Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Nike93    10/01/2009    6 recensioni
- Cosa… che cosa vuoi? – lo aggredì la voce di Bill, mentre il suo proprietario rimaneva incollato alla porta.
- Io sono… beh… tornato… - farfugliò Tom. Non si era aspettato che Bill gli saltasse in braccio dopo tre anni di completo silenzio, però neanche che gli rivolgesse quello sguardo. – Volevo solo… sapere come state, ecco… Tu, Haylie, la… - Deglutì, incapace di continuare. Bill lo aveva fulminato con lo sguardo, e quegli occhi sembravano tanto carichi di odio da stroncare le sue parole sul nascere [...]
- Haylie è morta! – ringhiò, subito prima che Tom lo vedesse scomparire, accompagnato da uno schianto. Furono necessari un paio di secondi perché si rendesse conto che Bill gli aveva chiuso la porta in faccia.
Genere: Song-fic, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Epilogo




Estate in città (due anni dopo)



“La regola d’oro c’è
per i cuori naufraghi,
è scritta in ogni manuale di sopravvivenza.
Abbiamo distratto un po’
le nostre abitudini,
come sorpresi dal gioco di essere vivi.
Senza lo stress di dire qualcosa di nuovo
ce ne stiamo a parlare
dell’estate in città…”



Bill sistemò meglio un piatto leggermente storto sulla tavola. In fondo quel particolare non avrebbe dovuto preoccuparlo, viste le circostanze, ma, a differenza di molti anni prima, ormai non poteva più fare a meno dell’ordine.
Fece qualche passo indietro, controllando che tutto fosse al proprio posto. Sì, i piatti c’erano tutti e tre. Non mancava nessuna forchetta e i bicchieri luccicavano come nuovi. Non restava che aspettare, anche se certamente quella era la parte più lunga.
Si avvicinò alla finestra, spalancandola. Adorava che la stanza fosse riempita di luce: gli serviva ancora a compensare i mesi in cui l’intera casa era stata praticamente immersa nelle tenebre. Erano tempi così lontani che faticava quasi a ricordarsene. Si appoggiò alla finestra, sporgendo la testa. Era già luglio inoltrato e non si muoveva un alito di vento, ma, sotto la luce del sole, la strada sembrava addirittura più colorata.
Improvvisamente, sentì un rumore molto simile a quello di un trattore e sorrise tra sé. Quell’automobile era riconoscibile a chilometri di distanza. Accostò un’anta della finestra e andò ad aprire la porta, pronto alla solita entrata trionfale.
Infatti, li sentì pizzicarsi già lungo il vialetto.
- E’ ridicolo, perché ti ostini a girare con quella scatoletta con le ruote? E’ talmente scassata che appena le fai un’altra ammaccatura la puoi direttamente infilare sul sedile posteriore della mia! –
- Perché sono una persona normale e giro con una macchina normale, non con un carro armato! –
- Sì, carro armato… voglio vedere te su una Cadillac, manco arrivi allo sterzo… ahia! – Tom comparve sulla porta con un’espressione contratta. – Ma perché a me, perchè?
Bill trattenne a stento una risata, guardando oltre la sua spalla. – E dov’è la piccola peste? –
Da dietro la schiena di Tom comparve un ammasso di riccioli neri e un sorriso smagliante. – Ciao Bill! Scusa, finisco di picchiarlo e sono da te! – Tom entrò in casa con passo strascicato e mugugnando tra sé e sé mentre, subito dietro di lui, Eva gli tirava un ultimo pizzicotto su un braccio. – Così impari a insultare la mia macchina! – - Ma quella non è una macchina! –
Bill sorrise, alzando gli occhi al cielo. Era così da due anni, da quando Tom si era deciso a raccontargli di quella tipa stramba che un giorno era volata nel bar in cui lavorava supplicandolo di darle un asciugamano. Poi aveva scoperto che quella stessa tipa non era poi così male, nonostante lui dovesse praticamente piegarsi in due per poterla guardare negli occhi, e, pochi mesi dopo, aveva avuto la malaugurata idea di mettercisi insieme. L’unica controindicazione consisteva nel fatto che da allora non si erano più scollati per più di ventiquattro ore e, ancora peggio, che, nonostante le apparenze, si adorassero l’un l’altra.
Eva era una specie di folletto saltellante e sempre allegro, e anche Bill aveva impiegato poco tempo per capire come suo fratello fosse irrimediabilmente perso per lei. In fondo, forse era proprio di una così che aveva bisogno.
La ragazza si staccò da Tom solo per tendergli le braccia, esclamando: - Finalmente rivedo il mio adorato zio Bill! – Un attimo dopo, lo stava già abbracciando, guardandolo con quei suoi sfacciatissimi ma allo stesso tempo dolcissimi occhi azzurri. – Vero che ti sono mancata, zietto? –
Bill alzò gli occhi al cielo, ricambiando la stretta, poi rivolse al gemello uno sguardo scherzosamente esasperato. - Ho proprio una nipote terribile –
Eva mise su un finto broncio. – Sei cattivo proprio come tuo fratello. Però ti perdono, ma solo perché ti voglio troppo bene – Gli sorrise di nuovo, porgendogli la guancia con la sua solita faccia da schiaffi. – Un bacino per farti perdonare –
Bill soffocò una risata, ma un attimo dopo le stava già stampando un delicato smack su una guancia, mentre Tom guardava la scena con aria perplessa. - Con me non ti perdi in tutte ‘ste smancerie. Cos’ha lui più di me? –
- Che c’entra, te ti vedo tutti i giorni. E notti – precisò Eva. – Anzi, per essere pignoli, se guardo dritto di fronte a me ho una magnifica panoramica del tuo sterno… che comincia pure a stufarmi, tra parentesi –
Bill si preparò a un secondo uragano. L’altezza di Eva, che non superava il metro e cinquanta, era uno degli argomenti preferiti di Tom. – Non è colpa mia se alla nascita ti hanno compressa – la rimbeccò infatti.
Nonostante i loro battibecchi potessero anche andare oltre, fino a limiti snervanti, Bill aveva imparato a sopportarli solo perché conosceva perfettamente la fine di ognuno di essi: Eva e Tom erano capaci di beccarsi per ore e poi di attaccare con bacini e paroline dolci senza alcun preavviso, il che era ancora peggio, se possibile.
In fondo, quella di Tom non appariva poi come una vera e propria metamorfosi. Sembrava che tenesse nascosto quel lato del proprio carattere in attesa di poterlo tirare fuori con la persona più adatta.
Forse era per questo che tra Bill ed Eva era nata un’amicizia così forte: erano entrambi lunatici oltre l’immaginabile, senza contare che tutti e due dovevano combattere contro la stessa persona, ovvero Tom. Non poteva fare a meno di ricordare con gioia il momento in cui la felice coppietta aveva preso un appartamento a pochi isolati da lì, per poi compiere irruzioni barbariche in casa sua almeno una volta a settimana, quando il lavoro non li costringeva a spostarsi.
Ben presto, infatti, Bill aveva scoperto che tutte le sue paure erano state infondate. A due anni dalla ripresa del loro lavoro, i Tokio Hotel avevano già pubblicato due album molto diversi dai più vecchi. Per quanto il loro pubblico fosse ancora costituito prevalentemente da adolescenti, c’era un bel numero di over 35 ad averne preso parte già da un bel po’. Forse era merito dell’immagine meno eccessiva, o forse di una maturazione personale più che professionale. In sostanza, anche se i viaggi in tourbus erano decisamente diminuiti e la vita un po’ più tranquilla, i Tokio Hotel avevano riottenuto il loro successo.
- Vi prego, finitela – li interruppe stancamente Bill. – Ho un sistema nervoso anch’io, eh –
- Non ci posso fare niente, in questo periodo è insopportabile – insorse Tom, facendo come per soffocare Eva con entrambe le mani. – Ieri aveva un muso lungo fino a terra e oggi… -
Bill sorrise scuotendo la testa, mentre Eva cercava di liberarsi agitando le braccia in direzione di Tom.
Se solo non gli arrivasse poco sotto le spalle l’avrebbe già menomato, pensò.


Il pranzo trascorse con relativa tranquillità: come Bill aveva previsto, il lungo battibecco fu immediatamente compensato, infatti, quando tornò in soggiorno con una vaschetta di gelato, vide Eva con la testa comodamente appoggiata sulla spalla di Tom, mentre lui sorrideva con la classica espressione assorta che metteva su in quei loro momenti di tenerezza.
Nonostante lui e Tom fossero così diversi sotto molti aspetti, spesso, guardando la buffa coppia formata da suo fratello ed Eva, gli ritornava in mente Haylie, anche se il suo ricordo non era più così simile a un pugno nello stomaco.

“Ma improvvisamente il tempo
si va mettendo male,
improvvisamente sento
quel classico dolore…”




Eva fece come per infilarsi in bocca un cucchiaino di gelato, ma poi lo fece cadere rumorosamente contro il bordo del piatto. Era evidente dalla sua espressione a metà tra l’assorto e lo sconvolto che non si fosse accorta del subitaneo scontro tra il cucchiaino e la maglietta bianca di Tom, che si lasciò sfuggire un verso di disapprovazione. - Ma a che stai pensando tu?! – si lamentò, prendendo a strofinare la macchia marrone con un tovagliolo. Eva, però, non gli prestò la minima attenzione, anzi si schiaffò una mano sulla fronte.
- Oddio, avevo dimenticato… scusate! – esclamò, prima che i gemelli la vedessero schizzare in piedi, afferrare la borsa attaccata all’appendiabiti dell’ingresso e partire a razzo verso il bagno, per poi chiudercisi dentro.
Bill rivolse al fratello un’occhiata interrogativa. – Ma che è successo? –
- E che ne so? – sbuffò l’altro, continuando a strofinare la macchia. – E’ una settimana che fa così, il giorno prima tutta sorrisi e carezzine e quello dopo intrattabile. Ma appena torna giuro che le verso in testa un bicchiere di gelato e… -
- Tom – Il moro gli lanciò uno sguardo eloquente e un mezzo sorriso. – Se lo stanno chiedendo tutti quelli che vi conoscono – Tom lo guardò senza capire.
- Cosa? –
- Quando capirai che lei ti tiene totalmente in pugno – Il sorriso di Bill si allungò e il biondo fece un gesto vago con la mano.
- Ma và… -
- Del resto, quando le hai chiesto se voleva venire a vivere con te, non hai aspettato un secondo a metterti in ginocchio – Tom alzò gli occhi al cielo mentre il sorriso di Bill si faceva beffardo.
- Sì, questo solo perché faceva talmente la sostenuta che per poterla guardare in faccia mi sono dovuto abbassare! – protestò, prima di fissare con rassegnazione la macchia sulla maglietta. – Vabbè, ho capito, questa rimane qui –
- Andiamo di là, ho la schiena a pezzi – disse Bill, alzandosi dalla sedia e stiracchiandosi.
Quanto tornarono in soggiorno, Tom si lasciò cadere sul divano, poi sorrise in direzione del gemello. – Allora, che mi racconti? E’ un po’ che non si parla di cose importanti, qui – aggiunse, trattenendosi dal ridere.
Bill alzò le spalle. – Dipende da cosa intendi per cose importanti –
- Ti senti ancora con Michelle? – Bill dovette fare uno sforzo per non sbuffare.
- Sei monotono. Veramente non abbiamo mai perso i contatti –
- Quanto ci scommetti che ci finisci insieme? –
Bill si preparò a rispondere a tono, ma, nello stesso momento, Eva comparve sulla soglia del soggiorno. – Eva! Allora? –
Tom si voltò a guardarla e, quando i loro occhi si incrociarono, quasi gli venne un colpo. La sua ragazza era pallida come un cadavere e sembrava sconvolta. – Ma che è successo? – Senza rispondere a nessuno dei due, Eva si trascinò fino al centro del soggiorno, davanti ai due gemelli, con la stessa espressione scioccata. Tom si alzò dal divano, andandole vicino. – Amore, che c’è? – le chiese preoccupato, mettendole una mano sotto il mento e facendole alzare la testa. Lei scosse la testa, guardandolo con occhi spalancati.
- E’ successa l’Apocalisse! – squittì, storcendo la bocca in una smorfia disperata.
- E cioè? – Tom aggrottò le sopracciglia mentre Eva frugava nelle tasche dei propri jeans. Ne tirò fuori un oggetto non identificato, tendendo il braccio verso l’alto e cominciando a scuoterlo violentemente proprio davanti alla faccia di Tom, che la bloccò afferrandola per il polso. – Così non vedo niente! –
- E’ terribile! – gemette lei, lasciandosi cadere sul divano mentre Bill la guardava stranito. – Mi sa che non posso più chiamarti “zio” – mugolò.
Tom, intanto, fissava attentamente l’oggetto che Eva gli aveva piantato in mano. Il suo sguardo si spostò rapidamente su di lei. – Dimmi che non è quello che penso – Lei scosse la testa, appoggiando il mento sulle mani. – Qualsiasi cosa tu stia pensando, lo è –
Tom inspirò profondamente, come per calmarsi. – Ok, allora… dimmi di che colore dovrebbe essere –
- Blu, proprio come quello che hai in mano! – sbottò Eva, riprendendo ad agitare le braccia.
- Ma si può sapere cos’è successo? – insorse Bill, disorientato. Tom gli sventolò davanti quella che sembrava una provetta contenente del liquido azzurro. - Chiamasi test di gravidanza positivo – Il moro si voltò verso Eva, spalancando gli occhi.
- Eva! Sei sconvolta per questo? – Altra occhiata disperata. – Ma… è bellissimo! Cioè… non sei contenta? –
La ragazza si voltò a guardare Tom di sottecchi. – E tu, sei contento? – Tom fissò ancora per qualche istante l’oggetto come se si trovasse una famiglia di alieni tra le mani.
- Ehm… oddio, forse dovremmo parlarne con più calma – Sobbalzò vedendo gli occhi azzurri di Eva spalancarsi paurosamente. – No, cioè… insomma, non fare quella faccia, non ho intenzione di metterti alla porta con un assegno e un pacco di pannolini, se è questo che intendi! – si affrettò a rassicurarla. Non ebbe nemmeno il tempo di studiare il cambiamento repentino della sua espressione, che Eva era già saltata giù dal divano e lo stava abbracciando come se avesse paura di vederlo volare via da un momento all’altro.
- Ti amo, ti amo, ti amo! – esclamò, appoggiando la guancia sul suo petto. Poi lo guardò speranzosa. – Allora mi aiuti tu a prepararmi psicologicamente, vero? – Si staccò da lui lasciandogli solo il tempo di mormorare un flebile “Beh…”, poi si passò una mano tra i capelli già scompigliati e sorrise appena, come se non credesse nemmeno lei a quanto aveva appena detto. – Oh, cielo… diventerò… grassa!
Bill non poté fare a meno di lasciarsi andare a una sonora risata, sollevato nel constatare a cosa fosse realmente dovuto il panico di Eva. Per un attimo aveva temuto che la vicenda potesse concludersi in modo tragico. Fece un passo avanti, chinandosi su di lei e pizzicandole scherzosamente la pancia. – Beh, un po’ di roba già ce n’è – Eva gli schiaffeggiò via la mano, ridendo debolmente.
- Ti prego, non causarmi altri danni cerebrali. Sono già abbastanza su di giri per conto mio –
Bill si voltò a guardare Tom, ancora mezzo intontito. – Sai cosa significa questo, vero? –
Istantaneamente, fu lui a mettere su un’espressione sconvolta. – Sì – gemette. – Pannolini… notti in bianco… e soprattutto un’unione ufficializzata – concluse con una smorfia.
- No, volevo dire che… insomma, ce l’hai presente una donna incinta? Questa qui ti esploderà sotto gli occhi, ti consiglio di nascondertela sotto la maglietta se non vuoi correre rischi. Tanto, di spazio ce n’è – ridacchiò Bill. Poi notò lo sguardo di Tom, decisamente eloquente. – Ok, ok. Vi lascio soli. Poi, quando vorrai farti un bel pianto liberatore, chiamami – E abbandonò la stanza canticchiando tra sé e sé.
Eva guardò Tom con espressione inquisitoria. – Cosa intendevi per unione ufficializzata? –
- Beh… - cominciò lui, sorridendole e giocherellando con una ciocca dei suoi capelli. – Ora non avrò più modo di toglierti di mezzo, mi sa – Gli occhi della ragazza si illuminarono.
- Oooh! Allora è vero che sotto questa dura scorza si nasconde un animo da cavaliere medievale! –
- Sì, però vediamo di non comunicarlo al mondo intero –
- Più che altro… - Eva si fece meditabonda. – Cosa faremo quando io sarò troppo enorme perché tu mi prenda in braccio? O tu troppo vecchio per abbassarti? Non mi bacerai più? – mormorò con una buffa vocetta infantile, sporgendo il labbro inferiore. Tom scoppiò a ridere.
- E chi ti dice che per allora non ti avrò già defenestrata? –
- Sei insopportabile – Eva lo guardò con odio. – Ti detesto profondamente –
- Mi pareva di aver capito il contrario, fino a cinque minuti fa – Tom rise della sua espressione sostenuta, poi si abbassò e le cinse i fianchi con le braccia, sollevandola di peso. Eva strillò, aggrappandosi alle sue spalle.
- Cosa dicevi a proposito del defenestrarmi? – lo rimbeccò, dondolando i piedi.
- Che, finché resisterò fisicamente e psicologicamente, possiamo anche approfittarne… - mormorò lui, sporgendosi per posare un live bacio sulle sue labbra. Eva sembrò assecondarlo, finché non si scostò da lui e cominciò a scalciare.
- Biiiiiiill! Qui c’è qualcuno che molesta le donne incinte! –
L’interpellato si affacciò in soggiorno proprio mentre Tom permetteva alla sua ragazza di posare nuovamente i piedi per terra. – Sì, è un vizio ricorrente – lo punzecchiò, guadagnandosi un’occhiata perplessa.
Tom si rivolse ad Eva. – Ora è il momento delle discussioni tra uomini, quindi fila via, pulce! –
Un sorriso furbo comparve sulle labbra di lei. – Vorrà dire che aspetterò pazientemente nella mia bellissima macchina, in attesa che tu venga a guidarla! – Poi si rivolse a Bill, alzandosi sulla punta dei piedi per stampargli un bacio su una guancia. – Mi raccomando, trattalo male il mio Tomi – Seguì un attimo di silenzio, al che Eva si coprì la bocca con una mano. – Ops… scusa, scusa, scusa, mi è scappato –
- Guarda che non ho i diritti d’autore su un soprannome – la rassicurò Bill.
- Sì, ma lo sappiamo tutti che solo un Kaulitz può chiamare “Tomi” l’altro – Eva sorrise ad entrambi mentre Bill apriva la porta d’ingresso. – Allora a dopo, uomini! – ridacchiò, prima di dileguarsi lungo il vialetto.


Bill si voltò verso il gemello e, nonostante questi gli voltasse le spalle, sorrise. – Non dirmi che te la sei presa –
Il biondo gli rivolse un’occhiata perplessa. – Eh? Per cosa? –
- Per la mia battuta a proposito a proposito del vizio ricorrente – Bill si sarebbe aspettato che Tom ridesse e tutto finisse lì, invece il gemello si strinse nelle spalle con espressione pensierosa.
- Beh… credevo che ti riferissi a lei
- Tom, chiamiamo le persone col loro nome. Sì, mi riferivo ad Haylie, ma non volevo offenderti, credimi. Volevo solo farti capire che… beh, che sono felice per voi – Tom lo guardò stranito, anzi, per un attimo Bill ebbe l’impressione di scorgere una traccia di risentimento sul suo volto.
- Hai un modo tutto tuo di dimostrare le cose, eh –
Bill si lasciò sfuggire una risata, avvicinandosi a Tom e posando una mano sulla sua spalla. – Dài, ora non venirmi a dire che non sei contento! –
- Insomma, io… cioè, mi dispiace… - farfugliò l’altro. – Magari Eva avrebbe dovuto dirmelo dopo, non… non davanti a te, ecco –
- Scherzi? – Bill gli pizzicò un braccio. – Non avrei dovuto sapere in diretta della nascita di mio nipote? Dài, a parte gli scherzi… sei contento, vero? –
- Sono… spiazzato – ammise Tom a voce più bassa. – Ma ti dirò che l’idea non mi terrorizza poi così tanto –
- Secondo me era l’unica cosa che vi mancava – Tom guardò il gemello, come alla ricerca di una traccia di ironia o persino risentimento, ma non vide altro che un sorriso aperto e sincero. – Non ho idea di che essere umano verrà fuori da due genitori suonati come voi, ma non smettiamo mai di sperare –
- Parliamo di te, piuttosto – Tom produsse un ghigno divertito. – Cosa stavamo dicendo a proposito di Michelle, prima di ricevere la lieta notizia? –
- Oh, che palle che sei – Bill sbuffò sonoramente. – Continuiamo a sentirci, sì. Devo ammettere che, quando lavoravamo insieme, non avevo assolutamente capito che tipo di persona fosse –
- Ma le sue intenzioni non sono cambiate, immagino –
- Smettila! No, è fidanzata. Davvero, non è come pensi. Per ora io… -
- D’accordo, d’accordo – Tom lo bloccò con un cenno della mano, poi gli diede un buffetto scherzoso dietro la nuca. – Guarda che non devi spiegarmi niente. Volevo solo sapere quante possibilità ci sono perché tu ti innamori di nuovo –
Bill sorrise, e in quel sorriso Tom vide un’intera esistenza. Vide l’immagine dei loro giochi da bambini, vide la serenità di quella nuova vita, vide persino il periodo buio che avevano riempito con tre anni di ritardo.
- Non ho mai smesso di essere innamorato, Tom. Amo quello che faccio, le persone che mi stanno accanto, ma anche quelle di cui conservo solo un ricordo – Il biondo gli sorrise, stringendogli un braccio quasi come se Bill fosse stato suo figlio. – Per ora mi basta questo per essere felice. Quando arriverà il momento di aggiungere qualcosa alla mia vita, sono certo che qualcuno mi manderà un segnale –
- Spero per te che riuscirai a coglierlo –
Il sorriso di Bill si fece più ampio, e il suo sguardo si perse per un istante fuori dalla finestra.
- Lo capirò. Questa volta, lo capirò –

“Domande da fare ne avrei
però mi spaventa un po’
far finta che sia ordinaria amministrazione.
Senza mai avventurarmi in discorsi d’amore
io mi tengo più stretto
alla mia libertà.”

(Raf, “Estate in città”)








E siamo all'ultimo. No, non preoccupatevi, non si sposano. O perlomeno, lo faranno quando si sposeranno anche Minnie e Topolino, Olivia e Braccio di ferro, Lupo Alberto e Marta...
Beh, spero davvero con tutto il cuore che vi sia piaciuta. Personalmente, ritengo di aver dato il massimo in questa storia, al di là dei commenti e delle 37 aggiunte ai preferiti (grazieeeeeee!). Il perchè non saprei dirverlo, so solo che questa è proprio una storia mia. Grazie di cuore a chi ha letto, commentato, aggiunto, a chi (spero) si è emozionato con me e.... insomma, grazie a tutti. Un bacio e alla prossima!
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Nike93