«Be’,
che aspetti? Rispondi!» esclamò Semir, sentendo il
cuore accelerare ad ogni
squillo del cellulare.
Tom annuì lievemente e, senza togliere nemmeno per un
istante lo sguardo dalla
strada, aprì la comunicazione e impostò il
vivavoce.
Le note della risata malvagia che ormai entrambi conoscevano fin troppo
bene si
diffusero nell’abitacolo dell’auto, creando
improvvisamente un’atmosfera densa
di tensione.
«E così, i due sbirri di nuovo insieme eh? La
coppia d’oro!» rise Gehlen,
prendendosi gioco dei due uomini.
Semir si impose di stare calmo nonostante avesse i nervi a fior di
pelle, e si
decise a parlare solo quando capì che l’ex collega
accanto a lui non sembrava
aver intenzione di proferire parola.
«Gehlen, basta con questa storia. Ti devi vendicare di me,
non di Ben, dimmi
dov’è l’antidoto.».
«Ma proprio per questo mi accanisco sul ragazzo, Gerkhan...
dove sarebbe
altrimenti il divertimento? Se ti uccidessi adesso non soffriresti
abbastanza.».
«Dov’è l’antidoto?»
ripeté il turco con voce ferma, nonostante le mani gli
tremassero terribilmente.
«Quanta fretta, ispettore... prima dovrà giocare
con me.».
Una tenaglia si serrò intorno alla gola di Semir. Giocare
con lui? Ancora?
«Cosa... cosa vuoi dire...».
«Ho preparato un altro giochetto, Gerkhan. Considerando che
hai risposto al
cellulare di Kranich, immagino che voi due vi troviate vicini in questo
momento, quindi ascoltatemi bene.».
Gehlen fece una pausa e i due uomini in macchina immaginarono il suo
ghigno
soddisfatto mentre si accingeva ad esporre un altro dei suoi giochi
mortali.
«Voglio la vecchia squadra al completo.» disse poi,
semplicemente.
«La vecchia squadra?» domandò Tom,
intervenendo per la prima volta nella
conversazione.
«Esatto.» confermò il criminale
«La vecchia squadra, quella dei tempi in cui tu
ed io, Kranich, siamo morti. Voglio
il commissario di allora, la segretaria di allora, gli ispettori di
allora e
quello scienziato da strapazzo che lavora ancora con voi. Vi voglio
tutti
insieme.».
«Gehlen, alcune di quelle persone se ne sono
andate.» obiettò Semir,
mascherando il dolore che una fitta alla ferita gli aveva appena
provocato.
«Gerkhan, niente squadra, niente antidoto. Entro le sei di
stamattina dovrete
essere tutti insieme e io mi farò vivo. Avete sette ore,
dopo di che ve ne
resteranno circa ventotto per salvare Jager. Tutto chiaro?».
«Gehlen, ascolta...» provò a rispondere
Tom, ma l’uomo dall’altro capo del
telefono aveva già riattaccato.
Semir, accanto a lui, si prese la testa tra le mani cercando di
riordinare le
idee che gli affollavano la mente creando una grande confusione
«Ci deve essere
un modo per arrivare a quel maledetto antidoto e a Gehlen...»
sussurrò.
«Assecondandolo.» fece Tom appoggiando i gomiti sul
volante.
«Tom... non ho idea di dove sia la Engelhardt, non vedo Petra
da anni e anni,
Otto è morto... mi spieghi come facciamo a portargli quello
che vuole? Le cose
sono un po’ cambiate in otto anni, in caso non te ne fossi
accorto.».
«Me ne sono accorto, certo, ma la Engelhardt mi ha sempre
tenuto informato su
tutto. Credi che in tutto questo tempo me ne sia fregato totalmente del
comando, dei colleghi, di te?».
«Io non credo niente, so solo che in questo momento ho
accanto a me una persona
che dovrebbe essere morta e che se non fosse stato per te probabilmente
adesso
Ben starebbe bene!» replicò Semir trattenendo a
stento le lacrime, che
minacciavano troppo spesso di presentarsi per la rabbia, la paura, il
dolore.
«Senti Semir, tra una cosa e l’altra non ti ho
ancora spiegato come stanno le
cose, d’altra parte è passato sì e no
un giorno e mezzo da quando ci siamo
incontrati, e prima non eri in condizioni di ascoltarmi.»
cominciò Tom,
fissando il turco negli occhi e parlando con un tono che non avrebbe
ammesso
repliche «Io ho finto di essere morto per sette anni e mezzo,
per proteggere te, chiaro?
Perché la Engelhardt mi
aveva spiegato che per me e per chi mi conosceva sarebbe stato un
rischio, ma
solo quando ha detto il tuo nome io mi sono deciso ad accettare la sua
proposta. Ho vissuto in un paesino sperduto, senza contatti con
nessuno,
tornando solo di tanto in tanto a Colonia per vedere, sempre di
nascosto, come
stavi tu, come stava mia sorella, come stavate voi.
Poi la Engelhardt si è dimessa e io ho cominciato ad avere
molte meno notizie. Ho pensato milioni di volte di farmi vivo, ma lo
ammetto,
avevo paura... paura di tutto. Poi, finalmente presi una decisione
definitiva:
sarei riemerso dal mondo dei morti e sarei tornato a vivere
un’esistenza
normale, dato che tra l’altro dopo così tanto
tempo il rischio si era
notevolmente ridotto. Presi questa decisione una notte di tre mesi fa,
ma
esattamente la mattina seguente venni rapito da Gehlen, che scoprii
essere
ancora vivo come me. Non so come diavolo avesse fatto a trovarmi, so
solo che
mi tenne chiuso in una stanza per tre mesi, aspettando di attuare la
sua
vendetta. All’epoca Gehlen lavorava per Hoffman, il Giaguaro, ma quando la questione con lui
è terminata perché tu lo
avevi arrestato, solo allora Erik ha deciso di venire allo scoperto. Vi
ha
fatto fare il percorso, tu sei stato ferito, Ben è stato
avvelenato, e io mi
sento in colpa già da solo, non c’è
bisogno che tu mi dica che è merito mio se
il tuo collega adesso è in bilico tra la vita e la morte.
Vorrei solo che
sapessi che tutto questo
non era per nulla quello che avevo
immaginato.».
Tom si fermò per riprendere fiato, aspettando la reazione
dell’ex collega, che
una volta terminato di ascoltare si voltò
dall’altra parte sfuggendo al suo
sguardo.
Gli attimi di silenzio che seguirono sembrarono interminabili,
interrotti solo
dal ticchettio delle lancette dell’orologio da polso di Tom,
che ora segnavano
le 23.12.
Semir sembrò voler ignorare il discorso dell’altro
uomo.
«Andiamo, dobbiamo riunire la squadra.»
mormorò, continuando a non guardarlo.
Un
bacione!
Sophie
:D