Convalescenza
Villaggio di Kovir, 1411 Gennaio
Aveva
volato fino ai margini del villaggio, portandosi laddove c'era un
manto di neve intervallato da pochissime casupole, e poi ancora
oltre, dove il bianco regnava sovrano. Tornare al castello sarebbe
stata la cosa più stupida da fare, visto che probabilmente
era
proprio ciò che si aspettavano i cacciatori.
Si
abbassò di quota, sfiorando prima le punte degli alberi
scheletrici
con le punte delle ali, fino a planare a fatica in uno spiazzo di
neve intatta. Atterrò malamente, sporcando di sangue la
neve.
Evidentemente le ferite erano più gravi di quanto avesse
immaginato,
il legno con cui l'avevano colpito doveva essersi rotto, e le schegge
continuavano a peggiorare la situazione delle ferite. Respirava a
fatica e sentiva l'energia scivolare via quando all'improvviso, in
mezzo alla neve, avvolta in un abito candido come la neve stessa, la
sagoma di fanciulla sembrò delinearsi in mezzo al vento e
alla
grigia penombra dell'alba. Gitana. Pensò
Logen non troppo
sorpreso. Neanche il gelo riesce a piegarli.
Conosceva quella
comunità nomade; tempo addietro avevano chiesto
ospitalità al
villaggio e, non essendo mai stati un pericolo né un
fastidio, erano
stati ben accolti nella comunità. Le loro strane usanze e
metodi,
tuttavia, erano rimasti invariati nel tempo. Si stava avvicinando a
passo lento, i suoi occhi tradivano una genuina curiosità, a
malapena velati dal timore. Logen, stordito dal dolore e dalla
rabbia, ringhiò, rendendosi conto di essere in una
situazione
svantaggiosa. Ferito e sanguinante, non sarebbe sopravvissuto ad un
altro attacco.
La ragazza continuava ad avvicinarsi imperterrita,
i piedi nudi che lasciavano orme perfette nella neve, lui
pensò che
avrebbe dovuto ucciderla adesso che era ancora in grado di farlo, per
evitare qualsiasi rischio.
“Hai bisogno di aiuto.” Il vampiro
sollevò ancora lo sguardo, le gambe e i piedi nudi della
fanciulla
si erano avvicinati ancora, eppure tutto pareva iniziare ad
oscurarsi, i contorni si fecero indistinti e i suoni lontani, la voce
della ragazza ora pareva provenire da un luogo lontano, buio...
Ricordava
il dolore acuto al petto e alla schiena, come se stesse per spezzarsi
in mille pezzi dall'interno, mentre la fanciulla estraeva con perizia
i legni dalla sua carne. Ricordava il calore del suo stesso sangue
correre lungo i suoi fianchi e inondargli la bocca.
Poi la
freschezza della neve sulle ferite che, come un balsamo, attenuava il
dolore, e le bende che si stringevano saldamente attorno al suo
corpo. E infine sentì la sua voce, che pareva un sussurro
nel vento.
“Ora
starai meglio. Sei stato fortunato, hanno evitato gli organi
importanti, ma le ferite sono comunque piuttosto brutte.” Non
era
del tutto esatto; i cacciatori avevano avuto un'ottima mira e uno di
loro doveva aver colpito un polmone, tuttavia era stato davvero
fortunato a non rimetterci la vita.
Si sforzò di sollevare le
palpebre e di osservare attraverso la patina di dolore il volto della
persona che l'aveva aiutato. La stessa ragazza che camminava scalza
nella neve, la stessa che avrebbe dovuto dissanguare appena l'aveva
vista per guarire le ferite più velocemente e che, tuttavia,
era
ancora viva. E lo stava osservando con quello stesso sguardo di
ingenua curiosità.
Provò a parlare, ma il sangue gli invase di
nuovo la bocca e un rivolo di sangue corse lungo la sua mascella.
“No, non sforzarti, le ferite sono gravi, dovrai stare a
letto per
un po'.” Sospirò pesantemente, rendendosi conto di
non aver più
recuperato la forma umana.
Tra lo sguardo, per la prima volta,
sconvolto della ragazza e scricchiolii di ossa che si rompevano e si
rinsaldavano velocemente, in un processo ormai del tutto automatico e
indolore, la sua visione iniziò a farsi più
chiara, il volto
gentile della ragazza si delineò nella
semioscurità del crepuscolo.
Il dolore scemò appena, dandogli la lucidità di
mettere in fila
qualche parola in più.
“Non
dovresti stare qui.” Tra sangue e dolore, ciò che
disse parve un
sussurro indistinto, ma la ragazza sembrò capire comunque.
“Per
quale motivo?” Nonostante tutto il volto della ragazza non
aveva
tradito neanche per un attimo un minimo accenno di paura.
“Non
sai chi sono? Non l'hai capito?” Cercò di mettersi
almeno seduto,
puntellandosi con i gomiti sul giaciglio di paglia improvvisato, ma
rinunciò dopo poco; il dolore gli impediva di muoversi
liberamente.
“Sei un uomo ferito, e non c'è altro da sapere.
Hai bisogno di cure.” Lui sembrò trattenere una
risata, ma non
c'era alcun divertimento in quel suono aspro. A poco era servito il
suo tentativo di evitare ogni contatto umano.
“Perché
ridi?”
“Non sono un uomo.” I suoi occhi si fecero
mortalmente seri, era indubbio che la ragazza non avesse capito chi
lui fosse. Rimaneva ignoto il perché del suo comportamento.
A
quell'affermazione le guance della ragazza si imporporarono
appena.
“Ancora non vedo nessun motivo per cui dovrei negarti il
mio aiuto.” Si voltò, armeggiando con gli stracci
sporchi che
aveva usato per tamponare le ferite.
“Perché
ho bisogno di sangue. E un vampiro affamato è pericoloso,
soprattutto se in compagnia di una bella fanciulla.” La
ragazza si
bloccò, un pezzo di legno stretto in mano sospeso
all'altezza del
suo petto. All'improvviso le cose iniziarono a chiarirsi.
“Allora
non mi sbagliavo, sei un Lumpirovic.” Osservò la
grossa scheggia
di legno che aveva ancora in mano iniziando a percepire una
sgradevole sensazione di pericolo.
“Difficile sbagliarsi.” Gli
occhi del vampiro si colorarono di un bagliore vermiglio, catturando
lo sguardo della ragazza, il cui volto parve distendersi e gli occhi
velarsi appena, fissi in un punto lontano.
“Beh,
se è di sangue che hai bisogno... posso offrirti questo.”
Detto questo, allungò il braccio verso di lui, dalla sua
mano
pendeva inerte il corpicino della lepre. Logen sospirò
pesantemente,
non riuscendo a ricordare quando mai si fosse abbassato a tanto.
Tuttavia non aveva scelta, o si sarebbe accontentato o sarebbe morto.
Aveva pensato di nutrirsi della ragazza, ma ucciderla non sarebbe
stato conveniente, aveva bisogno di lei adesso; non poteva rimanere
indifeso in territorio estraneo. Allo stesso modo non poteva non
trasformarla mordendola, creare altri esseri come lui era l'ultima
cosa che desiderava. Fu la prima volta che accadde una cosa del
genere, e il vampiro riuscì a osservare attentamente ogni
cambiamento dell'atteggiamento della ragazza mentre lui si nutriva di
quel piccolo animale, quasi fosse lei stessa la preda.
I
canini affondarono con forza nella carne tenera del collo e il sangue
iniziò a defluire in fretta nella sua bocca, caldo e
insapore.
In
quel momento colse ogni cambiamento; il sangue che defluendo dal suo
volto all'improvviso le donava un colorito cadaverico e il battito
accelerato della ragazza che riempiva l'aere, la sua vena sul collo
che pulsava velocemente, la tensione dei suoi muscoli. Tutti aspetti
tremendamente umani ma assolutamente interessanti, in quel momento.
Bere
il sangue per quelli come lui era un po' come consumare una violenta
passione, come riportare in vita un corpo morto; totalizzante e allo
stesso tempo mortalmente stancante. Si staccò dalla vena con
il
respiro pesante e la necessità di sdraiarsi di nuovo e stare
fermo,
per gustarsi quella sensazione che, per quante volte la provasse,
paresse non riuscire mai a farci l'abitudine.
“Va
meglio?”
La
ragazza si coricò in un giaciglio improvvisato costituito da
coperte
ripiegate più volte, impilate le une sulle altre, tranquilla
anche
nella consapevolezza di avere a pochi passi una creatura della notte.
Cieca della convinzione di non correre nessun rischio.
L'aroma
speziato del sangue sembrava aver invaso la tenda, ancora inebriante
per il vampiro che socchiuse gli occhi assaporando quel dolce aroma
che lo avvolgeva, trovandosi a desiderarne ancora, non tanto per la
necessità di nutrirsi quanto per il capriccio di gustare
ancora il
calore della carne e del sangue.
Passò
qualche giorno e la fanciulla era tranquilla e si occupava di lui
come se fosse una persona qualsiasi; cosa di cui il vampiro si
stupì.
Ospitare una creatura pericolosa non doveva essere il migliore dei
passatempi, ma la ragazza sembrava averla presa piuttosto bene.
Logen
rimase sempre nascosto in quella stessa capanna, ascoltando
attentamente ciò che il vento gli portava; stralci di
conversazioni
e passi frenetici, troppo poco perché lui potesse capire
come si
fosse evoluta la situazione.
La ragazza entrò velocemente nella
tenda, con tra le braccia un secchio d'acqua e delle bende pulite.
In quel momento il vampiro si accorse di non conoscere il suo
nome, non che provasse alcun interesse o rispetto per gli umani, ma
pensò che conoscere il nome della persona che lo stava
salvando
sarebbe stato quantomeno sensato.
“Qual'è il tuo nome?” La
ragazza si voltò, osservandolo con un'espressione vagamente
sorpresa.
“Mi chiamo Selene.” Fece una pausa, in cui rimase a
fissare per qualche istante il volto affilato e immobile del vampiro.
“Immagino tu non voglia dirmi il tuo nome, vero?”
Logen non
rispose.
Trascinarono
i piedi nella neve mentre si dirigevano circospetti verso il cupo
castello in cima alla collina. Uno di loro non era tornato, l'esca
aveva funzionato.
Si aggirarono nell'area circostante, certi di
essere al sicuro. Avrebbero trovato le tracce del loro compagno -o
della loro preda- e avrebbero seguito la pista. Ma quello che
trovarono fu solo il cadavere sgozzato, riverso nella pozza del suo
stesso sangue, del più giovane di loro, eppure erano certi
che il
vampiro sarebbe tornato al castello per nascondersi dopo tutti quegli
avvenimenti.
“La situazione ci sta sfuggendo di mano.” Uno dei
cacciatori si chinò sul compagno morto, come a volerlo
salutare, ma
le sue mani corsero subito alle armi legate alla cintura del
cadavere, tanto a lui non servivano più, no?
“Siamo
riusciti a ferirlo, non deve essere andato troppo lontano.”
Osservò
con occhio critico la macabra scena che si era presentata loro,
chiedendosi se tutti loro avrebbero fatto la stessa fine.
“Già,
scommetto che è ancora in questo villaggio.”
Nonostante il timore
e l'aura di morte che sembrava aleggiare in quel luogo tutti
fremevano nel desiderio di vendetta.
“Prendiamolo
adesso che è debole.”
Quel
giorno Logen sentì chiaramente un forte trambusto poco
lontano, urla
e insulti. Quando la ragazza entrò nella tenda era scossa.
“Ci
sono novità?” Era la prima volta che Logen
mostrava dell'interesse
per il mondo che pareva trovarsi al di fuori di quell'abitazione
improvvisata. Selene tentennò qualche istante, chiedendosi
se fosse
il caso di informarlo di certi fatti.
“Beh,
c'è un castello sulla collina,” Quelle parole
attirarono
l'attenzione del vampiro, i suoi occhi di pece si fissarono sul volto
della fanciulla. “C'è un gruppo di persone che sta
cercando di
forzare le porte, o qualcosa del genere.”
“Per quale motivo?”
Lo sguardo del vampiro si fece ancora più cupo di quanto
già non
fosse.
“Non lo so, ma credo che c'entri con la famiglia uccisa
dai lupi qualche giorno fa.”
“Lupi?” Chiese ancora,
circospetto.
“Sì, o almeno credo, anche se mi sembra strano che
per dei lupi ci si vada a lamentare al castello.” La ragazza
fece
una pausa, riordinando i pensieri. “Era una piccola famiglia,
li
hanno trovati tutti e tre dissanguati e a pezzi, una scena orribile,
hanno detto. Ultimamente mi pare di aver capito che questo villaggio
abbia un problema con i lupi.” Solo in quel momento Logen
realizzò
che le sue azioni sarebbero potute essere un errore. Ciò che
aveva
fatto si sarebbe ripercosso sul villaggio, rischiando di distruggere
quello stato di pace in cui si trovava fino a pochi giorni prima.
Ma
non avrebbe lasciato che ignari cacciatori si prendessero le loro
soddisfazioni.
“Non sono i lupi il vero problema.” Il suo fu
un lieve sussurro, che neanche Selene riuscì a sentire.
Selene
entrò nella tenda, tra le braccia portava qualche corpo di
animale
selvatico, era riuscita a prenderne qualcuno dalle scorte senza farsi
vedere, con l'intento di darli al vampiro.
“Una
piccola lepre e due donnole, spero che siano abbastanza.” Il
vampiro non rispose, si limitò ad osservare la ragazza, le
braccia
pallide e le mani delicate. Si sorprese a provare qualcosa, qualcosa
che si obbligava a definire amicizia, o al massimo gratitudine,
rifiutava l'idea di provare qualcosa come l'affetto. Quando la
ragazza si voltò verso di lui si rese conto di non essere in
grado
di definire ciò che stava provando.
“Allora,
mi dirai il tuo nome, prima o poi?” L'aveva detto senza darci
troppo pesa, convinta di non ricevere alcuna risposta.
“Logen.”
E fu sorpresa, e contenta, quando ricevette quella risposta.
Gli
sorrise, iniziando a sistemare le stoffe e le coperte nella tenda,
liberando un po di spazio e lasciando una spazio tra i teli per far
circolare un po' l'aria.
Rimasero ancora in silenzio, fino a che,
a sorpresa di Selene, non fu di nuovo il vampiro a parlare.
“Alla
fine sono riusciti a entrare al castello?”
“Perché ti
interessa tanto?” Il suo sguardo si fece di nuovo cupo, forse
Selene iniziava a capirlo, c'erano domande a cui non piaceva
rispondere, aveva sempre l'impressione di dover fare attenzione a
quello che chiedeva, era come stare costantemente in equilibrio
precario, e lui era pur sempre una creatura della notte.
“Mi
annoio.” Rispose laconicamente, il che non era del tutto
falso, era
già un paio di giorni che era costretto al letto,
impossibilitato a
muoversi troppo per non riaprire le ferite e per non farsi scoprire.
Non osava immaginare quale sarebbe stata la reazione dei popolani.
“Sono
riusciti a entrare, ma non hanno trovato nulla e nessuno, a parte
qualche candela di troppo. Probabilmente è un luogo
abbandonato, mi
chiedo perché avessero così tanto desiderio di
entrarvi.” Logen
non mostrò la sua sorpresa, difficilmente la gente aveva mai
avuto
il coraggio di bussare alla sua porta, figurarsi di irrompere nella
sua dimora. “Tu ne sai qualcosa?”
“Non molto.” E si chiuse
in un mutismo ostinato, con lo sguardo lontano e il volto girato
dall'altra parte. Se c'era una cosa che non voleva condividere con
nessuno era proprio quella.
Rimasero in silenzio per un po',
Selene era consapevole del fatto che insistere non le sarebbe servito
a nulla.
________
Heilà!
Finalmente mi faccio vedere, eh?
Sono contenta che, da quanto vedo, la storia non stia facendo poi tanto
schifo. Sbuco per ringraziare alessandroago_94 per la recensione e le
persone che hanno già messo la storie nelle seguite, un
piccolo parere mi farebbe felice :)
In più vi do qualche piccola info sulla store e qualche nome.
Nictofilia è l'unione di Nicto/Nocte che in latino significa notte e del suffisso filia che significa amare. La prola significa quindi, più o meno, amante della notte.
Il nome Selene invece significa Luna.
A presto!