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Autore: ronnieisnotonfire    14/06/2015    1 recensioni
Forse era così che doveva andare. Forse la sua vita doveva essere solo uno sprazzo di addii e lacrime dedicate a persone, solo una boccata di felicità ogni tanto per non morire, anche se lei voleva farlo. L'unica cosa che la teneva su quella terra come un'anima in pena era quel groviglio di stranezza e di illusioni che aveva dentro; ma Londi era un mutante, esseri tormentati dalla vita per avere ciò che altri non hanno, portatori di sofferenze che le persone normali non capivano, abituati ad uccidere, ma abbastanza umani da pentirsene per il resto della vita.
[AU xmen-mutant!5sos] (non è necessaria la conoscenza degli x-men per la lettura)
Genere: Azione, Fantasy, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 
Il viaggio di ritorno era silenzioso, potevo vedere il livido di Ashton dalla mia postazione, combaciava perfettamente con le mie nocche gonfie.
Non avevo parlato dopo quel sogno, mi ero rannicchiata sul mio lato del materasso singhiozzando in posizione fetale, avevo mandato ad Ashton il segnale di non avvicinarsi, lui aveva semplicemente rallentato con il pensiero il battito cardiaco; il suo sguardo apprensivo sulle mie spalle mi circondava e mi faceva crescere il rimorso.
Guidava trai fitti viali alberati, sfociando sulle autostrade vuote e infinite. Ero appoggiata alla portiera, i vestiti troppo grandi facevano entrare aria che mi creava uno spesso strato di pelle d’oca. Il silenzio rimbombava e di sottofondo qualche canzone triste sfrecciava senza lasciare troppo di sé, i miei pensieri mi soffocavano e avevo una sete tremenda.
Mi cadde l’occhio sulle borse tenui sotto agli occhi di Ash, poi guardai attentamente la sua mandibola serrata, il leggero strato di barba continuava ad aumentare, così come le grida che avevo dentro.
Si voltò verso di me giusto un secondo per osservarmi, alzò un angolo della bocca, malinconico. Presi in mano le mie abilità, fermai il tempo, lo feci scorrere così lento che potevo sentire il rumore del ticchettio leggero dell’orologio naturale.
-Ashton, mi, mi dispiace.- la mia voce rimase piatta a causa delle lacrime addossate contro la mia barriera emotiva, pronte a buttarla giù solo per riportarmi al miscuglio di pazzia che ero.
-Londi, non devi scusarti, quando te la sentirai mi racconterai quello che ti ha scombussolato, non sono qui a tirarti in situazioni di costrizione, non sarei un vero amico se lo facessi.-
Lo fissavo, mi mordevo le labbra per ricacciare indietro le lacrime, nonostante il tempo lento Ashton teneva le mani sul volante cautamente. Con la mente lo pregai di guardarmi dritto negli occhi, perché solo lui mi infondeva la cura del male; lui per me era quel tipo di amore che non capisci finché non ci sei dentro, l’amore che ti infonde forza nei momenti peggiori, ma senza bisogno di possedersi, la nostra era un’unione spirituale, eravamo più che fratelli, più che migliori amici. Eravamo due facce della stessa medaglia che quando rimanevano separate si sentivano solo metallo senza funzione.
Continuava a guardare avanti, con le mani salde sul volante, con prepotenza misi la mia mano sulla sua, le guance grondanti di lacrime. Si voltò con tanta lentezza verso me che pensai di aver rallentato anche lui.
Gli occhi nocciola si sciolsero e un sorriso malinconico baciò le sue labbra, una sua mano scivolò dietro alla mia nuca avvicinandomi alla sua fronte, mi ci appoggiai facendole combaciare. Chiusi gli occhi beandomi del contatto, dolci onde di calma si diffusero in me.
-Ti prometto che tornerà tutto normale, Londi, vinceremo la battaglia contro il mondo e torneremo a sorridere, ce la faremo, insieme.- sottolineò l’ultima parola allontanandosi, stringendo saldamente la mia mano. Feci tornare normale la scorrevolezza del tempo e il silenzio tornò tra noi, ma più leggero e respirabile.

Quando partì “Welcome to the black parade” dei My Chemical Romance, una delle nostre band preferite senza troppi problemi cominciammo il solito canto appassionato, biascicando qualche parola persa nella tortuosa strada della memoria troppo piena.

“When I was a young boy, 
My father took me into the city 
To see a marching band.

He said, "Son when you grow up, 
would you be the savior of the broken, 
the beaten and the damned?" 
He said "Will you defeat them, 
your demons, and all the non-believers, 
the plans that they have made?" 
"Because one day I'll leave you, 
A phantom to lead you in the summer, 
To join The Black Parade."”
 
Iniziammo a cantare anche la parte musicale imitando batterie, chitarre e addirittura il basso.
Un po’ ci eravamo sempre sentiti parte della Black Parade versione per mutanti. Alla fine era sempre stato così, andavamo contro i nostri demoni per gli altri, abbandonati lo eravamo stati. Forse avevano preso spunto da noi per la canzone.
Le parole scivolavano via tra gli accordi decisi, noi andavamo dietro di loro come se fossimo i protagonisti del pezzo.

“To carry on 
We'll carry on 
And though you're dead and gone believe me 
Your memory will carry on 
We'll carry on 
And though you're broken and defeated 
Your weary widow marches 

On and on we carry through the fears 
Ooh oh ohhhh 
Disappointed faces of your peers 
Ooh oh ohhhh 
Take a look at me cause I could not care at all”


Il volume era così alto che mi sentì di nuovo la teenager sola e depressa che ascoltava tutta la vasta gamma di queste band rock/punk.

“Do or die, you'll never make me (We'll carry on) 
Because the world will never take my heart (We'll carry on) 
Go and try, you'll never break me (We'll carry) 
We want it all, we wanna play this part (We'll carry on).”


Terminai tenendo la voce più bassa, Ashton cantava in modo pazzesco e me ne ricordai solo allora.
Scoppiammo a ridere più forte della musica. Eravamo tornati i Londi e Ashton di 4 anni fa.
-Te lo racconterò, il sogno, solo non ora su questa macchina.- lo dissi liberandomi di un amaro peso depositato  più che sullo stomaco sul cuore. Avrei dovuto raccontaglielo presto, era un allarme innescato, solo che avevo bisogno di un momento adatto per liberare il mostro nella gabbia. Lo avrei fatto quella mattina stessa.
Posai le gambe sul cruscotto, per stare comoda.
-Ehi, ehi! Giù quei piedi! L’ho fatta pulire, sai?- mi disse Ash ridendo, ributtandomeli giù.
-Sì, ma io ho fame!- mi lamentai sbuffando. Viaggiavamo da 2 orette e era quasi ora di pranzo.
-Appena trovo un qualsiasi posto decente scendiamo a mangiare, per ora siamo dispersi in autostrada.-
-Ah, mentre tu non c’eri i My Chemical Romance si sono pure sciolti.- mi stuzzicò lui dopo.
-Non puoi essere serio. Non. Puoi.- mi aveva rovinato la giornata. Lo osservai seria e lui si mordeva un labbro per trattenere le risate per la mia reazione. In pratica ero saltata sul sedile. Annuì e si mise a ridere di me. – Lo hanno fatto solo perché non c’ero io, chidilo a Gerard Way.- incrociai le braccia al petto come una bambina.
 

Mezz’ora più tardi trovò una specie ristorante di quelli che vendono panini, ma non Mc Donald’s, quello non c’era quando serviva.
Presi i panini li portammo all’esterno dove una piccola discesa conduceva alle rive di un fiumiciattolo. Era così forte la contrapposizione tra l’asfalto mangiato dalle feroci macchine viaggiatrici e la natura che anche nella sofferenza del cambiamento rimaneva esageratamente bella.
Silenzio e acqua che scorreva erano tutto ciò che sentivamo.

-Succede sempre quando ci penso troppo, pensavo che fosse uno dei solito sogni causati dai ricordi soppressi.- presi un pezzo del panino e subito dopo sorseggiai la coca cola gigante che avevo preso. Ashton si voltò verso di me mentre faceva lo stesso, era abituato alle situazioni così, in cui sbottavo pensieri.
-Mi sono trovata sott’acqua, respiravo e camminavo, c’era una grotta, grossa e piena di coralli, appena entrata c’era un tunnel in cui il livello di acqua era minimo ed era come stare in superficie, così sono andata fino in fondo, era pieno di scheletri, cadaveri, cavi.- Fissavo il vuoto ricreando l’immagine del sogno stranamente indelebile.
-Poi sono arrivata in fondo e c’erano tre grosse botole di vetro, a misura d’uomo, tre corpi rivestiti di fili e tute termiche ci galleggiavano, era orrendo. In un primo momento non riuscivo a mettere a fuoco i visi, ma quando ci sono riuscita … - mi bloccai, osservavo il cibo, sentendo lo stomaco dentro di me stringersi in una morsa odiosa. Sentii il suo respiro pesante, ma nulla di più.
Non riuscì a parlare per un po’, per me fu un’infinità di tempo. Ashton seriamente preoccupato mi scosse. Alzai il viso sentendo le lacrime affiorare.
Erano loro, Ash, erano loro.- il mio tono era basso e incespicavo nel dolore con le parole bagnate dalle lacrime. – E mi sono avvicinata a quella di Calum, ci ho appoggiato la mano e l’ho osservato, era così bello; poi tutto ha iniziato a farmi impazzire: s’è svegliato di colpo, fissandomi in modo spaventoso, poi senza muovere le labbra era come se parlasse nella mia mente e mi diceva che era tutta un’illusione e che dovevo essere più intelligente di loro perché abbiamo questo collegamento e per ultimo tutto ha iniziato a fischiare, lui aveva le convulsioni e io urlavo il suo nome, poi ho sentito il peso dell’acqua mentre venivo trascinata fuori da quella caverna, mi tappavo le orecchie e scalciavo per arrivare in superficie e poi mi sono svegliata.- le lacrime interminabili, la voce rotta, il discorso detto tutto senza prendere fiato, la testa che gira e il respiro affannoso: sintomi di una mente distrutta dal dolore.
Mi rintanai con la testa tra le ginocchia, guizzi di scintille si aggiravano nel corpo. La mano di Ashton si posò sulla mia schiena, accarezzandola con delicatezza, infondendomi quiete e calmando il mio respiro.
-Ti era mai successo?- gli uscì con voce roca.
-No, in clinica mai, erano tutti flashback.- fissavo i sassi con cura, analizzandoli come se fossero qualcosa di fondamentale.
-Collegamenti celebrali deviati dalla stanza a pareti speciali.- borbottò Ash. – Dobbiamo subito tornare.-
-Posso prima finire di mangiare?- lo dissi con il boccone in bocca improvvisamente affamatissima.
 
 
Un pugno.
Un altro.
Altri 10.
Arriva a 30.
Il sudore non imperlava la mia fronte solo perché mi stavo sciogliendo lentamente.
-Perché tu i pugni non li tiri mai?- domandai senza fiato.
-Perché è più facile prenderli, tu fai troppo movimento, io devo solo tenere un saccone.- rispose Michael.
-Tanto ora tocca anche a te fare gli attrezzi.-gli risposi mentre mi asciugavo la fronte.
Mi misi all’attrezzo per i dorsali e cominciai a lavorare. Michael lavava sui bicipiti.
-Quindi che ti ha detto la strizzacervelli per il sogno?- mi domandò.
-Ha detto primo: di non credere ai sogni, non sono veri la maggior parte delle volte, potrebbero essere visioni causate da qualche mutante che vuole attaccarmi. Secondo: devo imparare a gestire i miei sogni, ma tu vai a capire che intende. Terzo: che con questo incidente mi guadagno più allenamenti e nessuna uscita settimana prossima. Mi tratta come se fosse mia madre, che cosa vorrà mai da me?- mentre parlavo ero passata alla cyclette.
-Probabilmente ci tiene, non credi? Sei qua da due anni, si è affezionata al tuo caso.- lo disse con nonchalance e mi colpì in modo negativo.
-Beh, non avrebbe dovuto.- risposi secca.-Tu mi credi?-chiesi in seguito
-Sinceramente?- si fermò a guardarmi.
-No per scherzo, scemo.- sputai acida.
-Sinceramente potrebbe avere ragione la dottoressa. Nel senso nemmeno Irwin era riuscito a salvarli, i ragazzi, i loro cuori erano fermi e Luke beh è un’altra storia. Non so quanto possa essere affidabile un sogno influenzato da così tanti flashback.- mi spezzai. Non mi credeva. Mi aveva esposto tutto con razionalità, capivo le sue ragioni e mi sentivo offesa.
-No che non ha ragione, Michael, io ero lì! Tu non sai come mi sentivo, stavo soffocando davvero, scalciavo davvero e ero libera di far tutto, tu non, non lo sai!- Saltai giù dalla bici e cominciai ad avviarmi verso lo spogliatoio a passi pesanti.
-Londi, calmati, non ho detto “Ha ragione e tu sei una matta che si sta inventando tutto”.- mi voltai bruciandolo con lo sguardo. Le scintille che esplodevano da ogni parte del mio corpo.
-Michael, vaffanculo.- e nemmeno sapevo perché correvo via piangendo dalla sua voce terribilmente preoccupata e dispiaciuta che mi richiamava indietro; tutto quello che feci fu chiudere la porta dietro di me, lanciare le scarpe contro al muro e urlare.
Lancia anche i pantaloni.
Ero indifesa. In intimo appoggiata a un muro di uno spogliatoio di una clinica per matti e respiravo tanto, troppo, così velocemente da far male.

Girava tutto.
Girava tutto e la visione di Luke che combatteva con tutto sé stesso contro a degli uomini vestiti dalla testa ai piedi di grigio mi annebbiò. Sentì il suo dolore mentre gli veniva somministrata una siringa di farmaci che lo avrebbero mandato in un coma farmacologico pesante. Si abbandonò al buio e anche io.

Era troppo per una giornata, così mi cambiai in fretta mentre flash continui mi tagliavano le azioni, facendomi scoppiare la testa. Me ne andai nella stanza muovendomi a scatti e sbandando come un’ubriacona.
Gli urli divennero insopportabili e mi gettai sul muro della stanza casuale in cui mi buttai, graffiandolo e poi lanciai la prima cosa che trovai per terra contro al vetro del muro candido. Non seppi nemmeno come ero arrivata così in fretta.
Le grida non cessavano, ero in trappola. Mi gettai nel letto e sperai di svenire.
Flash veloci e continui di dolore e sofferenza; grida e pianti accatastati in mezzo a sorrisi e risate dando un’aria tetra al buio in cui stavo vivendo.
 

Ero di nuovo lì, sott’acqua.
Il percorso lo ritrovai grazie alla linearità che avevano mantenuto l’edificio, un covo malvagio ideato con furbizia, insomma. Arrivai davanti ai tubi, ma stavolta li trovai vuoti.
Mi tremarono le ginocchia.
Mi si asciugò la gola.
Li avevano uccisi per colpa del nostro collegamento empatico?
Dei passi mi risvegliarono dalla paura dell’addio che non avrei sopportato di dover fare una seconda volta. Mi nascosi dietro a una specie di congelatore per corpi. Il contatto con il metallo freddo mi risvegliò i sensi.
-Quei ragazzi ora sono stati messi in una sala di riattivazione delle funzioni vitali, poi inizieranno con il processo d’acido.- parlò una delle guardie vestite completamente di bianco. Erano bassi, ma massicci. Avevano dei tridenti in mano, tanto per stare a tema con il fondale.
-Se solo non stessero dalla parte sbagliata proverei pena per loro.-
-Ho sentito che uno di loro è riuscito ad attivare un legame empatico e per questo è stato sigillato nella stanza speciale.-
-Sì, l’ho sentito anche io, quella notte infatti c’era stato uno sproporzionato movimento celebrale che ha influito sulle funzioni della struttura, almeno così mi ha detto Jerry.-
Suonò la sirena in qualche modo e mi sentì completamente allo scoperto.
-Il prigioniero 187, lo ha fatto ancora, sta subendo ripercussioni a causa della stanza e dello sforzo eccessivo.- tutti corsero nella direzione opposta a me. Lo sentì, il dolore. Fu forte, come un buco che partiva dai meandri della mia anima.

Mi trovai a correre prima nei corridoi tempestati di neutralità e poi, come un flash mi trovai in una stanza stretta, i muri evidentemente spessi e di plastica bianca lucida.
Guardai al mio fianco, sul pavimento gocce di sangue scendevano lungo un lettino. Sembrava un film dell’orrore.
Alzai il volto con paura e persi la vita vedendo la persona che amavo immersa nel dolore, con il sangue sgorgante dal naso, le vene che avrebbero potuto tagliargli le braccia in qualsiasi momento, affilate come coltelli.
-Calum!- mi trovai ad urlare accasciata sul suo corpo stremato. Le braccia erano pieni di buchi di aghi, l’espressione una volta sorridente bloccata in una smorfia dolorosa. –Calum, ferma la connessione empatica, potresti morire.- Ero disperata. Piangevo e tremavo come una foglia ormai secca, svuotata di vita
.
Calum alzò lo sguardo su di me, come se avesse appena notato che ero davvero io nella stanza.
-L, Londi, funziona.- sorrise e il sangue per poco non gli entrò in bocca. Sentire di nuovo la sua voce senza barriere se non lo sforzo mentale eccessivo mi diede una sincera speranza. Lo pulii delicatamente con le maniche del maglione verde e lo guardai. –Il contatto funziona anche qui.- affermò afferrando con la mano la mia coscia, la cosa più vicina che aveva.
-Stai facendo tutto questo per vedermi?- gli accarezzai il volto centro volte più magro di quando lo avevo lasciato. Mi stavo mordendo a sangue il labbro interiore. Il dolore sempre lì a torturarmi le budella.
-Vale la pena soffrire per l’amore della propria vita.- sorrise sofferente guardandomi, poi cominciò a divincolarsi, come posseduto da un demone.
-Guardami, Calum, guardami. Termina il collegamento, non devi morire, non puoi morire ancora, Calum!- Mi guardò e si perse lentamente. Le braccia erano immobilizzate da elettricità. Tentai di strapparle, dovevo salvarlo. Le gambe furono solo spasmi e gli occhi erano completamente rivoltati.

-Ti, ti...- fu uno spettacolo raccapricciante. Gli si spezzò la voce e a me si spezzò il cuore, l’anima. Avrei dato la mia vita per salvarlo. Fuori le guardie cominciarono ad arrivare correndo, gli scarponi che sbattevano sulla porta che Calum bloccava con il pensiero. Tutto cominciò ad andare a interferenze, come quando la TV non funziona e escono le varie righe e i quadratini.
-Calum, stacca il contatto!- guardai la sua smorfia prima di essere trascinata indietro; guardie e medici tutti vestiti di bianco entrarono con prepotenza. Tutto si velocizzò, riuscì a vedere le uniformi sporcate del suo sangue. Urlarono “Sta zitto, bastardo!” “La pagherai cara!”.
“Ti amo” giurai di sentire urlato da lui prima di essere investita dal peso del lago che mi trascinava verso la realtà.




SPAZIO A RONNIE
Boom, la bomba è scagliata. Che dolore scrivere questo capitolo. A parte che più vado avanti e più tiro questa storia nel baratro di depressione e inquietudine, ma presto l'atmosfera si farà meno pesante, lo prometto.In questo capitolo ho fatto accenno alla bipolarità di Londi.
Beh l'estate è iniziata da una settimana e io non ho fatto un cavolaccio oltre che a finire Percy Jackson lo scontro finale (oltre che ai feels una bella dose di Percabeth che mi basta per l'eternità). 
Alloooora, voi tutto a posto? *passano le balle di fieno* Sì, anche io. Intanto parto col dire che vorrei proprio sapere la vostra opinione riguardo al capitolo, è sempre bello aspettare con ansia davanti al computer, poi nulla io ho bisogno di storie da leggere, quindi se ne avete qualcuna bella genere fantasy/ avventura/ thriller e cose del genere potete scrivermi per consigliarmene (anche di vostre se ne scrivete, faccio un giro qua e là). 
Come sempre ringrazio le buone anime che seguono la storia, che l'hanno recensita e nulla. Ah, un bacione speciale al duo Meme e July che sono sempre a sostenermi nel processo di sputacchio che è la mia scrittura, poi anche Silv che puzza, ma legge i miei sputacchi.
A presto,
Ronniexx
   
 
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