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Autore: Pinker    28/05/2015    1 recensioni
Dopo 10 anni dall'ultima missione di Blaze a Mobius, la gatta lilla ritorna per svelare un caso già iniziato dall'amica Amy, la quale a un certo punto scompare misteriosamente.
Anche Shadow e Rouge saranno coinvolti in questa avventura dal finale incerto.
Tra bugie e passato, sorprese più o meno piacevoli e lotte tra ragione e istinto, nascerà una storia d'amore...
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaze the Cat, Rouge the Bat, Shadow the Hedgehog
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era piena notte.

La ragazza muoveva i piedi stanchi verso il suo dormitorio.

In una mano aveva uno strumento a fiato, simile a un clarinetto, ma più piccolo e di materiali più modesti. Tuttavia emetteva una melodia soave e bellissima, e lei era molto brava a suonarlo.

Era l'unica cosa che le avevano permesso di tenere da quando l'avevano rapita.

Certo, non aveva molto altro: in un normalissimo giorno passeggiava ai confini di Mobius con in mano il suo flauto, indossando un semplice vestito verde,con una specie di cintura fucsia alla vita, e le rifiniture del vestito di un verde scuro. In testa indossava il suo solito cappello, una specie di turbante verde. Era una bella mattinata soleggiata, e sembrava andare tutto per il meglio, ma all'improvviso vide degli oscuri individui circondarla senza lasciarle via d'uscita.

Non ebbe nemmeno tempo di gridare che le furono addosso.

Uno le tappò con la mano la bocca e gli altri le immobilizzarono braccia e gambe.


Con l'altra mano, la ragazza si sfregò gli occhi assonnati e mezzi chiusi.

Era stata una lunga, lunghissima giornata: dormiva male da quando l'avevano catturata, e l'attacco al treno era stato un infarto. Come se non bastasse, ha dovuto suonare per ore e ore il suo strumento, fino a notte tarda.

Era stravolta e, anche se le aveva fatto prendere una caga, era grata al riccio nero di aver spedito lei e la sua amica a dormire qualche ore prima della fine della festa prevista dalle guardie.

Da quando hanno scoperto che sapeva suonare quell'aggeggio alla perfezione, l'hanno sempre “invitata” alle feste, o semplicemente quando avevano voglia di ascoltare un po' di musica.

Traballante dal sonno, non si accorse che qualcun altro stava arrivando dall'altro corridoio, e ci si schiantò.

“Scusa!” bisbigliò, impaurita di aver battuto contro una guardia.

“Non ti preoccupare.” rispose una voce femminile “Nemmeno io ti avevo visto, scusa.”

La ragazza guardò il suo interlocutore, ovviamente una prigioniera.

La luna spuntò dalle nubi, facendo entrare dall'unica finestra alla fine del corridoio la sua bianca luce, e permettendole di vedere meglio chi aveva davanti.

Una gatta dagli occhi dorati la osservava stoica.



Blaze osservò attentamente la ragazza; non aveva mai visto un'animale antropomorfo più strano di quella.

Era di certo un animale acquatico, ma la gatta non capiva quale.

Aveva la pelle di color arancio e due occhi violacei.

Notò che non aveva il naso, e sulla fronte aveva due perle, una piccola seguita da una più grande.

I suoi capelli erano ondulati e arrivavano all'altezza delle spalle.

Al collo teneva una sottilissima e corta collanina da cui pendeva una piccola perla rosata.

Sulla parte superiore del polso, giusto prima della mano, era cresciuta una deliziosa pinna ricurvata, sia sul braccio destro sia sul sinistro.

La sua coda era lunga, quasi come uno strascico, e sembrava proprio una grande coda di girino arancione.

Blaze si trattenne dal chiederle che animale fosse, perché sapeva che non era una domanda molto educata.

Quindi cambiò discorso:

“Cosa ci fai in piedi a quest'ora? Sembri esausta.”

“Lo sono.” rispose la ragazza, strofinandosi ancora una volta gli occhi.

“Da dove vieni?” chiese la micia, guardando dietro alla ragazze, nel corridoio da dove veniva quest'ultima.

“Oh... le guardie hanno dato una festa per celebrare il successo del treno. Ho dovuto suonare il mio strumento.” replicò, alzando il flauto per farlo vedere alla gatta lilla, la quale annuì leggermente.

“Non sapevo facessero anche feste.” sbuffò scocciata la regina gatto.

La ragazza ridacchiò: “Più di quante credi.”

“E com'era? Ti hanno fatto qualcosa?” chiese preoccupata la micia.

L'altra scosse la testa: “No, tranquilla. Erano tutti impegnati sul riccio nero.”

Blaze alzò un sopracciglio: “Intendi Shadow?” chiese pacatamente.

L'essere arancione la guardò confusa.

“Sì esatto, come fai a...” e poi il viso le si illuminò.

“Ma certo, come ho fatto a non accorgermi prima! Tu sei Blaze, giusto? Quella che ha aiutato il riccio nero a salvarci tutti! Mi ricordo quando ho visto voi due risalire sul treno!” esclamò esaltata.

“Shhh” fece Blaze, portando velocemente la mano alla bocca della creautura “C'è gente che dorme, e poi le guardie... sappiamo tutte e due che non possiamo stare nei corridoi.” le spiegò.

La ragazza si accorse di quando fosse stata stupida ad urlare in quel modo, e se ne vergognò tantissimo.

Rimuovendo delicatamente la mano della gatta dalla sua bocca, si scusò:

“Mi spiace, credo che la situazione sia sfuggita di mano...”

“Non ti scusare.” l'interruppe l'altra.

Dopo un minuto di silenzio, la pesciolina recuperò la parola:

“Quindi... è vero?”

La gatta annuì.

“E...cosa ci fai qui? Perché sei in piedi anche tu?” chiese la ragazza incuriosita. La sua stanchezza sembrava essersi dissipata.

Blaze sorrise amaramente: “Non avevo sonno. Avevo bisogno di fare un giro. Ultimamente sono molto stressata di notte.” rispose.

“A chi lo dici.” sospirò pesantemente la creatura acquatica, pensando alle sue notti insonni.

“Non dormi bene la notte?” chiese la gatta.

“Già. Non mi sento a mio agio, e sfortunatamente quando non mi sento a mio agio non ho pace. Fortuna che è finita prima, così almeno posso tentare di dormire un po' più a lungo.”

“Perché è finita prima?”chiese la micia.

La ragazza si poteva aspettare una domanda del genere e sospirò.

“Il tuo amico riccio è andato fuori di testa e ha fatto finire tutto.”

La micia la guardò perplessa: “Che diamine ha fatto?”

E così, la giovane musicista le raccontò che si era incazzato perché dicevano cose sconce riguardanti la regina gatto.

“Quando questo sarà tutto finito li brucerò con il loro stesso alcol.” bisbigliò stizzita Blaze tra sé e sé.

La ragazza capì ma non ci fece molto caso.

Poi fece una domanda che sapeva che era un po'...scomoda: “Tra....tra te e lui c'è qualcosa?”

La gatta arrossì leggermente a quelle parole, pur non sapendo perché. Fu grata che era buio e la giovane suonatrice non la vide.

“Dio, no.” rispose calma, cercando di parlare non noncuranza “L'ho conosciuto e siamo amici, fine. Ci intendiamo bene, c'è un legame tra noi, ma non è così...stretto come credi.” le spiegò.

“Allora capisco, probabilmente non voleva che tu fossi usata dagli altri.”

“Sì... possibile.” concordò la gatta, ricordandosi delle parole del riccio, prima che il treno tremasse.

Le aveva promesso che l'avrebbe protetta. Quindi era quello che probabilmente stava facendo.

“Magari ti mette sotto protezione.” disse la creatura arancione, portandosi la mano davanti alla bocca per contenere uno sbadiglio.

“Sotto protezione? Che cosa significa?” chiese Blaze, che non ne aveva mai sentito parlare.

“Uh? Non te l'ha detto nessuno?” e allora la ragazza iniziò a spiegarle come funzionava:

“Praticamente quando una guardia vuole 'mettere sotto protezione' una ragazza, significa che la ragazza diventa solo sua. Dicono protezione ma non lo è più di tanto. Ma noi comunque non ci possiamo fare niente, e da una parte ci conviene se non vogliamo farci fare da tutti quanti.”

Blaze non riuscì a contenersi e esclamò un sorpreso: “Porca puttana!”.

Non era fine per una regina parlare in quella maniera, ma dopo tutto quel tempo che aveva passato lì era ovvio che le si era sviluppato un linguaggio da camionista.

Ma diciamo che questa era l'ultima delle sue preoccupazioni.

Persino la creatura davanti alla gatta lilla non ci fece molto caso.

“Questo non significa necessariamente che ha cattive intenzioni... giusto?” chiese debolmente la ragazza acquatica.

Blaze rimase immobile per qualche secondo, poi si riprese e con un sorriso scosse la testa.

“Probabilmente non mi avrà nemmeno messo sotto questa 'protezione'. Lo sa che non ne ho bisogno, e poi è troppo orgoglioso per chiedere aiuto.” rispose.
Erano tutte valide ragioni, e la micia lo sapeva. Tuttavia, qualcosa le diceva che non bastavano per essere sicuri che Shadow non l'avesse messa sotto questa 'protezione'.
Ultimamente la micia era sicura proprio di nulla.

Era come se la sua vita fosse diventata un grosso punto di domanda, e non riusciva più a calcolarne le prossime mosse.

Non riusciva a pensare stoicamente senza un ma, un forse o un però, senza una sicurezza, senza fidarsi del suo istinto.

E il peggio è che faceva bene: aveva dimostrato più volte a sé stessa che il suo istinto faceva cilecca, i fatti non rientravano più nella sua logica e soprattutto si era resa conto che nulla era come sembrava e tutto poteva voltare faccia e cambiare.

Shadow ne era l'esempio vivente: all'inizio pensava che fosse dalla parte dei buoni, poi salta fuori che è uno dei cattivi e fa quello che le sta col fiato sul collo. Poi, del tutto inaspettatamente, lui si preoccupa e fa tutto il premuroso. Il giorno prima le urlava contro, il giorno dopo cercava di proteggerla.

Blaze non capiva se lui era bipolare, o se era normale e lei non lo comprendeva.

Questa situazione la metteva in una confusione tremenda.

Ormai si affidava al caso; viveva alla giornata, rassegnata dal fatto che anche i suoi piani non sarebbero mai andati lisci come l'olio.

Non sapeva se sarebbe riuscita ad arrivare alla meta, non sapeva se Amy era ancora viva e non sapeva se sarebbe riuscita a salvarla.

Una cosa aveva chiara nella mente: trovare e salvare Amy. Non c'era scoraggiamento che comparava con il desiderio di vederla sana e salva.

La sua testardaggine era dura a morire, come sempre. Ci sono cose che non cambieranno mai, come la lingua lunga di Marine.

“Quindi dici che non ti ha messo sotto la sua protezione?” la voce della ragazza fece destare Blaze dai suoi pensieri.

Guarda, non lo so.” le avrebbe voluto rispondere. Invece replicò:

“Credo proprio di sì. Ora vai a dormire.” le ordinò.

La ragazza annuì: “Va bene. Buona notte Blaze, e grazie ancora.” e iniziò a dirigersi verso il suo dormitorio.

“Di nulla.” le sentì dire.

E per la prima notte da quando era lì, la ragazza riuscì ad addormentarsi subito e senza incubi, riuscendo a riposare pacificamente per il resto della nottata.

Le dava conforto sapere di avere qualcuno che l'avrebbe protetta sul serio, e quella calda sensazione le aveva invaso il petto.

L'aveva appena conosciuta, quella gatta lilla, ma la vedeva già come una salvezza.

Sentiva che era una donna forte e coraggiosa, qualità che lei non aveva.

Non aveva mai desiderato neanche una mezza avventura, non reggeva all'idea di mettersi in pericolo. Questo la portava a non riuscire a mettere il muso troppo fuori dalla porta di casa.

Odiava quella sua codardia, e per questo si sentiva debole, quasi in colpa.

Finché non fu catturata dai trafficanti.

Odiava essere in 'quell'avventura', tuttavia era riuscita a dimostrare a sé stessa che ce la poteva fare, poteva sopravvivere, ed era più forte di quello che aveva sempre creduto.

Era una vita scomoda e senza certezze, il pericolo si accucciava in un angolo nell'attesa di aggredirla senza preavviso.

Aveva ovviamente sentito parlare delle torture, e le si raggelava il sangue e le si spezzava il cuore allo stesso tempo a pensare al fatto di una compagna, che il giorno prima aveva conosciuto, non tornare più il giorno dopo, quel maledetto giorno che si ricordano tutti.

E, come tutte le altre, la ragazza aveva paura che prima o poi dovesse toccare anche a lei.

Ma cercava di respingere quelle ansie, che ne aveva già abbastanza.

Ogni notte si chiedeva come stessero i suoi amici e la sua famiglia, cosa avevano provato quando non l'avevano più vista e come si sentivano davanti alla sua assenza.

Chissà se la stavano cercando.

Sarebbe mai ritornata da loro?



Nella profondità della notte, vicino al treno, si sentirono dei passi, e poi all'improvviso un batter d'ali.

La figura nera era atterrata sul penultimo vagone, e si apprestava ad aprire la finestrella per entrare.

Con un leggero tonfo la sagoma atterrò sul pavimento.

Si alzò cautamente e si guardò intorno; sorrise alla vista di così tanti sacchi, soprattutto perché sapeva cosa contenevano.

Con passo sicuro si diresse verso uno di questi, lo aprì e ci cacciò la mano, per poi tirarla su piena di diamanti e pietre preziose.

“Quanto siete belle!” esclamò Rouge, soffocando l'eccitazione nella sua voce a una vista così ricca.

Non aveva mai pensato che avrebbe iniziato di nuovo a rubare come una gazza ladra.

Beh, non proprio rubare, diciamo che quelle pietre erano... in prestito.

Si sarebbe accontentata di circondarsi da esse, analizzarle e ammirarle, per poi rimetterle al loro posto, come dei giocattoli.

Sospirava tristemente all'idea che non si poteva permettere di prenderne nemmeno una.

La loro bellezza attraeva l'affascinante ladra, e i suoi occhi verdi acqua luccicavano ai riflessi di luce delle pietre.

Ma nessuno poteva comprendere del perché lei era sgattaiolata fuori dalla sua stanza e si era intrufolata nel vagone.

Non era per il sua solito desiderio di rubare, nemmeno per la sua sete di ricchezza.

La verità era che le pietre preziose le davano conforto e le facevano compagnia.

Come possono degli oggetti animati fare ciò? Non hanno né anima, né sentimenti.

Il Comandante le lo diceva sempre. Anche Omega, Hope, Sonic e perfino Shadow.

Loro non capiscono pensava Rouge, ogni volta sempre più demoralizzata, Loro. Non. Capiscono.

Le pietre le tenevano compagnia, la ascoltavano impassibili, senza parlare e senza giudicarla.

Erano molto gentili. E poi erano stupende.

Ogni pietra aveva quel colore vitale che nessun pennarello, nessuna tempera o nessun essere poteva riprodurre.

I loro luccichii attiravano l'attenzione e affascinavano sempre. Non avevano età, né genere.

L'ex agente non aveva mai parlato con loro, ma iniziò da quando fu licenziata dalla G.U.N.

Appena poteva, appena ne aveva una sotto mano, osservava la sua bellezza, e un po' alla volta si svuotava da quello che aveva dentro.

Gli raccontava di tutto, da come era andata alla giornata a come si sentiva nell'animo.

Parlare a una pietra? A volte ci rideva, la faceva sembrare molto a un certo guardiano...

Mamma mia, quanto le mancava la sua vecchia vita, quanto le mancavano i suoi vecchi amici.

Quanto le mancava stuzzicare quel burbero echidna brontolone? Quanto le mancava tentargli di rubare il Master Emerald? Quanto le mancava sentire la sua voce, incazzata o meno, quanto le mancava passare un po' di tempo a fargli compagnia? Quanto le mancava andare ad Angel Island e star sicura di trovarlo lì, a riposarsi sotto quell'enorme smeraldo verde, seduto con la schiena appoggiata alla pietra, con gli occhi chiusi e le braccia incrociate? Quanto le mancavano le sue accuse di rubare il suo bellissimo smeraldo, quanto le mancava vederlo arrossire per ogni cosa che faceva o diceva?

La risposta a tutte le domande era sempre: tanto.

Molto, anzi troppo.

La donna emanò un sussurro triste.

Knuckles.” .

La nostalgia la invase, arrivandole nel petto e nello stomaco, colpendola dolorosamente come un pugno.

Seduta con la schiena appoggiata alla parete, strinse involontariamente i pugni ai quei lontani e felici ricordi, senza curarsi degli spigoli delle preziose pietre che le ferivano la carne.

Perché era andata in quel modo?

Nove anni prima, non aveva fatto i conti con la consapevolezza che, diventando fuggiaschi fuorilegge, nulla sarebbe stato più piacevole come prima.

Lo sapeva, certamente, che la sua vita sarebbe cambiata in peggio, ma la sua coscienza era sempre stata sporca, quindi non se ne era preoccupata più di tanto.

Ma non volle rendersi conto che sarebbe stata così dura.

E' stata la più grande irresponsabilità mai fatta, e sinceramente non voleva passare in quel modo i prossimi dieci anni della sua vita.

Era piena di rimorsi; mentre guardava impassibile alle sofferenze circostanti, c'era qualcosa dentro di sé che le gridava di far smettere quel dolore, di tornare indietro.

All'inizio queste grida erano disperate e irresistibili a Rouge, ma poi riuscì a costruire un muro in grado di allontanare le grida. Voleva sfuggire alle terribili verità,e per questo si faceva schifo da sola.

Ma le grida, sebbene si affievolivano, non scomparivano, e Rouge sapeva che mai l'avrebbero fatto.

Sarebbero rimaste lì, a ricordarle che poteva far smettere il suo dolore interno, ma andando incontro al mondo circostante.

Non poteva cambiare, non in quel momento.

E così quelle voci disperate continuavano ad arrivarle al cuore e a farlo sanguinare.

Riusciva a tenerle a bada solo di giorno, quando era in compagnia o aveva qualcosa a cui pensare, ma quando giungeva la notte e la sua mente era vuota e lei era sola, allora quelle grida se ne approfittavano e la sopprimevano nell'angoscia e, se si può dire, anche nel rimorso.

Shadow era suo amico, ma era giusto quello che aveva fatto? E' stato giusto seguirlo?

Il riccio nero è caduto e l'ha trascinata con sé, senza farsi né domande né problemi.

Ma era anche vero che il suo amico non le aveva mai chiesto niente: non le aveva chiesto di seguirlo, non l'aveva pregata di stargli vicino, non aveva implorato il suo aiuto.

Non le aveva mai chiesto di schierarsi dalla sua parte.

Non le aveva mai chiesto di lasciare tutto.

L'aveva ringraziata, certo, ma poi basta, fine.

Sei stata stupida Rouge si diceva tra sé e sé con rabbia Molto stupida.

Scuoteva la testa con gli occhi chiusi, trattenendo la rabbia repressa.

Lo sapevi che lui non aveva bisogno d'aiuto ridacchiava tra sé e sé tristemente Lui sa cavarsela di certo da solo.

La giovane pipistrella bianca avrebbe voluto scaricare tutta la colpa addosso a lui, ma sull'orgoglio continuava a prevalere la sua insopportabile coscienza: è stata una sua scelta, solo sua.

Ma faceva fatica ad ammetterlo a sé stessa, figuriamoci agli altri, figuriamoci a Shadow.

Sapeva inoltre che Shadow non comprendeva a fondo le persone, e spesso non ci teneva nemmeno.

Aveva un lato comprensivo, e lo sapeva perché l'aveva visto, ma era rimasto nel vecchio Shadow.

Quello nuovo era diverso; aveva sempre quel suo fare orgoglioso, il suo sguardo freddo, i suoi modi da omicida, era intelligente e molte altre abilità, ma le sue belle qualità, quelle più da essere con un'anima... non c'erano. Rouge non credeva che fossero sparite, ma, se si può dire, solo...in vacanza.

Non credeva davvero che fosse cattivo, o apatico al 100%, ma le sue giornate erano grigie, monotone persino, anche se nel corso degli anni è migliorato un po'.

E poi è arrivata lei. Blaze the Cat.

Rouge sapeva che i due erano molto simili, e i loro incontri passati le facevano pensare a quanto potente poteva essere una cooperativa formata da loro due.

Fiamme e Chaos Control, ve li immaginate?

La pipistrella sì. Sarebbe stato uno spettacolo vederli combattere insieme.

Sinceramente, la giovane donna non aveva ancora visto la gatta.

Shadow diceva che la vedeva ogni giorno, e inoltre ha salvato il fondo schiena a tutto il treno, tuttavia Rouge non l'aveva ancora vista. Ed era strano, dato che era sempre lei a sapere per prima le cose.

Ma una cosa sapeva: da quando Blaze era arrivata, qualcosa si era risvegliato in Shadow.

Forse i ricordi di loro due lottare per il Sol Emerald erano emersi nella sua testolina, ricordandosi che in fondo si era creato un bel legame d'amicizia tra loro due.

Ma forse c'era di più, e Rouge stava ancora investigando; ogni notte, Shadow si incontrava con lei per fare rapporto, e ogni volta la giovane ladra faceva in modo che il discorso andasse in direzione Blaze the Cat. E ci riusciva così bene e senza dimostrare il suo interessamento, che Shadow le raccontava poco a poco tutto, senza urlarle contro di farsi gli affari suoi e di sua spontanea volontà.

Le aveva raccontato degli iniziali impulsi indesiderati, delle loro chiacchierate e infine anche dell'attentato al treno.

Poi lei gli chiedeva di descriverla un po', e lui si perdeva nel darle tutte i dettagli.

Rouge poteva vedere il suo amico descrivere l'amica gatta come si descrive un fiore bellissimo.

Quando le parlava dei suoi lunghi e morbidi capelli, aveva un tono dolce, pacato;

quando parlava del suo corpo poteva sentirlo deglutire;

quando le parlava di quegli occhi dorati, quelli del riccio scintillavano;

e quando infine parlava del suo carattere, delle sue doti, delle sue qualità, la pipistrella poteva percepire tutta la sua ammirazione e il rispetto nei confronti della principessa.

Lei era sempre stanca morta quando finiva la giornata, tra il viaggio e la pressione alta che alcune guardie da strapazzo le facevano venire a causa dei soprusi sulle altre ragazze che era costretta a vedere, ma non voleva che lui smettesse. Non parlava così tanto da troppo tempo.

Ma dopo un po' lui vedeva che gli occhi della compare non ce la facevano più, e quindi la mandava a dormire.

All'inizio lei si lamentava perché il suo gossip veniva interrotto, ma sapeva che il suo amico aveva ragione e gli dava la buonanotte, per poi dirigersi sfinita al suo dormitorio.

Tuttavia, quella sera lei lo dovette aspettare a lungo, e quando arrivò non sembrava essere molto in vena di parlare.
“Finalmente, dove sei finito?” le chiese impaziente la bianca, mettendosi le mani sui fianchi e attendendo una sua risposta con un bel sorriso.

Ma, invece di risponderle o fare rapporto, continuò a camminare oltre, verso il suo dormitorio.

“Dove stai andando?” chiese spaesata la collega del riccio, inarcando le sopracciglia curiosa.

“Sono troppo stanco stasera. Domani ti racconto tutto.” rispose continuando ad avanzare, senza manco voltarsi indietro.

“Non mi lasci nemmeno congratularmi con te?” ribatté Rouge allegra, sperando di cavargli fuori qualcosa.

Lui si limitò a sorridere e ad alzare un mano in segno di saluto, mentre si faceva strada verso il dormitorio.

Chissà che cosa è successo. Si era chiesta Rouge, mentre guardava immobile l'immagine del suo amico rimpicciolirsi, mentre si allontanava sempre di più.

Sinceramente, si era dimenticata della festicciola che le guardie avevano dato, ma poi il ricordo di tanti passaparola gli era ritornato in mente.

Cosa sarà successo a quella festa?

La curiosità iniziò a divorarla, le sue fantasia su quello che poteva essere successo si scatenarono in tanti possibili scenari, finché non si convinse ad andare a letto.

Tuttavia, non riusciva a prendere sonno.

Le chiacchierate con Shadow l'aiutavano a occupare la mente e ad addormentarsi meglio, anche se duravano poco.

Certo, lui non sapeva dei problemi mentali di Rouge, soprattutto perché lei si comportava come se stesse sempre in forma.

Ma lei non voleva digli niente: sarebbe stato un peso per il suo amico riccio.

Continuava a ripetere a sé stessa che poteva farcela anche senza allarmare uno che già aveva i suoi disordini mentali.

Quella sera aveva bisogno qualcuno con cui parlare, qualcosa che la tenesse occupata per un po', per non darla vinta a quelle vocine.

E così eccola lì, a parlare con delle pietre, per terra accasciata alla parete, indebolita dalla stanchezza e dalla nostalgia. In un momento debole, quando tutto lo stress le cadde addosso, si sentì arresa, e il suo viso e il pavimento si riempirono di lucenti lacrime.

   
 
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