Capitolo
12
Passarono due settimane dall’episodio di
Halloween e l’accademia aveva già dimenticato qualsiasi evento successo, poichè
più interessata ad altro. La St. Vladimir era sempre più euforica e popolata,
grazie all’arrivo di guardiani extra e di qualche reale con il suo seguito, in
vista della visita che avrebbe fatto la regina da lì a qualche giorno.
In tutto questo io, Lissa e Christian ci
godevamo il fatto di essere stati messi in secondo piano, a noi non importava
di metterci in bella mostra dai nuovi arrivati e ce la spassavamo alla grande.
Con Dimitri le sessioni di allenamento
erano sempre più intensive. Avevamo passato due settimane a fare un riepilogo
di quello che già Nikolai mi aveva insegnato e poi lui aveva iniziato ad
approfondire il tutto, anche le esercitazioni con il paletto. Gli allenamenti mi
entusiasmavano un mondo, però, c’era altro.
Mi accorgevo che spesso, prima o dopo
gli allenamenti, mi guardava. A volte con ammirazione, altre con orgoglio,
altre non avrei saputo dire cosa. Quelle sensazioni che mi lasciava erano
magnifiche, e a volte vivevo per quei due secondi di sguardi. Durante gli
allenamenti diventava professionale e di questo ne ero grata. Non avrei saputo
concentrarmi con quello sguardo che ero convinta, regalava solo a me. Ciò nonostante,
cercavo in tutti i modi di accantonare questi pensieri da cotta per lui, perché
non sapevo come affrontarli e poi, perché, in fin dei conti stavo bene così.
Avevo iniziato una routine con i suoi allenamenti e gli incontri con Lissa (e
Christian, ovvio) e temevo di poter rovinare tutto. Inoltre, con il passare dei
giorni, stavamo iniziando ad instaurare un legame di fiducia tra compagni che,
ora come ora, era la mia unica ancora salda di emozioni che avevo, e non potevo
rischiare di perderla. Tutti i miei sentimenti, quindi, erano stati accuratamente
piegati e relegati in fondo al mio cuore, in una cassetta di sicurezza che speravo
fosse inacessibile.
Quel giorno mentre osservavo le rose
nere che come sempre mi donavano una tranquillità disarmante, fui colta di
sorpresa dalla signora Karp. Ancora.
“Rose, Ciao. Ancora qui?”.
Vestiva degli indumenti dai colori poco
vividi e i suoi capelli sciolti la facevano sembrare quello che immaginavo
sempre, uno spettro.
“Buongiorno, Signora Karp.” Le dissi
rispettosa. “ E’ il mio paradiso zen qui.”
E indicai le rose davanti a me. “Vorrei
proprio sapere come fa a mantenerle così belle.”
Lei sorrise in modo strano, ovvero, come
sempre.
“Oh, piccola Rose con la magia, ovvio.”
Mi diedi mentalmente della stupida, era
ovvio.
“Certo. Il suo elemento deve essere la
terra.” Le sorrisi imbarazzata per non averlo intuito prima.
Lei invece sorrise come prima, forse più
strana ancora.
“Sbagliato.”
Come sbagliato? Il mio viso era puro
stupore.
“Allora l’acqua.” Forse aveva un buon
pollice verde e tutto stava nell’irrigazione.
Lei rise apertamente.
“No, Rose”.
Volevo fare i nomi degli altri due
elementi, eppure avevo intuito che la risposta non sarebbe cambiata.
“Ti ricordi cosa ho detto la scorsa
volta?” disse con uno sguardo attento.
Certo che lo ricordavo, e la cosa mi
disturbò perché non avevo più avuto tempo di fare le mie domande a Lissa.
Annuii.
“Soprattutto dopo il diploma. Proteggila
sempre!”
E con uno sguardo enigmatico si dileguò.
Ok, la situazione qui iniziava davvero a
preoccuparmi. Dovevo trovare Lissa. Subito.
La vidi nell’atrio che camminava mano
nella mano con Christian. I due si affiatavano ogni giorno sempre di più. A
volte mi capitava di provare invidia per il loro rapporto, erano così complici
e di sicuro non erano mentore e allieva.
Accidenti
a me e ai miei pensieri.
“Ehi Lissa”.
La vidi guardarmi lievemente
preoccupata.
“Rose, sembra che tu abbia visto un
fantasma!”.
In
effetti…
“Non ci sei molto lontana.”
Lei corrugò la fronte.
“Senti… ma tu...” speravo di non causare
l’ennesima catastrofe. “…che rapporti hai con la Karp?”.
La
cosa che più mi accigliò fu la reazione di Christian. Si
rabbuiò. A quanto pare lui sapeva qualcosa che io non sapevo, e
questo mi
dava davvero fastidio.
“Lissa?” la chiamai ancora vedendo che non accenava a rispondere.
“Ti chiedo scusa per non avertene mai
parlato prima.” disse tutto d'un fiato.
La mia faccia era un grosso, enorme e
lampeggiante punto di domanda.
“Andiamo nella mia stanza, ti spiegherò
tutto!”
Dieci minuti dopo ci trovavamo a gambe
incrociate sul suo letto. Christian non c’era, era stato beccato da un
guardiano nel corridoio e i maschi non potevano stare nella parte del
dormitorio femminile. Questa cosa non mi dispiacque neanche un po’. Volevo
parlare solo con lei e basta, come all’inizio. Non gliene facevo una colpa, ma
da quando stava con Christian aveva meno tempo per me. Mi mancava e basta, ma
ero sicura che anche io, se avessi avuto la possibilità di stare con Dimitri,
sarei stata uguale. Magari, invece di tante effusioni, ci saremo presi a botte
di più. Sorrisi all’idea.
“Posso farti una domanda?” mi chiese lei
dolcemente.
“Si…” annuii un po’ distratta dai
pensieri che mi vorticavano in testa.
“Perché mi hai chiesto della signora
Karp?”.
“Ci ho parlato due volte finora e in
entrambe all’improvviso mi ha detto di proteggerti e aiutarti sempre”.
Lissa sorrise rilassata alla mia risposta.
“Vedi…” iniziò. “Volevo parlartene da un
po’, ma non ho mai trovato l’occasione… giusta.” Si guardò in giro triste, poi puntò
il suo sguardo azzurro limpido su di me.
“Sai che vado due volte la settimana
dalla signora Carmack.”
Annuii.
“In una delle due sedute si unisce anche
la signora Karp”.
Aggrottai la fronte.
“Fate delle sedute di gruppo?”.
“Si” rise “ma la paziente sono sempre e
solo io.”
Era serena, la cosa non doveva essere
troppo preoccupante, no?
Restai zitta e lei continuò.
“Mi aiuta per la mia specializzazione”.
In quel momento una ‘o’ muta si formò
sul mio viso. Spesso dimenticavo che Lissa era una moroi ed infatti mai mi ero
posta il quesito di quale elemento fosse specializzata. Sapevo che Christian
era specializzato sul fuoco, ed infatti lo avevo visto con i miei occhi
bruciare due persone senza scottarle veramente, ma di Lissa, non sapevo nulla.
“E qual è il tuo elemento?”.
Lei si rattristì un po’.
“Hai mai sentito parlare dello
spirito?”.
Cosa? Ero scioccata. Ne avevo intravisto
qualche paragrafo in uno dei tanti vecchissimi libri della St. Thomas, ma era
un argomento così vecchio e quasi leggendario che non gli avevo prestato
attenzione. Ora mi maledii.
“Vorresti dire che sei un conoscitore
dello spirito?”.
Lei sembrava sorpresa.
“Sai di che parlo?”.
Annuii poi negai con la testa.
“Ho solo letto qualcosa una volta, ma è
tipo una cosa leggendaria, non so altro.”
Lei sorrise.
“Sai St. Vladimir era un conoscitore
dello spirito.”
Chissà perché, ma la rivelazione non mi
stupì poi molto. Aveva senso.
“Tutti quei miracoli che faceva…”
“Si” disse lei serena, sapevo che era
contenta di poterne parlare con me. “Usava lo spirito per aiutare la gente.”
“Ma come?”.
Non capivo cosa fosse lo spirito.
Lei si guardò intorno forse sperando di
trovare qualcosa per spiegarsi meglio, poi il suo sguardo si posò su una mia
mano.
Seguii ogni sua mossa non sapendo cosa
stesse per fare. Prese la mia mano tra le sue e poi una lieve luce si sprigionò
da esse, avvolgendo la mia mano di una calore che mi toccò il cuore. Fu la
sensazione più bella mai provata in tutta la mia vita.
La cosa più stupefacente però, fu vedere
le mie nocche sbucciate, rimarginarsi e guarire.
“Porco cazzo!” mi sfuggì, era un
miracolo!
Lei rise della mia reazione.
“Lissa, ma è una cosa…” non trovavo la
parola per definirla, o forse non era ancora stata inventata.
Lei si stava richiudendo in quel suo
bozzolo timido che aveva quando l’ho conosciuta.
“Ok, strabiliante penso possa andare.”
Lei mi fissò attenta.
“Non pensi sia qualcosa di sbagliato?”.
Ora capivo. Capivo quella parte di Lissa
che mi sfuggiva sempre. Si sentiva diversa e chissà, forse sbagliata.
“Lissa, non potrei mai pensare questo. È
un dono, ma se devo essere sincera, mi spaventa.” Mi affrettai subito a spiegarle il mio pensiero.
“No, non è come pensi. Capisco cosa voleva dire Sonia Karp. Se la gente, se…
persone cattive venissero a sapere di questo potere, tu saresti in pericolo.
Sono sicura che questo potere è molto più grande di una semplice
cicatrizzazione delle mie nocche sbucciate e io ho paura… ho paura per te,
Lissa!”
Avevo paura davvero, per lei!
Qualche lacrima prese a scendere dai
suoi occhi.
“Oh, Rose… sei speciale…”
La Karp aveva ragione. Quella pazza non
era pazza, o meglio si comportava da tale, ma quel che diceva aveva davvero
senso.
Poi un fulmine immaginario attraversò la
mia mente, facendomi vedere e sentire frasi e situazioni che mi fecero arrivare
ad una conclusione.
Le stranezze della Karp, le rose
stranamente rilassanti, quel dialogo strano con Dimitri…
“Anche la Karp è un conoscitore dello
spirito!”.
Non era una domanda.
Lissa mi guardò affascinata.
“Sei davvero perspicace.”
Volevo capire il meglio possibile questo
mondo.
“Lissa, vieni un attimo con me?”
Lei mi chiese dove, ma non le detti
spiegazione e lei alla fine annuì e basta.
Quindici minuti dopo eravamo nel mio
paradiso zen.
Appena Lissa fu di fronte alle rose la
vidi sorridere dolce e allegra. Era come se fosse appena entrata in casa sua.
“Queste rose…” iniziai “..sono speciali,
vero?”.
Lei mi guardò ancora con l’espressione
felice di prima. “Si, cosa ti fanno provare?”.
Io guardai le “mie” bellissime rose e
sorrisi.
“Tranquillità. I problemi qui, sono meno
difficili. La vita è più serena.”
Lei annuiva alla mia spiegazione e io
continuai a parlare.
“La Karp mi aveva detto di averle
coltivate. Quindi dopo aver valutato il tutto, sono arrivata a quella
conclusione.”
Lissa accarezzò una rosa.
“I conoscitori dello spirito non sono
tutti uguali. C’è chi non sa nemmeno di esserlo, chi invece come me lo scopre
presto, e può imparare a usarlo e gestirlo. Questo potere ha mille
sfaccettature ed è in grado di fare tante cose. A seconda della forza interiore
della persona e anche della sua fantasia, si possono anche inventare poteri
nuovi. Queste ad esempio.”
Ispirò l’odore delle rose e poi
continuò.
“Sono impregnate di spirito e come hai
detto tu, rilassano il corpo e la mente. Io ne sono immune perché sono
abbastanza forte da non farmi catturare dal loro potere, ma se abbasso le mie
difese posso bearmi della calma apparente che donano”.
Si girò e mi sorrise, ma i suoi occhi si
stavano rattristando.
“Due anni fa, ho trovato nel bosco un
uccellino ferito. Era durante la lezione di scienze e all’epoca la signora Karp
era l’unica insegnante. Mi ero allontanata e quando vidi quel povero animaletto
a terra non so… impazzii. Ero da poco rimasta sola e avevo tante di quelle
emozioni contrastanti dentro, che sentirmi impotente anche davanti a quel
povero uccellino mi infuriò. Non so cosa feci di preciso, so che dopo averlo
accolto nelle mie mani, quel piccoletto che un secondo prima era mezzo morto
ora cinguettava felice e sbatteva le ali. La signora Karp vide, e poi, beh, poi
mi spiegò tutto.”
Io annuivo rapita dal discorso.
“Pensavo che la Karp fosse una pazza la
prima volta che ci ho parlato qui.” Dissi sinceramente.
Il sorriso di Lissa svanì.
“La signora Karp è l’esempio di quelle
persone che non hanno saputo subito cosa fosse lo spirito ed ha usato i suoi
poteri sconsideratamente e senza monitoraggio. Rose, questo potere se non
controllato ci fa diventare pazzi.” Era dannatamente seria.
Ok, questo potere iniziava a piacermi
sempre di meno.
“Ma non ha soluzione? Una medicina?
Qualcosa?” non volevo che la mia amica potesse un giorno uscire di senno.
“No, Rose. Il massimo che possiamo fare è
prendere psicofarmaci. Ci aiutano a non andare in depressione se ci limitiamo
nell’usare lo spirito! Ecco perché vado regolarmente dalla signora Carmack”.
Avevo paura a chiedere. “E tu?”.
Quasi non mi ero sentita.
“Non preoccuparti per me, Rose. Come ti
ho detto l’ho scoperto subito e non sono in pericolo. Prendo dei farmaci si, ma
sono leggeri è solo per combattere la voglia che ho di usare lo spirito, ma
riesco a controllarmi. Fidati!”
Capivo ora molti suoi sbalzi d’umore che
avevo notato da quando la conoscevo. Quando lei pensava che non la osservassi,
vedevo che i suoi occhi si spegnevano e che il suo viso provava qualche segno
di pena. Io ho sempre dato per scontato che pensasse alla sua famiglia e stesse
ancora molto male, ma forse era solo lo spirito che chiedeva di essere usato.
Come
me.
Mi resi conto che le mie emozioni
chiedevano di essere manifestate tramite la forza, perché era la cosa che mi
riusciva meglio usare ed io mi affidavo davvero ciecamente ad essa. Era per questo,
forse che per gli allenamenti extra di Dimitri non mi stancavano mai, e se
magari andavo a letto che le avevo prese tutto il santo giorno, il giorno dopo
ero più pimpante che mai. Io, però, a differenza di Lissa non mi controllavo,
non riuscivo a controllarmi. Forse, non ci avevo mai provato davvero.
Esposi questi miei pensieri a Lissa e
lei non mi derise, ne mi fece credere che il mio problema fosse inferiore al
suo, anzi, mi abbracciò e mi manifestò tutto il bene che provava per me, che
nessuno aveva mai provato per me.
“Oh, Rose. Allora facciamo un patto. Io
ti sosterrò sempre, sarò sempre al tuo fianco, pronta a ricordarti cosa
potresti perdere se perdi di vista l’obiettivo finale e tu… tu farai lo stesso
per me. Se pensi che inizio ad essere troppo dipendente dallo spirito, fermami.
Ci aiuteremo insieme!”.
Sorrisi felice. Avevo raccontato a Lissa
di Nikolai, avevo scoperto parte delle mie carte. Era la prima che aveva
davvero saputo da me, la mia voglia di diventare un guardiano. Il migliore.
“Lissa, anche senza patto l’avrei fatto
lo stesso. Un secondo dopo che mi avevi raccontato tutto, avevo già deciso che
sarei stata al tuo fianco, sempre!”
Ci abbracciamo e piangemmo come bambine,
felici di poter contare finalmente su qualcuno, dopo tanto tempo passate da
sole.
Più tardi tornando ai nostri alloggi,
Lissa mi raccontò qualche altro aneddoto sui conoscitori dello spirito ed io
ero così presa dai suoi racconti, che non mi accorsi di quella figura dritta e
fiera che ci aspettava all’ingresso dei dormitori.
La stavamo per oltrepassare, ma lei a
quanto pare non voleva passare inosservata.
“La tua attenzione per i dettagli è
davvero scarsa.”
Più tardi, ripensai a quelle parole per
molte ore, analizzai l’intonazione usata e ciò che volevano significare.
Ripensai soprattutto a tutto quello che sapevo di lei e ai ricordi legati a
lei. Ripensai al buio che mi scatenava dentro e cosa avevo provato quando
sbalordita la chiamai.
“Mamma?”