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Autore: Blue Sunshine    11/06/2015    1 recensioni
Emma è rilegata nella razionalità che il padre le ha sempre costruito intorno.
Le ha cucito nel cuore quella sicurezza che la rende una forza della natura.
Lei, ha imparato da subito cosa fosse male e cosa fosse bene.
Nella compostezza del suo essere, Emma è normale.
Magari un po’ più forte, un po’ più sicura, un po’ più spavalda.
Evita ciò che cataloga come sbagliato, e abbraccia solo ciò che è sicuro, palpabile, evidente.
Emma Harrison e il suo ordinato mondo.
Ma lui è sbagliato. Eppure, Emma non lo scaccia.
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IN REVISIONE
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Stravolgimi il domani

Portami in alto come gli aeroplani .
 

Charlie si guardò intorno cautamente, attento che il suo respiro non tradisse l’ansia che stava provando. Era andato in quel posto più volte di quanto avesse mai voluto e quando aveva ricevuto l’ennesimo messaggio anonimo con l’ordine di recarcisi nuovamente, per la prima volta, si era chiesto se stesse davvero facendo la cosa giusta. Non poteva negare che, ogni notte, gli occhi della moglie lo torturassero in incubi tremendi dominati da urla disumane e che, da due mesi a quella parte, si erano aggiunti quelli uguali ai suoi della figlia. 

-Fermo- la voce della persona che lo stava conducendo in quei corridoi bui lo fece tornare alla realtà, mentre il rumore di passi strascicati giungeva dall’angolo che dovevano svoltare. Si trovavano in una prigione o in un labirinto?

-Ci penso io- disse ancora l’uomo, sistemandosi la camicia, svoltando e sparendo alla vista di Charlie. Lui, dal canto suo, si appiattì contro la parete, alzando gli occhi al soffitto. 

-Josh, ho bisogno che tu porta Wilson nella stanza degli interrogatori. Devo scambiare quattro chiacchiere con lui- 

-Certo Adrian- Charlie sorrise al maresciallo che, sospirando, lo raggiunse di nuovo. 

-Possiamo continuare- disse semplicemente, dandogli le spalle. Camminarono in silenzio per altri pochi secondi poi Adrian si fermò davanti ad una porta semiaperta e, dopo un’ultima occhiata nei paraggi, la spalancò. 

-Come ci si sente a tradire la giustizia, maresciallo Brown?- ma non seppe mai la risposta perché una voce lo chiamò dall’interno. 

Non appena fu dentro, la porta si chiuse alle sue spalle e Charlie si trovò nella cella di James Evans.  Era seduto a un tavolo, con la sigaretta sempre alla mano e un cestino di frutta fresca davanti. Gli fece cenno di accomodarsi, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni un coltellino. Charlie sogghignò appena, sedendoglisi di fronte. 

-Da quando un detenuto può tenere un’arma con sé?- 

-Ma io non sono un semplice detenuto, mio caro Charlie- 

-E chi meglio di me lo può sapere- i due risero appena, mentre James prese una mela dal cestino, iniziando a sbucciarla con calma. Charlie deglutì, sebbene si trovasse insieme al suo vecchio amico di infanzia. 

-Allora, che novità mi porti da fuori?- poggiò la sigaretta sul posacenere e iniziò a gustarsi il frutto, guardandolo poi negli occhi. Charlie si sentì trapassato, come sempre, da quello sguardo così gelido e, come d’abitudine, scelse di non guardarlo, puntando gli occhi sulle sue mani intrecciate sul tavolo. 

-Ottime, direi. Lo scambio è avvenuto senza nessun problema. Gli italiani hanno preso il carico e Mark si è occupato del recupero del denaro. Lo abbiamo contato e diviso, come hai detto tu, in due parti. Una parte è nel mio conto in Svizzera, l’altra ancora nascosta a casa tua e ho ricevuto notizie di Damon proprio ieri: abbiamo un contatto per comprare altri chili di droga- fu interrotto da un gesto di James, che gli sventolò la mano davanti.

-Ma queste cose io già le so, mio caro amico. Damon è mio figlio e come hai potuto tu stesso constatare, i divieti qui per me non ci sono e posso parlarci quando voglio- si interruppe un momento, aspirando di nuovo il fumo dalla sigaretta- io voglio sapere che cosa succede riguardo l’omicidio di tua figlia- Charlie sbuffò, alzando le spalle. 

-Tutto come previsto. Il commissario Harrison ci è cascato con tutte le scarpe e Malik è stato ritenuto colpevole. A giorni dovrebbe esserci l’ultima udienza dove il giudice annuncerà l’ergastolo-

-E Styles?- 

-Forse è l’unico che potrebbe recare qualche problema, insieme all’avvocato del ragazzo. Ma stiamo cercando di risolvere tutto-

-Come?- Charlie sorrise, poggiandosi contro lo schienale della sedia e allungando una gamba. 

-Penso che tu abbia una risposta a questo quesito- disse solamente, scettico. 

-Oh, ma io voglio sentirlo da te- Charlie scosse la testa lentamente, per poi sospirare e tirarsi su, mettendosi ritto e con il viso poggiato contro le mani intrecciate. 

-Damon. Abbiamo deciso che sarà lui a ucciderlo- 

-Voi avete deciso?-

-Tu- ribatté, alzando nuovamente gli occhi al cielo. James si ritenne soddisfatto e addentò l’ultimo pezzo di mela, stiracchiandosi. 

-Credevo che quella famiglia avesse capito di non doversi intromettere nei miei affari. Non pensavo che dovessi decimarla per farglielo comprendere- 

Charlie e James trascorsero altri venti minuti parlando del contatto che Damon aveva trovato per loro tutti ma un colpo alla porta della cella li fece interrompere. 

-Il tempo è scaduto, devi andartene Charlie- e lui si alzò, allungando una mano verso l’amico. 

-A presto Burattinaio- 

-A presto, amico mio- e quando le loro mani si strinsero,i mille dubbi che talvolta investivano Charlie scomparvero: gli piaceva quella vita. Quando stava oramai nei pressi della porta, la voce di James lo fermò di nuovo. 

-Un’ultima cosa, Charlie- lui lo guardò, attendendo. 

-Mia figlia.- 
 

 

-Che cosa ti è successo al viso?-

-Ti sei ricordata per caso che quest’anno devi prendere il diploma?- Niall le diede le spalle, chiudendo l’armadietto con un colpo secco e iniziando a camminare velocemente. Emma recuperò di corsa i libri che le servivano e gli corse dietro, fermandolo da una spalla. 

-Ti ho chiesto che cosa hai fatto alla faccia- gli sibilò a un nulla dal viso, guardandolo fisso negli occhi, quegli occhi che tante volte erano stati il suo appiglio personale; ma essi la fuggivano, tentando in ogni modo di non posarsi sulla sua figura, più oscuri, più sfuggenti. 

-Niall- lui scosse solamente la testa, superandola senza aggiungere nulla. Emma chiuse leggermente gli occhi, tremando quando il braccio di Niall sfiorò il suo e in quel momento le tornarono in mente i momenti più belli che entrambi avevano passato insieme. Se si fermava a pensare alla vita fino a quel giorno, non poteva prescindere dalla presenza dell’amico: era sempre stato al suo fianco, con i capelli cenere al vento e mai pettinati, il sorriso sbarazzino ma sempre dolce, gli occhi mare, sempre confortanti, caldi, suoi. E sapeva che forse non avrebbe mai smesso di amarlo, perché Niall le era entrato dentro la pelle, scrivendosi fra le sue ossa, i suoi organi, i suoi respiri. Tutto ciò che c’era di vitale era legato a lui, a quel ragazzino impacciato che non le aveva mai detto di no, nemmeno quando lo aveva praticamente costretto a baciarla. E se anche in quel momento le aveva girato le spalle, negandosi, Emma non gliel’avrebbe concesso. Perché erano sbagliati insieme, ma erano lo sbaglio più giusto di questo mondo. Per questo gli corse di nuovo dietro, bloccandolo appena fuori la classe. 

-Tu non te ne vai finché non mi avrai ascoltato. E non te lo sto chiedendo- e finalmente Niall la guardò e forse, anche lui vide ciò che entrambi avevano negli occhi. 

-Ti prego- 

 

-Da quanto tempo è che non veniamo quassù?- Niall, sdraiato accanto a lei, le mani intrecciate dietro la nuca, sorrise. 

-Da troppo- Emma continuò a guardare il cielo azzurro, beandosi del vento che le rinfrescava il viso. 

-Ho sempre amato il tetto della scuola, è il mio rifugio- 

-Ci venivo quando ero triste, mi sdraiavo ad osservare il cielo e tutto tornava a essere colorato e questo perché guardare il cielo è un pò come guardare i tuoi occhi- Silenzio. 

-Perché mi dici queste cose?- la voce di Niall era leggermente più bassa e solo allora Emma si girò a guardare il suo cielo personale. 

-Perché è la verità e perché se ci siamo baciati un motivo c’è- 

-Dove vuoi arrivare, Emma?- 

-Io ti amo Niall- lui non si mosse- ti amo e potrei darti un centinaio di motivi del perché continuo a farlo anche se siamo sbagliati. Perché guardaci, insieme siamo una forza, ma uniti in una sola persona facciamo proprio schifo- lui continuava a rimanere in silenzio. 

-Ricordi qual è il numero che da bambini dicevamo quanto fosse brutto e sbagliato?- 

-Il 333, perché dicevamo che assomigliava a una processione di vermi- 

-Qual è il tuo numero fortunato?- 

-Il 33- il tono di voce era sempre basso, incerto, come se la stesse prendendo per una pazza e forse, in fondo, lo era davvero. 

-E sai qual è invece il mio?- vide chiaramente la consapevolezze prendere piede sul suo viso, tanto che Niall sorrise,mesto. 

-Il 3- concluse lui, distogliendo lo sguardo da lei per posarlo di nuovo sul cielo dove correvano, veloci, nuvole scure. Un temporale era in vista. 

-33 e 3. Insieme 333, il numero più sbagliato- fu allora che Niall si tirò velocemente in piedi, incastrando le mani fra i capelli. Emma si mise seduta, guardandolo mentre le camminava davanti, nervoso. 

-Ti rendi conto di quanto sia assurdo tutto questo? Stai tentando di spiegarmi che non andiamo bene insieme basandoti su uno stupido ricordo di quando eravamo bambini- la guardò, scuotendo la testa. Quel Niall, non lo conosceva affatto. 

-Dio Emma, faresti prima a dirmi che non mi ami, che ti sei stufata di avermi sempre in mezzo e che vuoi stare con quel criminale piuttosto di montare tutta questa schifezza- Emma si irrigidì, guardandolo a bocca aperta. D’un tratto, le era tutto chiaro: l’assenza di Niall, le chiamate senza risposta, il naso tumefatto. 

-Niall- ma lui non le diede il tempo di aggiungere altro. 

-Emma, so che io la mia possibilità ce l’ho avuta e non sai quanto vorrei tornare indietro nel tempo per rispondere a quel bacio, per stringerti a me come vorrei fare ora, renderti mia sempre e per sempre. E so anche che adesso non ho il diritto di venire da te e pretenderti perché sono stato stupido, eccome se lo sono stato. La verità è che anche io ti amo, dello stesso amore che provavi tu e non di un amore fraterno come ho sempre sostenuto in tutti questi anni- fece una pausa, durante la quale Emma non riuscì a ribattere nulla. Niall era la vita che aveva sempre sognato: un uomo intelligente e buono, sarcastico al punto giusto, capace di saper prendere la sua eccentricità, la sua spensieratezza e la sua istintività; Niall era sempre stato il porto sicuro, la mano che non ti avrebbe mai abbandonato, l’uomo trasparente e limpido ma che possedeva quella parvenza di misteriosità e ineffabilità proprio là, in un angolino della sua iride blu, in mezzo a quell’oceano di emozioni, sentimenti e sensazioni che aveva al posto degli occhi. Niall era una vita comoda e serena, ma anche passionale, lussuriosa, vietata. Bastava allungare una mano e afferrarlo: lui glielo avrebbe permesso. Innanzi a un bivio, Niall era la scorciatoia fatta di un sentiero di rose profumate, che all’apparenza le sfioravano piacevolmente le piante dei piedi, ma in realtà con il loro profumo potevano stordirla al punto di condurla ovunque. Questo ovunque, però, sarebbe stata la felicità? Emma una risposta non l’aveva, perché sentiva di amarlo ma non era il sentimento travolgente che l’aveva scombussolata nel corso di quegli anni; finalmente riusciva a guardare quel mare blu con una tacita sensazione di pace e non di tormento interiore. Forse perché Emma, un altro uragano che l’avrebbe distrutta l’aveva trovato in uno sguardo più sfuggente. 

-Hai incontrato Zayn?- e Niall capì ogni cosa, lui non era stupido. Almeno, non lo era quando tentava di capire la ragazza che aveva davanti: anche se non era sua intenzione, Niall riusciva a carpire ogni suo stato d’animo. Per questo pianse, forse, per la prima volta davanti a lei perché Emma era diventata finalmente una donna e non aveva scelto lui. 

-Non ha più importanza Emma, ora ho capito davvero- e non ci furono bisogno di altre stupide, futili parole. Se lui diceva di aver capito, gli credeva. Niall aveva sempre capito tutto di lei. 

-Mi dispiace così tanto Niall- lui scosse la testa biondiccia, disordinata come lo era la sua anima che scalpitava da quando Emma aveva pronunciato quel nome, in quel modo. 

-Ti amo davvero Emma-

-Non mi lasci, vero?- ma questa volta, Niall non le avrebbe risposto.
 

 

Harry giocherellava con il ciondolo a forma di  cuore, ammaccato, su cui era incisa l’iscrizione Clare. Nei giorni seguenti, il caso Malik sarebbe stato del tutto risolto e quindi archiviato e il ragazzo sarebbe stato punito con l’ergastolo, scontando la sua pena per il resto della sua vita. Aveva fatto di tutto affinché non si arrivasse a questo punto, ma aveva schifosamente fallito. Aveva imboccato molte strade che si erano poi scoperte essere vicoli ciechi, inutili all’avanzamento delle indagini. Almeno questo erano agli occhi della legge britannica ma lui sentiva che quelle piste, in qualche modo, fossero collegate fra loro e portassero effettivamente a qualcosa di vitale. I testimoni che avevano ritrattato, sostenendo di aver visto chiaramente Zayn con in mano un coltello, una volta entrato dentro la casa dove sapeva non esserci telecamere; Zayn ubriaco, quando l’avvocato Tomlinson aveva espressamente mostrato da alcune analisi cliniche che il giovane non poteva toccare nessun genere di alcol, rischiando la vita se lo avesse fatto; il modo in cui Zayn non aveva lasciato il corpo della ragazza nemmeno un momento, facendosi trovare ancorato a lei anche all’arrivo della polizia, e che l’avvocato Lyn aveva spiegato con un evidente disturbo della personalità del ragazzo. E poi il padre della vittima, tanto addolorato quanto quasi del tutto indifferente al caso della figlia. Ma non poteva che affiancare dei se e dei ma, accanto a delle prove concrete che proprio non riusciva a spiegarsi: la compatibilità con le impronte digitali ritrovate sull’arma del delitto e le immagini delle telecamere che ritraevano un’impetuoso Zayn varcare la soglia di casa Smith. Immerse le mani fra i ricci scuri, sospirando e chiudendo gli occhi. Si stropicciò le palpebre chiuse e, riaprendole, fece sfilare lo sguardo sulla fotografia mezza bruciata che aveva recuperato insieme al ciondolo: James Evans, assassino di sua madre, nel fiore della sua attività. La foto lo ritraeva, sorridente, davanti a un tavolo pieno di denaro e al suo fianco, un bambino lo abbracciava, arrivandogli a stento alla vita. Ma proprio il resto della foto, mancava. Il suono del suo cellulare lo fece distrarre da quel disegno complicato che aveva marchiato in testa e non riuscì a trattenere uno sbuffo, quando lesse il nome di Hollie sullo schermo.

-Hollie- 

-Amore- capì immediatamente che qualcosa non andava, dal tono cadenzato che la sua ragazza aveva.

-Che succede Hollie, stai male?- la sentì tirare su con il naso, singhiozzando liberamente e senza freno. 

-Mi hanno licenziata, Harry. Il capo del bar mi ha sbattuta fuori- Harry sospirò, sentendosi da una parte sollevato. Capendo poi la situazione complicata di Hollie, cercò una spiegazione a quel licenziamento lampo. 

-Perché ti hanno cacciata? Non avevi un contratto legale?- al silenzio che venne dall’altro capo, Harry scoprì che forse lui non era l’unico a essere bugiardo. Scosse la testa, perché quella era un’altra cosa e davvero, era assai colpevole. 

-Hollie?-

-Mi dispiace Harry, davvero. Avevo un’impellente bisogno di lavoro, lo sai bene. Con le spese mediche per mia mamma e questo lavoro era perfetto. E’ solo che stamattina ho scoperto il proprietario baciare una donna che non era affatto sua moglie e lui mi ha vista e senza altri giri di parole, mi ha strappato il contratto e mi ha intimato di non avvicinarmi più a quel locale- altri singhiozzi non le permisero di continuare ma Harry, non la stava più ascoltando. A bocca aperta, fissava un punto preciso della scrivania, dove solo fino a qualche ora c’era un fascicolo che avrebbe potuto cambiare le sorti dell’intera indagine.

-Amore, scusa devo proprio scappare. Ci vediamo stasera a cena da me, va bene?- ma non le diede il tempo di aggiungere altro, che attaccò. Harry si alzò in piedi velocemente, torturandosi il labbro con le dita, graffiandosi con le sue stese unghie. Si immobilizzò al centro del suo ufficio, osservando stupito il ciondolo abbandonato sulla foto. Il magazzino saltato in aria era collegato in qualche modo all’omicidio di Emily Smith; e lo stesso identico giorno, loro erano stati chiamati per il ritrovamento di un cadavere nel casolare lì vicino. Il cadavere di Ken Mcartey , uomo settantasettenne … pensionato? Era sicuro che sul verbale fosse esplicitato insieme al fatto che sua moglie avesse notato un cambiamento in lui dopo la suddetta pensione. Ritrovato morto dopo appena cinque giorni dal termine del suo lavoro. Inserviente? Harry si schiaffeggiò la fronte, uscendo dall’ufficio e incamminandosi a passo spedito verso l’archivio. Se quello che ricordava era giusto, l’omicidio del signor Mcartey era un’ulteriore fatto da canalizzare sulla scia del delitto Smith. 

 


Liam non era mai stato un uomo debole. Sensibile sì, forse anche ingenuo. Ma in tutto ciò che faceva, lottava con i pugni e con i denti, non abbandonava mai il sorriso; piuttosto si rimboccava le maniche, ed intonando un motivetto carino e orecchiabile, abbassa il capo e lavorare, non accorgendosi di quanta influenza avesse nelle persone che lo circondavano e che lo seguivano nella sua allegria. Per questo Rose, a circa un mese dalla permanenza a Bradford, voleva tornarsene a casa, mettendo quanti più chilometri possibili fra la sua famiglia e quel posto pieno di morte e dolore. Helen aveva ripreso il carattere placido e spensierato del padre, ma non poteva negare che lei stessa l’aveva vista spegnersi giorno dopo giorno, ed era solo una bambina di due anni che seguiva l’assenza e la tristezza di suo padre. Rose accarezzò la testa di sua figlia, che paradossalmente sonnecchiava sulle sue gambe. Non aveva mai amato dormire il pomeriggio, anzi era il momento in cui si scatenava di più. E proprio mentre baciava la pelle fresca e liscia della sua bambina, seppe che doveva essere proprio lei a salvarli. A salvarlo. 

 



 

Angolo autrice:
eccomi qui con un nuovo, scoppiettante capitolo. Allora, abbiamo molto di cui parlare. Prima di tutto abbiamo l'incontro fra Charlie, il padre di Emily, e il Burattinaio. Questo ultimo è in carcere ma, come si vede bene, non è toccato dai divieti degli altri detenuti. E' come se fosse ancora in libertà, continuando a manovrare tutto il suo gioco. E questo, a permetterglielo, è ... Esattamente Adrian, il maresciallo tanto caro! Sì, è proprio un traditore. Vediamo che nel dialogo, Harry viene nominato di nuovo. Cosa vorranno dal nostro bel riccio?
Poi. abbiamo un altro importante passaggio: lo scontro fra Niall e Emma. Devo precisare alcune cose: so che molti di voi tifano Zemma(orribile) ma mi sento di sottolineare che sebbene questo sia una specie di addio, tanto Niall quanto Emma sono davvero innamorati l'uno dell'altra. Ma è un sentimento particolare, dove è subentrare quella familiarità che compromette un amore. Povero il nostro Niall.
In terzo luogo, ritorna Harry, il principino intelligente, paladino della giustizia che proprio non accetta questo omicidio campato in aria. E dopo essersi scervellato per l'ennesima volta, sembra arrivare a uno snodo importante proprio grazie alla piagnucolona di Hollie (ops, non dovrei chiamarla così). 
Infine, abbiamo un piccolo scorcio sul sentimento di Rose: non vi sarete mica scordato dell'allegra combriccola Payne, che forse tanto allegra non è più ma dettagli lol
Ringrazio infinitamente le persone che continuano a seguire questo malefico labirinto che alcune volte inghiottisce anche me, le persone che hanno il tempo di lasciare una recensione ma anche tutte le lettrici silenziose. Un bacio enorme a tutti insomma e a presto con un nuovo capitolo. (sopra la bella Emma)
Sonia xx
  
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