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Autore: ehijared    20/06/2015    0 recensioni
Sceglie la vittima, la seduce, la uccide e ne prende il nome. Tutto questo solo per puro divertimento.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Carl, sono le sette, alzati!”
Fu questa la sveglia di Carl, come si chiamava ora. L’assassino, che non aveva ancora completamente immagazzinato l’informazione che il suo nome era Carl, si alzò, prese dal cassetto della biancheria pulita e si avviò sotto la doccia.
“Che idea geniale, quella di prendere il nome delle mie vittime” pensò. “Il problema potrebbe manifestarsi se avessi un lavoro o degli amici, dato che non saprebbero come chiamarmi ma, fortunatamente, non ho né amici, né un lavoro.” L’unico impegno di Carl era mantenersi in forma, cercare qualcuno di interessante, ucciderlo e prendere i soldi che la vittima aveva in tasca.
Uscì dalla doccia, si vestì e si mise di fronte allo specchio, osservando il suo riflesso. Era alto circa un metro e ottanta, il fisico asciutto e abbastanza scolpito, i capelli biondi (ricci per natura, lisci per volontà del padrone), occhi grigi e labbra non molto carnose ma ben definite. Il suo naso sembrava quasi scomparire nel complesso del suo viso, tanto era piccolo. Osservò le guance per vedere se gli fosse cresciuta la barba, ma, essendo per l’appunto bionda, non si notava affatto. Passò, dunque, allo scegliere cosa indossare. Doveva andare a correre, quindi la scelta fu ovvia: una tuta nera, felpata all’interno, considerata la temperatura esterna.  Fece colazione (caffè amaro accompagnato da un cornetto alla crema, come suo solito) e uscì.
L’aria, come al solito, era pesante, complici le infinite automobili che circolavano in quella strada. In realtà, il mondo esterno lo annoiava. Pieno di persone tutte uguali, prive di una personalità propria e amalgamate alla massa. L’ambiente,inoltre,  non era dei migliori. La città era sommersa da palazzi, case e aziende, lasciando poco spazio al verde. L’aria invernale dava al tutto un colore cupo, spento.
Carl iniziò la corsa, cambiando percorso, e si abbandonò ai suoi tre chilometri di allenamento quotidiano. Tornando a casa si fermò in un piccolo bar, chiese se fosse possibile prendere due pezzi di pizza, la barista disse che doveva attendere altri cinque minuti per la seconda sfornata della giornata. Decise allora di sedersi e leggere il quotidiano. La prima pagina, come al solito, era occupata maggiormente dalla politica, salvo un piccolo trafiletto in basso che parlava di un “assassino in fasce”: la polizia aveva ricevuto tre denunce di scomparse e le persone non erano ancora state ritrovate. Carl sorrise, da quando si era trasferito nella nuova città aveva ucciso tre persone.
Intanto, la pizza era pronta: la prese ed uscì. Torno nel suo monolocale e decise di accendere il PC e tornare alle sue amate serie TV. Dopo un paio d’ore di completo isolamento dal mondo esterno, decise di pranzare. Aprì lo scatolo contenente la pizza e addentò il primo pezzo. Finito di mangiare, tornò a sentirsi annoiato, quindi decise di programmare la sua serata. Di solito non faceva pronostici sulle sue serate, dato che spesso seguiva il suo istinto, ma la  noia regnava sovrana. “Questa sera voglio una donna” pensò. In realtà a lui non interessava il sesso della vittima, si dichiarava omosessuale o eterosessuale in base a ciò che aveva di fronte.  L’unico problema delle donne era prendere il loro nome (sarebbe stato imbarazzante chiamarsi Margareth), quindi prendeva il nome del loro padre, solitamente.
 Vide l’orologio: le sette. Quella sera si sarebbe avviato prima, aveva voglia di divertirsi, tanta. Decise di portare i capelli al naturale, quindi mise un po’ di acqua sulle punte in modo tale che, grazie all’umidità, potessero diventare ricci. Passò poi all’abbigliamento: prese una maglia nera dei Metallica con il collo a V e un pantalone aderente nero. Le scarpe erano le solite: delle Nike Air completamente nere, le sue preferite.  
Lavò i denti, mise del profumo e attese le otto per uscire. Appena fuori dall’edificio, trovò una coppietta che si scambiava delle effusioni  vicino al muro. “Chissà perché farlo in pubblico, poi” fu l’unico pensiero di Carl.
Decise di cambiare bar (doveva essere poco ordinario, se non voleva essere scoperto) e andò in un locale chiamato “Dark Moon”. Scelse quel bar  solo perché gli ricordava l’album dei Pink Floyd, ammise a se stesso.
Entrò e fu abbastanza deluso dall’accoglienza: non c’era nessuno che gli interessasse.  “Sono le otto, arriveranno dopo” pensò, quindi si sedette e ordinò un panino.
 Mentre mangiava (o meglio, cercava di mangiare quel maledetto panino senza sporcarsi) entrò una donna sola, molto interessante. Aveva i capelli rossi, gli occhi verdi e il nasino all’insù. Indossava un maglione grigio e dei collant neri, con delle Nike, anch’esse nere. Sembrava, però, difficile da adescare, ma Carl amava le sfide. Con la sua non-chalance, si sedette al suo tavolo, chiedendo il permesso di sedersi quando, ormai, era già seduto. La ragazza (si notava che fosse abbastanza giovane) lo guardò, con uno sguardo piuttosto disinteressato e gli disse “prego, sono sola”.
Detto ciò, seguì un silenzio tombale di circa venti minuti. Carl azzardò un paio di domande, chiedendole come si chiamasse e da dove venisse. Lei rispose che era della città, si chiamava Chiara.  “Bel nome, Chiara!” disse Carl.
“Beh sì, piace anche a me. Lei come si chiama?”
“Diamoci del tu. Io sono Carl, piacere. Vengo anche io da questa città, ma non ti ho mai vista.”
“Beh, nemmeno io ti avevo mai visto. Come mai sei solo?”
“Io sono un solitario cronico”-rise-“e tu, piuttosto? Sei così bella!”
“Io sono sola perché le persone mi annoiano.”
“Grave problema! Ma io sono interessante, sai. Sono un serial killer”
Chiara rise, aveva una bella risata, pensò Carl.
Ordinarono da bere e passarono un paio d’ore a parlare di tutto e di niente (una delle specialità di Carl, parlare per ore senza dare informazioni sulla propria persona all’interlocutore).
Quando il locale iniziò a riempirsi, Chiara esclamò “bleah! Si sta riempiendo di persone con l’alito così pieno di alcol che è vietato ai minori di 18!” Carl rise, ma pensò “che battuta triste”.
Uscirono all’aria aperta ma, sfortunatamente, Chiara non sembrava affatto brilla. Carl decise, quindi, di essere carino con lei, quindi le diede la giacca e le offrì una crêpe alla nutella. Non appena vide che Chiara era a suo agio, decise di chiederle:”qui fa freddo, il mio appartamento è molto più caldo, vogliamo andare?” Chiara, inizialmente, sembrò dubbiosa ma infine accettò.
Giunti nel monolocale, Carl cercò un modo per dare davvero inizio al divertimento. Chiara, però, non sembrava molto propensa a divertirsi con lui, quindi decise, a malincuore, di sacrificare un pezzo della sua scorta personale di alcolici. “Quanto sai reggere l’alcol?” chiese a Chiara. “Più di quanto immagini” fu la risposta della ragazza. Carl allora gli propose di provare uno dei suoi cocktail e lei accettò. Il cocktail era più che altro una bomba alcolica (ma non abbastanza forte da farla svenire, voleva averla relativamente vigile). Glielo porse e Chiara disse “come si chiama questo cocktail?” “il bacio della morte” rispose Carl.
Dopo aver bevuto, Chiara si appoggiò alla spalla di Carl. Lui le iniziò ad accarezzare il collo e il viso (più che  altro voleva vedere dove colpirla) e lei si avvicinava sempre di più. Carl si alzò all’improvviso, tra le proteste di Chiara, e andò vicino al suo letto. Tornò poco dopo da Chiara e le si mise sopra, baciandole il naso, le guance, la bocca e il collo. Chiara gli accarezzava i capelli, aveva le mani così morbide. Subito dopo Carl le alzò il maglione e iniziò a darle dei piccoli morsi. Tornò alle labbra e, tra un bacio e l’altro, le chiese “come si chiama tuo padre?” Chiara, con la voce rotta dall’emozione, rispose “cosa c’entra? Daniel, comunque.”
“Bel nome” pensò Carl, ma non glielo disse. Riprese a baciarla, le abbassò i pantaloni, abbassando anche i suoi.  “Aspetta” disse Chiara, facendo adagiare Carl sul divano e mettendosi a cavalcioni su di lui.
Mentre Chiara gli baciava il torace, Carl prese la lama e, con un gesto fulmineo, le tagliò la gola.
Subito dopo averla uccisa, Carl (o meglio, Daniel) la adagiò sul divano e la guardò pensando “era una bella ragazza”.
Purtroppo, però, nessuna emozione provata da Daniel era tanto forte quanto quella di uccidere, quindi, dopo essersi lavato, andò a dormire.
  
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