ci diedero era finto, ma comunque molto simile all’originale. Iniziarono l’allenamento con una serie di affondi e tattiche a vuoto. Per me era tutto nuovo e faticai a mantenere il loro ritmo, poiché non conoscevo i loro schemi di esercizi. La cosa mi irritò all’inverosimile. Sentirmi così ignorante mi infuriava. I miei movimenti erano tutti insicuri e deboli.

Mancavano 15 minuti al termine delle lezioni e Hanson, un po’ più informa dell’ultima volta che lo avevo visto, fece una cosa che mi aveva già portato a metterlo nella mia lista nera, quando ancora insegnava alla St. Thomas.

“Bene, ora uno alla volta da solo ripeterà l’esercizio. Chi vuole iniziare?”.

Solo che alla St.Thomas era ripetere il concetto della sua spiegazione teorica a voce.

Di solito, se ero di buon umore, non mi tiravo mai indietro quando c’era qualcosa di pratico da fare, ma sentirmi così impreparata era davvero frustante.

“Perché non la Hathaway, che è tanto sapientina!”.

Non ci volle tanto a capire che era stato Ryan a parlare. Alcuni risero alla sua battuta, soprattutto quelli vicino a me, che mi avevano visto alquanto impacciata tutta la lezione.

Stronzo.

“Perché non lei, signor Aylesworth.”

Non aveva parlato per tutta l’ora, e lo stava facendo ora, perché?

Dimitri, con la sua voce possente aveva riportato la sala in silenzio, e Ryan con la bocca tirata si portò al centro ed eseguì l’esercizio.

Quando tornò al suo posto, mi guardò beffardo.

Guardai attenta l’esercizio svolgersi più volte dai miei compagni, fino a quando fu chiamato il mio nome.

Sudavo per l’agitazione, ma avevo imparato l’esercizio ormai a forza di guardarlo fare.

Lo feci e per fortuna non andò così male, a parte un passaggio che saltai. Hanson mi riprese subito, com’era solito fare all’epoca, e la cosa ovviamente mi irritò, ma mi morsi la lingua fino a farla sanguinare, pur di non rispondergli malamente.

 

Stavo per uscire dalla palestra, quando notai che nell’angolo che svoltava c’era la figura di Dimitri, appoggiata di schiena.

Non volevo incontrarlo, non volevo parlarci, mi sentivo una codarda ed ero così altamente incazzata da prima, che non avevo nessunissima voglia di affrontarlo ora. Così l’unica cosa che mi rimase fu partire di corsa, facendomi passare per una in ritardo. Gli sfrecciai davanti così veloce, che non seppi mai se il mio piano era funzionato o semplicemente, se lui non era li per me e non mi avrebbe fermato comunque.

 

In mensa, dopo che io e Lissa prendemmo il pranzo, decidemmo di sederci con Christian, che stava nel tavolo più isolato della mensa, da solo.

“Wow, wow… che state facendo?” ci disse in panico, non appena giungemmo al suo tavolo. Ci sedemmo come nulla fosse.

“Pranziamo” dissi beffarda.

“Ok” fece per alzarsi, allora gli tirai un calcio da sotto al tavolo.

“Ahi, ma sei pazza?” mi disse guardandomi.

“Ehi, come sai che non è stata Lissa?” la quale mi guardava curiosa, mentre Christian mi guardava come per dire: stai scherzando vero?.

“Siete davvero testarde” disse oltraggiato. “Questa cosa non porterà altro che guai.”

Che stress.

“Sei davvero petulante, Ozera. Tanto, anche se stiamo ognuno per conto nostro in mezzo ai casini ci finiamo lo stesso, io per lo meno di sicuro. Quindi, perché non fare un fronte unito?”.

Mi guardava ad occhi spalancati, ma non avrei saputo dirne il perché.

“Senti…” iniziò a parlare, ma Lissa lo interruppe.

“Christian, perché non possiamo essere amici?” traballò un po’ sulla parola amici.

Lui, come sempre, si addolcì. Era quasi divertente la cosa.

“Non mi lascerete in pace fino a quando non cedrò, vero?” disse sconfitto, poi guardò verso di me. “Hathaway questo è colpa tua, porti la gente sulla cattiva strada.”

Lissa si alzò di colpo.

“Rose, non ha colpe. Perché non capisci?”.

Lissa aveva gli occhi lucidi, mi si strinse il cuore, poi prese e se ne andò.

“Lissa” chiamai, ma non si fermò.

Guardai Christian, che sembrava provare le mie stesse emozioni. Volevo correre da lei, ma la questione doveva finire.

“Corri da lei.” Gli dissi a bassa voce.

“Cosa?” disse lui risentito. “E’ colpa tua tutto questo, lo sai.”

Lo inchiodai con il mio sguardo.

“Non sono io a parlare di nascosto con Lissa, e poi fingere che non esista un secondo dopo.” Lo vidi subire il colpo.

“Ora, se non vai da lei, ti prendo a pugni!”.

Lui mi guardò sbeffeggiandomi.

“Com’è che devi sempre arrivare alla violenza?”.

Pure lui mi fa la morale? No, eh!

“Senti…” inziai, ma mi bloccò.

“Non darmi ordini Hathaway!” e se ne andò.

Sperai davvero che andasse da lei.

Alzai lo sguardo e vidi che tutti mi guardavano, che noia. Ormai mi era passata la fame, per cui, mi alzai anche io e buttai tutto nei cestini.

Per uscire passai davanti al tavolo dei reali, dove una plateale Camille Conta mi indicava e rideva assieme a Jesse. Le mani mi tremavano e stavo per perdere il controllo così mi lanciai fuori e corsi al mio paradiso zen.

 

Come annusai e accarezzai le rose nere, una calma mi invase. Erano davvero una benedizione, dovevo ringraziare la Karp per coltivarle. Mi ricordai le sue parole su Lissa e provai una tensione che passò per il corpo come una scarica e poi scomparì. Dovevo parlarne con Lissa, capire che legame c’era tra loro due.

Che cavoli, neanche alla St. Thomas avevo tutti questi casini, possibile che fossi davvero io ad essere così sbagliata? Forse mi impicciavo troppo o forse la malasorte mi riportava sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. O forse no.

Chernaya Roza        

Sobbalzai alla sua voce.

Ero seduta di fronte alle rose, con le ginocchia al petto. Non volli girarmi e lui rimase li in piedi per un bel po’, poi mi sorprese e si sedette vicino a me.

“Vuol dire rosa nera. Non avevo mai notato questo cespuglio.” La sua voce era calda e tranquilla, quella che usava con me.

“Le ha coltivate Sonia Karp”.

Con la coda dell’occhio vidi che si era sorpreso.

“Come lo sai?”.

“Ero seduta qui un giorno, e lei è comparsa dal nulla, e me lo ha detto. È davvero strana, lo sai?”

Tutti i miei buoni propositi andarono in frantumi e lo guardai. I suoi occhi erano così profondi che mi ci potevo perdere dentro e annegarci felicemente.

“Non è strana.” Mi disse in rimprovero.

“E allora cos’è?” sembrava una domanda semplice, ma la sua espressione di chi la sa lunga, mi fece capire che dovevo davvero indagare su di lei con Lissa.

Ok, lo ammetto, la maggior parte delle volte ero io ad impicciarmi delle cose.

“Vede il mondo in modo diverso da noi. Rose, spostiamoci da qui, dobbiamo parlare.”

Perché dovevamo spostarci?

“Possiamo anche farlo qui.”

Lui sbuffò con una luce strana negli occhi.

“La pausa pranzo sta finendo, incamminiamoci verso l’accademia.”

Questa volta fu il mio turno di sbuffare, non era molto convincente.

“Ok”. Mi alzai e lui fu presto al mio fianco, ma quasi attento a non sfiorarmi.

Io non parlavo era lui che doveva farlo, ma a quanto pare non iniziava e la calma apparente di prima iniziò a trasformarsi in un miscuglio di emozioni soffocanti.

Non mancava molto al limitare del bosco, così mi fermai di botto e lo affrontai un po’ acida.

“Allora?”

I suoi occhi erano un delirio di emozioni.

“Mi stai evitando. Palesemente, oserei aggiungere”.

“Si”.

Gli dissi così sinceramente, che mi lasciò interdetta e così lui.

Sembrava frustrato.

“Tu non capisci…”

Ora mi infuriai.

“Come faccio se tu non ti spieghi!”

Si irrigidì.

“Non posso farti da mentore!”.

Che nervoso.

“Perché?” urlai. Non potevo e non dovevo comportarmi così, lo sapevo, ma ero stanca e poi con lui non riuscivo a non essere dannatamente me stessa.

Sembrava incerto, lo vedevo combattere una battaglia interiore, possibile che provasse quello che provavo io? Se fosse stato così, avrebbe potuto spiegare i suoi comportamenti.

“Io non sono Nikolai” disse infine e mi lasciò davvero scioccata. Tutto avrebbe potuto dirmi, ma mai avrei pensato una cosa del genere.

“Mai pensato tu lo fossi!” dissi dopo un tempo che parve infinito. Si, me lo ricordava, ma di certo non ho mai pensato a lui come suo sostituto e forse sarebbe stato meglio.

L’aria autunnale si faceva ormai sempre più fredda col passare del tempo, e in quel momento sembrava gelare qualsiasi cosa. Qualsiasi emozione. I miei capelli mi circondarono il viso e lui, in quell’istante, mi guardò come non aveva mai fatto, come se mi vedesse per la prima volta.

“D’accordo” disse dopo un po’. Io dal canto mio mi sorpresi. Non capivo cosa gli avesse fatto cambiare idea e non capivo cosa centrasse Nikolai. Avevo il cuore che batteva forte e mille domande da porre, ma avevo paura che avrebbe cambiato idea, così mi limitai a sorridere. Di sicuro lui non provava quello che provavo io. Forse era così tanto legato a Nikolai, che la sua morte lo aveva molto segnato e magari io che lo avevo conosciuto potevo ricordarglielo di più. Poteva essere. Solo allora mi accorsi che lui lo aveva chiamato Nikolai. Niente ‘guardiano Lazar’ o qualche forma rispettosa. Forse stava arrivando a qualche suo limite, ma qualsiasi esso fosse, non lo aveva oltrepassato. Lo guardai negli occhi e vidi il tumulto di prima cessare. Sciolse la sua posa rigida, e mi regalò un sorriso fugace che non mi aveva mai rivolto. Durò poco ma mi infiammò dentro.

L’atmosfera parve rasserenarsi.

“Inizieremo lunedì. prima e dopo le lezioni. Te ne pentirai!” ghignò malefico.

Credeva di intimorirmi?

“Non mi spaventi, compagno!”

E così gli tirai un pugno sulla spalla, che ovviamente, non lo colpì mai.

Imprecai e lui si fece serio all’improvviso.

“Hai fatto tu quell’occhio al tuo compagno?”

Guardai da un’altra parte avvampando.

“Non so di cosa stai parlando.”

Lui mi guardava severo.

“Ti ha fulminato con lo sguardo tutta la lezione.”

Avrei voluto chiedere come potesse esserne certo, ma non volevo supporre altro, mi sentivo così in confusione.

Perché ha accettato solo dopo che gli ho detto che non pensavo che lui fosse Nikolai, perché questi sbalzi d’umore? Riusciva a farmi esplodere la testa.

“Potrebbe essere successo qualcosa…”

“Rose…” iniziò lui, ma io lo bloccai parlando a mia volta. “Si, lo so, la violenza non risolve nulla!” Non serviva che ci si mettesse pure lui.

Lui mi trafisse con lo sguardo.

“Sul serio, Rose, devi controllarti. Non puoi rischiare di macchiare il tuo curriculum con risse tra dhampir, oppure con i moroi. Ti porterà danno quando uscirai di qui.”

Aveva ragione, lo sapevo, me lo ripeteva spesso Nikolai.

“Non fanno altro che provocarmi, che dovrei fare? Tu non hai idea…”.

Ero stanca, davvero, di dovermi sempre ritrovare in mezzo alle cattiverie degli altri. Sapevo combattere, e questa era la mia arma per difendermi da tutto.

“Dimentichi che sono stato un novizio anche io.”

Lo guardai sorpresa. Cercai di immaginarmi Dimitri all’accademia come studente, bello e impossibile, e soprattutto, come mi ricordava spesso Nikolai, attaccabrighe. Ghignai.

“Hai menato tanto anche tu, ah?”

Mi fulminò con lo sguardo e io sorrisi. Mi faceva sorridere il modo in cui si arrabbiava.

“Ok, dai.” Dissi con un tono davvero troppo dolce per i miei gusti. Non credevo nemmeno di possederlo. “Come hai fatto a cambiare? A diventare quello che sei ora. Tutti ti portano rispetto.” Dissi seria l’ultima frase.

Mi guardò con uno sguardo vivo.

“Lo farai Rose, quando capirai chi è il vero nemico contro cui combattere!”.

“Ma io lo so chi…” “No!”. Scosse lui la testa.

“Saperlo è un conto, capirlo è un altro. Lo devi capire qui.” E si indicò il cuore.

Io lo guardavo rapita e ammaliata.

Lui mi guardava immerso nei suoi pensieri, che avrei voluto saper leggere.

“La pausa è finita, torna in classe”!

Quelle parole un po’ più rigide ruppero quell’alone di confidenza che ci avvolgeva.

Torna in classe, voleva sottolineare quasi la differenza tra noi, a me almeno, parve capire questo. Non capivo quando avevo iniziato a guardarlo in maniera diversa, o forse l’avevo sempre visto così, fin dalla prima volta che il suo sguardo aveva incrociato il mio in quella cappella mezza distrutta. Ciò nonostante, il problema stava nel fatto che io non avrei dovuto provare quel batticuore che spesso avevo in sua presenza, ed era meglio se me lo facevo passare in fretta, prima di finire inghiottita in uno sconforto più grande di me.

Eccoci qua!

Mi ha divertito questo capitolo, e soprattutto questa mia Rose.

Che sia riuscito Christian a buttare giu i suoi muri e correre da Lissa?

E del nostro bel misterioso Dimitri, che cosa ne pensate?

hihhi io lo adoro <3

Alla prossima mie care lettrici.

Baci

  
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