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Autore: Elle_Ls    11/06/2015    3 recensioni
Mystic Falls, l'inizio.
Se Stefan non avesse conquistato Elena, se Damon avesse altro in mente che non fosse Katherine, se tutti si comportassero in maniera diversa.
Se tutto non fosse stato esattamente come l'abbiamo visto.
/Storia scritta a quattro mani.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Another Hole in the Wall

#ANOTHER HOLE IN THE WALL

Damon’s Pov.

 

Il rosso vermiglio mi era sempre piaciuto, uno tra i miei colori preferiti. 
A maggior ragione quello del sangue delle mie vittime. Erano giorni che non affondavo i denti in un caldo collo, e adesso non potevo più farne a meno.
La recita da bravo ragazzo poteva reggere si, ma fino ad un certo punto...dopotutto cosa volevo dimostrare? 
Di essere migliore, altruista, che potessi provare pena per le mie vittime....? No.
Non mi chiamavo Stefan Salvatore, e non volevo dimostrare qualcosa a mio fratello, o ad Elena. Era diventato quasi un supplizio, il pensiero di quella ragazza così uguale a Katherine, ma così fondamentalmente diversa.
Perché non mi chiamava? Perchè riusciva a resistermi?
Al diavolo. 
Avevo trovato una ragazza bionda, disposta ad appartarsi con me fuori dal Grill, disponibile ed intraprendente come ogni donna. 
Mi aveva portato a casa sua, e puf...dopo del sano sesso, l’avevo morsa.
Mi ero deliziato del suo sangue, che adesso colava sulle sue lenzuola. Nuda, profondamente addormentata, non avrebbe ricordato nulla se non della notte di sesso più bella della sua vita.
Decisi di rientrare a casa, dopotutto mietere vittime a Mystic Falls, era come cercare galline in un pollaio.
Un pollaio molto circoscritto.
Lanciai il giubbotto sul divano molto distrattamente, e potei udire Stefan che parlava ad alta voce. Per fortuna realizzai che non fosse diventato ancora più pazzo di come lo era già, stava parlando al telefono...
Conoscevo bene quel tono di voce, e parando bene l'orecchio, riuscii a sentirla.
Elena. 
Ovviamente, era con mio fratello che voleva avere contatti.
Preso dalla curiosità, ascoltai la loro conversazione, mentre mi versavo da bere più rumorosamente del solito. Mio fratello mi guardò storto.
-…oh si. È solo…Damon- disse Stefan mentre sorridevo beffardo. Non dovevo dare peso a quei due, che fondamentalmente erano due ragazzini. Dischiusi le labbra, per abbandonarmi all'alcol.
"Credeva che io fossi una ragazza che si chiamava Katherine" 
Quasi sobbalzai, al suono della voce di Elena oltre alla cornetta...chi diavolo poteva essere? Appoggiai il bicchiere di colpo sul tavolo, e mi avvicinai a Stefan, che a sua volta rimase interdetto. Oltre a me e lui, nessun'altro poteva saperlo.
-Ehm...ok, si sarà confuso. Sai, succede spesso- blaterò mio fratello cercando di mascherare il suo sbalordimento.
Staccò il telefono subito dopo, rivolgendomi una strana occhiata.
-Oggi, per la prima volta, sono contento di rivederti, fratello-  disse, oh da solo non avrebbe mai potuto fare niente.
-Bene. Qualcuno conosce Katherine...il problema è: chi. Idee?- gesticolai, alzando le sopracciglia.
-Non ne ho idea. Dobbiamo raggiungere Elena-
La tipica espressione da Stefan preoccupato comparve sul suo volto, e questa volta non potevo far altro che concordare con lui.
-Perfetto, hai un tom tom? - Sorrisi, cercando di distogliere ogni pensiero dalla mia testa, mentre Stefan mi diede una gomitata, sapeva bene dove andare . Chi era questo tizio? E come faceva a conoscere Katherine?
Chicago non era poi così lontana, ma dovevamo sbrigarci. Questo viaggio era iniziato da poco, e la presenza di mio fratello mi risultava già troppo irritante. 
Aveva deciso di prendere la sua “macchina” dal garage del pensionato. Una piccola macchina rossa, che a malapena poteva far concorrenza alle carrozze con il quale il signor Burkey trasportava il fieno.
Carrozza da contadino.
Sbuffai, cercando di evitare che le ginocchia andassero a battere contro il cruscotto, era talmente stretta che non ci stavo.
-Davvero ottima come auto per soccorso fanciulle in difficoltà!- lo derisi divertito. Lui mi guardò torvo per un attimo, poi sorrise.
-Tu hai deciso di venire con me, tu stai alle mie regole!- si fece valere.
-Se guidare una macchina, è una delle tue regole più rigide, beh...non oso immaginare la pericolosità delle altre- arricciai le labbra con disappunto, e alzando il volume dello stereo, portai la testa all'indietro sul poggiatesta.
Almeno la musica copriva il fastidioso tono di voce di Stefan.
Poi, un rumore ci fece sobbalzare, ed ancora quella voce noiosa.
-Oh no!- Stefan parve esasperato, e con una manovra azzardata, accostò.
-Che diavolo succede?!-
-Credevo fosse pieno il serbatoio..- sollevò lo sguardo sulla lancetta, che segnava rosso sul carburante. 
Complimenti a mio fratello.
Scesi dalla macchina, come un ossesso. I suoi metodi di soccorso facevano schifo.
-Non ci ho pensato, dannazione-
Stavo per fargli un applauso quando lo sentii auto maledirsi. Appoggiai le mani sui fianchi, esasperato. 
Mi aveva già seccato abbastanza, e non avevo tempo da perdere...ero preoccupato.
Preoccupato per quello che avrebbero fatto ad Elena.
L'unico modo per giungere ad una soluzione sensata, sapevo quale fosse...che non me lo avrebbe perdonato.
-I panni dell'eroe ti stanno troppo stretti, fratello?- dissi in un sussurro, cercando di non spazientirmi ancora.
-Senti, potremmo proseguire, infondo una macchina non ci serve- scese a sua volta dall'auto, e raccogliendo la sua giacca, si chinò sul sedile del passeggero dietro.
-Hai ragione, Stef. Non ci serve un'auto-
Assentii, e mentre si chinava, lo colpii alle spalle, spezzandogli l'osso del collo.
Lo distesi, e richiusi la macchina alle mie spalle, la mia corsa sarebbe continuata senza di lui.
-Riposa al calduccio, fratello- 
Senza mio fratello e la sua stupida auto che mi rallentava, ero molto più veloce, ed avevo raggiunto velocemente Chicago.
Questo era uno dei tanti vantaggi di bere sangue umano. 
La notte era calata, ma quella città era comunque affollata. Cercare una singola persona li, era un'impresa ardua, ma sapevo che l'avrei trovata.
Negli angoli più antichi della città, mi sembrava di essere tornato a New Orleans, ma dietro l'angolo, c'era l'era moderna, grattacieli, insegne luminose gigantesche...
Girare a caso non era una grande idea, ma fermarsi sarebbe stato peggio.
D'un tratto, nei pressi di un locale affollato anche all'esterno, sentii odore di sangue. Forse ero sulla pista giusta. 
Mi precipitai sul retro, seguendo l'unica traccia che avevo, e la scena che mi si parò davanti, diede conferma al mio sesto senso.
Un uomo incappucciato di nero, era piegato sul collo della sua vittima. 
E la sua vittima era proprio Elena.

 

Elena’s Pov.

 

-Ora vengo da prenderti-
Vidi il tipo incappucciato abbassare il telefono e camminare tranquillamente verso di me. Non c'era nessuno che potesse aiutarmi. E io non sapevo cosa fare.
"Ero nella squadra di atletica della scuola. Correvo più veloce di una lepre che sfugge da un predatore".
Mi girai dall'altra parte e iniziai a correre.
Con tutta la forza e il fiato che avevo. Non sapevo dove, solo...lontano da quell'individuo.
Non sentivo nessuno venirmi dietro, nessun passo. Ma continuai a correre, in ogni strada più oscura di Chicago, per non so quanto.
Quando mi fermai, avevo il fiatone. E dietro me non vedevo nessuno. Forse l'avevo seminato.
-Per essere un umana sei veloce- quella voce. Alle mie spalle.
Mi girai di scatto.
L'uomo incappucciato. Era...
-...Noah?- dissi con un filo di voce.
Lui mi sorrise tranquillo, chiudendo le dita sulla mia gola e sbalzandomi violentemente a terra.
-Ma brava- disse senza smettere di sorridere -Ti ricordi di me allora -
Sentii una forte fitta alla testa, mentre Noah mi rialzava senza fatica e mi sbatteva contro la parete.
-Sei uguale a lei...- mi disse quasi adorante, mentre mi sfiorava il viso e posava le dita sul mio collo.
Ero cosi terrorizzata che non riuscii a dire nulla.
Lui mi sorrise un ultima volta, per poi abbassare la testa sul mio collo.
Un dolore lancinante partiva da li.
E urlai. Con tutto il fiato che avevo in corpo. Ma non c'era nessuno.
Era come se nella mia testa volassero colibrì.
Le orecchie non riuscivano più a percepire rumori distinti, solo suoni ovattati.
Sentivo solo...come se mi stessero tirando via la vita, il respiro…dal mio collo.
Poi mi sentii sbalzare violentemente a terra.
Scorsi solo una figura pararsi davanti a me e il mio aggressore fuggire via.
-Elena! Ehi, ehi-
Il suono era ovattato.
-Va tutto bene...- sentii sussurrare, mentre mi sentivo sollevare con delicatezza da terra. Avevo dolore dappertutto.
E uno strano sapore metallico mi attraverso la gola.
Poi chiusi gli occhi.
Forse per poco tempo, forse per ore.
Il mio corpo era freddo...a contatto con l'asfalto freddo di chissà quale via isolata.
Ero stesa quasi per terra...tranne per la testa, poggiata su qualcosa di caldo.
Su…una persona.
Poi ricordai. La chiamata, l'uomo incappucciato, la corsa...il sangue.
Aprii di scatto gli occhi, sollevandomi di scatto. Ma una mano mi bloccò.
-Damon?- chiesi più spaventata che confusa, trovandomi davanti due pozze ghiacciate che studiavano i mie movimenti.
Cosa ci faceva Damon a Chicago? Perchè era qui? E come mi aveva trovata?
Sentii la testa girarmi.
-Cosa…cosa..-mi guardai intorno con occhi spalancati, per paura che Noah potesse tornare. Rabbrividii.
Sentivo le mani appiccicaticce. Erano...sporche di sangue. Del mio sangue.
-...lui...lui mi ha..- mi passai una mano sul collo...ma non c'era nulla. Nessun segno della sua aggressione.
Guardai Damon. Perchè era qui?





 

 

Damon’s Pov.

 

Passai una mano sulla testa di Elena, accarezzandola con delicatezza. Adesso doveva calmarsi, solo così avrei potuto ottenere informazioni su quel tipo.
-Lo so, stai tranquilla, starai bene- dissi cercando di farla calmare. La sua agitazione era alle stelle, ovviamente, come poteva immaginare cosa c'era dietro?
La guardai intensamente negli occhi, non era ancora il momento per farle dimenticare tutto.
-Hai preso una bella botta in testa...ma adesso devi stare calma..- 
Lentamente, la sollevai, prendendola in braccio. 
Stava bene, le avevo dato il mio sangue, ma non poteva saperlo.
-Dove alloggi? Hai bisogno di stenderti- feci piano, dovevo portarla al caldo.
Elena scosse la testa.
-Non...non posso tornare - mormorò rabbrividendo -Lui...lo sa dove dormiamo. Mi seguiva...mi seguiva, lo sa-
Parlava agitata, in preda all'ansia.
-Le avrebbe uccise…-mormorò portandosi una mano sulla bocca-...e voleva uccidere me...non posso tornare...ho...ho...sangue-
Si toccò gli abiti sotto il mio sguardo vigile.
-...é il mio sangue, Damon- disse cedendo a una crisi di pianto.
Elena era esasperata. Adesso aveva davvero bisogno di rilassarsi.
-Elena. Ascoltami- le dissi con tono fermo, bloccandomi davanti a lei. Dai suoi occhi continuavano a sgorgare lacrime, ed in questo momento, pensai che Stefan sarebbe stato più adatto al ruolo di consolatore.
Ma una sicurezza potevo dargliela.
-Guardami, e ascoltami attentamente...- continuai, tenendo lo sguardo fermo in quello di lei -..ci sono io con te, adesso. Nessuno ti farà del male, okay?- 
Sospirai, mentre lei mi guardava, con l'attenzione che le avevo chiesto.
-Andremo da un'altra parte, ma ho bisogno che tu stia calma-
Quasi mi meravigliai, il suo umore mi stava davvero a cuore.
Elena annuì piano, mentre la vedevo chiudere gli occhi e le sue gambe cedettero nuovamente.
La presi prima che potesse cadere per terra.
Le accarezzai di nuovo la fronte e la portai via con me.
Era rimasta addormentata fino a quando non l’avevo portata in un hotel vicino, soggiogando prontamente il tipo alla reception per avere le stanze migliori.
-Dove...siamo?- chiese poco dopo che la ebbi stesa sul letto. Si passò una mano tra i capelli, sentendo residui del suo sangue ancora tra le ciocche e sui vestiti.
-Sono...sporca- disse mentre alzava gli occhi sulla mia figura.
Continuava a tremare....e di nuovo i suoi occhi si riempirono di lacrime.
-Ero...in strada. Lui veniva a prendermi- mormorò ricordando quello che le era successo -Ero...lontana. Ho corso...piu veloce di una lepre che sfugge al predatore-
Alzò gli occhi su di me, ricordando la frase detta qualche sera prima proprio a me.
-Ma lui...era già li...e...mi ha fatto male- mormorò-...ha detto...che ero uguale a lei...e...-
Si strinse le ginocchia al petto -...stava per uccidermi-
Mi avvicinai ancora di più a lei, ero seriamente preoccupato, ma presto avrebbe dimenticato tutto. 
L'ironia della lepre che corre più veloce di un predatore...ai suoi occhi di cheerleader era un pregio, ma agli occhi del mondo, il predatore arrivava sempre alla sua preda.
Dura legge della natura, che avevo provato sulla mia stessa pelle.
Ero una giovane preda, innamorata, assetato d'amore, ma la mia predatrice mi aveva cambiato. Le strade erano due: o diventavo la preda che moriva, o la preda assetata di sangue. 
In ogni caso, non c'ero più.
Scossi piano la testa, perso tra i miei pensieri rivolti a Katherine.
-Lo so. Quel tizio si sarà confuso, avrà preso una svista…o semplicemente era appena scappato dal manicomio! Ma ti prometto che lo troverò. Sono qui per te, leprotta-
Accennai un sorriso, una parte di me rimaneva fredda davanti alla vulnerabilità della ragazza, ma un'altra parte mi diceva di proteggerla, e di stare con lei. Portai una mano sul suo viso, un contatto molto dolce.
-Elena…bevi, ti farà bene.- le porsi un pò d'acqua, cercando un contatto visivo con lei di continuo.
Elena sporse appena le labbra sul bicchiere, bevendo solo un sorso dell’acqua che le avevo dato.
-Ho…bisogno di pulirmi- mormorò.
Le indicai con un cenno la porta del bagno –E’ tutto tuo-
Lasciai che si alzasse da sola, sebbene tremante, e si chiuse oltre la porta del bagno.
Ascoltai il suono dell’acqua che riempiva la vasca da bagno.
Sapevo perfettamente che Elena non stava bene e ricordava fin troppo di quello che avrebbe dovuto. Non sapevo ancora bene chi l’avesse aggredita, nonostante mi fossi scontrato con il suo assalitore, ma se quel vampiro l’aveva chiamata Katherine, faceva di certo parte anche del nostro passato.
Avrei dovuto occuparmi prima di Elena.
E avrei dovuto farlo in fretta, a giudicare dall’urlo immane che cacciò dal bagno.
-Mi ha morsa!-
Irruppi nella stanza Elena era di nuovo in pericolo?
Era sola, terrorizzata, e aveva fatto cadere acqua per terra.
Senza pensarci due volte, mi avvicinai a lei, e lasciai che si appoggiasse a me, mentre presi l'asciugamano più vicina che avevo.
Dovevo ammettere che non guardarla fu davvero arduo.
E che...non mi aspettavo tutta questa confidenza. Qualcosa dentro di me, mi rendeva iperprotettivo nei suoi confronti.
-Elena! Che succede?!- sbottai, preoccupato. Quel tipo non poteva essere entrato, sebbene ci fosse una finestra che dava sulla strada. Era un vampiro, non un koala che si arrampicava sugli alberi. 
Non a caso avevo scelto uno dei piani più alti.
-Vieni, copriti…- feci con un sussurro, avvolgendo le sue spalle coprendola completamente.
"Mi ha morso" ecco cosa aveva detto.
Per fortuna, sapevo essere evasivo con le parole, e sicuramente non le avrei detto la verità.
La mia lepre era piuttosto impaurita...oh, ed ero io a tenerla in salvo, proprio io. 
Nemmeno io sapevo che potessi fidarmi così di me stesso.
La aiutai ad uscire dalla vasca, coprendola in modo da non mostrare oltre di quello che già non avessi visto.
-No-
Elena mi spinse via da lei, muovendo passi incerti nella stanza.
-Quell'uomo. Noah- disse il suo nome ad alta voce, quasi a voler confermare la sua esistenza.
Noah.
Questo nome non mi era nuovo…
-Lui.. non poteva essere più veloce di me!- gridò, passandosi una mano tra i capelli.
Oh, si che poteva Elena.
-Lui...-
Elena tacque un attimo, ricordando non so cosa.
-...mi ha morso…sul collo- disse guardandosi allo specchio e cercando una traccia del suo morso.
Ma non...c'era nulla. Nulla che il mio sangue non avesse già guarito.
Ma Elena non sapeva neanche questo.
-No..- scosse la testa-...lui mi ha morsa...lo so!-
Finalmente si girò verso me -Tu non...tu non dovresti essere a Chicago! Come hai fatto ad arrivare qui? Perchè?!-
Parai le mani in avanti, facendole cenno di calmarsi, ancora una volta. Ma quel nome che adesso era venuto fuori... non mi era affatto sconosciuto. L'avevo già sentito da qualche parte.
Per un attimo mi pentii di aver piantato in asso Stefan..forse sapeva cosa fare.
-Lo so, ascoltami Elena..-
Tentai di aggrapparmi a qualcosa, prendere tempo, in modo che Elena mi fornisse più dettagli riguardo al predatore. 
Ma nemmeno lei sembrava saperne di più.. e forse era il momento di modificare i suoi ricordi e tranquillizzarla una volta per tutte.
-Sono qui per caso, ero venuto a trovare uno zio che non vedevo da tempo. Tu hai bevuto troppo, un ladro ha cercato di derubarti, ma sono intervenuto in tempo. Sei svenuta, ed hai battuto la testa, sei solo un po' confusa- 
Fissai i suoi occhi, prendendola delicatamente per le spalle, non c'era altro modo oltre alla compulsione, per calmarla.
Lasciai scivolare la mia mano sul suo viso.
-Un ladro ha cercato di derubarmi e tu sei intervenuto in tempo- ripetè fissando i miei occhi, puntati nei suoi.
-Mi hai...salvato la vita - mormorò mentre sentivo il suo cuore pompare sangue più velocemente.
I nostri occhi restarono incastrati per un lungo istante, non mi ero reso conto che la mia mano si era intrecciata alla sua in un modo di cui non mi ero accorto, fin quando lei stessa si rese conto di essere ancora bagnata e avvolta da un asciugamano legato alla bell’ e meglio intorno al suo corpo.
Arrossì -Devo...rivestirmi-
-Si, già…-
Distolsi subito lo sguardo da lei, e con fare risolutivo, uscii dal bagno. 
Richiusi la porta alle mie spalle, quando mi ci appoggiai a malapena. Perché quella ragazzina mi faceva uno strano effetto? Era uguale a Katherine, eppure...non pensavo a lei quando Elena era con me.
Decisi di aspettarla fuori, perlomeno ero riuscito a calmarla, e svuotando la tasca della mia giacca, ne tirai fuori una boccetta con del bourbon. Ne portavo sempre un po', quando ero lontano da casa.
Spostai la tenda che copriva un finestrone immenso, che si affacciava sulla grande città ventosa. 
Mi persi tra le luci della città, pensando a quanti misfatti avevo fatto li...eppure questa volta, ero qui per salvare qualcuno.
Scossi la testa, dando un altro sorso alla mia bottiglia...Elena per ora era al sicuro, ed era anche tranquilla.
Non avrei potuto cancellarle il ricordo totale di Noah, o non l'avrebbe riconosciuto in futuro se fosse tornato...sarei venuto a capo di questa storia.

 

Elena’s Pov.

 

Non potevo rimettere i jeans e la giacca che avevo prima. Erano sporchi...e non avevo intenzione di rimettere quei vestiti.
Indossai solo la mia maglietta, fortunatamente più lunga del normale, e mi sarei ficcata sotto le coperte.
Non volevo andare via ora.
Aprii piano la porta, la stanza era in penombra. Damon guardava fuori dalla finestra oltre la tenda.
Mossi piano un passo verso il letto, scostando la coperta e infilandomici sotto.
Damon non si era voltato verso di me, forse per rispetto...?
Nessuno di noi due disse nulla.
Io volevo dormire, ma non ci sarei riuscita.
Voltai la testa verso di lui.
-Parliamo di qualcosa...?- gli chiesi esitante -Se no....continuerò a pensare a quello che é successo. E...non voglio –
Damon voltò appena la testa verso di me.
-Parliamo di qualcosa...- ripetè a sua volta.
Scosse la testa appena, sorridendo. Distolse lo sguardo dal finestrone, e si diresse in direzione del letto.
-Potrei dirti che ho prenotato la stanza di fianco, e che invece...- si lasciò cadere sul letto, stendendosi accanto a me.
-..c'è una piccola rompiscatole che nel cuore della notte vuole parlare-  fece con una punta di sarcasmo, fissando il soffitto.
-Scherzo. Spero sia di tuo gradimento, l'hotel...io francamente, ne ho visti di migliori-
Mi girai a guardare il soffitto anche io. Persino al buio, la pittura era meravigliosa.
-Io credo che...sia davvero bello. E per una città tetra come Chicago é un complimento -
Sentii lo sguardo di Damon posarsi sul mio viso e girai la testa nella sua direzione.
-Io e le mie compagne dormiamo in una mezza pensione con le finestre senza para spifferi. E in una città come questa...ti lascio immaginare come possa essere-
Damon accennò un sorriso, facendo sorridere anche me.
Poi abbassai lo sguardo.
-Non se ne sono accorte - mormorai con voce meno allegra -Che non ero con loro. E nemmeno adesso...domani mattina abbiamo un'altra gara…e loro non si sono accorte che non ci sono-
Ne Caroline, ne Bonnie...nessuna telefonata. Insomma, con un letto vuoto in stanza sarebbe dovuta partire almeno una telefonata...
-Non sanno niente-
Damon mi osservava, ascoltando ogni mia parola. Forse mi trovava una stupida sentendomi parlare cosi…
-Beh, saranno state felici di essersi liberate della rompiscatole del gruppo! - ridacchiò, prendendomi in giro, mentre lo guardavo accigliata. 
Come immaginavo.
Poi il suo sguardo si fece appena più serio, mentre pensava a chissà cosa.
-..andiamo rompiscatole, dormi adesso- tagliò corto all’improvviso.
Sporsi il broncio, anche se dal tono tagliente che Damon aveva usato capii che stare a parlare con una ragazzina nel cuore della notte non era quello a cui aspirava quando mi aveva portata in quel posto.
-Va bene- mormorai.
Sperai che mi tenesse compagnia un altro po', ma queste erano cose che piacevano alle ragazze non a...lui.
Mi girai dal fianco opposto al suo, quando, dopo qualche minuto, il mio telefono, poggiato sul mobile di fronte al letto, iniziò a vibrare.
Mi sfilai le coperte, sentendo l'aria fredda stuzzicarmi le gambe e i piedi nudi.
Il nome "Bonnie" troneggiava sullo schermo.
Non riuscii nemmeno ad aprire bocca che delle voci agitate mi stordirono.
-Siamo rientrate convinte che tu guidassi il tram perchè eri l'unica sobria in mezzo a noi!- sentii gridare Bonnie -Stavamo addirittura ridendo immaginando che scendessi dal tram facendo un avvitamento carpiato come nella coreografia di domani!
E' passata più di un'ora e ci siamo rese conto che la nostra ginnasta e migliore amica non è ancora tornata! E non sappiamo se chiamare la polizia o...o i CSI! Se sei un rapitore o cosa...pagheremo qualsiasi riscatto! Oppure...oppure ridacci Elena solo domani per la gara, pagheremo il riscatto dopo domani è un compromesso! Ok…ok, questo non so perchè l'ho detto..-
Scoppiai a ridere, sentendo Bonnie farneticare cose inutili quando beveva troppo.
-Chiederò al mio rapitore se la storia del prestito gli va bene!- risi.
-Elena!- sentii anche Caroline e Bryanna -Dove sei finita?!Stai bene?!-
-Si, si...sto bene- dissi muovendo la gamba a destra e sinistra -Ho...ecco. Ve lo racconto domani, ok?-
-Cosa?!? Scompari e ci racconti questa balla?!-
-Sto bene, ok? Sono certo meno ubriaca di voi! Sarò da voi prima di uscire dalla pensione!-
Prima che potessero controbattere, chiusi la chiamata.
Tirai un lungo respiro, dimenticando quasi che Damon era steso sul letto di fronte a me e io con una misera maglia addosso.
-Le farò bere di meno la prossima volta-
Damon si alzò, girando per la stanza e prendendo una fiaschetta dal comodino accanto al letto.
-E tu? Non bevi?- domandò sorridendomi -O forse sei solo la brava ragazza del gruppo- 
-E' ovvio che sono la brava ragazza- dissi in tono vispo, quasi contenta che Damon si fosse alzato dal letto e stesse di nuovo parlando con me.
-Sono quella che se andiamo alle feste riporta sempre le amiche a casa. E anche se bevo non mi ubriaco. Serve sempre che qualcuno resti sobrio e vigile...e io ho preso quel posto- dissi quasi in tono fiero.
Damon si versò in un bicchiere quel liquido di non so cosa, continuando a guardarmi senza smettere di sorridere.
-Ho qualc..- “..cosa che non va?", stavo per chiedergli. Poi ricordai che essere con un "amico", e dormire semisvestita in un hotel fuori città non era una cosa proprio normale.
Gli occhi di Damon saettavano dal mio viso alle mie gambe.
-...non mi guardare!- esclamai parando le mani sui suoi occhi, in modo da non fargli vedere altro.
Lo sentii imprecare, ma tenni le mani premute sul suo viso -Fa finta di essere cieco!-
-Di questo passo lo sarò sul serio, mi hai infilato le dita negli occhi!- disse con tono di rimprovero, ma allo stesso tempo divertito.
Riuscii a scostare le mie dita dal viso, e dal suo sguardo intuii che quello che vedeva non gli dispiaceva affatto.
Tornò a guardarmi sorridendo maliziosamente, per poi sorseggiare ancora un po' di rum. L’odore era quello…
-Sbaglio o sei imbarazzata? Scommetto che c'entra il mio fascino- fece beffardo -..racconterai a tutti del tuo affascinante rapitore!- 
Lo guardai infastidita, ma nulla dei miei gesti sembrò toccarlo minimamente. Da persona galante avrebbe dovuto dire "Elena, prendi la mia camicia, ti copre di più" o "Non preoccuparti Elena, non ho visto nulla!"...
....poi scoppiai a ridere come un idiota.
-Si, Damon- feci in finto tono melodrammatico senza smettere di sorridere -Il tuo fascino e la mia semi nudità mi hanno colto totalmente alla sprovvista!-
Si, ero in imbarazzo. Ma non potevo drammatizzare di più questa situazione.
-Dirò che il mio rapitore é un pervertito ubriacone- lo rimbeccai con lo stesso tono che usava lui con me. Flirtavamo? non flirtavamo? Era divertente…
-Ehi, attenzione a come usi le parole!- fece con finto tono offeso, ma in realtà sembrava divertirsi anche lui
-Sai cosa ti converrebbe fare? Una bella dormita. Hai osato offendere il tuo rapitore, che per giunta ti ha anche salvato la vita. A quanto pare sei in vena di...chiacchierare- disse con tono ovvio sorridendomi, mentre si accingeva a prendere la giacca.
-Non penso che ti piacerebbe dormire accanto a me, quindi ho preso una stanza qui di fianco- 
Alzai le braccia. Non serviva insistere una seconda volta. Damon non sarebbe rimasto oltre con me. Lo avevo già trattenuto oltre insieme a me per paura che mi succedesse qualcos'altro.
Ma ero al sicuro.
-E va bene- dissi alzando gli occhi al cielo -Mi hai già assecondato abbastanza, lo so. E non ero cosi logorroica da...tempo-
Mi stupii io stessa di quanto fossi riuscita a parlare in quel momento, non ero cosi loquace nemmeno con le mie amiche. Non più ormai.
Sospirai, quasi stupita.
-Beh...buonanotte- dissi girando le spalle rivolta verso il letto.
Sentii la porta aprirsi, quando girai la testa di scatto.
-Damon-
Lui si girò a guardarmi.
Mi morsi il labbro. Mi sentii stranamente agitata -...grazie. Per stasera-
Damon mi sorrise, rimanendo per un attimo sulla porta.
-Figurati, non metterti più nei guai, ok?- mi disse affettuosamente, poi richiuse la porta.
Mi misi a letto colta da un insolito buon umore.
Non mi sentivo cosi protetta da tanto tempo.

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Speriamo che l'attesa non sia stata troppo lunga. Un capitolo cosi lungo non era facile da revisionare, soprattutto con due teste che scrivono.
L'azione è arrivata, e il passato di Damon (e Katherine) è saltato fuori.
Avevamo accennato che Noah era un personaggio già noto ai più, e tende una trappola a Elena, incontrata a Chicago.
I fratelli Salvatore non sarebbero certo rimasti a casa dopo una notizia del genere.

C'è una svolta nel rapporto tra Damon e Elena, una svolta che sarà approfondita nei capitoli successivi.
"Another hole in the wall" (lo spunto è dalla canzone dei Pink Floyd con una parola cambiata) significa "Un altro buco nel muro".
Ci è piaciuto definire "muro" quello che Damon prova nei confronti di Elena, che vede(va) essenzialmente come la copia di Katherine e un "mezzo" per ferire Stefan.
Ma corre a salvarla, per una ragione ignota lui lo fa.
E questo è solo l'inizio.
Grazie a tutti, come sempre :)

  
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