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Autore: ehijared    22/06/2015    1 recensioni
Sceglie la vittima, la seduce, la uccide e ne prende il nome. Tutto questo solo per puro divertimento.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caffè caldo rovesciato sul pavimento appena lavato. Così poteva descriversi il lunedì mattina di Daniel.
Particolarmente nervoso, si alzò ed andò a prepararsi del latte caldo con una goccia di caffè dentro.
Non sapeva spiegarsi il perché del suo nervosismo mattutino: diede la colpa al tempo, ma in realtà il tempo era invariato da quindici giorni, poi la diede ai suoi coinquilini chiassosi, ma in realtà quella mattina (stranamente) c’era un silenzio tombale, concluse, quindi, pensando che era semplicemente il suo carattere: fortemente lunatico.
Nuovo giorno, nuovo lavoro: prima di tutto doveva abituarsi al suo nuovo nome (era la parte più difficile del suo lavoro, poiché i nomi erano tanti e la sua memoria poco buona), in seguito doveva trovare un nuovo percorso da fare durante la sua corsetta mattutina, poi doveva trovare un modo per racimolare qualche soldo, infine doveva preparare la serata. La ragazza della notte scorsa, Chiara, non aveva molti soldi con lei, quindi doveva arrotondare facendo qualche altra cosa.
Dopo aver fatto una bella doccia calda ed essersi vestito, Daniel uscì. Camminando a passo svelto, si addentrò nella città, svoltando nelle strade che gli sembravano sconosciute. La città, pensò, sembrava una giungla, con le sue mille strade, stradine, curve, vicoli ciechi eccetera. Anche quella mattina gli abitanti della città erano dannatamente noiosi e rumorosi: coppiette di liceali che si baciavano sui muretti, bambini dell’asilo che piangevano, mamme che urlavano contro i propri figli, ragazzini delle medie che si scambiavano le figurine, tutti così ordinari nelle loro giacche che, alla fine, erano tutte uguali.
Dopo aver percorso un paio di chilometri, si scontrò contro una ragazza: doveva avere all’incirca ventidue anni, capelli scuri come la notte tagliati a caschetto, con una frangia che le copriva gran parte della fronte, occhi celesti e labbra carnose. Sembrava diversa dalle altre che lo circondavano, ma quella sensazione non durò per più di cinque secondi, la ragazza passò avanti e lui continuò per la sua strada. Magicamente, dopo aver svoltato a destra, si ritrovò esattamente di fronte a casa sua. Affianco a lui, c’era una vecchietta che cercava, con scarsi risultati, di attraversare la strada. Daniel decise di aiutarla. La situazione lo fece sorridere: un assassino senza scrupoli che uccideva persone per il semplice gusto di farlo, che aiutava un’anziana ad attraversare la strada. La vecchietta si mostrò riconoscente e diede al “giovanotto” (così l’aveva definito) 10 euro.
Tornato  a casa, decise di darsi alla cura del suo corpo: fece delle serie di addominali, alcune flessioni, degli esercizi per le gambe e, alla seconda pausa, notò un gran trambusto sul suo pianerottolo. Più scocciato che incuriosito, decise di affacciarsi. Una donna con un piccolo bambino stava per trasferirsi lì. Dannazione! L’habitat naturale di Daniel (silenzio e totale assenza di vicini curiosoni) sarebbe stato compromesso per sempre. Donando lo sguardo più ostile che riuscisse a fare al bambino e alla donna, tornò nel suo monolocale.
Guardò l’orologio: l’una. Sentì lo stomaco brontolare, quindi scese e prese un pezzo di pizza nella pizzeria sotto al suo palazzo.
Il pomeriggio lo passò a pensare a quella donna incontrata la mattina. Perché lo  aveva colpito? Aveva un viso familiare, le solleticava dei ricordi molto remoti, ma non riusciva a venirne a capo. Aveva un’aria diffidente, come se non volesse avere a che fare con nessuno se non con se stessa. In fondo, pensò Daniel, era uguale a lui.
Quando l’orologio indicò le diciannove, decise di prepararsi: fece la doccia, prese un jeans strappato, una maglia nera (l’armadio ne era così pieno che ormai sembrava un unico grande pezzo di stoffa nero che si estendeva per tutto il cassetto) e le sue Nike Air. Sistemò i capelli con l’uso della mano, ed uscì.
Non appena aprì la porta si trovò un paio di occhi enormi e marroni a fissarlo. Era il nuovo baby-vicino. “Come ti chiami? Io sono Lucas, piacere!” disse con voce squillante il bambino. “Sparisci, moccioso” fu la fredda risposta di Daniel. Al “come ti chiami” non sapeva rispondere.
Aperto il portone del palazzo, una folata d’aria fredda lo investì. Si diresse verso un bar che aveva intravisto quella mattina. “Dark Shadow” doveva chiamarsi. Dopo un paio di traverse, lo trovò: era un piccolo locale abbastanza scuro, come suggeriva il nome. Entrò e fu accolto dal solito scenario: era semivuoto.
Ordinò da bere e da mangiare, spulciando tra le cose più economiche, e perse tempo guardando la TV. Più o meno alle ventuno, il bar sembrò riempirsi d’improvviso.  Daniel cercò qualcuno di interessante e, dopo pochi minuti, la trovò: la misteriosa ragazza. Era seduta sola al tavolo, da sola, con un bicchiere contenente qualcosa di azzurro e lo sguardo perso tra la folla. Sembrava cercare anche lei una preda.
Daniel decise di alzarsi e andare verso di lei.
“Buonasera.” Disse lui.
“Ciao.” Fu la risposta di lei.
“Ci siamo incontrati questa mattina, entrambi stavamo correndo.”
“Sì? Non mi ricordo di te.”
Si istaurò, così, un dialogo che durò per  circa cinque minuti. Le risposte di lei erano circoncise e fredde, emerse che si chiamava Samantha, aveva ventidue anni (proprio come aveva immaginato Daniel) ed era terribilmente annoiata.
“Vuoi divertirti con me?” rispose Daniel, guardandola dritto negli occhi.
“Chi lo dice che ci riuscirai?” fu la risposta di Samantha.
“Tu lasciami provare” disse infine Daniel.
Samantha, prendendola per una sfida, accettò.
Daniel era combattuto: voleva tenere lucida Samantha, per divertirsi davvero con lei, ma temeva che lasciandola lucida potesse diventare tutto più difficile. Daniel, però amava le sfide.
“Scegli un compagno.” Disse a Samantha. Lei, inizialmente, lo guardò sospettosa ma poi si convinse e decise di assecondarlo.
Si avviò e tornò, dopo pochi minuti, con una ragazza esile e pallida, con i capelli biondi e l’espressione abbastanza sveglia. “Bei gusti” pensò soddisfatto Daniel. Con un sorriso complice, i due andarono verso la porta, per uscire dal locale e andare a casa di lui.
Daniel già gustava il divertimento imminente, il sapore del sangue  e delle due donne.
Giunti a casa, Samantha baciò la ragazza, che aveva detto di chiamarsi Giselle, e le infilò in bocca una pillola. La ragazza, dopo averla ingoiata, sembrò leggermente stordita. Samantha passò a Daniel: provò a far ingoiare anche a lui quella strana pillola, ma lui la sputò, mise Samantha contro il muro e le sussurrò:”con me non funziona, ragazzina.”
Poco dopo,  i due passarono alla dolce Giselle, completamente stordita dalla droga di Samantha. La spogliarono, Daniel le baciò le labbra, mordendole fino a farle sanguinare, il sapore del sangue lo eccitò molto. Le baciò anche i seni, mentre si concentrava su Samantha, che stava spogliando lui. “Aspetta” le disse Daniel, quindi Samantha si dedicò a Giselle. Quando la giovane bionda sembrava all’apice del piacere, Daniel la prese in braccio, dirigendosi verso il bagno, e disse a Samantha di prepararsi.
Abbandonata la misteriosa ragazza, prese la sua amata lama e andò in bagno. Stese Giselle a terra e le disse di guardarlo negli occhi. La ragazza rideva.
Daniel le affondò il coltello nella gola, vedendo la luce della vita che, insieme alla sua risata divertita, si spegneva nei suoi occhi verdi.
Quella era la parte più bella, secondo Daniel. Si diresse nella camera, gustando Samantha. La trovò nuda sul letto. Le si fiondò addosso, iniziò a baciarla, le baciò tutto il corpo, Samantha lo guidava con una mano, l’altra la teneva dietro la testa.
Mentre la penetrava, la ferì su un fianco.
Credeva di averla ferita bene, quasi a morte, ma lì accadde qualcosa di inaspettato: Samantha gli saltò addosso, gli si mise sopra, aveva una lama tra le mani, gli poggiò il coltello sulle labbra e disse “nessuno ferisce Samantha Smith.”
Gli tagliò il labbro inferiore, succhiandone poi del sangue.
Samantha faceva scorrere la lama sul corpo nudo di Daniel, facendo dei tagli dove le capitava. Per la prima volta ebbe paura. Paura di aver perso, di aver finito tutto, di veder spegnere la sua, di luce vitale negli occhi.
Samantha gli puntò il coltello sulla gola, sembrò affondarlo nella pelle dell’uomo quando gli chiese:”così ti diverti?” Daniel, confuso, le rispose “sì”
“voglio divertirmi anch’io con te.”  Disse Samantha.
Daniel ci pensò su: se le avesse detto di sì, avrebbe continuato a vivere, certo, ma poteva fidarsi di lei? Mentre decideva, la osservò meglio. Aveva un’espressione imbronciata ma divertita, gli ricordava qualcuno … ma certo! Era uguale a sua madre! Stessi occhi, stesso carattere forte, stessa espressione.
Come poteva non fidarsi di una persona che somigliava a sua madre?
“Certo” rispose Daniel “divertiti con me”.
Daniel, in seguito, gli raccontò il suo stile di vita, il fatto di cambiare nome prendendo quello della vittima o del padre della vittima, di non avere schemi precisi, di non fare amicizia.
“Ho dimenticato di chiedere a Giselle come si chiamasse il padre. Decidi tu un nome.”
“Thomas.” Disse con aria sicura Samantha.
Daniel rise, Thomas era il suo vero nome, quella ragazza avrebbe cambiato molte cose.
  
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