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Autore: perkynurples    27/05/2015    3 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quanto mi odiate? Tantissimo? Chiedo perdono. Non mi sono dimenticata della fic (GIAMMAI), è che il lavoro ha tentato di uccidermi e poi sono stata anche male. Non ho avuto un attimo di tempo per tradurre. Mi dispiace tantissimo! Ma le acque sembrano essersi calmate quindi il prossimo capitolo dovrei postarlo presto. Chiedo perdono di nuovo. Buona lettura con questo capitolo pieno di sorprese e dolcezze! BYE! E PERDONO!


CAPITOLO XVII

 

Col senno di poi, essere stupidamente coraggioso non è stata esattamente la migliore idea che abbia mai avuto. Ad un certo punto mentre sta accompagnando i ragazzi a scuola il lunedì mattina, si rende conto che sarebbe dovuto essere più giudizioso – si rende conto che nulla è così semplice come la sua mente motivata dall'adrenalina gli ha raffigurato il giorno prima. Non gli si addice avere il prosciutto sugli occhi. Davvero ha permesso a se stesso di credere che tutto potesse finire bene? E... anche se lo fosse così, cosa succederebbe poi? Le parole di Balin sul decidere se ha quello che ci vuole, se vuole tutto questo, si sono stabilite pesantemente nella sua testa, e non lo lasceranno. Era così... così certo che questo fosse ciò che voleva. Al fianco di Thorin, mentre quest'ultimo era alla prese con i problemi di tutto il Paese, e continuare a rimanere lì quando sarebbero inevitabilmente passati a, beh, ai propri problemi.

Giusto. Una reazione completamente normale per un paio di baci più o meno timidi dopo mesi ad orbitare intorno l'un l'altro. Dannazione, Bilbo Baggins. Cosa esattamente gli ha fatto pensare di avere quello che ci vuole? Cosa esattamente gli ha fatto pensare di sapere come farcela? Quasi si sente troppo a suo agio in presenza di Thorin, e sa che il Re prova la stessa cosa, ma al momento tutto sembra... fin troppo grande per entrambi. Thorin non ha tempo di parlare dei suoi sentimenti, e Bilbo non sa come. I loro scambi di battute potrebbero essere abbastanza spontanei, ma ci sono ancora così tante cose non dette – ci saranno sempre, teme Bilbo. È disposto ad aspettare settimane, mesi, solo per scoprire di aver fatto un terribile errore? Gli verranno concessi delle settimane o dei mesi?

Ha da tempo imparato a non pensare alla sua esistenza in termini di routine predestinate – è molto meno stressante non definire degli obiettivi fissi per se stesso, avere un lavoro solido per i trent'anni, una casa di cinque anni dopo, stabilirsi, vedere il mondo, padroneggiare sei lingue prima dei quaranta, sbrigarsi... Accettare le cose come vengono, perseguendo i propri bisogni quando si hanno i mezzi per farlo, è quando è più a suo agio. È anche, in una sorta di modo contorto, il perché ha deciso di scappare in Erebor, sapendo che era una di quelle opportunità che capitano una volta sola nella vita.

Ed eccolo qua ora, a pensare ad un futuro la cui portata è troppo irreale da immaginare, ed è passata poco più di una settimana da quando lui e Thorin hanno in qualche modo deciso che sarebbe andato tutto bene e non sarebbe stato affatto problematico... approfondire il loro rapporto? È buffo, come quel soggiorno nella casa in montagna e tutto quello che ha portato con sé siano in qualche modo riusciti a negare i mesi precedenti. A Bilbo manca preoccuparsi del rapporto dei Principi con il Re, e gli manca incontrare Frida e i suoi amici per un caffè, e, Dio, il Gala e tutti gli altri eventi fastosi... sembra che tutto sia successo molto tempo fa, ed è come se la vecchia casa piena di fotografie sbiadite e armadi e bauli riccamente intagliati in qualche modo condensasse tutti quei ricordi, rendendoli poco importanti. È come se quelle tre settimane lì fossero durate un anno intero. Come se tutti loro avessero passato una sorta di punto di non ritorno, intorno al tavolo della cucina, mangiando degli stupidi muffin al mirtillo, fra tutte le cose possibili.

Completamente perso nei suoi pensieri, quasi non si accorge del semaforo rosso, e Kíli ridacchia quando l'auto si ferma un po' troppo bruscamente. Bilbo strizza l'occhio ai Principi attraverso lo specchietto retrovisore, ma in realtà, sta controllando la berlina blu scura che li segue. Ci sono dentro le guardie del corpo dei ragazzi, e Bilbo ancora non comprende l'intera operazione – lui è quello che continua a portare Fíli e Kíli a scuola e poi li va a prendere nella sua piccolissima Fiat, ma con il valore aggiunto di Bert e Tom che seguono ogni loro spostamento, ciascuno di loro assegnato ad un Principe per tutta la giornata. Sono tutti molto attenti alla sicurezza, naturalmente, e anche Bilbo dovrebbe esserlo, dopo le lezioni piuttosto ampie di Dwalin, ma il perché abbiano ancora fiducia in lui da essere il guidatore designato dei ragazzi è al di là di ogni ragionevole comprensione. Forse Thorin non vuole che perda il contatto con Fíli e Kíli. O qualcosa del genere. È tutto molto surreale, e Bilbo non può pretendere di capire – in questo caso, è probabilmente sensato seguire solo gli ordini ed assicurarsi di non dimenticarsi la pistola nel vano portaoggetti.

Devi essere pronto ad uccidere, non a ferire, è la prima cosa che Dwalin gli ha detto quando ha avuto il tempo di insegnargli un po' di più su come sparare. Le uniche persone che possono urlare 'Fermo! Ho una pistola!' sono i poliziotti e gli attori mediocri, e tu non sei nessuno dei due. Le minacce funzionano notevolmente poco, e certamente non funzioneranno sul tipo di persone che potresti incontrare.

Beh, certamente hanno funzionato su Bilbo. Ma, beh, portare una pistola (un modello da donna, da come ha capito, e non sa perché la cosa dovrebbe infastidirlo) continua ad essere la minore delle sue preoccupazioni. Che vita.

Fanno scendere prima Kíli; il Principe più giovane è piuttosto eccitato di ritornare a scuola, precipitandosi fuori dalla macchina con un rapido saluto, la borsa a tracolla quasi più grande di lui. Bilbo e Fíli guardano Bert che lo raggiunge, uno spettacolo quasi comico tra i bambini che si affollano davanti alla scuola, con la sua altezza e il completo molto professionale. Fíli è il prossimo, e Bilbo gli lancia sguardi furtivi durante i dieci minuti che servono per portarlo alla sua scuola. È tranquillo dall'incontro di ieri con suo nonno, e Bilbo non può biasimarlo. Non hanno davvero avuto il tempo di parlarne per bene, ma pensa che Fíli potrebbe avere alcune intuizioni interessanti sull'intera situazione, e si promette di chiedergli a riguardo il più presto possibile.

Bilbo può a mala pena immaginarsi come devono sentirsi i Principi, e cos'è che li fa gestire la situazione con così tanta nonchalance. Fíli, soprattutto, non è più quel riluttante ragazzo scapestrato ed introverso che Bilbo ha incontrato quando è arrivato in Erebor – la scuola gli si addice, e l'ha fatto aprire di più e ha migliorato la sua concentrazione ma Bilbo sa che il lavoro con un ragazzo che cresce non finisce mai. Non passerà molto tempo prima che la pubertà inizierà ad infierire i suoi colpi più brutti, e onestamente, Bilbo può prevedere solo molto poco di come si svilupperà nel caso di Fíli. Diventerà solitario e scontroso, o ancora più ribelle ed energico? Bilbo si domanda come fosse Thorin quando aveva l'età di Fíli... Il che lo riporta a quanto poco sappia del Re, e così lascia perdere l'argomento prima che lo renda infelice.

Il cortile della scuola è brulicante di vita nel momento in cui arrivano, e anche se Fíli si prende del tempo per uscire dalla macchina in un primo momento, si rilassa un po' quando vede i suoi amici, e corre verso di loro per scambiare le prime attente impressioni sulle vacanze. La guardia del corpo Tom offre un breve cenno con la testa a Bilbo, e poi procede a mescolarsi nella folla, tanto quanto un uomo che è alto più di sei piedi e indossa un abito scuro e un paio di occhiali da sole sia in grado di mescolarsi con decine di bambini chiassosi e vivaci e i loro genitori.

Bilbo guarda il caos piacevole per un po' prima di ricordarsi di aver promesso di andare a vedere Frida – è in procinto di chiedersi se questo sia un buon momento, e se non dovrebbe tornare nel pomeriggio, quando vede la Preside che lo saluta dall'ingresso. È circondata da un certo numero di genitori, tutti che la salutano e si scambiano convenevoli, ma si fa strada tra di loro molto educatamente, e si avvicina a Bilbo, tutta allegra e visibilmente felice di vederlo, e solo quando lei lo abbraccia stretto si rende conto quanto tempo sia passato dall'ultima volta che si sono visti.

“Oh, è così bello vederti,” gli sussurra tra i capelli, e profuma di qualcosa di dolce e in qualche modo familiare, e Bilbo ricambia l'abbraccio, riuscendo a non preoccuparsi di tutte le persone che sicuramente stanno a guardare, rispondendo: “Anche tu. Anche tu.”

Poi lo tiene a distanza, squadrandolo, e Bilbo nota un leggero sentore di ciò che deve essere preoccupazione nei suoi occhi, prima che lei dichiari: “Bene allora. Sei tutto intero. È una cosa buona. Ascolta, iniziamo tra quindici minuti e dovrò dire un paio di parole attraverso l'altoparlante, si sa, come benvenuto, ma dopodiché...”

“Oh, potrei sempre tornare nel pomeriggio.”

“Sciocchezze,” agita la mano, “Ti farò una tazza di caffè e parleremo una volta che ho fatto, e decideremo un giorno per il nostro... giorno all'insegna del caffè, va bene?”

“Va bene,” dice sorridendo, molto grato.

La segue in ufficio, guardando i bambini che salutano genitori e si affrettano nelle loro rispettive classi, lanciando un ultimo sguardo a Fíli, circondato dai suoi amici e circa dieci volte più vivace del solito... Non può fare a meno di abbandonarsi ai ricordi. C'è qualcosa nella fretta e nella confusione di un giorno di scuola regolare che ha sempre trovato stranamente calmante. Anche se gli studenti sono in ritardo per le lezioni e consegnano i compiti giorni dopo la data fissata, e gli insegnanti spettegolano, e ci si sente stremati dopo una giornata di dieci ore, questa routine è qualcosa che Bilbo ha sempre apprezzato Non è che gli manca l'insegnamento di per sé. In fin dei conti, è un lavoro abbietto, sottopagato e sottovalutato quando lo si fa in una scuola pubblica. È solo che... è connesso a un periodo della sua vita che era... beh, diciamo la verità, molto più pacifico. E questo lo riporta al punto di partenza, quindi farebbe meglio a dimenticarsene.

Il putiferio si è ridotto ad un ronzio lontano quando Frida chiude la porta dietro di loro, e Bilbo prende volentieri la sedia che gli offre, lo sguardo che scivola intorno al suo ufficio mentre la donna combatte con la caffettiera. C'è un certo numero di cartoline da varie destinazioni in tutto il mondo appuntate alla lavagna su una delle pareti, e una volta anche Bilbo le riceveva, da un paio dei suoi studenti di Brea, anche dopo che se n'era andato – per un po' di tempo, in ogni caso. Una vacanza o due. Si domanda se Fíli e Kíli potranno mai mandargli una cartolina, dopo che se ne andrà. Oh, lo scoraggiamento non gli si addice.

Frida si scusa un po' all'ultimo minuto, inorridita da questo o quel documento che ha dimenticato di stampare o roba del genere, e Bilbo le promette di aspettarla, naturalmente, guardandola con un po' di affetto mentre la donna si affretta via – loro due sono molto simili in alcuni aspetti, e Bilbo spera che passare un po' di tempo con lei potrebbe contribuire ad alleviare alcune delle sue preoccupazioni.

A proposito di preoccupazioni, cerca l'agenda nella borsa a tracolla – il calendario dei Principi è stato sempre inoltrato al suo tablet, ma si rifiuta di spostare i suoi programmi e bozze lì. Così com'è, il suo programma giornaliero è un'agenda rilegata in pelle spessa, traboccante di post-it e altri frammenti di documenti e note che erano certamente importanti quando li ha messi dentro... Gli piace avere qualcosa di solido su cui scrivere, ama la sensazione di portarla con sé in giro, non importa quanto pesante sia diventata. Lo fa sentire almeno un po' organizzato.

Sfoglia alcune pagine – la nota più lontana è una specie di pranzo a cui i ragazzi dovranno partecipare a fine Ottobre, e perché non riesce a trattenersi, Bilbo si domanda se ci saranno delle altre note relative a Erebor dopo questa. Rigettando l'idea, cerca una data adatta per avere quel caffè con Frida fuori dal suo ufficio, e la punta della penna indugia sopra il 22 Settembre. Ma perché ha segnato quel giorno con una piccola stella? Gli ci vogliono veramente circa cinque secondi per ricordarselo. Oh, giusto, è il suo compleanno. Bene allora. Non è qualcosa che di solito ci si dimentica.

Ma del resto, non festeggia davvero come si deve... beh, da alcuni anni ormai. Sua madre considerava importante che lui passasse la giornata a casa, e c'erano regali e cibo, ed era tutto piuttosto bello. Anche dopo la sua morte, gli piaceva festeggiare con i suoi colleghi a Brea – in qualche modo, i suoi studenti erano riusciti a scoprirlo, e quello era stato un bel compleanno... era il suo trentesimo? Lo sorpresero cantandogli buon compleanno nel bel mezzo della classe, e poi aveva trascorso la notte a ubriacarsi con il brandy di Gandalf nel salotto, e solo per quella notte, tutti erano in realtà eccitati dall'idea di rimanere sul posto di lavoro per ore... Sì, sicuramente il suo trentesimo compleanno. Proprio poco prima che Gandalf annunciasse le sue dimissioni. Da allora, ci sono state... più telefonate gentili e meno bevute. C'era sempre qualcuno con cui trascorrere la giornata, ma ad un certo punto, Bilbo smise di assegnargli molta importanza.

Brevemente giocherella con l'idea di organizzare una specie di aggregazione quest'anno con i suoi nuovi amici, ma poi si rende conto che tutti hanno fin troppa carne sul fuoco per preoccuparsene. Prima che i suoi pensieri possano diventare troppo cupi, Frida ritorna, e la ascolta mentre fa un bel discorso attraverso l'altoparlante, la sua voce che riecheggia fuori dalla porta. Non capisce il khuzdul nella sua interezza, ma non ha molta importanza. Si parla di nuovi inizi, e la fortuna, ed aspirare al migliorarsi, e Bilbo pensa a Fíli che ascolta tutto ciò al piano di sopra, e decide che, se è riuscito a fare qualcosa di buono, è avergli trovato questa scuola.

“Bene, allora,” dichiara Frida dopo aver finito, “cerchiamo di capirci qualcosa.”

Passano un tempo incredibilmente lungo alla ricerca di un attimo di tempo libero nei loro pragrammi quasi ugualmente occupati, ma alla fine Frida sposta qualche riunione, e Bilbo promette di 'sbarazzarsi' di alcune mansioni al Palazzo domenica prossima. Il problema è che – e non ne gliel'ha mai accennato, naturalmente, anche perché a meno che non stia emanando qualche vibrazione estremamente potente, Frida ancora non sa di lui e Thorin, in parte perché non vuole... ferire i suoi sentimenti – la parte più piccola di lui è un po' riluttante a passare il suo tempo libero in compagnia di chiunque altro che non sia Thorin, essendo ogni momento con lui così prezioso. È molto sciocco, e sa di avere bisogno di parlare con lei di tutto, e così fa del suo meglio per non preoccuparsene.

Medita di accettare la sua offerta di rimanere un po' più a lungo, ma sa che è perlopiù solo un'offerta, e che lei è altrettanto occupata così come sembra. Le confessioni e i problemi possono aspettare una settimana. Bilbo riuscirà a durare una settimana. In qualche modo.

Torna verso casa sentendosi un po' strano, con le sue mansioni non specificate fino a dopo pranzo, senza guardie del corpo che lo seguono, il Re, come ci si aspetterebbe, in questa o quella riunione vitale... Infatti, non vede Thorin da quando gli ha augurato buona fortuna per il discorso – beh, ha visto il suo viso negli innumerevoli servizi sulla televisione, uno più scioccante rispetto all'altro. A quanto pare, il Paese è in subbuglio. E anche gli altri paesi, ma soprattutto perché Erebor sembra offrire tutte le novità sul padre di Thorin molto lentamente, un rivolo accuratamente controllato di informazioni. Nessuno, se non pochi eletti (quanto è strano che Bilbo sia uno di loro) hanno effettivamente visto l'uomo, e Bilbo non ha bisogno di essere un esperto di media per sapere che questo non è esattamente convenzionale. Da quello che capisce, il giornale di Bard è una sorta di base di partenza per tutte le notizie, e il giornalista stesso è al lavoro con i canali televisivi per creare una sorta di panoramica completa della situazione.

Thráin dovrebbe... come si dice? Apparire in pubblico? Mostrare il suo volto? Confermare la propria esistenza comparendo nei media per la fine della settimana, o almeno questo è quello che ha sentito Bilbo. Come verrà fatto, non lo sa, e speculare in realtà non lo soddisfa – tutti gli altri sembrano essere più che entusiasti di farlo, però, e dopo aver fatto l'errore di dire ai suoi amici e colleghi ieri sera che ha effettivamente visto Thráin di persona, è stato quasi soggetto a un interrogatorio da parte di tutti loro. Si è sentito un po' come se fosse alle elementari, descrivendo l'aspetto dell'uomo, e il suo modo di parlare, e di come sia piaciuto ai Principi, e come il Re si comportava intorno a lui... Surreale. Così surreale. No, Bilbo non sapeva se fosse davvero lui. Come avrebbe potuto? No, non sembrava particolarmente che avesse subito una serie di interventi di chirurgia plastica per modificare il suo aspetto. Sì, era in effetti una persona vera e propria che respirava e parlava, anche se molto fragile. Sì, aveva il naso dei Durin (la moglie di Bombur, Mirjam, aveva fatto quella particolare domanda, che Bilbo aveva capito perfettamente, ma anche se non lo avesse fatto, la donna l'aveva messa in chiaro toccandosi il naso e facendo ridere tutti). No, Bilbo non sapeva che cosa sarebbe accaduto. Sì, si stava innervosendo a rispondere a tutto questo... si sentiva come se non spettasse a lui. Ha fatto giurare a tutti che non avrebbero divulgato nessuna di queste informazioni a nessun altro, ma aveva ben poche speranze.

Tutto sommato, sta sperimentando questa sensazione persistente di non appartenenza. È diverso dal tipo di ansia esilarante dei suoi primi giorni qui, quando era impaziente di incontrare tutti e imparare tutto, ma sapeva di non essere altro che un minuscolo ingranaggio della macchina massiccia del Palazzo. No, questo è... aver fatto il passo più lungo della gamba. Le persone si aspettano cose da lui, risposte, resilienza, conforto... Nessuna delle quali è sicuro di possedere, o di essere in grado di elargire liberamente. Forse avrebbe dovuto davvero fare quella vacanza. Solo un paio di giorni di riposo. Forse anche lasciare il Paese, riordinare i propri pensieri...

Certo. Scappare dai suoi problemi lo aiuterà davvero a risolverli.

***

I giorni seguenti portano con sé almeno una parvenza di routine ed è rassicurante. Gli sono sufficienti anche per comprendere quanto sia veramente rapito da tutto quello che riguarda Thorin – due, tre giorni senza nemmeno vederlo di sfuggita, e Bilbo sta diventando irrequieto, preoccupato, e si sente piuttosto solo. Quasi si aspetta che il Re lo sorprenda leggere ai ragazzi proprio come ha fatto una volta, o che bussi alla sua porta nel bel mezzo della notte, ma la verità è che non sa nemmeno se Thorin è a casa. O se dorme. O qualcosa.

A tutti gli effetti, dovrebbe essere contento, dovrebbe usare questo tempo per riordinare i propri pensieri, perché lo rinvia sempre quando Thorin è vicino, ma non trova più alcun conforto nella solitudine. Troppo pensare, troppo tempo tra le mani con solo la propria mente per compagnia, il che non finisce mai bene. Fa del suo meglio per concentrarsi sulle parti più piacevoli della sua attuale situazione – nessuno a parte i ragazzi sembra richiedere la sua attenzione, e i giorni che mancano fino all'appuntamento con Frida sono sempre di meno. E poi c'è il clima.

L'inizio dell'autunno è solo il suo momento preferito dell'anno, con le sue temperature ancora accettabili e l'estate persistente nell'aria, e scopre che è ancora più mozzafiato in Erebor. La luce del sole è sempre presente, e dura molto più a lungo di quanto Bilbo si aspetta, e il Palazzo è dorato nei colori brillanti dell'arancio e del giallo quando il sole inizia alla fine a tramontare. Un tardo pomeriggio, lui e Fíli fanno una passeggiata attraverso il parco e oltre il cimitero, cosa che non facevano da secoli, sembra, ed essendo riusciti a convincere Tom la guardia del corpo a dare loro questi trenta minuti di pace in solitudine, Bilbo ammira il ronzio delle centinaia di vite minuscole nel verde, e alcune delle foglie sopra le loro teste che stanno appena cominciando a prendere colore, mentre il Principe gli recita questo o quel esercizio di lettura.

La declamazione di Fíli giunge al termine quando raggiungono la tomba sulla collina che domina la città, e Bilbo lascia che il ragazzo scali il melo più vicino senza tanti complimenti, mettendosi a sedere sull'erba al di sotto di esso, domandandosi se i mesi trascorsi dall'ultima volta che sono stati qui sembrano essere accaduti una vita fa anche per Fíli.

“Quando arriva?” chiede poi il ragazzo, con calma, curiosità, senza un pizzico di qualsiasi tipo di sforzo, e tuttavia, Bilbo avverte una sorta di vaga angoscia nella sua voce.

“Chi?”

“Il nonno,” dice il Principe, “ha detto che sarebbe venuto a Palazzo.”

“Oh, presto, credo,” mormora Bilbo, “penso che i dottori ancora vogliano tenerlo d'occhio.”

“Quindi è ancora al Gabil-Dum?”

“Credo di sì.”

“Hmm.”

Ne segue il silenzio, il vento che scompiglia sia le foglie che l'erba alta, e Bilbo coglie un filo d'erba sottile ed inizia a dividerlo a metà con molta cura, cosa che faceva spesso quando aveva l'età di Fíli, se si ricorda correttamente. È strano, ma trova che fare questo, e il fatto che il ragazzo non richieda molto da lui, che sia semplicemente lì con lui, mettono la sua mente a proprio agio.

“Lo sai suonare?”

“Suonare?” Bilbo si volta a guardare, e vede che Fíli sta già scendendo dall'albero, in modo rapido ed esperto.

“Sì, sai – soffiaci sopra, e fa questo suono... Mio padre era davvero bravo a farlo. Ti faccio vedere.”

Bilbo lo guarda prendere un filo d'erba, il viso pieno di intensa concentrazione mentre stringe le mani e stende e tiene il filo fra i pollici – pensa che non capirà mai quanto bene i ragazzi hanno gestito la morte dei loro genitori. Ne sono usciti fuori praticamente indenni, e Bilbo sa abbastanza di psicologia infantile da esserne ancora un po' turbato. Fíli esibiva praticamente ogni singolo segno di trauma emotivo quando Bilbo l'ha incontrato la prima volta, ed è un po' difficile credere che tutto questo sia semplicemente dissipato solo perché Bilbo è riuscito a farlo conciliare con lo zio... Giusto? Non può avere così tanto merito.

Quasi grida per la sorpresa quando Fíli soffia nelle sue mani e produce un suono acuto e stridulo, diverso da qualsiasi cosa si aspettasse.

“Wow,” commenta, e Fíli fa un sorriso smagliante.

“Già. Provaci tu.”

Mostra a Bilbo come stringere le mani insieme e stendere il filo d'erba usando solo i pollici, e richiede così tanta concentrazione che Bilbo riesce a dimenticarsi delle proprie preoccupazioni per un po' – la frustrazione quando l'erba sventola semplicemente sulle labbra, senza produrre alcun suono più e più volte è senza alcun dubbio il mezzo migliore per rilassarsi in questo momento.

“Come ci riesci a farlo?” geme, assolutamente esasperato, e Fíli prova un immenso orgoglio immenso ad essere in grado di far cantare l'erba più e più volte – beh, cantare non è certo il termine corretto per il suono, ma a quanto pare è così che si dice in khuzdul, e Bilbo non discute.

“Forse è un'abilità reale,” commenta allora, “solo la linea di Durin può farlo.”

“No,” Fíli ride, “tutti i ragazzi lo sanno fare! Beh, Kíli no, ma è troppo piccolo. Poi, non c'era papà ad insegnarglielo.”

“Puoi insegnarglielo tu,” suggerisce Bilbo, cercando con attenzione ogni accenno di dolore o nella voce o sul viso di Fíli per aver menzionato il padre. Niente.

“Mi chiedo se Thorin sa farlo,” continua il Principe.

“Oh, mi piacerebbe vederlo provare,” Bilbo ridacchia.

“Il nonno gliel'avrà insegnato, giusto?”

“Giusto.”

“Se sa farlo.”

“Se non lo sa fare, puoi insegnarlo tu a tutti e due,” offre Bilbo distrattamente, cercando il filo d'erba perfetto per fare più pratica, “così farete insieme dei concerti a suon di fili d'erba.”

“Uh-huh. Bilbo?”

“Sì?”

“È che...”

Gli ci vuole un attimo, ma poi si accorge dell'improvvisa esitazione, e così solleva lo sguardo e vede il ragazzo cogliere altri fili d'erba con abbandono, leggermente corrucciato.

“Sì?” dice Bilbo più intensamente, “che c'è?”

“... Niente. Non importa,” mormora.

“Certo che importa. Dai.”

Fíli guarda storto il filo d'erba che adesso tiene in mano, facendolo in piccoli pezzettini, e Bilbo aspetta.

“È solo che...” sospira, poi si ferma, scuotendo la testa come se fosse scontento delle proprie parole, poi continua, “sono passati dieci anni, giusto? Dalla rivoluzione.”

“Sì.”

“E cioè... il nonno era vivo per tutto questo tempo. Ci ha detto che ha dormito quasi sempre. Come un coma?”

“Sì,” ripete Bilbo, non molto sicuro di cos'altro dovrebbe dire.

“Quando siamo andati al funerale,” Fíli agita la mano vagamente, e Bilbo non ha bisogno di indovinare a quale funerale si sta riferendo, “noi... non erano lì. Mamma e papà. Sai. Nelle bare. Perché hanno detto... qualcosa. Non ricordo. Hanno detto che non sono riusciti a trovarli, che non sono riusciti a... salvarli, o qualcosa del genere. Thorin ha detto...”

“Oh,” Bilbo sospira involontariamente, perché il peso di dove il corso dei pensieri di Fíli si sta dirigendo finalmente lo raggiunge.

Il Principe si guarda un po' le mani, poi solleva lo sguardo verso Bilbo quasi con attesa.

“Pensi che potrebbero essere ancora là fuori? Da qualche parte?” chiede, poi aggiunge in fretta, come se per giustificarlo, “Kíli mi ha chiesto se stessero ancora dormendo. Ho detto che non lo sapevo, e che te l'avrei chiesto.”

Osserva Bilbo con calma e pazienza, e cosa potrebbe mai replicare? Bilbo si gingilla con l'idea di dire 'forse' ed alimentare futili speranze, ma non è questo il suo lavoro. Se non altro, ha basato il suo rapporto con i ragazzi sull'essere sempre sincero con loro. Essere aperto e franco con i bambini ha sempre funzionato per lui, ma riesce a capire perché alcune persone lo evitano – è terribilmente difficile.

“Non credo,” dice nel modo più umanamente gentile possibile, “tuo nonno è sopravvissuto perché... Perché probabilmente ha avuto aiuto. Nessuno sa in realtà come sia successo, ma c'è stata un sacco... un sacco di attenta pianificazione coinvolta. Mentre la morte dei tuoi genitori è stata... un incidente. E gli incidenti non sono sempre buoni, ho paura, ma sono sempre, sempre inaspettati.”

“Nessuno ha potuto aiutarli,” mormora Fíli con un filo di voce, inclinando la testa, raccogliendo un ramoscello e pungolando ripetutamente la terra.

“Non importa quanto ci hanno provato,” ammette Bilbo, “Mi dispiace.”

Il Principe lo guarda come se avesse ricordato qualcosa, o come se fosse sorpreso dalle parole di Bilbo, ma non dice nulla per un po'. Bilbo rimane sempre sorpreso quando si aspetta che uno dei ragazzi sta per piangere e poi non lo fa.

“Stai bene?” chiede, una domanda davvero senza senso, ma in qualche modo sente come se fosse il momento giusto per chiederla.

Fíli scrolla le spalle.

“Thorin sta bene?”

“Huh... perché?”

“Beh, so che è un adulto e così via,” Fíli rotea gli occhi, riuscendo in qualche modo a divertire Bilbo anche adesso, “ma è suo padre. E sono passati dieci anni. Deve essere sorpreso, perlomeno.”

“Molto sorpreso.”

“Felicemente sorpreso?”

Bilbo apre la bocca per dire di sì, ma poi si rende conto, Non lo so proprio. Si ricorda le lacrime negli occhi di Thorin mentre guardava il padre parlare ai nipoti, e quelle erano certamente lacrime felici, ma oltre a questo... L'unica cosa che Bilbo può dire con assoluta certezza è che Thorin è stanco. Nessuno, nemmeno un re, riuscirebbe vivere la propria vita preparato per qualcosa di simile. Aggiungici lo stress di governare un paese, il peso di quell'immensa responsabilità... È un miracolo che stia ancora in piedi, vuole dire Bilbo. È un miracolo che abbia il tempo di degnarmi di uno sguardo.

“Tu lo saresti?” chiede invece, e sa che è un territorio un po' pericoloso, ma Fíli si limita a sollevare le sopracciglia, scrollando di nuovo le spalle.

“Forse sì,” Bilbo sorride, alzandosi a stento in piedi e facendo cenno al Principe di fare lo stesso, “ma credo che perlopiù tuo zio sia solo preoccupato.”

“È sempre preoccupato,” osserva Fíli.

“Penso che sia una parte del suo lavoro,” risponde Bilbo con leggerezza.

“Allora spero che venga pagato abbastanza per questo,” Fíli aggrotta la fronte, e sorride quando Bilbo ride.

Bilbo lo guarda spazzare via dai pantaloni i pezzettini d'erba, e si rammenta che un giorno Fíli sarà re. Tra venti anni? Trenta? Bilbo spera proprio che l'occasione non si presenterà così presto come è successo per Thorin, e che il suo governo sarà molto più pacifico. È una sensazione piuttosto strana, osservare la prossima generazione crescere. Ti dicono che diventare un insegnante è un po' come raggiungere l'immortalità trasmettendo le tue conoscenze ai bambini e così un pezzo di te sopravvive mentre loro vanno avanti, ma Bilbo ha sempre pensato che fosse solo un modo per abbellire quel lavoro squallido.

Per quanto lo riguarda, gli basta vedere che i bambini sanno prendersi cura di se stessi. Condividere le passioni che ha passato anni a studiare e che vuole trasmettere, succede troppo poco spesso per essere adottato come uno scopo. La gioia di assistere a un bambino che finalmente capisce qualcosa che gli hai insegnato è certamente bello, ma nemmeno la gratificazione non dura. A Brea, ha goduto delle sorprese che i suoi studenti riuscivano sempre a inventarsi. La loro curiosità, il loro entusiasmo per le nuove informazioni, il loro entusiasmo per la vita in generale. Le loro menti non avevano bisogno di essere plasmate – avevano bisogno che gli venisse indicata la direzione giusta, e di abbastanza spazio e opportunità per prosperare. Allora Bilbo avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarli dal clima sempre più inquietante dell'istituzione che una volta avevano tutti amato, e ha speso un sacco di tempo a convincere se stesso che quello era il suo scopo nella vita, mostrare loro la strada giusta. È sempre stato bravo con le direzioni.

E in un certo senso, pensa, mentre lentamente si incamminano verso il Palazzo, non è cambiato. Era disposto a correr un sacco di rischi per dare ai Principi la possibilità di vita che meritavano. Ha visto del potenziale in loro fin dal primo giorno, e non poteva sopportare che venisse estinto, anche se a malincuore. Sì, se dovesse ammettere qualcosa, è che è almeno riuscito ad aiutare a mettere Fíli e Kíli sulla strada giusta. Gli basta. Vorrebbe solo essersi fermato lì, ovviamente. Avrebbe potuto condurre una vita perfettamente tranquilla qui, a fianco dei Principi, e giornate come queste non gli darebbero la sensazione di aver preso del tempo in prestito, sarebbero ancora un'occorrenza normale...

Oh beh. Non si può avere tutto, giusto?

***

Almeno riesce a vedere Thorin quella stessa notte – a quanto pare Thráin viene finalmente trasferito a Palazzo, in quello che deve essere un modo molto attento e discreto, perché Bilbo non l'avrebbe nemmeno notato se non fosse per Balin che ne parlava con tutti alla loro solita riunione notturna nell'edificio del personale. A quanto pare Thráin si trova al quarto piano, vicino alle stanze private del Re, e Bilbo ascolta il racconto di Balin sui nuovi protocolli di sicurezza in atto, e altre informazioni senza dubbio molto importanti, prestando solo la metà della sua attenzione.

La presenza di Thráin qui significa che anche Thorin è qui, e Bilbo si sente quasi ridicolmente euforico, e un po' nervoso, per un secondo. E poi, più tardi quella sera, dopo aver bevuto un bicchiere di vino o due, non riesce proprio ad addormentarsi per molto tempo, perché l'euforia viene in gran parte sostituita da uno strano malessere, la parte meno razionale della sua mente che gli fornisce preoccupazioni del genere 'sono passati dei giorni, e se non vuole più la tua compagnia?'.

Il leggero bussare lo coglie completamente impreparato e proprio mentre si sta lavando i denti (così dannatamente sconveniente, è il suo primo pensiero), e si sciacqua la bocca in modo rapido e corre verso la porta, ricordando l'ultima volta in cui a Thorin sono serviti solo tre secondi per scoraggiarsi e andarsene via. Ma per fortuna è ancora lì, le ombre del corridoio poco illuminato pronunciano la magrezza delle sue guance, e Bilbo deve sforzarsi di non ordinargli di girare i tacchi e marciare a letto.

Sorride solo e si fa da parte per farlo entrare.

“Ho una telefonata tra quindici minuti,” è la prima cosa che il Re dice, ed è così rammaricato e stanco che Bilbo non può fare a meno di ridacchiare.

“Non fa niente,” sospira, “è un sacco di tempo per farti addormentare su questa poltrona e perderla. Mi prenderò la colpa, te lo prometto.”

“Allettante,” Thorin sorride brevemente, e per quanto Bilbo si aspetti che crolli sulla poltrona in questione, va a stare alla finestra, invece, guardando fuori sul cortile distrattamente – se Bilbo non fosse più giudizioso, avrebbe detto che sembra un po' nervoso.

“Va tutto... va tutto bene?” tenta di dire.

Thorin lo guarda un po' stordito, le mani in tasca, inspirando per dire qualcosa, poi sospirando profondamente. Bilbo aggrotta la fronte, facendo qualche passo di prova più vicino, e quando il Re non protesta, va a stare al suo fianco – vuole tenergli la mano, appoggiare le proprie mani sulle sue spalle, o sulle sue braccia, qualsiasi cosa, ma non insiste.

“Sorprendentemente,” dice il Re, scrutando l'esterno con molta più attenzione di quanto un paio di cespugli e una statua solitaria di questo o quel santo immerso nella luce arancione di un paio di lampioni si meritano, “è tutto... tranquillo. Beh, non tranquillo, c'è ancora quella dichiarazione il venerdì, ci sarà un'altra conferenza stampa, e già si vocifera di rinviare le elezioni. È Bundushar, si è autonominato portavoce del partito di Karkâl, e a quanto pare questa faccenda con mio padre sta compromettendo l'integrità delle elezioni...”

“Sciocchezze.”

“Ovviamente. Se pensa che permetterò che le elezioni vengano rinviate in modo che Kark â l abbia più tempo per preparare la sua gente, se lo può scordare. Ma non è questo il punto. Mi aspettavo di peggio, ad essere onesti. Mi aspettavo...”

Ma non finisce mai quella frase, e Bilbo lo fissa in silenzio, fissa la sua fronte che si corruga sempre di più dalla preoccupazione, e per qualche ragione, vede nel suo viso una somiglianza quasi inquietante con Fíli in quel momento, per quanto sciocco sia.

“Sono contento che sta andando tutto bene,” dice a bassa voce, e Thorin sbatte le palpebre, come se, ancora una volta, Bilbo gli avesse ricordato che non è da solo nella stanza.

“Troppo bene,” replica, “ho... non ho dormito per un paio di notti di fila, credo, mi aspettavo che qualcosa andasse male, mi aspettavo... mi dispiace. Non dovrei essere... Lascia perdere. Non sono venuto qui per lamentarmi. In origine. Penso.”

Sembra così sinceramente sconvolto per aver detto troppo, per aver condiviso troppo o qualsiasi altra cosa, che Bilbo non può fare a meno di ridere.

“Ti rendi conto che sono contento che sei semplicemente venuto qui?” gli dice, esternando poi un quasi timido, “mi preoccupo per te.”

Gli occhi di Thorin si allargano, come se questa fosse l'ultima cosa che si aspettava di sentire.

“Non dovresti,” bisbiglia, e quasi sembra inorridito che Bilbo abbia osato provare una cosa del genere.

“Non posso farci niente, mi dispiace.”

“No, io... Non puoi–”

“Cosa?” Bilbo ridacchia, “non posso notare che stai lavorando troppo? Non posso desiderare che fossi in grado di rilassarti per un po'?”

“Non puoi essere così...” tenta di dire il Re, e a quanto pare, questa è la notte delle frasi non concluse.

“Così cosa?” Bilbo sorride, “irritante? Odiosamente ficcanaso? Iperprotettivo? Oh, tutte le mie migliori qualità stanno andando sprecate.”

“Perfetto,” offre Thorin semplicemente, “sei perfetto.”

Bilbo non è scioccato fino a rimanere senza parole molto spesso, ma Thorin è certamente in grado di raggiungere un tale risultato. Lo guarda a bocca aperta con quella che si aspetta deve essere un'espressione piuttosto stupida, e sa di essere molto, molto lontano dalla perfezione, sa che questo è molto, molto male, ma non è sufficiente per sopraffare l'affetto in cui è stato coinvolto in modo così scioccante.

“Non puoi assolutamente... dire cose del genere,” riesce a dire, la gola un po' secca.

“Non posso farci niente, mi dispiace,” replica il Re rapidamente, ripetendo a pappagallo la frase di Bilbo così ironicamente che Bilbo non può fare a meno di sbuffare una breve risata.

“Io non...” tentenna, ma a quanto pare è il suo turno ad essere a corto di parole.

“Questo... tutto questo non è probabilmente quello che ti aspettavi,” dice Thorin, e con un vago gesto della mano riesce in qualche modo a comprendere tutta la loro attuale situazione, e Bilbo ride un po' di più.

Decisamente non è quello che mi aspettavo,” dice sorridendo, e anche se ciò che è pericolosamente confinante ad una vera e propria conversazione, all'improvviso non gli importa più di tanto.

“Sono sempre ... sorpreso di trovare che sei ancora qui,” dice Thorin a bassa voce, e Bilbo sa che è serio, ma essere divertito dalle sue parole è molto più sicuro che lasciarle che lo colpiscano con il loro pieno impatto desiderato, ed è per questo che ridacchia e risponde con un leggero: “Dove altro dovrei essere?”

“A casa?” Thorin scrolla le spalle, “in qualche luogo più sicuro, più tranquillo, con... qualcuno che–”

“Va bene, basta, basta,” Bilbo lo interrompe, agitando la mano, “per favore.”

E potrebbe essere passata la mezzanotte, e ci potrebbero essere ancora un miliardo di cose che potrebbero andare male, ma tutto quello che gli importa in quel momento è lasciare che Thorin sappia... beh, la verità. La parte della verità che è importante. È ridicolo, assurdo che dopo, beh... tutto, Thorin ancora pensi che... no. Bilbo potrebbe finire nei guai dopo, molto presto infatti, ma se mai chiuderà il suo rapporto con Erebor in una nota meno sapida, non permetterà che Thorin pensi che sia stato, Dio non voglia, a causa sua. Beh, per le ragioni cattive, non per le ragioni che includono un Bilbo pazzamente innamorato che è riuscito ad autoconvincersi di poter effettivamente aiutare. Presto, presto, utilizza parole reali prima che la tua mente si aggrovigli indefinitamente.

“Sai, quando sono venuto a Erebor, non mi aspettavo di rimanere qui per più di, diciamo, un giorno,” sorride, e quando Thorin solleva un sopracciglio, prosegue, “sì. Gandalf mi ha tormentato per venire qui, e in quel momento non ho nemmeno... Mi ci è voluta meno di una settimana per dimettermi dal mio lavoro perfettamente noioso e decidere di fare le valigie e scappare in un paese di cui non sapevo nulla. E questo è stato prima ancora di incontrarti. Beh, in realtà, anche dopo che l'ho fatto, non ero proprio sicuro di poter... il punto è ,” si schiarisce la gola quando le sue parole cominciano a diventare un caos, “il mio soggiorno qui è stato una cosa inaspettata dopo l'altra fin dal primo giorno. E io... io non avrei voluto niente di diverso. Io non... non voglio la tranquillità. Beh, mi piacerebbe un po' di pace, alla fine, ma non se non... se non include te. Io...”

Per fortuna, la sua voce si affievolisce per conto suo, ed è meglio così, perché non pensa di poter garantire per le sue parole, di fronte allo sguardo incredibilmente adorante di Thorin, colorato con un pizzico di divertimento. Ma sì, soprattutto incredibilmente adorante, del tipo che ci si aspetterebbe di vedere non su dei lineamenti taglienti e regali come quelli del Re. Bilbo deglutisce e scrolla le spalle un po' timidamente, e Thorin inclina la testa, ed è sufficiente come invito.

Bilbo sale sulla punta dei piedi ed esita sentendo il respiro caldo di Thorin sulla propria guancia, tuttavia copre la distanza; e perdere l'equilibrio gli viene naturale, ovviamente – vantaggi e svantaggi di baciare qualcuno così alto. Posa una mano sulla spalla di Thorin, l'altra si avventura coraggiosamente fino alla sua vita, posizionandovisi. Può sentire il calore e la morbidezza della pelle del Re sotto il tessuto sottile della camicia e, beh, per quanto avesse potuto aspettarselo, le labbra di Thorin che si separano per permettergli un breve respiro affannoso superano decisamente ogni limite. Le mani del Re afferrano gentilmente Bilbo per i fianchi, e così lui osa avvicinarsi ancora, risalendo con il proprio braccio ad accarezzare delicatamente con il pollice la nuca di Thorin, l'altra mano che si dispiega sulle sue reni, premendo piano su quel calore incredibile...

“Mi sei mancato,” Thorin in qualche modo riesce a mormorare contro le sue labbra, e Bilbo sorride, mugugnando in accordo.

Ancora una volta, è molto difficile ricordare perché esattamente era così preoccupato prima. Forse deve solo passare più tempo possibile con Thorin – sembra fare miracoli alla sua ansia. Le preoccupazioni della vita reale sono decisamente messe in sospeso, sostituite da preoccupazioni per controllare se stesso quel tanto che basta per non farsi sfuggire un suono piuttosto poco dignitoso. Non si aspetta mai che le labbra di Thorin siano così calde ed accoglienti, e lo sono sempre. Momentaneamente, si domanda quanto tempo sia passato per lui, perché Bilbo non ha baciato nessuno così da... beh, un bel po' di tempo, e non dovrebbe essere così naturale, non dovrebbe essere così facile.

Respirare con calma è un po' un calvario dopo che si separano, le guance arrossate e brucianti, ma non vuole insistere troppo, nonostante quanto piacevole potrebbe essere.

“Anche tu mi sei mancato,” mormora, facendo cadere lentamente le mani finché non incontrano quelle di Thorin, intrecciando le loro dita insieme, e si domanda se sia abbastanza, se potrà mai essere abbastanza, l'intimità che funziona così bene. Se sia possibile basare... qualsiasi cosa su questo.

“A dire la verità... sono venuto per chiederti una cosa,” il Re sospira, e Bilbo non può scacciare il sorrisetto quando la sua voce tradisce la sua... com'è che la chiamava? Delicata instabilità emotiva?

“Qualsiasi cosa,” risponde semplicemente.

“Si tratta di... mio padre,” spiega Thorin, lo sguardo che guizza di lato, fuori dalla finestra, e Bilbo non può fare a meno di notare quanto sia a volte riluttante nel chiamare Thráin suo padre – probabilmente è preoccupato che potrebbe renderlo una falsità, semplicemente dirlo ad alta voce.

“Mi ha chiesto se poteva vedere di nuovo i ragazzi, ora che è qui a Palazzo,” continua Thorin, “e io ho detto, certo, ma mi domandavo se potessi... supervisionare la cosa. Non come...”

“Capisco,” osserva Bilbo, e gli occhi di Thorin si socchiudono in modo quasi impercettibile quando lo guarda, come se stesse cercando di scoprire qualcosa sul suo viso, qualche prova che Bilbo capisce sul serio.

“Pensi che... saranno d'accordo a farlo?” chiede poi a Bilbo, quasi timidamente.

“D'accordo?” Bilbo sorride, “la scorsa settimana mi hanno chiesto di lui quasi senza sosta. Saranno più che felici di incontrarlo di nuovo.”

“Ah sì?” Le sopracciglia di Thorin si inarcano, come se questa fosse l'ultima cosa che si aspettava di sentire, “quindi stanno...”

“Gestendo la situazione molto bene, sì,” dice Bilbo.

Si ricorda le parole di Fíli di prima, pensi che potrebbero essere ancora là fuori? Da qualche parte?, e decide di non dirlo a Thorin – è quasi certo che la curiosità dietro quelle domande verrebbe fraintesa come sofferenza, e quant'altra ne può sopportare Thorin, davvero?

“Stanno alla grande, davvero,” continua, sapendo che sentire qualcosa sui suoi nipoti riesce sempre a calmare un po' il Re, a mettere la sua mente a proprio agio (quanta strada hanno fatto), “sono tutti e due felici di essere tornati a scuola, anche se Fíli già si lamenta della quantità di compiti a casa. Kíli è solo contento che anche quest'anno ci saranno i corsi di recitazione, credo. Ad essere onesti, non devi preoccuparti per loro, sono... felici, sani, chiassosi come non mai... L'altro giorno ho sentito le loro urla fin qui, penso che sia un nuovo record.”

Thorin sorride ora, gentile e sereno, lo sguardo fisso sulle loro mani ancora intrecciate insieme, e Bilbo sa che questo è il più grande successo che possa desiderare.

“Devo aspettare fino a venerdì?” chiede, e la fronte del Re si corruga con vaga preoccupazione nel venirgli rammentato dei media... vada come vada, questo accadrà poi, ma passerà in fretta.

“Non necessariamente,” dice, “penso che godrà della compagnia ogni volta... e da chi la può ricevere. Non credo che gli piacciano molto i suoi guardiani. Comunque tutti sanno di lasciarti entrare nelle sue stanze.”

“Va bene,” Bilbo sorride, “vedrò se posso organizzare una visita domani. Penso che i ragazzi saranno contenti di rinviare i compiti anche di poco... o no,” si affretta ad aggiungere quando Thorin fa uno sguardo un po' torvo, “prima i compiti, poi il nonno.”

“Fa come ti sembra più giusto fare,” il Re ridacchia, e poi, infinitamente più piano, “grazie.”

“Il piacere è mio,” dichiara Bilbo, “se hai bisogno di qualsiasi altra cosa, fammelo sapere. Per favore.”

Thorin apre la bocca come se volesse davvero chiedere qualcosa, ma poi scuote la testa, distogliendo lo sguardo, e questo rammenta a Bilbo di Fíli così tanto che deve sorridere.

“Qualsiasi cosa,” ripete, facendo un passo avanti, e le ciglia di Thorin sbattono mentre lo guarda, uno spettacolo illegalmente disarmante e dolce per un uomo della sua postura. Buon Dio, corrobora decisamente il tropo preferito di Bilbo, non è vero? Un uomo alto, cupo e taciturno con un lato sorprendentemente dolce in lui... Fantastico. È come Orgoglio e Pregiudizio in tempi moderni, e Bilbo non sa se dover essere preoccupato o divertito dal fatto di essere Elizabeth in questo scenario.

“Quella cena...” borbotta il Re un po' distrattamente, forse a causa della mano di Bilbo che sale lentamente lungo il suo braccio.

“Sì?”

“Io... ho davvero intenzione di farla un giorno.”

“Oh bene,” Bilbo ridacchia, “Sono contento che non fosse una promessa da marinaio.”

“Non lo farei–”

“Scherzi a parte,” Bilbo lo interrompe allegramente, “Aspetterò.”

“Prometto che cercherò di pensare a–”

“Thorin,” Bilbo lo interrompe di nuovo, facendo quell'ultimo passo che li separa dal stare virtualmente petto a petto, “non fa niente. Sei occupato e, voglio dire, dirlo a qualcun'altro sarebbero soltanto parole vuote, ma... hai un paese da governare, per la miseria. Governalo. Preoccupati di quello, e di tuo padre, e... non di me. Sarò qui ogni volta che hai tempo.”

Quest'ultima frase lascia un gusto un po' amaro in bocca, ma riesce a fare comunque un sorriso costante. Eppure, Thorin aggrotta un po' la fronte, esalando un sospiro, pesante e inquieto, e questo è esattamente ciò che Bilbo non vuole, aggiungere alle sue preoccupazioni, ma è anche incredibilmente toccante e un pochettino divertente, quanto vuole rassicurare Bilbo che davvero ci tiene, nonostante il fatto che forse non dovrebbe davvero.

“Non sono mai stato troppo bravo in... niente di tutto questo,” commenta Thorin un po' incerto, e allora Bilbo è un po' sopraffatto da quanto voglia conoscere questo lato di lui, il lato meno regale e più impacciato e adorabile.

“Davvero?” fa un risolino, “io penso che stai andando proprio bene.”

“Troppo gentile da parte tua.”

“Scusa tanto, ma devi sapere che i miei standard sono eccessivamente elevati.”

“Ne sono lusingato...?” tentenna Thorin, inclinando la testa.

“Sì, corretto,” Bilbo fa un sorriso smagliante.

Ha sempre trovato il momento giusto prima del bacio difficile, prima di Thorin. In realtà, ha avuto la sua giusta quota di baci alticci, e baci ubriachi, quando... beh, non può dire esattamente giovane senza sembrare ridicolo. Quando era al college. Sì, meglio. A quanto pare, una volta era considerato un tipo carino. Pensa di ricordarsi qualcuno che lo definiva 'compatto'. Ma qualunque fascino abbia, l'ha sempre utilizzato piuttosto inconsapevolmente. Flirtare è sempre stato un concetto estraneo per lui. E le relazioni... troppo difficili. Investire tempo in un'altra persona, sobrio e concentrato? Terrificante. Operare sulla base di... avventure, per quanto odi il termine, è sempre stato più facile. La sua fervida immaginazione e talento per preoccuparsi troppo hanno sempre ostacolato la possibilità di mantenere qualsiasi cosa appropriatamente... appropriata. A lungo termine. Si è sempre impelagato in troppe rimuginazioni, giudizi, formulazioni di strategie, agitazione per il proprio look, i nervi a mille quando si trattava di un contatto fisico che portava con sé una promessa di qualcosa di più serio...

Non tanto con Thorin – ancora non sa dove lo porterà tutto questo, non sa se dovrebbe farsi portare da qualche parte, ma in qualche modo ogni volta che sono assieme, tutto diventa improvvisamente molto più facile. Spontaneo, anche. Allungare la mano per un contatto è il corso di azione più naturale, perlopiù, e forse una volta che potranno passare più di quindici minuti insieme alla volta, Bilbo scoprirà che ha sempre ingannato se stesso per tutto il tempo, ma per il momento, è contento di questa familiarità sorprendente.

Anche domandarsi se questa sia la loro ultima volta, e se faranno mai quella cena, gli viene naturale, purtroppo. Tanto più che vengono interrotti prima che uno di loro osi far progredire le cose – il ronzio dolce del telefono di Thorin in tasca è stranamente familiare, e Bilbo si ricorda immediatamente di tempi più felici, di soffitte buie e meno inibizioni. Sembra sia stato secoli fa.

Lascia Thorin a malincuore, anche se nessuno di loro ha bisogno di dire una parola – il Re è dispiaciuto di andare, e Bilbo è dispiaciuto di lasciarlo andare, ma non si può fare niente a riguardo – e prima di andare a letto, pensa alla proverbiale quiete prima della tempesta.

E continua a pensarci ancora per tutto il giorno successivo, soprattutto quando guarda Fíli e Kíli con Thráin quel pomeriggio – si comportano con molto agio, e con spontaneità tra di loro, e Bilbo non può fare a meno di sentirsi come se stesse origliando. Come se si stesse trattenendo troppo a lungo. Come se qualcosa sarebbe dovuta accadere, sopravvenire, prima che Thráin apparisse, e Bilbo dovrebbe essersi già tolto di mezzo ormai.

Ci sono momenti, istanti, in cui si dimentica perché si sta preoccupando così tanto. Guarda Fíli spingere la sedia a rotelle di Thráin lungo il corridoio che porta alla nicchia vicino alle stanze di Thorin in modo che possa almeno vedere l'esterno, dato che gli è stato consigliato di non allontanarsi dal suo alloggio per il momento, e davvero non riesce a ricordare perché mai ha quel pesante nodo smorzato di ansia nelle viscere. Per questo momento immacolato, tutto ciò che conta è Thráin che sta descrivendo una sorta di evento che ricorda che si è svolto nei giardini sotto di loro, e Fíli è appoggiato alla finestra, mentre Kíli è seduto per terra, entrambi ascoltando attentamente. Il corridoio è immerso nella luce dorata ed eterea, con granelli svolazzanti di polvere nell'aria, e tutto ciò che Bilbo può pensare è a come sarà felice Thorin quando verrà a sapere come è in sintonia il padre con i nipoti.

Ma poi il suo telefono vibra, e non c'è davvero bisogno di lui nella conversazione in corso, così si fa da parte e controlla il messaggio. 'Bard a Palazzo venerdì sera, fallo parlare' è quello che legge, e il numero è bloccato, ma Bilbo non ha nemmeno bisogno di indovinare. Sente lo stomaco sprofondare, e l'aria è improvvisamente di qualche grado più fredda. La quiete prima della tempesta, pensa.

***

Medita molto sinceramente di rimanere in città la mattina successiva dopo aver lasciato i Principi a scuola – è sicuro che nessuno sentirà la sua mancanza, ed è anche sicuro che ritornare a Palazzo significa andare incontro a qualcosa di spiacevole. Sceglie deliberatamente di fare la strada di ritorno più lunga, morbosamente eccitato quando si blocca in un ingorgo per altri dieci minuti. Si annuncia al cancello principale con una certa riluttanza, e continua a scrutare davanti a sé, quasi aspettandosi dei guai in attesa nella forma molto fisica di Bard Ibindikhel. Rimane per un po' seduto in macchina nel garage, assolutamente non intenzionato ad uscire e tornare al Palazzo. Forse avrebbe potuto trascorrere la giornata nel parco, o nella sicurezza delle poltrone dell'edificio del personale... Il bussare al finestrino lo fa sobbalzare, e deve avere un aspetto particolarmente tormentato, perché Bofur solleva le sopracciglia quando Bilbo lo guarda, sorridendo e dicendo con il movimento della bocca 'Stai bene?'

Bilbo sospira piuttosto profondamente e si arrampica fuori dal veicolo.

“Ciao,” borbotta, “scusa, sto prendendo spazio? Dovrei parcheggiare altrove?”

“Niente affatto,” Bofur agita la mano, “ti eri solo fissato sul volante così tanto che sembrava che stessi tentando di dargli fuoco. C'è stato molto traffico oggi?”

“Non ne ha idea,” Bilbo fa una risata sommessa, e preferirebbe di gran lunga lanciarsi in un dibattito su incroci affollati e guidatori sconsiderati che avere Bofur pretendere ulteriori informazioni sul suo stato d'animo – ma poi non sarebbe Bofur, naturalmente.

“Sei sicuro di stare bene?” continua l'autista, “da quando sei tornato dal... dal rifugio, non sei... te stesso.”

“Davvero?” borbotta Bilbo impotente, distratto, passandosi la mano tra i capelli.

“Davvero,” Bofur sorride, ed è una di quelle persone la cui premura Bilbo non può davvero criticare – è così infinitamente gentile che all'inizio sembra esasperante, ma poi tutto ad un tratto diventa semplicemente sorprendente.

“Sto bene,” dice, non riuscendo nemmeno a convincere se stesso, “è solo che... ho un sacco di cose in ballo.”

“Ci scommetto,” Bofur annuisce, “comunque, odierei vederti oberato di lavoro. Ricordami, quando è stata l'ultima volta che ti sei preso una vacanza?”

“... Mai?” mugola Bilbo, e Bofur ride.

“Esattamente. Sei qui da quanto? Un anno?”

“Buon Dio, no. A mala pena sette mesi.”

“Davvero?” l'autista solleva un sopracciglio, “mi sembrava molto più tempo. Comunque, sette mesi senza un giorno di riposo, non è al limite del malsano – è praticamente la sua definizione.”

“Non è... così male, davvero, dai,” protesta Bilbo un po' debolmente, “nei weekend c'è sempre meno lavoro, e posso rilassarmi con voialtri la sera, e...”

E poi a volte, di notte, posso baciare il vostro Re, e per quanto io voglia continuare a farlo fino al giorno della mia morte, il risultato tende ad essere tutt'altro che rilassante...

“Non sforzarti troppo, però,” commenta Bofur semplicemente, “ne abbiamo avuti fin troppi di tipi del genere nel corso degli anni.”

“Io... veramente? In questa posizione, o...?” Bilbo aggrotta la fronte.

“No, nessuno proprio come te,” Bofur sorride, “tu sei speciale.”

Sei perfetto.

“Oh, per favore, no, te lo assicuro, io sono, io sono... perfettamente normale.”

“Certo,” Bofur ridacchia ancora un po', “perfettamente normale. Comunque, il punto è che... assicurati di essere ancora vivo per la prossima settimana, okay? Ci preoccupiamo per te. Mirjam dice che non stai mangiando correttamente! Non c'è da stupirsi se una birra ti mette a KO – quelle devono essere bevute mentre si mangia, sai.”

“Non credo che importi cosa ci mangi sopra, quella birra è proprio forte,” replica Bilbo, “ed è... così gentile da parte vostra a preoccuparvi, davvero, lo apprezzo, ma sto bene, sto... aspetta, perché la prossima settimana? Che succede la prossima settimana?”

“Ho detto la settimana prossima?” Bofur inclina la testa, con un sorriso un po' misterioso, del genere che Bilbo non apprezza minimamente, “non so perché l'ho detto. Lascia perdere. Solo... cerca di durare. In generale.”

“Bofur...”

“Facci sapere se hai qualche problema, okay? Saremo contenti di aiutarti.”

“Lo farò, sì, ma...”

“Adesso non voglio trattenerti,” esclama Bofur con allegria, “c'è un sacco di lavoro da fare! Ci vediamo stasera.”

E con questo, scompare nel garage, fischiettando un motivetto animato, e Bilbo lancia uno sguardo truce alla sua schiena prima di fare un sospiro spezzato e scuotere la testa. Come se avesse bisogno di altri misteri di cui preoccuparsi.

Sgattaiola dentro il Palazzo con molta riluttanza – il sole splende, gli uccelli stanno cinguettando, e l'ultima cosa che vuole è entrare nei corridoi freddi del Hurmulkezer. Oh, troppo freddi. Quasi rabbrividisce quando vaga nella Sala Principale, con gli occhi che si riaggiustano all'improvvisa mancanza di luce, e considera di tornarsene indietro ed uscire, ma prima che possa farlo, vede Balin che si avvicina a grandi passi verso di lui.

“Bene, eccoti qui. Hai un minuto?” chiede Il Capo di Stato, e Bilbo vuole davvero dire di no, ma, beh...

“Certo,” risponde, “cosa c'è?”

Vorrebbe non averlo chiesto. Sua Maestà vorrebbe parlarti a quattr'occhi non è l'ultima cosa che voleva sentire, ma lo fa innervosire comunque, e Balin rimane meravigliosamente vago nelle sue risposte alle domande di Bilbo mentre lo conduce al quarto piano – rendersi conto che sono diretti verso le stanze di Thorin serve solo ad alimentare l'improvvisa ansia di Bilbo.

C'è una telecamera che viene montata in uno dei salotti, con un intero team di giornalisti, e un fotografo, e qualcuno che si presenta come un make-up artist, e Bilbo è piuttosto sollevato quando Balin lo dirige oltre tutto questo. Poi sorpassano l'ufficio di Thorin, e il passo di Bilbo vacilla quando intravede Bard, circondato dalla sua gente – anche l'uomo lo nota, ma non fa nulla per indicare che vorrebbe avvicinarsi Bilbo, e da parte sua, Bilbo certamente non intende avvicinarsi a lui.

Balin lo fa aspettare in corridoio, scomparendo oltre un certo numero di guardie del corpo dentro una porta che Bilbo sa che conduce nelle stanza private di Thorin, e tutto ciò a cui riesce a pensare mentre guarda la frettolosità distante dei custodi e dei cavalieri nei giardini quattro piani di sotto, è a come sia strano poter vedere Thorin alla luce del giorno. Siamo già passati a quella fase del nostro rapporto?, pensa Bilbo, e in qualche modo lo fa ridacchiare, anche se un po' disperatamente. Si schiarisce la gola per scacciare via il pensiero quando Balin apre la porta e lo invita dentro, e quando entra, l'ansia ritorna ovviamente al suo posto.

Viene introdotto in una sala piuttosto splendida, anche se la sua bellezza è molto più semplice di quanto si aspettasse – si estende su tutta la larghezza del pavimento in modo che le finestre rivestano le pareti su entrambi i lati, e insieme con i pavimenti di legno scuro e il semplice arredamento pulito, crea uno spazio chiaro e ben illuminato di cui Bilbo si innamora quasi subito. Oh, e c'è un camino sulla parete di fondo... Ci sono un sacco di libri, naturalmente, e, oh sì, un armadietto bar, e... una cucina dietro l'angolo? Inoltre il divano sembra incredibilmente comodo, anche se Bilbo non è mai stato un fan di quelli in pelle... In un modo che non può davvero definire, tutto gli ricorda molto distintamente Thorin, e si sente stranamente a suo agio qui.

Non si rende nemmeno conto che Balin l'ha lasciato qui da solo finché non si aggira un po', con cautela, il legno lucido sotto le sue scarpe non fare un solo suono ma, in qualche modo, la sua presenza viene registrata.

“Bilbo?”

Per un po' si sente leggermente disorientato, perché si trova da solo nella grande stanza, ma poi si rende conto che la voce proviene da dietro una porta che non ha per niente notato, anche se è socchiusa. Si trascina lì, un po' incerto, ma Thorin esce prima che possa arrivare, chiudendola dietro di sé.

“Mio padre è lì dentro,” spiega, “sta dormendo.”

“Ah,” Bilbo sorride, e non riesce a dire di più, perché Thorin è a piedi nudi, e si sta abbottonando la camicia, la cravatta appesa al collo sciolta, e non pensa di poter sopportare molto di più.

“Grazie per essere venuto,” dice il Re, “Ho... un favore da chiederti.”

“Qualsiasi cosa,” Bilbo annuisce, e la totale mancanza di esitazione con cui tende ad affrontare ogni richiesta di Thorin in questi giorni dovrebbe preoccuparlo, forse.

“Beh,” Thorin si schiarisce la voce, “Ho un incontro con il signor Ibindikhel tra... oh, che diamine, tra dieci minuti. E poi un'intervista, e la grande dichiarazione non avrà luogo prima di mezzogiorno. Probabilmente non si sveglierà da un momento all'altro, ma nel caso lo faccia... Voglio dire, ha i suoi assistenti, ma non credo che gliene piaccia uno – cerca di allontanarsi da loro ogni volta che può...”

“Vuoi che faccia compagnia a tuo padre?” lo interrompe Bilbo con gentilezza.

“Pensi di poterlo fare?” chiede Thorin quasi timidamente, come se gli dispiacesse fare una richiesta del genere, “se non sei occupato... Come ho già detto, probabilmente dormirà ancora un po', quindi...”

“Thorin, va bene,” Bilbo sorride, e vuole aggiungere Non posso credere che ti fidi così tanto di me, ma invece dice 'sarò felice di farlo'.

“Non mi sognerei mai di chiederti una cosa del genere, ma non mi sento di lasciarlo da solo, e lui non vuole rimanere nelle sue stanze, e poi, gli piaci.”

“Gli piaccio? Davvero?” Bilbo si meraviglia.

“Credo di sì,” Thorin sorride, “ma del resto sei in vantaggio – ama tutto e tutti del Regno Unito.”

“Capisco,” Bilbo sogghigna, “è una bella responsabilità, rappresentare un intero paese, lascia che te lo dica.”

“Hai fatto un buon lavoro finora, fidati di me.”

“Va bene, ma non visitare mai la Bretagna, o l'immagine verrà rovinata.”

“Tu sei l'unica parte della Bretagna di cui ho bisogno, credo.”

E davvero, se c'è qualcosa che Bilbo è disposto a chiamare un miracolo, è il modo rapido in cui scivolano in questi spontanei scambi di battute affascinanti. Oh, e quanto facilmente Thorin riesce sempre a togliergli il fiato, dicendo certe cose come se non fossero nulla – ha definito Bilbo perfetto , per la miseria, e non ha nemmeno battuto ciglio, mentre Bilbo ci sta rimuginando sopra da allora. Tu sei l'unica parte della Bretagna di cui ho bisogno. Buon Dio.

“Beh allora,” riesce a dire, “basta con le lusinghe. Farò del mio meglio per prendermi cura di tuo padre. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.”

Thorin inarca un sopracciglio, e Bilbo maledice la sua lingua, sempre tagliente quando si sente in imbarazzo, ma poi un sorriso storce le labbra del Re, e si rilassa un po', dopo tutto.

“C'è... ci sono delle regole?” balbetta, indicando l'ampiezza della stanza, “qualcosa che non dovevo toccare in nessun caso? Porte segrete non devono aprirsi, sai, cose del genere?”

“Non proprio,” Thorin ridacchia, “fa come se fossi a casa tua. La cucina è laggiù, puoi farti una tazza di tè, caffè, leggere un libro...”

“Va bene, farò del mio meglio per far finta che questo sia solo un altro giorno di lavoro,” Bilbo sorride, “adesso vai però. Non hai nemmeno indosso i calzini.”

Thorin getta uno sguardo perplesso sulle proprie gambe, ma le sue intenzioni immediati non includono porre rimedio al problema, come Bilbo scopre quando viene tirato in un bacio, quasi casto, ma ancora piuttosto piacevole.

“Calzini,” mormora.

“Giusto.”

Guarda il Re che ritorna nella sua camera da letto, incapace di sbarazzarsi di un sorriso sciocco, e sente uno strano miscuglio di euforia e nervosismo – non vuole andare ad esplorare ogni angolo delle stanze di Thorin una volta che il loro abitante è lontano, certo che no, ma c'è qualcosa di eccitante nell'essere autorizzato ad essere qui, in primo luogo. Nell'ispirare abbastanza fiducia da essere ammesso qui.

Lascia la sua borsa sul pavimento accanto al divano, e vaga verso le finestre – la vista che offrono è piuttosto meravigliosa, e diversa da qualsiasi cosa Bilbo potesse sperare di vedere da qualsiasi altra parte del Palazzo, si rende conto. Grazie alla forma concava delle finestre, può vedere fino alla fontana nell'angolo lontano di questa ala del Palazzo, e si affacciano sulla vastità dei giardini e il parco, i cespugli e le aiuole, le panchine e i marciapiedi e le statue che insieme formano un mosaico colorato. L'altra parete fornisce una vista del cortile e dell'atrio al centro del Palazzo, e Bilbo osserva persone che si affrettano qua e là, piccoli e così, così lontane, e si sente un po'... distaccato. Ancora una volta, ha quella sensazione di non appartenenza. Subito dopo, una mano pesante si posa sulla sua spalla, e quando si volta a guardare, Thorin è a pochi centimetri di distanza, e Bilbo scivola un braccio intorno alla sua vita, e si arrende al suo abbraccio con una tale facilità, senza nemmeno pensarci due volte.

Non sa come, ma trova sicurezza lì, per quanto momentanea possa essere – il tessuto del completo di Thorin è freddo contro la guancia, la presa delle sue braccia intorno alle spalle salda, ma tenera, e il profumo della sua colonia ricca e rassicurante. Chiudendo gli occhi e inspirando profondamente, Bilbo ha la sensazione di lasciarsi andare, si sente fragile e debole e di molti anni più giovane, e sa che questa è la definizione stessa del suo mal d'amore, ma non riesce a costringere se stesso a curarsene.

Vuole almeno provare a dire qualcosa che sia almeno la metà delle cose belle e profonde che Thorin dice sempre quando si separano, ma invece ridacchia, perché la cravatta del Re è ancora sciolta, ed è in un netto contrasto con il suo... con tutto. Le mani di Bilbo salgono per risolvere il problema, e Thorin non protesta nemmeno. Bilbo può sentire i suoi occhi su di lui, e pensa oh no, stai sviluppando dei rituali.

“Ecco,” dice con voce piatta, “adesso vai.”

Thorin lo fissa un po' più a lungo, poi offre un breve sorriso.

“Tornerò prima di mezzogiorno. Balin è qui fuori, se hai bisogno di qualcosa. Qualcuno passerò per controllare mio padre, ma non prende più pillole fino a dopo pranzo, questo è quanto... quando dovresti andare a prendere i ragazzi...?”

“Non prima delle due,” Bilbo sorride, “non ti preoccupare.”

E oh, questo non gli dà un'ottima scusa per evitare Bard? Beh, questo certamente si preannuncia essere una giornata molto migliore di quanto avesse in origine previsto.

“Grazie,” dice il Re sinceramente.

“Nessun problema,” il sorriso di Bilbo si allarga, “adesso vai. Buona fortuna.”

Thorin infila la cravatta al suo posto, lisciandosi il davanti del completo, e poi se ne va; Bilbo intravede il putiferio nel corridoio, ma quando la porta si chiude dietro il Re, la stanza è, ancora una volta, molto silenziosa. Bilbo si trova al centro di essa, incerto su cosa fare, per quello che potrebbero essere minuti o un'ora, prima di finalmente decidere di esplorare, almeno un po'. La cucina è lì principalmente per fare scena, pensa – ha un'aria distinta di... beh, essere rimasta inutilizzata da molto tempo. Il frigorifero è, sì, quasi vuoto, tranne che per alcuni generici alimenti di base e un paio di bottiglie di birra, e Bilbo si rende conto di non avere idea di come diavolo Thorin riesca a mangiare durante il giorno. Immagina che ricomincerà ad unirsi ai Principi per il pranzo durante il fine settimana, ma oltre a questo, passa la maggior parte del suo tempo nel suo ufficio, o nelle riunioni, o in viaggio, e Bilbo si sente immensamente... dispiaciuto, e, inspiegabilmente, un po' arrabbiato. Chi può vivere così? Dovrebbe davvero provvedere a far fare a Thorin colazione insieme ai Principi di tanto in tanto, per lo meno...

Preoccupato di fare troppo rumore se mettesse su l'acqua per il caffè, si accontenta di un bicchiere d'acqua, e va in giro ad esplorare gli scaffali (filosofi polverosi, saggisti politici o libri di storia perlopiù, in khuzdul, inglese e tedesco – Bilbo si rende conto di non aver mai sentito Thorin parlare tedesco o francese, anche se sa che è fluente in queste lingue, e promette di porvi rimedio nel più breve tempo possibile, perché andiamo). Nota la netta mancanza di piante, e qualsiasi altra cosa che darebbe al posto un'aria più... vissuta, e immagina Thorin che barcolla nelle sue stanze ad un'ora assurda nel profondo della notte, cacciandosi le scarpe e buttandosi di faccia sul letto, addormentandosi non appena la testa colpisce il cuscino... La sua curiosità per la camera da letto è veramente forte, ma presume che non potrà sbirciare lì dentro molto presto – non oserebbe.

Dopo un po' più di vagabondaggio senza meta a guardare i piccoli dipinti di diversi paesaggi, si stabilisce sul divano, tirando fuori il tablet e decidendo di almeno controllare l'e-mail. Finisce per scribacchiare qualcosa nella sua agenda, riorganizzare il programma dei ragazzi, completamente perso nei suoi pensieri, e così gli ci vuole un po' per notare i suoni provenienti dalla camera da letto. Mentre si affretta lì, diventa sempre più evidente che deve essere Thráin alle prese con la sua sedia a rotelle. E infatti, l'uomo sta cercando di allontanarsi dalla finestra e fuori dalla stanza, ma gli manca ovviamente la forza.

“S-salve, signore,” Bilbo si annuncia, “lasci che l'aiuti!”

Thráin alza lo sguardo, un po' confuso, ma poi sospira, pronunciando questa o quella nozione scontenta in khuzdul.

“Questa cosa,” dichiara, “è impossibile da... operare. È la parola giusta? Operare?”

“Credo di sì,” Bilbo sorride, afferrando le maniglie e spingendo, sorpreso della leggerezza, “forse potremmo prendere una di quelle elettriche?”

Thráin gli degna un 'mah' di risposta, e incerto di dove dovrebbe portarlo, Bilbo si ferma accanto alla fila di finestre.

“Posso portarle qualcosa? Da bere, da mangiare?”

“Un po' di tè sarebbe bello,” dice l'uomo lentamente, come se stesse testando ogni parola, “mi dicono che dovrei... mangiare quanto posso, ma non è... così tanto divertente come mi ricordo.”

“Forse ha solo bisogno di un cuoco migliore,” commenta Bilbo con leggerezza, e gli occhi di Thráin si socchiudono, ma poi sorride – è ancor meno prevedibile di suo figlio, pensa Bilbo.

“Starà bene qui?” chiede, “mentre io vado a fare il tè?”

Lo sguardo di Thráin scivola da lui alla vista sotto di loro, e prendendo il suo tempo, sospira 'Sì.'

Bilbo lo osserva con un leggero nervosismo per un po', ma poi decide che sarebbe meglio darsi da fare con il tè, e quando torna un paio di minuti più tardi, la sedia a rotelle non si è mossa di un millimetro.

“Grazie,” dice Thráin quando Bilbo gli dà la tazza fumante e la porta alle labbra per soffiarci sopra, ma invece lancia uno sguardo torvo all'esterno, bloccato in quella espressione abbastanza a lungo da far preoccupare un po' Bilbo, prima di dichiarare: “Niente è come io... me lo ricordo. Sai, c'era un danukîn... un...”

“Un prato,” dice Bilbo utilmente.

“Sì, un prato, laggiù,” un lungo dito ossuto abbraccia l'intera ampiezza di quello che oggi è il gazebo piastrellato in fondo al giardino sotto di loro, “e una volta ci facevamo... gare di equitazione...”

“Sì, mi ricordo,” Bilbo sorride, e quando Thráin lo guarda accigliato, si affretta ad aggiungere: “l'ha detto ieri ai ragazzi.”

“Ah sì?” Thrain inclina la testa, “oh... è vero. I ragazzi. Sì... Grazie. Per avermeli fatti vedere.”

“Oh, è stato un piacere, signore,” Bilbo sorride.

“Sono dei bravi ragazzi,” il vecchio uomo sospira, “Dís li ha cresciuti bene. Conoscevi la mia Dís?”

“No... temo di no,” balbetta Bilbo, “non sono qui da molto.”

“Da quanto tempo?” chiede Thráin.

“Ah, ehm... circa sette mesi, signore.”

“Sette mesi,” ripete, “e mi dicono che sono passati... tre anni da quando è morta, ma non capisco... i numeri non hanno alcun significato per me. Sette mesi. Tre anni. Dieci anni. Io sono stato qui per... niente di tutto questo. Lo capisci?”

Ma non guarda Bilbo, e non si aspetta nemmeno una risposta, suppone.

“L'unica prova dei dieci anni che sono passati, è il mio corpo,” continua Thráin, e Bilbo sussulta a malincuore, sorseggiando il suo tè con attenzione, sentendo un disagio strisciante nelle sue articolazioni, come l'uomo borbotta dolcemente, senza un pizzico di rimorso, “una cosa rovinata. Non ho potuto nemmeno rovinarlo da solo. E mio figlio è il Re. Mia figlia è morta. Gli Stati Uniti hanno un presidente nero?”

“Oh... sì, sì è vero.”

Ughvashmez,” Thrain scuote la testa, e poi ride di se stesso in silenzio, e Bilbo si chiede se quella capacità di... affrontare semplicemente le cose sia una caratteristica di famiglia. Deve esserlo.

“Se non le dispiace che glielo chiedo,” dice il più educatamente possibile, ma Thráin solleva una mano prima che Bilbo possa finire.

“Ho dormito... per dieci anni,” dice, “non uso la mia voce... da dieci anni – è il tempo verbale giusto? Devo usare il presente? Ah, ghelekh. Fammi pure delle domande. Dimmi tutto. E se fosse possibile... portami via dalla finestra, per favore? Penso... ricordo di aver paura delle altezze.”

***

E così passa la più straordinaria ora che avrebbe mai potuto immagine, semplicemente raccontando a Thráin tutti quello a cui riesce a pensare – una rapida panoramica della politica del mondo, o tanto quanto riesce a ricordare e mettere insieme. Un sacco sulla Gran Bretagna, a cui l'uomo in realtà sembra essere estremamente interessato. Una breve ripassata sulla cultura, Thráin si acciglia e scuote la testa venendo a sapere dei libri che sono diventati popolari nel corso degli anni. Ma soprattutto, Bilbo descrive il suo soggiorno in Erebor, nei minimi particolari, e sente come se stesse rivivendo tutto quanto – non completamente in un brutto modo. Parla del primo incontro con i ragazzi, e del personale, e dell'aver potuto conoscere la città, del Gala...

Thráin sembra essere contento di rimanere solo ad ascoltare, sorseggiando il suo tè lentamente, annuendo e intervenendo solo molto poco, ma poi Bilbo fa questa o quella domanda del tutto innocente, o forse parla di vedere alcune fotografie della famiglia nei vecchi tempi, e questo sprona Thráin a parlare di se stesso. Bilbo capisce che non si ricorda molto del tempo prima del suo incidente, o semplicemente non vuole rivisitarlo, ma è perfettamente felice di ascoltare il racconto dell'uomo del paese di quindici o venti anni fa, quando tutti i guai attuali erano a miglia di distanza.

Impara decine di nomi che non può sperare di ricordare, e, probabilmente un segreto di Stato o due, e sono perlopiù solo pezzi di informazioni, in realtà, dato che la memoria di Thráin non gli è molto d'aiuto, e sta ancora faticando a parlare in inglese (anche se gode immensamente della sfida, come è determinato a dimostrare), ma Bilbo è assolutamente affascinato in entrambi i casi.

L'uomo sembra stare smistando i suoi ricordi mentre continua, e Bilbo capisce che parlare di loro ad alta voce è in qualche modo importante per lui – forse li fa sentire più reali. Thráin è soprattutto un oratore incredibilmente calmo, lento e controllato, e in grado di catturare tutta l'attenzione di Bilbo, nonostante il suo stato – pensa di poterlo ascoltare tutto il giorno e, a volte, si sente quasi dispiaciuto che non sta prendendo appunti. Qualcuno deve assolutamente scrivere un libro su tutto questo, e non c'è dubbio che qualcuno presto lo farà – quando lo menziona, Thráin semplicemente ride.

“Avevamo degli scrittori,” dichiara, “Alvar Gabilaz, era uno di loro...”

“Oh, Theo Gabilaz presenta un talk show adesso, forse è suo figlio?” offre Bilbo.

“Forse,” Thráin ridacchia, “e poi c'era, oh come si chiamava... Lucia? Lorna?”

“Laura Ibindikhel?” fornisce Bilbo.

“Sì, è lei! La conosci?”

“Ho letto il suo libro sulla vecchia Corona,” dice Bilbo, “ma è... credo sia morta poco dopo la rivoluzione. Suo figlio è qui oggi.”

“Oh,” Thráin fa un sospiro profondo, “è morta. È stato a causa di... Bundushar?”

“A causa di – scusi, chi?” Bilbo quasi si strozza con la saliva.

“Smaug Bundushar,” Thráin pronuncia il nome proprio come il figlio tende a fare, con un disdegno quasi visibile, “la rivoluzione è successa per colpa sua, e ha il fegato... il fegato? Sì, il fegato di ritornare qui adesso, come se non avesse causato abbastanza problemi per me e mio padre, e adesso sta causando problemi per mio figlio...”

“Mi scusi, ma... Laura Ibindikhel stava cercando di... affossarlo, giusto?” Bilbo fa la prima domanda che gli viene in mente, e Thráin si acciglia quasi minacciosamente, ma poi sembra rimpicciolirsi nella sedia a rotelle.

“Sì,” dice, “noi tutti ci stavamo provando. Pensava di averci tutti in pugno, il bastardo. Laura era la giornalista, sai, era... aveva tutti questi contatti fuori dal paese, era la nostra unica speranza, se fosse scappata avrebbe avuto abbastanza materiale per...”

L'uomo allora scivola con agilità nel khuzdul, e se stava dicendo cose senza senso prima, Bilbo ha di sicuro perso ogni idea di che cosa stia parlando ora.

“Più tè?” chiede un po' a disagio quando Thráin si acquieta per riprendere fiato.

“Ho detto a Thorin,” dice l'uomo in risposta, “îzhibag ki aggîn.”

“Lo... lo schema si sta ripetendo?” Bilbo tenta una traduzione.

“Sì. Non vogliono dirmi come sono sopravvissuto, ma credo che sia stato grazie a lei. Laura Ibindikhel mi ha salvato. Prima di morire, vedi, mi ha salvato. Gli Smythe erano fuggiti, e Bifur era scomparso, e così Bundushar ha pensato di averci tutti in pugno...”

“Gli Smythe,” ripete Bilbo a pappagallo piuttosto debolmente, “e Bifur... Bifur Abkhûz?”

“Sì, era quello il nome, grazie,” Thráin sospira, “era la nostra talpa, capisci...”

“Pensavo fosse un minatore,” mugola Bilbo debolmente.

“Sì, lo era,” Thráin ride, “il meglio del meglio. Oh, mi piacerebbe tanto parlare con lui. Anche lui è... morto?”

Bilbo guarda imbambolato l'uomo negli occhi, che sono curiosi, dieci volte più vivi (con tutti i fantasmi del passato, ironia della sorte), e lentamente ma inesorabilmente, sente il pavimento che gli crolla da sotto i piedi. Pensava di esserne fuori. Oh, in realtà pensava di poter assaporare un po' di pace per se stesso. La quiete prima della tempesta, si ricorda per circa la centesima volta quel giorno.

“In realtà, penso sia...” inizia a dire, ma ecco quando uno scricchiolo annuncia la porta che viene aperta, e Thorin e Balin entrano, e la bocca di Bilbo si serra, e con tutta la buona volontà non riesce a tirare fuori un'altra parola.

Da parte sua, Thráin sembra impassibile – è probabilmente solo contento di aver avuto qualcuno con cui parlare, e questo è ciò che Bilbo dice a Thorin, riuscendo in qualche modo a descrivere quanto sia stato incredibile il padre senza che i suoi nervi abbiano la meglio su di lui. Gli augura buona fortuna con la dichiarazione pubblica e corre via, non appena può, non volendo davvero fuggire da Thorin o da Thráin, ma dalla sensazione crescente sia di dubbio che di curiosità che può effettivamente sentire consolidarsi di nuovo dentro di lui. Non hai bisogno di questo, bisbiglia a se stesso, stanne lontano. Porca miseria, stanne lontano e basta–

Si scontra letteralmente con Bard Ibindikhel per la strada lungo il corridoio degli alloggi di Thorin, ed è sicuro di aver imprecato ad alta voce, ma il giornalista sta semplicemente sorridendo con facilità.

“Ciao, Bilbo,” esclama, “hai un minuto?”

“In realtà, no,” risponde Bilbo rapidamente, “non ce l'ho davvero, devo andare a prendere i Principi a scuola, ma ascolta... Dio, sai una cosa? Ti chiamerò.”

“Stai bene?” gli chiede Bard, ed è la seconda persona, quel giorno, ma Bilbo sente come se fosse l'unica domanda nessuno gli chiederà mai più.

“No, non proprio,” fa un sorriso un po' maniacale, “ma sul serio, devo andare. Ti chiamerò! O chiamerò Gandalf! O qualcun'altro!”

“C'è qualcosa che dovrei sapere?” Bard gli urla dietro, e Bilbo per metà geme, per metà ride, gridandogli in risposta: “Così tante cose! Ci sono così tante cose che dovresti sapere!”

E così ma così tante cose vorrei che non sapere affatto.

 









Dizionario:
îzhibag ki aggîn - lo schema si sta ripetendo
Ughvashmez - straordinario
Danukîn - prato
   
 
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