Lui era Murtagh
Erano
lì, uno di fronte all’altro.
Eragon
si sentiva perso davanti a quello sguardo. Qualcosa in lui avrebbe voluto
scappare, correre via senza fermarsi. Ma come fare?
Il
fuoco intorno a loro avampava sempre di più,
lasciando nell’aria un odore acre di corpi che andavano pian piano bruciando.
Erano
stati loro ad incendiare quella prateria. Quelle pianure. E questo a lui non
piaceva. Era come se sentisse il dolore della terra e delle piante sotto di
lui. La sofferenza di ciò che calpestava.
Stinse
i pugni intorno all’elsa della spada. Non voleva. Non voleva continuare quella
battaglia che non aveva senso. Lui, perché proprio lui? Perché era stato scelto
lui per quell’assurda missione? No, non poteva, e non voleva farlo.
Rimise
la spada nel fodero, sempre guardando fisso il giovane davanti a sé.
-
Non lo farò! –
Murtagh
sorrise: - Perché? – chiese – Perché sono tuo fratello? O perché sei solo
pauroso? –
Eragon
strinse più forte i pugni. Lo stuzzicava. Gli aveva detto che non aveva scelto
lui di andare dalla parte di Galbatorix, ma allora perché? Perché lo stuzzicava
a quel modo? Voleva che si battesse contro di lui?
- Perché
dovrei essere io a dirlo…- disse, sempre col tono di
voce più alto: - Perché vuoi batterti contro di me?! – sentiva la rabbia
salire, il sangue scorrere lento nelle vene e il cuore battere sempre più forte
da fargli male. Aveva sempre pensato che il male potesse fino ad un certo
punto, mentre il bene trionfasse sempre. Invece su Murtagh il bene aveva
fallito, e il male aveva vinto. Giurò che se mai si fosse trovato faccia a
faccia con Galbatorix, non avrebbe risparmiato un solo colpo per quella feccia.
Scosse la testa: non l’avrebbe avuta vinta.
- Perché
cosa? Il perché di cosa sto facendo lo sai già no? – Murtagh roteò la spada –
Avanti! Tira fuori la tua spada e facciamola finita! –
-
No – Eragon scosse ancora la testa – Se non vuoi essere contro Galbatorix
allora perché mi vuoi battere? –
-
Per mio padre…-
Eragon
alzò la testa di scatto. Non l’avrebbe mai capito. Per lui era ancora lontano,
anche se il sangue li accumunava. Roran per lui era il vero fratello. Niente lo
legava al giovane che adesso era davanti a lui. Se non la famiglia.
Murtagh
abbassò la testa, insieme alla spada: - Pensava che fossi un perfetto
deficiente. Nato soltanto per mettergli i bastoni fra le ruote. Temeva che
potessi disonorare la sua forza e la sua prodezza; così riducendo la fiducia di
Galbatorix in lui. Seguiva cecamente tutto ciò che quel mostro gli diceva,
perfino di uccidere mia madre. Lei riuscì a fuggire, portandosi dietro un’altra
vita. Forse è per quello che Galbatorix la voleva morta – ispirò, cercando di
dimenticare tutto ciò e di smettere di parlare. Non era venuto lì per quello. Ma
non ci riuscì: - C’eri tu. Tu! Tu avevi avuto la fortuna di nascere lontano da
Morzan! – aveva cominciato ad urlare, le gocce di sudore che gli scendevano
lungo il viso per poi cadere giù lungo il collo, fino al torace che si alzava e
si abbassava affannosamente. – Tu sei potuto crescere felice, accanto a persone
che ti volevano bene – tornò calmo – La mia invidia è grande Eragon…su questo non ci sono dubbi. Ma non è tutto –
Eragon
rimase a guardarlo, muto. Provava quasi pietà per quel ragazzo. Per suo
fratello. Per quel poco tempo che avevano passato insieme, nel viaggio verso i
Monti Beor, Eragon pensava di essere riuscito a conoscere tutto di lui; invece
era stato sbigottito prima di entrare dai Varden, quando gli aveva svelato di
essere figlio di Morzan. E ancora adesso si trovava a contemplare delle verità
che non avrebbe mai immaginato. Che non avrebbe mai voluto immaginare.
Murtagh
continuò: - Non è solo quello il motivo. No, voglio dimostrare a mio padre che
non sono un intralcio per nessuno, e che posso benissimo cavarmela da solo –
-
E pensi di farlo uccidendomi? – al contrario del moro, Eragon era perfettamente
calmo. Non mostrava alcuna alterazione nella voce. Probabilmente, grazie all’aiuto
degli elfi, era riuscito a maturare di più del fratello – Pensi che sia il modo
giusto? –
Murtagh
strinse i pugni, divenendo paonazzo dalla rabbia.
-
Pensi che così cambierà qualcosa? O vuoi abbassarti al suo livello? – gli
costava una fatica tremenda parlare a quel modo. Stava ferendo l’amico, lo
sapeva benissimo, e si sentiva un verme. Come quei vermi che strisciano nel
letame per poi morire soffocati.
-
Io non sono come lui…- mormorò Murtagh.
-
Così invece sembra di si –
Murtagh
alzò lo sguardo, incrociando quello di Eragon, forte e deciso. Non l’aveva mai
visto così.
-
Anche Morzan voleva dimostrare la sua forza uccidendo altra gente, eppure
guarda come si è ridotto – sospirò, guardando l’altro abbassare nuovamente la
testa, lentamente. Continuò: - Suo figlio non è come lui, no. E non lo deve
diventare – si avvicinò a passo lento verso il moro – Tu non sei come lui…non lo diventare…- stava
ripetendo quella frase all’infinito, ma voleva che Murtagh capisse il senso di
tutto ciò.
-
Io sono vincolato a Galbatorix Eragon…-
Il
biondo si fermò.
-
Non posso tornare indietro…-
Una
lacrima scese lungo la guancia di Eragon. Perché? Perché era dovuto accadere?
Sentì
dei passi giungere in lontananza, avvicinarsi. Erano di suo cugino. Si avvicinava
a Murtagh, alle spalle. Sapeva cosa avrebbe fatto, eppure non si mosse, non
disse nulla. Sicuro che anche Murtagh sapesse che cosa stava per accadere. Ma anche
lui stava lì. Immobile. Sotto quel sole che tardava a scomparire. “Mi dispiace…”
“Anche
a me…”
Le
loro mentì si unirono, divenendone una. Murtagh fece entrare Eragon dentro di sé,
facendolo scorrere fra i ricordi che si animavano in lui. Non oppose resistenza
quando Eragon andò a scavare fra i ricordi più profondi e più privati. Ormai per
lui non c’era più possibilità di salvezza. Solo la morte avrebbe potuto
renderlo felice e libero. Entrambi lo sapevano, uno meglio dell’altro.
Un
colpo di spada. Netto. Preciso. Un rivolo di sangue corse lungo il labbro di
Murtagh, mentre la maglia di impregnava di un liquido rosso, caldo.
Roran
ritrasse la spada. Un flebile track fece tornare
in sé Eragon.
“Scusa…”
“Figurati…” Murtagh sorrise, ringraziando il cugino di
averlo finito, per una volta. Adesso sarebbe stato libero, più nessuno avrebbe
avuto potere su di lui. Nessuno. A parte la sua coscienza e quella di Castigo.
Il
drago si accasciò lentamente al suolo, sotto gli occhi di Saphira. Gli si
avvicinò. Ansimava, e una macchia di sangue si trovava adesso sul suo torace.
Io non ti ho colpito.
Non sei stata tu
il drago rosso appoggiò la testa al suolo. Esausto. Ringrazia quell’umano che si fa chiamare Roran quando non ci sarò
più.
La
dragonessa gli si avvicinò di più. Chiuse gli occhi e guardò Eragon. Murtagh giaceva
fra le sue braccia, inerte. Un sorriso dipinto sul suo volto. Eragon che gli
chiudeva le palpebre. Roran di fronte a lui. Eragon…
Si Saphira….non
siamo riusciti a salvarlo…
La
dragonessa aveva abbassato la testa, volgendo il suo sguardo verso Castigo. Non
si muoveva più. Nemmeno il suo ventre andava su e giù adesso.
Rimasero
così per qualche attimo, che sembrò però durare in eterno. I soldati del re che
si ritiravano, dirigendosi verso il palazzo del re.
La
battaglia non sarebbe finita lì. Galbatorix non aveva ancora perso ma tra poco
sarebbe successo.
Eragon
volse lo sguardo al cielo. Lacrime ricavano il suo volto, che ormai aveva
assunto sembianze simile a quelle di un elfo.
“Ti
prometto che ti vendicherò Murtagh. E come te Brom! Perché io…”
Perché tu…perché
noi…
“Insieme…”
Insieme…
“Siamo….”
“Un'unica cosa!!!”
Fine!!!!
Ok ok…è un po’ tragica lo so…
ma mi è venuta così! Mentre sto leggendo il terzo!!! Spero vi sia piaciuta e
vorrei tanto che lasciaste un commento, anche negativo dato che questa è la prima
ff che pubblico su Eragon.
Grazie
ciao!
Recensire non costa nulla e fa felici gli scrittori.