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Autore: Owlfiction    20/05/2015    2 recensioni
Una catena di morti che si estende dai primi del '900 fino ai giorni nostri.
Una paura che riesce ad annullare lo stesso desiderio di vivere.
Un tipo di amore che ha superato la morte.
E un gruppo di normali ragazzi, o almeno, normali quanto possono esserlo cinque adolescenti americani in viaggio verso la East Coast, che vengono costretti ad una sosta vicino ad un bosco dal guasto del motore del camper. La cosa sembra un semplice evento sfortunato, all'inizio, fino a quando una strana figura non comincia a fare la sua apparizione nei dintorni, nel momento in cui i ragazzi trovano uno strano foglio bianco, con sopra scritto "Aiutatemi".
Ma Ian Diswarden sa che non è tutto frutto della loro immaginazione, perché lui, quell'uomo, lo aveva già visto in sogno. Era stato messo in guardia da qualcuno che non era riuscito a comprendere appieno, e adesso si ritrova portatore delle uniche speranze di salvezza dei suoi amici. Ma per sopravvivere dovranno cercare di vincere un gioco in cui non sono loro a dettare le regole, in cui sono solo pedine.
Perché Lui guarda sempre, ma non ha occhi.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Oh, should I travel through the woods
or should I not wishing I would?
For above me lurks between the trees
no one could hear my deadly screams.


The palest man, the blackest suit,
bigger than the tallest brute.
Six black arms will grab you up
or stalk you until you just give up.


A top hat bares upon his head
makes your soul fill up with dread.
He takes you when you least expect
boil you up, and eat your neck.


He'll leave your body not to eat
but stample your corpose on a tree.
Fear the man, the Slender Man
for he can do, what no man can...


-Der Grobmann

 












 
Capitolo 1

L'ultima luce


 
Ho sempre saputo quando sogno.
A volte sento della gente dire cose come “stavo sognando, ma sembrava tutto così reale!”. Questo a me non succede mai. So sempre quando sto sognando.
Forse è per colpa delle pillole. Comunque, è così da quando ho memoria. Niente più niente meno, nulla di troppo insolito.
Un guizzo di denti aguzzi mi spinge ad accelerare la mia corsa. Qualcosa rotola sulla mia traiettoria e si erge in tutta la sua statura di venti centimetri, sibilando furiosamente.
Ora sto sognando, per esempio.
Do un calcio al folletto e continuo a correre verso la casa sull'albero. I folletti non sanno arrampicarsi bene, e barricarmi in casa mi trarrà in salvo.
Come so che c'è una casa? È il mio sogno, sono in grado di controllarlo. Perché non spazzo via tutti i folletti con un gesto della mano?
Dove starebbe il divertimento se lo facessi?
Schivo le radici di un cespuglio con disinvoltura. Non credo potrei correre a questa andatura così a lungo nel mondo reale, ma nella mia testa è tutto diverso. La casetta non dista più di cinquecento metri e il rumore dei piedini dei folletti è sempre più lontano. Quattrocentocinquanta metri. Quattrocento. Ora è in vista. Accelero. Devo salire la scala a pioli e poi ritirarla.
Sono in un bosco, certo, ma il paesaggio è sfocato, irreale. Potrei migliorarlo se mi impegnassi un poco, ma non mi interessa per davvero. Questo è il motivo per cui mi sorprendo quando una strana luce comincia a pulsare alla mia destra.
Rallento. Non capisco perché il mio subconscio o simile dovrebbe fare una cosa del genere. Non ha alcuna coerenza nel tipo di sogno che sto vivendo ora! Mi avvicino. La luce fluttua a un paio di spanne dal suolo, ed è larga quanto il mio petto. Il suo bagliore è tenue, ma a volte cresce e a volte diminuisce, come se la corrente elettrica di una lampadina non fosse stabile.
La luce si ritrae.
-No no.- sento una voce provenire dal globo -Ti prego continua. Non voglio farti del male ma ti prego, lasciami guardare.
-Tu non puoi farmi del male.- scrollo le spalle -Siamo nel mio sogno, dopotutto.
La forma fluorescente smette di indietreggiare. Sembra un fuoco fatuo, una piccola fiammella danzante nell'aria.
-Ti stanno raggiungendo.- dice la voce.
I passetti degli esserini si sono fatti molto più vicini di quanto mi aspettassi. Ho perso interesse per il mio gioco precedente, adesso, e voglio parlare di più con la luce.
Allungo una mano in direzione dei folletti e un poderoso groppo di vento scuote gli alberi dai pixel sgranati. Gli animaletti vengono catturati e trascinati via dalle raffiche, lanciando strilli acuti che si spengono presto in lontananza. Ci rincontreremo un'altra volta.
-Ora abbiamo guadagnato del tempo.- esordisco -Ti va di parlare?
Un senso di approvazione mi arriva dalla fiammella. Nel frattempo il paesaggio intorno a me sta crollando silenziosamente, inghiottito da un vuoto bianco, man mano che non cerco più di mantenerlo. Dopotutto è un sogno, qui contano solo le cose importanti.
La luce si guarda intorno, spaesata.
-Mi piaceva.- sussurra, intristita.
-Magari vuoi sederti.- replico, e nello stesso istante ci ritroviamo in un bar cittadino colmo di gente.
Le persone sono indistinte nella macchia confusa della folla. Di fianco a noi, un tavolo vuoto con due sedie.
Siamo nella zona aperta del locale, e intorno a noi ci sono vari grattacieli di vetro e metallo. Non so dove abbia pescato questa ambientazione, forse da un film. Comunque, non mi interessa.
Mi appoggio sulla sedia con soddisfazione. La luce si guarda intorno meravigliata.
-È bellissimo.- dice con voce estatica.
La sua luce sembra come aumentata. La fiammella si agita allegramente mentre guarda verso l'alto. Poi si gira verso di me.
Felicità. Ecco cosa mi comunica.
-Come ti chiami?- chiede sorridendo. Sempre che una luce possa sorridere.
-Ian Diswarden.- rispondo -Tu?
Mi sembra vagamente strano non conoscere il suo nome.
-Ti dispiace chiamarmi solo Light?- richiede, con un certo imbarazzo.
Faccio segno di no con la testa. -È appropriato.- confermo.
Light si avvicina a alla sedia. Mi sembra strano che possa effettivamente sedersi, ma lo fa, anche se il globo luminoso aleggia ancora sopra il mobile.
-Scusa- mi avvicino col busto parlando -ti dispiace dirmi che ci fai qui?
-Potrei chiederti la stessa cosa, ma immagino mi risponderesti che è il tuo sogno.- replica -Non so cosa devo fare qui, ma solo parlare va benissimo. È... piacevole.
Che strana proiezione del mio subconscio!
-Mi porti a fare un giro?- chiese all'improvviso -Ti prego! È da tanto che non vedo il sole!
C'è una nota di supplica nella sua voce, e qualcosa di triste. Come se realizzasse di essersi lasciata andare troppo, si ritira e la sua fiammella diminuisce di volume.
Lo devo ammettere, mi fa un po' pena. E voglio fare qualcosa per lei.
-Ti piace l'Irlanda?
Light risolleva lo sguardo di scatto. Ma non siamo più nel bar. Ora ci circonda un'enorme finestra circolare e siamo sotto un tetto di metallo. Mi alzo e faccio segno al fuoco fatuo di seguirmi con la mano mentre mi affaccio al vetro. Lui, tremante, fa lo stesso.
La città di Dublino si stende ai nostri piedi, distanti almeno un centinaio di metri dal suolo. Guardando fisso davanti a noi possiamo vedere le cime degli altri grattacieli senza dover alzare la testa. Mentre alla nostra sinistra il Phoenix Park si estende in tutto il suo splendore.
-Dove... dove...- balbetta Light.
-Sul museo della Guinness di Dublino, Irlanda. Ci sono stato in vacanza e me lo ricordo bene.- le spiego -Ho pensato che volessi guardarti intorno.
La sua luce pulsa con più forza mentre comincia a correre intorno alla vetrata per osservare la città da ogni angolo concesso dalla torre. Non c'è una sola nuvola in cielo, a dispetto del solito clima irlandese. Aveva detto che voleva vedere il sole.
Light si china a leggere un cartellino vicino alla vetrata.
-Questa è la pinta di birra più grande al mondo!?- esclama esterrefatta.
-L'interno del grattacielo è a forma di boccale.- dico indicandole un altro cartellino con la piantina del palazzo.
-Quindi possiamo riempirlo per farci una bevuta!- realizza.
Non posso trattenere una smorfia di disapprovazione.
-Devo proprio?
Light ride.
-No, tranquillo.
La sua luce è molto forte ora, anche se non mi ferisce gli occhi quando la guardo. La sua fiamma si eleva forte e sicura, molto più sinuosa di quanto lo fosse prima.
-Grazie per questo giorno, Ian.- esordisce -Potrà sembrarti strano, ma per me è valso più di un secolo. Ti ringrazio... a nome di tutti.
-Te ne vuoi andare?- chiedo, in qualche modo dispiaciuto dalla sua partenza.
-Devo.- risponde -Ma non temere, so badare a me stessa.
-Quindi ti definisci una lei. Non ne ero sicuro.- ribatto.
La luce sembra sorridere.
-Ti auguro di avere una bella vita, Ian. Vivi anche per me.- si accomiata.
-No, aspetta!- la chiamo, ma lei sta già svanendo -Che significa?
-Sono contenta di averti incontrato. Non hai idea del bene che mi hai fatto.- sussurra, sempre più flebilmente -Addio.
Non la posso fermare.
-Addio Light- la saluto -ti auguro di trovare ciò che cerchi.
Nella mia mente, la luce si fa forte di nuovo e sento gratitudine. Poi scompare.
Un brusco scossone mi sveglia.
   
 
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