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Autore: With H    22/05/2015    0 recensioni
Dopo sette mesi, il ricordo di quella che era stata l'estate più bella della sua vita non era ancora sbiadito, anzi...
Helis non aveva mai smesso di pensare a Miloš. Questo la porta a prendere la decisione più avventata, impulsiva, folle e meravigliosa della sua vita.
(Il continuo della mia precedente storia "Momenti")
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Che avessero dormito tutta la notte abbracciati, lo dimostrava la sua spalla indolenzita, il braccio di Miloš invece era avvolto attorno alla sua vita e la teneva dolcemente stretta contro il suo corpo, Helis era sorpresa che anche lui non si fosse proprio mosso durante la notte nonostante le due precedenti avesse cambiato spesso posizione.
Non avrebbe voluto muoversi, avrebbe voluto restare tra le sue braccia per sempre e fermare il tempo dato che ormai mancavano poche ore alla sua partenza, ma la spalla le faceva male ed aveva bisogno di andare al bagno. Così si girò piano e lui sospirò imbronciato stringendola di più a sé, poi aprì lentamente gli occhi — Ciao...
Era così bello appena sveglio, con gli occhi ancora semichiusi e i capelli neri spettinati — Vado al bagno, continua a dormire... 
Aggrottò la fronte — No... — rispose come un bambino.
Si mosse facendo in modo di trovarsi stesa su un fianco esattamente davanti a lui e gli accarezzò il viso, lui chiuse gli occhi a quel contatto e poi, dopo averli riaperti, sporse le labbra chiedendole silenziosamente un bacio che lei fu contenta di dargli.
Quando uscì dal bagno, Miloš l’aspettava fuori per poi scendere insieme a fare colazione. Era assente, con un’espressione pensierosa che la spinse a domandarsi se anche lui avvertisse quell’orribile peso sul petto che non la faceva respirare, come se una volta lasciata quella casa non avrebbe più potuto respirare dell’ossigeno puro.
Mangiarono quasi in silenzio delle sfoglie a forma di piccoli quadrati accompagnate con del formaggio e prosciutto e poi tornarono nella sua stanza sotto lo sguardo comprensivo della mamma. Helis ricordò che al villaggio sua madre l’ultimo giorno le lanciava degli sguardi preoccupati, come se da un momento all’altro potesse crollare e lei ne fosse consapevole; in quel momento si sentiva esattamente allo stesso modo, ma ogni volta che gli occhi le si facevano lucidi, cercava di pensare ad altro e fu grata a Miloš che le fece vedere un gioco a cui si era appassionato ispirato all’Impero Romano, le fece vedere come si conquistavano i villaggi e le chiese se alcuni personaggi o città fossero esistiti davvero, fu contenta di rispolverare la sua letteratura latina e rispondere correttamente a tutte le sue domande. Poi dopo circa un quarto d’ora, smise di giocare sbuffando, come se il suo modo per smettere di pensare fosse miseramente fallito, non poté dargli torto.
— Hai qualcosa da fare prima di uscire di casa?
Erano appena le dieci e il suo volo sarebbe partito verso le quattro e venti del pomeriggio, quindi sarebbe dovuta arrivare in aeroporto un paio d’ore prima, per cui avevano ancora un po’ di tempo a disposizione, anche se non tanto quanto lei avrebbe voluto — A parte la doccia, no...
L’espressione cupa fu coperta da uno sguardo malizioso che gli fece brillare gli occhi, quindi si stese quasi buttandosi a peso morto — Ok, allora dormo. — e finse di russare, ma era chiaro che stesse scherzando, infatti dopo un paio di secondi riaprì gli occhi e la guardò divertito.
— Se vuoi dormire... — lasciò incompleta la frase senza poter fare a meno di sorridere, era incredibile come lui riuscisse a strapparle sempre un sorriso, anche quando dentro avrebbe voluto morire.
— Tu hai detto che non devi fare altro...
Sorrise poggiando una mano accanto alla sua spalla ed inginocchiandosi — D’accordo, allora dormi... — mormorò chinandosi a baciarlo, ma lui non ricambiò il bacio e la guardò con aria di sfida, Helis lo baciò ancora un paio di volte prima di rivolgergli uno sguardo stizzito — Perché non mi baci?
— Perché.
Alzò gli occhi al cielo — Ti...
Ma Miloš le impedì di continuare la frase perché l’attirò a sé e la baciò con passione facendo in modo che si stendesse accanto a lui, poi le sue mani cercarono con calma il corpo di Helis sapendo quali punti toccare perché in quei tre giorni aveva imparato a conoscerlo abbastanza bene. Lei lo guardava perdendosi nei suoi occhi, quegli occhi acquamarina che dal primo istante in cui li aveva incrociati, le avevano fatto venire delle strane vertigini, come se per sbaglio avesse saltato uno scalino scendendo le scale. Era profondamente innamorata, era sua. Provò a toccarlo a sua volta, ma lui con un’espressione maliziosa, glielo impedì.
— Perché non posso toccarti? — sibilò.
Miloš la baciò e non c’era nulla di erotico in quel bacio, c’era solo tanta dolcezza — Perché non è il mio turno. Goditi il tuo...
Era chiaro che non avesse intenzione di fare l’amore con lei dato che parlava di “turni”, all’inizio la prese male ma poi una parte di sé, quella remota che era ancora capace di pensare mentre tutto il resto del suo corpo e della sua mente era altrove, in posti mai raggiunti prima, si rese conto che fare l’amore in quel momento sarebbe stato una specie di punto, un modo per dirsi addio, l’ultima volta. Fermare tutto ai preliminari, sebbene appaganti come quelli che lei stava ricevendo, le sembrava più un punto e virgola, una sospensione, un modo positivo di pensare che forse li avrebbero potuti concludere in un futuro, che avrebbero avuto altri momenti per fare l’amore, che quella non era la fine. Allora si lasciò andare, chiuse la mente e le sembrò di essere in paradiso, lui dovette persino dire di abbassare la voce, ma era divertito e soddisfatto mentre Helis respirava a fatica sorpresa per quello che era successo al suo corpo.
— Stai bene? — le chiese mentre cercava di calmarsi.
— Sì... — mormorò fallendo due volte il tentativo di mettersi in ginocchio, era palesemente sconvolta e lui le rivolse uno sguardo quasi preoccupato, lei sorrise — Molto più che bene! — ammise baciandolo e lo sentì ridere di gusto.
— Mi fa piacere. — disse al terzo tentativo di Helis di inginocchiarsi — Riprenditi, non c’è fretta...
Effettivamente le tremavano le gambe e stare in ginocchio era un po’ precario per lei in quel momento, inoltre ancora non riusciva a respirare regolarmente e provava altre lievi scosse di piacere, ma sorrise spostandosi i capelli dal viso con una mano — È ok, sto bene. — e ricambiò con passione.
— Tutto ok? — le chiese quando lei tornò a stendersi poggiando la testa sulla sua spalla e stringendo la sua maglia in un pugno, Helis annuì leggermente aggrottando la fronte e cercando di pensare ad altro perché gli occhi le bruciavano — Non è vero...
Sospirò — Non proprio. Ma non importa...
— Andiamo a fare un giro... — propose alzandosi e guardandola atterrito — Magari fai ancora un po’ di shopping.
Si alzò sforzandosi di sorridere e si stiracchiò verso di lui abbracciandolo, sentiva il suo respiro sul viso ed il suo sguardo attento su di sé, si alzò sulle punte e lo baciò e, nonostante volesse dargli un bacio veloce e casto, si trasformò in tutt’altro. Miloš si staccò piano da lei e le sue pupille erano tornate leggermente dilatate, mentre entrambi riprendevano fiato — Che c’è? — lo provocò, lui ridacchiò alzando gli occhi al cielo — Voglio un bacio. — richiese come una bambina.
Gliene concesse un altro veloce, poi le diede una pacca sul sedere facendola sobbalzare — Ora doccia!
Gli fece la linguaccia e poi si chinò verso la sua valigia a prendere i vestiti. Nella doccia dovette impiegare tutta la sua concentrazione per non scoppiare a piangere. Quando poi scesero le scale per salutare i genitori di Miloš mentre lui le portava la valigia, riuscì a stento a fingere un sorriso; sua madre l’abbracciò calorosamente mentre Helis la ringraziava con affetto dell’ospitalità.
Hvala!
Sorrise abbracciandola ancora — Ma grazie a te! Ti aspettiamo di nuovo qui a casa nostra e spero che la prossima volta tu possa restare per più tempo.
Helis guardò di sottecchi Miloš che le stava traducendo ciò che diceva sua madre — Lo spero anche io, grazie mille di tutto.
— È stato un piacere! Come si dice “buon viaggio” in italiano?
Miloš la guardò aggrottando la fronte, cercando di ricordare — Buono...?
Helis gli rivolse uno sguardo carico d’amore, lo stesso che gli rivolgeva ogni volta che provava a dire qualcosa in italiano o quando durante quelle tre notti l’aveva visto dormire con la maglia dell’Italia che indossava fiero — Buon viaggio... — mormorò — Grazie ancora...
Poi uscì di casa, il padre stava lavorando in garage, per cui quando Miloš lo chiamò, uscì con le mani e la maglia sporche di grasso, ma le rivolse il solito sorriso caloroso e bonario ed anche lui le disse che gli avrebbe fatto piacere rivederla. 
Anche a lei, avrebbe fatto piacere.
Poi entrarono in auto ed andarono ancora un po’ al centro di Pančevo per cambiare i Dinari che le erano rimasti in Euro e fare un ultimo giro, dopodiché si avviarono verso l’aeroporto di Belgrado imbottigliandosi in un traffico scorrevole. La tensione nell’abitacolo dell’auto era quasi tangibile, Helis sentiva gli occhi gonfiarsi di lacrime più volte e lui fissava la strada irrigidito, allora portò la mano su quella di Miloš poggiata al cambio e questo lo fece sorridere, poi iniziò a comportarsi come un animatore, esattamente come l’ultima mattina al villaggio prima che lei andasse via, quando durante il risveglio muscolare cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione e farla sorridere.
— Ti aspetto in Italia... — mormorò mentre Miloš faceva lo scemo.
Spalancò i suoi occhioni — In quale città? 
Helis fece spallucce — In qualunque tu voglia. 
— Tu sarai a Milano... 
— Credo di sì, ma possiamo andare a Roma se vuoi, sono una brava guida...
— Mi piacerebbe. 
In aeroporto l’accompagnò a fare il check in, ma mancava ancora un’ora all’imbarco, così si misero seduti a parlare per un po’, tenendosi per mano, poi il suo volo fu annunciato e lei sentì piombare su di sé un peso che non credeva sarebbe riuscita mai a scacciare.
Miloš le strinse dolcemente le spalle e la baciò con delicatezza — Buon viaggio, Helis. — mormorò triste.
Deglutì a fatica — Grazie Miloš, di tutto. Sono stati tre giorni bellissimi, indimenticabili... — la voce le si spezzò e lo strinse a sé baciandolo ancora e, mentre le loro labbra entravano in contatto, Helis scoppiò a piangere senza riuscire più a trattenersi, la guardò atterrito.
— Stai piangendo... — mormorò provando ad ironizzare, ma i suoi occhi erano lucidi e le sue spalle erano ricurve come a farsi da scudo da qualcosa di invisibile. 
Singhiozzò stringendosi a lui e baciandolo ancora, disperata — Miloš...
— Cosa? Mi odi? — scherzò ripetendo ciò che lei gli aveva detto spesso in quei giorni posandole dei delicati baci sulle labbra.
Helis sorrise, nonostante tutto, gli accarezzò il viso mentre le lacrime scorrevano oscurandole la vista e scosse la testa — No, non ti odio, io...
La baciò ancora — Lo so, anche io.
Il cuore di Helis sembrò fermarsi, lo ringraziò ancora e poi si avvicinò al controllo passaporti e fece vedere il documento prima di andare a fare il security check. Si girò un’ultima volta a guardare Miloš che era rimasto lì fermo, con le spalle ricurve che non gli conferivano il solito atteggiamento sicuro e, sebbene avesse la vista oscurata dalle lacrime, Helis ebbe la sensazione che lui si fosse passato la mano sotto un’occhio come a volersi asciugare una lacrima.
Volim te. — sussurrò e probabilmente Miloš riuscì a leggere il labiale perché sorrise, poi lei girò l’angolo perdendolo di vista.
Passò più di un quarto d’ora prima di salire sull’aereo e, durante il metal detector e poi l’imbarco, non smise mai di piangere mentre le persone, agenti in particolare, le rivolgevano sguardi perplessi, quasi come se volessero fare qualcosa per lei ma non potevano. Nessuno poteva fare niente. Nessuno poteva alleviare quel dolore così forte che sembrava quasi una presenza fisica che l’avvolgeva, sopprimendola perché stava dicendo addio al ragazzo che amava. Al primo ragazzo per cui aveva davvero perso irrimediabilmente la testa, a cui aveva dato la sua verginità e per cui aveva preso quella folle, impulsiva e meravigliosa decisione di raggiungerlo nel suo paese; quel ragazzo che dal primo istante in cui i loro occhi si erano incontrati - quelli stupendi acquamarina nei suoi castani -, le avevano fermato il cuore per un istante e che aveva amato con tutta sé stessa per sette mesi senza mai smettere di pensarlo. Quel ragazzo che era il suo più grande amore e dal quale era separata da una distanza insormontabile, millecinquecentoquattro chilometri.
Per la seconda volta, trascorse il viaggio senza nemmeno rendersene conto, fissando la brutta tappezzeria del sedile davanti al suo e ricordando i momenti meravigliosi di quei tre giorni e mezzo vissuti con Miloš, mentre le lacrime continuavano a rigarle il viso incessanti.
Helis ricordava ben poco del viaggio di ritorno a Bologna e dei giorni successivi, le sembrava come se un clone privo di sentimenti avesse preso il suo posto e fatto ogni cosa meccanicamente mentre il vuoto avvolgeva la vera lei. Tornò in sé solo per un giorno, durante la proclamazione della sua laurea in cui fu davvero felice ed emozionata e, per la prima volta dopo nove giorni, le lacrime che rigavano il suo viso non erano di dolore puro, ma di gioia perché aveva finalmente realizzato quello che per anni era stato il suo sogno e che al momento era diventato realtà ma allo stesso tempo era stato in parte sostituito da un altro sogno, Miloš.
Non c’era giorno in cui non le mancasse e, sebbene avesse imparato a convivere con il dolore, non riusciva comunque a smettere di pensarlo e di cercarlo, ma lui rispondeva freddo e, quando dopo quasi un mese da quando aveva lasciato la Serbia, gli disse che le mancava, Miloš rispose che non doveva, che doveva uscire e cercare qualcun altro, che doveva dimenticarlo perché così non faceva altro che fare del male ad entrambi, soprattutto perché lei aveva detto che una loro possibile relazione sarebbe stata pressoché impossibile.
Aveva pianto tutta la sera e tutta la notte, rifiutando di mangiare e restando a letto senza fare nient’altro e il vuoto era tornato a riprendersela prepotente e, proprio come Emma Bovary, Helis non esisteva più. Per svariati giorni era tornata la Helis-clone che dispensava sorrisi meccanici al mondo intero celando il dolore che la vera Helis stava provando e che nulla avrebbe potuto far passare.
Poi, durante gli ultimi giorni a Bologna, mentre era presa dal trasloco e dalla ricerca di una nuova inquilina che prendesse il suo posto in quella casa, Helis decise di fare l’ultima follia per Miloš, inviargli una lettera in cui gli dichiarava apertamente il suo amore e gli chiedeva di trovare una soluzione, come ad esempio lavorare insieme quell’estate. Il messaggio di risposta di Miloš arrivò dopo circa una settimana, scrivendole che aveva ricevuto la lettera ma che aveva bisogno di tempo per aggiustare delle cose e poi risponderle.
Ogni giorno controllava nella casella della posta in attesa di una lettera, ogni mattina si svegliava con un forte peso sul petto che le impediva di respirare temendo che la risposta sarebbe stata negativa ed ogni notte tirava un sospiro di sollievo perché il peggio non era ancora arrivato. Era un’eterna lotta tra il Giacomo Leopardi e il Walt Disney che erano in lei, pensava al peggio cantando però “I Sogni Son Desideri”.
L’attesa era snervante, ma lei avrebbe aspettato quella risposta a lungo, sperando ogni giorno, esprimendo sempre lo stesso desiderio delle 11.11. Helis avrebbe sempre aspettato Miloš perché non poteva fare altrimenti; perché per quanto fosse quasi impossibile, il pensiero di loro due insieme per quattro mesi era l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi per poter dormire e per allontanare il dolore sordo; perché lo amava. Perché.





Ја ипак волим те, Милан.

   
 
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